ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis,
comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della  strada), disposizione introdotta dall'art. 4, comma 1-septies,
del  decreto-legge  27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni
al    codice    della    strada),    aggiunto    dalla    legge    di
conversione 1° agosto   2003,  n. 214,  promossi  con  ordinanze  del
24 febbraio  2004  dal giudice di pace di Roma, sezione distaccata di
Ostia,  del 20 febbraio 2004 dal giudice di pace di Marsiconuovo, del
22 marzo  e del 16 febbraio (n. 2 ordinanze) 2004 dal giudice di pace
di  Isili,  rispettivamente  iscritte  ai  nn. 683,  da 808 a 811 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 33 e 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che tutti i Giudici di pace meglio indicati in epigrafe
hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale - adducendo,
complessivamente,  la  violazione degli artt. 2, 3, 16, 24, 111 e 113
della   Costituzione   -   dell'art. 204-bis,  comma 3,  del  decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
disposizione    introdotta    dall'art. 4,    comma 1-septies,    del
decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice  della  strada), aggiunto dalla legge di conversione 1° agosto
2003, n. 214;
        che in via preliminare, peraltro, deve chiarirsi - al fine di
una corretta identificazione del thema decidendum - come il dubbio di
costituzionalita'  prospettato dai giudici a quibus investa sempre la
previsione  normativa  di  cui  al comma 3 dell'articolo suddetto (la
quale,  nell'ipotesi  del  ricorso  proposto  direttamente avverso il
verbale  di  contestazione  d'infrazione alle regole del codice della
strada,  stabilisce  l'onere  per  chi agisce in giudizio di «versare
presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita'
del  ricorso,  una  somma  pari alla meta' del massimo edittale della
sanzione  inflitta  dall'organo  accertatore»), e cio' quantunque, in
quattro  delle  cinque  ordinanze  di  rimessione summenzionate, tale
norma non sempre risulti oggetto di una corretta indicazione;
        che tale e', infatti, il caso delle ordinanze pronunciate dal
giudice  di pace di Marsiconuovo (r.o. n. 808 del 2004) e Isili (r.o.
nn. 809,  810  e  811  del  2004),  atteso che il primo rimettente ha
concluso  per  la  declaratoria d'illegittimita' costituzionale di un
inesistente art. 204-bis, comma 3, della gia' menzionata legge n. 214
del  2003,  mentre  il  secondo  sembrerebbe investire con la propria
iniziativa l'intero testo dell'art. 204-bis del codice della strada;
        che,  in  realta', non vi e' dubbio che anche in tali casi la
censura  sollevata  dai  giudici rimettenti investa, come esplicitano
chiaramente  le  argomentazioni  dedotte  a sostegno della stessa, la
previsione  normativa  - introdotta dall'art. 4, comma 1-septies, del
decreto-legge  n. 151  del  2003, aggiunto dalla legge di conversione
n. 214  del 2003 - contenuta nel comma 3 dell'art. 204-bis del d.lgs.
n. 285 del 1992;
        che  cio'  premesso  in  ordine  all'oggetto  dell'iniziativa
assunta  dai  giudici  rimettenti,  deve  ribadirsi  come i parametri
costituzionali  da  costoro complessivamente evocati consistano negli
artt. 2, 3, 16, 24, 111 e 113 della Costituzione;
        che,  in particolare, tutti e tre i giudici a quibus dubitano
della legittimita' costituzionale dell'articolo 204-bis, comma 3, del
d.lgs.  n. 285  del  1992,  per  violazione  degli artt. 3 e 24 della
Costituzione;
        che,  seppure  con diverse sfumature, i rimettenti concordano
nel  ritenere  che  la previsione normativa suddetta, nel subordinare
l'ammissibilita'    del   ricorso   giurisdizionale   all'adempimento
dell'onere  economico  consistente  nel  versamento di una somma pari
alla  meta'  del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo
accertatore,  discrimini i soggetti ricorrenti in relazione alle loro
differenti  condizioni  economiche,  in  particolare  precludendo  (o
comunque rendendo difficoltoso) l'accesso alla tutela giurisdizionale
ai soggetti privi di adeguati mezzi economici;
        che,  inoltre, secondo i rimettenti, ad escludere l'evenienza
da  ultimo  descritta, non potrebbe addursi il rilievo che i soggetti
non   abbienti   possono   in   ogni   caso   presentare  il  ricorso
amministrativo  al  prefetto  (che  non  prevede il previo versamento
