ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 438, commi 3 e
5,  del  codice di procedura penale, promossi, nell'ambito di diversi
procedimenti   penali,   dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Milano con ordinanza del 21 marzo 2003 e dal Tribunale
di  Pistoia  con cinque ordinanze del 26 maggio 2003, rispettivamente
iscritte  ai  numeri 487 e da 668 a 672 del registro ordinanze 2003 e
pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32 e n. 36,
1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Milano  ha  sollevato  su eccezione della difesa, in riferimento agli
artt. 3,  24  e  111  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 438,  comma  3,  del  codice  di  procedura
penale,  nella parte in cui non prevede che la facolta' di richiedere
il  giudizio  abbreviato  possa essere esercitata anche dal difensore
dell'imputato irreperibile non munito di procura speciale;
        che,  quanto  alla  rilevanza  della questione, il rimettente
afferma  che  l'avere escluso la facolta' del difensore non munito di
procura   speciale  di  chiedere  il  giudizio  abbreviato  impedisce
all'imputato,  in  caso di condanna, di beneficiare della diminuzione
di pena di cui all'art. 442, comma 2, cod. proc. pen.;
        che,  in ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a
quo   conduce   un   esame  preliminare  dell'istituto  del  giudizio
abbreviato  e  delle  modifiche  introdotte,  anche  a  seguito delle
sentenze  della  Corte  costituzionale, dalla legge 16 dicembre 1999,
n. 479, che a suo avviso avrebbero accentuato sia «le caratteristiche
di  giudizio  di  cognizione  piena»  sia  le  differenze rispetto al
patteggiamento,  che  richiede  anch'esso che l'imputato manifesti la
propria volonta' personalmente, ovvero tramite il difensore munito di
procura speciale;
        che,  in  particolare, originariamente il rito abbreviato era
concepito  come  giudizio  allo  stato  degli atti, instaurabile solo
previo consenso del pubblico ministero e senza alcuna possibilita' di
integrazione  della  prova,  e  la  scelta del rito comportava quindi
rinuncia del diritto alla prova e al contraddittorio;
        che pertanto, investendo tale scelta diritti personalissimi e
indisponibili,  era piu' che giustificato che la volonta' di accedere
al rito speciale fosse espressa personalmente dall'imputato o a mezzo
di procuratore speciale;
        che,   ad   avviso  del  rimettente,  la  situazione  sarebbe
profondamente  mutata  a  seguito della legge n. 479 del 1999, atteso
che  l'odierna  disciplina  del  giudizio  abbreviato  da un lato non
prevede  piu',  come  condizione necessaria per l'accesso al rito, il
consenso  del pubblico ministero e, dall'altro, consente all'imputato
di  subordinare la richiesta a una integrazione probatoria necessaria
ai  fini  della  decisione e al giudice di assumere, anche d'ufficio,
gli  elementi  necessari  quando  ritiene  di non poter decidere allo
stato degli atti;
        che  in  questo mutato quadro normativo, e alla luce dei piu'
ampi  margini  assegnati  alla difesa, come risulta dal titolo VI-bis
del  libro  V  del codice di procedura penale, inserito dalla legge 7
dicembre  2000,  n. 397, non sarebbe piu' giustificata una disciplina
che riserva solo all'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore
speciale, la scelta di accedere al rito abbreviato;
        che,  ad avviso del giudice a quo, la norma censurata si pone
in  contrasto  con  l'art. 3 Cost., per disparita' di trattamento tra
l'imputato  presente  ovvero  che  ha  rilasciato  procura speciale e
l'imputato  contumace, irreperibile o latitante; con l'art. 24 Cost.,
per  violazione  del  diritto  di  difesa dell'imputato irreperibile,
contumace  o  latitante;  con  l'art. 111  Cost.,  per violazione del
principio del contraddittorio;
        che,  sotto  quest'ultimo  profilo, il rimettente sostiene in
particolare  che l'art. 111, terzo comma, Cost. non e' altro che «una
specificazione  del piu' generale diritto di difesa» e che precludere
l'accesso  al  rito ad iniziativa del difensore non munito di procura
speciale  «equivarrebbe  a  frustrare  proprio  la preparazione della
difesa  nel  senso  precisato  dal  disposto  di  cui  al comma terzo
dell'art. 111 Cost.»;
        che  il  giudice a quo sottolinea che tutte le considerazioni
che   precedono   riguardano  indistintamente  l'imputato  contumace,
irreperibile  o  latitante,  ma  «accentuano  la  loro  rilevanza nei
confronti dell'imputato irreperibile» in quanto la irreperibilita' e'
«una  situazione  di  fatto  che  puo'  anche  essere  involontaria e
incolpevole»,  mentre  «sia  la situazione di latitanza che quella di
contumacia  in  qualche  modo  presuppongono  la  volonta' e comunque