della   cauzione),   giacche',   se   cosi'  fosse,  dovrebbe  allora
concludersi  - come assumono (o lasciano intendere) tutti i giudici a
quibus  -  che  il  ricorso all'autorita' giudiziaria sia un mezzo di
tutela riservato esclusivamente ai soggetti economicamente agiati;
        che si ipotizza, inoltre, in tutte le ordinanze di rimessione
la  violazione  anche  dell'art. 24  della  Costituzione, giacche' la
prestazione   imposta   dalla   norma   impugnata  -  da  un  lato  -
ostacolerebbe  l'esercizio  del  diritto  di agire in giudizio per la
tutela  dei  propri  diritti  soggettivi (in un settore, tra l'altro,
caratterizzato  dal fatto di non addossare alcun onere, ne' economico
ne'  tecnico, al cittadino), eliminando (o, comunque, comprimendo) la
tutela  per i non abbienti, e cosi' rivelando come la finalita' della
riforma  posta  in essere dal legislatore del 2003 sia esclusivamente
quella  di  creare un forte deterrente alla presentazione dei ricorsi
al giudice di pace;
        che  e'  dedotta,  inoltre,  la  violazione dell'art. 2 della
Costituzione  dal  giudice  di pace di Isili (r.o. nn. 809, 810 e 811
del  2004),  il  quale  -  nel ribadire l'ingiusta (ed irragionevole)
discriminazione  che  la  norma  impugnata realizzerebbe a carico dei
soggetti privi di adeguati mezzi economici - sottolinea la violazione
della  norma  costituzionale  suddetta,  atteso  che  tra  i  diritti
inviolabili  dell'uomo rientrerebbe pure quello all'eguaglianza, come
valore   assoluto   della   persona   umana  e  diritto  fondamentale
dell'individuo;
        che  il  contrasto,  invece,  con  gli articoli 16, 111 e 113
della  Costituzione  e'  prospettato  dal  solo giudice di pace Roma,
sezione distaccata di Ostia (r.o. n. 683 del 2004);
        che,  a  suo  avviso,  quanto  al  prospettato  contrasto con
l'art. 16 Cost., l'avvenuta «introduzione nel codice della strada del
meccanismo della patente a punti di cui all'art. 126-bis», e con essa
«la  previsione  del fermo amministrativo» del veicolo, renderebbe «a
maggior  ragione imprescindibile l'opponibilita' avanti all'autorita'
giudiziaria  degli atti di accertamento di violazioni al codice della
strada»,  e  cio'  al  fine  di «garantire l'effettivita' del diritto
stesso  dei  cittadini  di poter liberamente circolare in "qualsiasi"
parte del territorio nazionale»;
        che,  infine, in riferimento all'ipotizzato contrasto con gli
articoli 111  e  113  della Carta fondamentale, il predetto giudice a
quo  si  limita  a  rilevare come la disposizione impugnata vanifichi
«l'intento  di rendere accessibile la tutela giurisdizionale contro i
provvedimenti della p.a.».
    Considerato  che  i  Giudici  di pace meglio indicati in epigrafe
hanno, tutti, sollevato questione di legittimita' costituzionale - in
relazione  agli  artt. 2,  3,  16, 24, 111 e 113 della Costituzione -
dell'art. 204-bis,  comma 3,  del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285   (Nuovo   codice   della   strada),  disposizione  introdotta
dall'art. 4,   comma 1-septies,  del  decreto-legge  27  giugno 2003,
n. 151  (Modifiche  ed integrazioni al codice della strada), aggiunto
dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214;
        che  tutte  le  questioni  sollevate,  per  la  loro evidente
connessione,  vanno  trattate  congiuntamente, per cui va disposta la
riunione dei relativi giudizi;
        che  questa  Corte, investita di analoghe questioni aventi ad
oggetto  sempre  l'art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992,
ha  concluso  nel  senso  dell'illegittimita'  costituzionale di tale
disposizione (sentenza n. 114 del 2004);
        che, pertanto, in relazione alle questioni sollevate da tutti
gli  odierni  rimettenti  deve  darsi  atto  che questa Corte ha gia'
affermato    che    l'imposizione   dell'onere   economico   di   cui
all'art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992 finisce «con il
pregiudicare  l'esercizio di diritti che l'art. 24 della Costituzione
proclama  inviolabili, considerato che il mancato versamento comporta
un  effetto  preclusivo  dello  svolgimento  del  giudizio, incidendo
direttamente   sull'ammissibilita'   dell'azione   esperita»   (cosi'
sentenza n. 114 del 2004);
        che,  dunque,  alla  stregua  di  tale sopravvenuta decisione
vanno restituiti gli atti ai suddetti giudici a quibus.