l'inerzia difensiva dell'imputato»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che  ad  avviso dell'Avvocatura la scelta del rito abbreviato
comporta  l'esercizio  di  diritti  personalissimi  che  non  possono
rientrare  nei  limiti  dell'ordinario  mandato  difensivo  in quanto
determinano l'utilizzabilita', ai fini della decisione, del materiale
probatorio   acquisito   nel  corso  delle  indagini  e  la  rinuncia
all'assunzione delle prove e al contraddittorio;
        che  con  cinque ordinanze di identico tenore il Tribunale di
Pistoia  ha  sollevato su eccezione della difesa, in riferimento agli
artt. 3 e 24 Cost., analoghe questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 438,  commi  3 e 5, cod. proc. pen., nella parte in cui non
prevede  che  la  facolta' di richiedere il giudizio abbreviato possa
essere  esercitata anche dal difensore dell'imputato irreperibile non
munito di procura speciale;
        che  il rimettente premette che la richiesta del difensore di
procedere  con  il  rito  abbreviato  era  stata rigettata «in quanto
l'imputato,    dichiarato    irreperibile,   non   poteva   esprimere
personalmente tale volonta' e il difensore era privo della necessaria
procura speciale»;
        che  nel merito il giudice a quo sostiene che la richiesta di
procedere con il rito abbreviato deve considerarsi «espressione della
difesa  tecnica  anziche'  di  un  diritto  personale dell'imputato»,
soprattutto alla luce delle profonde modifiche apportate all'istituto
dalla  legge  n. 479  del  1999,  con  particolare  riferimento  alla
eliminazione  del  consenso  del  pubblico ministero, e al definitivo
superamento  del  modello  di giudizio allo stato degli atti, essendo
ora possibile un'integrazione probatoria;
        che  ad avviso del rimettente la disciplina censurata si pone
pertanto  in contrasto con l'art. 3 Cost. per la «discriminazione che
si  determina tra l'imputato irreperibile (che non ha la possibilita'
di  chiedere  personalmente il rito abbreviato o di conferire procura
speciale   al   difensore)   e   la   posizione   dell'imputato   non
irreperibile»,  nonche' con l'art. 24 Cost. per la compressione della
difesa tecnica;
        che  nei  giudizi  e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la questione sia dichiarata infondata essendo
analoga  a  quella sollevata dal giudice dell'udienza preliminare del
Tribunale di Milano, recante il numero 487 del registro ordinanze del
2003, al cui atto di intervento si riporta.
    Considerato che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di  Milano  e  il  Tribunale  di  Pistoia  (quest'ultimo  con  cinque
ordinanze di identico contenuto) hanno sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  24 e 111 della Costituzione (parametro quest'ultimo evocato
solo  dal  giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano),
questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 438, commi 3 e 5,
del  codice  di  procedura  penale (il comma 5 e' richiamato solo dal
Tribunale di Pistoia), nella parte in cui non prevede che la facolta'
di  richiedere  il  giudizio abbreviato possa essere esercitata anche
dal  difensore  dell'imputato  irreperibile  non  munito  di  procura
speciale;
        che,  avendo  tutte  le  ordinanze  per  oggetto  le medesime
questioni, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che il Tribunale di Pistoia precisa in tutte le ordinanze che
la  richiesta  di  giudizio abbreviato e' stata respinta in quanto il
difensore dell'imputato irreperibile era privo della procura speciale
prevista dall'art. 438, comma 3, cod. proc. pen.;
        che   le   questioni   devono   pertanto   essere  dichiarate
manifestamente  inammissibili  per  difetto  di  rilevanza, avendo il
rimettente  gia' fatto applicazione della disposizione censurata (v.,
tra  le  tante,  ordinanze numeri 213 del 2004, 215 del 2003, 264 del
2002);
        che  il  giudice  dell'udienza  preliminare  del Tribunale di
Milano  rileva  che  la  scelta di riservare la richiesta di giudizio
abbreviato solo all'imputato o ad un suo procuratore speciale trovava
originariamente  giustificazione nella peculiare disciplina di questo
rito  alternativo,  caratterizzato dall'essere un giudizio allo stato
degli  atti,  che  comportava  la rinuncia al diritto alla prova e al
contraddittorio;
        che, a seguito delle profonde modifiche apportate dalla legge
16  dicembre  1999,  n. 479  -  per  l'accesso  al  rito  non e' piu'
richiesto   il  consenso  del  pubblico  ministero,  all'imputato  e'
riconosciuta   la  facolta'  di  condizionare  la  richiesta  ad  una
integrazione  probatoria,  il giudice ha il potere di assumere, anche
d'ufficio,  gli  elementi  necessari  ai  fini  della  decisione - il
rimettente  ritiene che la disciplina censurata si ponga in contrasto
con  l'art. 3  Cost.  per  disparita'  di  trattamento tra l'imputato
presente,   o   che   ha   rilasciato   procura  speciale,  e  quello
irreperibile;  con  l'art. 24  Cost.  per  violazione  del diritto di
difesa  dell'imputato  irreperibile;  con  l'art. 111  Cost.  perche'
l'avere  escluso la facolta' del difensore di presentare la richiesta
«equivarrebbe  a  frustrare  proprio la preparazione della difesa nel
senso  precisato  dal  disposto  di  cui al comma terzo dell'art. 111
Cost.»;
        che,  in  via generale, va rilevato che la richiesta del rito
abbreviato  -  giudizio  che  consente  di  definire  il procedimento
utilizzando  come  prova  il  risultato  della  attivita' di indagine
compiuta  unilateralmente  dalle  parti  - rientra tra gli atti cosi'
detti   personalissimi,  che  il  legislatore  ha  riservato  in  via
esclusiva  all'imputato,  in quanto determina effetti particolarmente
incisivi   sulla  sfera  giuridica  del  soggetto,  sia  sul  terreno
sostanziale che su quello processuale;
        che  tale  scelta  e' stata operata dal legislatore anche con
riferimento  a  situazioni  affini  a  quella  oggetto della presente
questione  di  costituzionalita',  quali l'applicazione della pena su
richiesta  (art. 446  cod.  proc.  pen.)  e  la  rinuncia all'udienza
preliminare   (art. 419,  comma  5,  cod.  proc.  pen.),  nonche'  in
relazione  ad  altre iniziative processuali che parimenti determinano
effetti particolarmente incisivi per il richiedente (v. artt. 38, 46,
315, 589, 625-bis, 645 cod. proc. pen.);
        che  questa  Corte,  chiamata  a  pronunciarsi sull'art. 446,
comma  3,  cod.  proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  non consente al
difensore  dell'imputato  irreperibile non munito di procura speciale
di  presentare  richiesta  di  applicazione  della  pena, ha ritenuto
infondate  le  censure  di illegittimita' costituzionale in relazione
agli  artt. 3 e 24 Cost., affermando che «si tratta di un istituto la
cui scelta determina una non reversibile disposizione di fondamentali
diritti»,  e  che  la  concorrente  attribuzione  al  difensore della
richiesta  di  patteggiamento  potrebbe  determinare  scelte  tali da
compromettere irrimediabilmente la posizione dell'imputato;
        che  analoghe  considerazioni  valgono  per la disciplina del
giudizio  abbreviato,  che  allo  stesso modo prevede che la volonta'
dell'imputato  di richiedere il rito sia espressa personalmente o per
mezzo  di  procuratore  speciale,  posto che anche in tale ipotesi la
scelta   determina   una  non  reversibile  disposizione  di  diritti
fondamentali;
        che  in particolare, anche dopo le modifiche introdotte dalla
legge  n. 479 del 1999, carattere essenziale di tale rito continua ad
essere  l'utilizzazione probatoria degli atti assunti unilateralmente
nel corso delle indagini preliminari (v. sentenza n. 115 del 2001);
        che   in   quest'ottica   non  e'  senza  rilievo  che  anche
all'eventuale   integrazione   probatoria,  chiesta  dall'imputato  o
disposta  d'ufficio  dal  giudice,  debba  procedersi  con  le  forme
previste  dall'art. 422,  commi 2, 3 e 4, cod. proc. pen., e non alla
stregua  delle regole dettate per il dibattimento, sicche' l'imputato
rinuncia  comunque  alla  garanzia  della  formazione  della prova in
contraddittorio;
        che   la   richiesta  di  giudizio  abbreviato  puo'  inoltre
comportare  la rinuncia ad essere giudicato dall'organo collegiale, e
di   regola   implica  la  sottoposizione  al  giudizio  del  giudice
dell'udienza preliminare;
        che  il  rito  abbreviato  continua  percio'  a costituire un
modello  alternativo  al  dibattimento  che,  da  un  lato,  si fonda
sull'intero  materiale  raccolto nel corso delle indagini preliminari
e,   dall'altro,  consente  una  limitata  acquisizione  di  elementi
meramente  integrativi,  si da mantenere la configurazione di rito «a
prova contratta» (v. ordinanza n. 182 del 2001);
        che  i  caratteri  di  fondo del giudizio abbreviato non sono
contraddetti  dalla  maggiore incidenza riservata alle investigazioni
difensive  dalla  legge 7 dicembre 2000, n. 397, in quanto anche tali
atti  possono  essere utilizzati nel corso del giudizio abbreviato al
pari  degli  atti  raccolti  dal  pubblico  ministero nel corso delle
indagini preliminari;
        che   non   e'   pertanto  privo  di  ragionevolezza  che  il
legislatore, nel modificare l'istituto del giudizio abbreviato, abbia
mantenuto  la  precedente  disciplina  secondo  cui  l'imputato  deve
manifestare personalmente, ovvero a mezzo di procuratore speciale, la
volonta' di accedere a tale rito.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.