ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto
legislativo  22 giugno 1991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle
tasse  sulle  concessioni  regionali ai sensi dell'art. 3 della legge
16 maggio  1970,  n. 281,  come sostituito dall'art. 4 della legge 14
giugno 1990,  n. 158),  promosso  con  ordinanza del 15 febbraio 2001
dalla  Commissione tributaria provinciale di Bari sui ricorsi riuniti
proposti  dall'Azienda  faunistico venatoria La Falca ed altri contro
la  regione  Puglia, iscritta al n. 701 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1ª serie
speciale, dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione dell'Azienda faunistico venatoria
Bosco  «Fiore»  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Franco Gallo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  alcuni  giudizi riuniti, aventi ad oggetto
l'impugnazione  dei  provvedimenti,  emessi  dalla Regione Puglia, di
rigetto  delle  istanze  di rimborso di quanto corrisposto da diverse
aziende  faunistico-venatorie  per gli anni dal 1994 al 1997 a titolo
di  «soprattassa»  correlata  alla  tassa  di  concessione  regionale
prevista   per  tale  tipo  di  aziende,  la  Commissione  tributaria
provinciale  di  Bari ha sollevato - inriferimento agli artt. 70 e 76
della   Costituzione   -  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1   del   decreto   legislativo   22   giugno 1991,  n. 230
(Approvazione  della  tariffa delle tasse sulle concessioni regionali
ai  sensi  dell'art. 3  della  legge  16 maggio  1970,  n. 281,  come
sostituito  dall'art. 4  della  legge  14 giugno 1990, n. 158), nella
parte  in  cui  dispone,  al  n. 16  della  tariffa delle tasse sulle
concessioni  regionali,  che per «le aziende faunistico-venatorie per
ogni 100  lire  di  tassa  e' dovuta una soprattassa di lire 100, che
dovra' essere versata contestualmente alla tassa».
    La  Commissione  rimettente  afferma  che la norma denunciata non
sarebbe  conforme  ai  criteri  stabiliti  dalla  delega  legislativa
conferita  al Governo con l'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281
(Provvedimenti  finanziari  per  l'attuazione delle Regioni a statuto
ordinario)  -  come  sostituito  dall'art. 4, comma 1, della legge 14
giugno 1990,   n. 158  (Norme  di  delega  in  materia  di  autonomia
impositiva  delle regioni e altre disposizioni concernenti i rapporti
finanziari  tra  lo Stato e le regioni), e successivamente modificato
dall'art. 4  del  decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310 (Disposizioni
urgenti in materia di finanza locale), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma 1, della legge 22 dicembre 1990, n. 403 - secondo
i  quali,  «in caso di provvedimenti o atti gia' assoggettati a tassa
di  concessione  regionale  di ammontare diverso in ciascuna regione,
l'ammontare del tributo da indicare nella nuova tariffa sara' pari al
90  per  cento  del tributo di ammontare piu' elevato, e comunque non
inferiore  al  tributo  di  ammontare meno elevato». Il giudice a quo
osserva,  infatti,  che  il  legislatore  delegato,  con  il  decreto
legislativo  n. 230  del  1991,  pur essendosi attenuto ai menzionati
criteri nel determinare in lire 6.065 per ettaro o frazione di ettaro
la    tassa   di   concessione   regionale   dovuta   dalle   aziende
faunistico-venatorie,  avrebbe  violato i limiti posti dalla legge di
delegazione  nel  disporre  che per ogni 100 lire di tassa sia dovuta
una  soprattassa  di  lire  100  - non correlata ad alcuna infrazione
commessa  dal contribuente ne' ad alcun presupposto diverso da quello
dell'obbligo  di  pagamento  della  tassa  -  cosi'  determinando, in
realta',   una   tassa  complessiva  (comprensiva  di  «tassa»  e  di
«soprattassa»)  di  «lire  12.130» (recte: lire 6.065 di «tassa» piu'
lire  100  di  «soprattassa» per ogni lire 100 di «tassa» dovuta) per
ettaro  o  frazione  di  ettaro,  di importo eccedente quello massimo
consentito  del  90  per  cento del tributo regionale piu' elevato e,
comunque, non giustificato da alcuna particolare nuova disciplina del
tributo,  che,  pure,  sarebbe stata consentita dall'art. 3, comma 2,
lettera d),  della  legge n. 281 del 1970 e successive modificazioni,
in  base  al  quale  il  Governo era autorizzato a dettare «eventuali
norme  che  disciplinano  in  modo particolare il tributo indicato in
alcune voci di tariffa».
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  la declaratoria di infondatezza della questione ed
osservando  che  alcune  delle  tariffe  delle  tasse  di concessione
regionale   vigenti   all'epoca   in  cui  era  stata  esercitata  la
delegazione  legislativa  disponevano,  in  relazione alla voce della
tassa  concernente  le  aziende  faunistico-venatorie, il versamento,
oltre  alla tassa, di una soprattassa, come previsto dagli artt. 61 e
91  del  regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 (Approvazione del testo
unico   delle   norme  per  la  protezione  della  selvaggina  e  per
l'esercizio della caccia).
    3.  - Con ordinanza istruttoria del 10 aprile 2002, depositata il
12  successivo,  questa  Corte  ha  disposto  che  il  Presidente del
Consiglio  dei  ministri  depositasse la documentazione relativa alla
tariffa   della   tassa  di  concessione  regionale  per  le  aziende
faunistico-venatorie  o  per  le  riserve  di  caccia,  in  vigore in
ciascuna delle Regioni e Province autonome al momento dell'emanazione
del  d.lgs.  n. 230  del  1991,  corredandola  con  una relazione sui
criteri  in  base  ai quali il Governo era pervenuto a determinare la
voce  n. 16 della tariffa approvata con tale decreto legislativo e le
note ad essa relative.
    4.  -  Con  ordinanza istruttoria del 2 luglio 2003, depositata e
comunicata   il   18   successivo,  questa  Corte,  ritenuto  che  la
documentazione inviata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in
riferimento  alla  precedente  ordinanza  non contenesse tutti i dati
richiesti,  ha  disposto che il Presidente del Consiglio dei ministri
depositasse,  entro  90 giorni dalla comunicazione del provvedimento,
una   relazione  attestante  l'entita'  della  tassa  di  concessione
regionale  e, se prevista, dell'eventuale soprattassa, per le aziende
faunistico-venatorie  o  per  le  riserve  di  caccia,  in  vigore in
ciascuna  delle  regioni al momento dell'emanazione del d.lgs. n. 230
del 1991, con l'indicazione della relativa base normativa.
    5.  -  Con  memoria depositata fuori termine, in data 24 novembre
2003,  a  fronte  della  notificazione  dell'ordinanza  effettuata il
7 maggio    2001,    si   e'   costituita   in   giudizio   l'azienda
faunistico-venatoria  «Bosco  Fiore»,  con sede a Lecce, parte in uno
dei giudizi a quibus.
    6.  - Con nota datata 16 dicembre 2004 e pervenuta a questa Corte
il  17  successivo,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri ha
trasmesso   la  documentazione  richiesta  con  la  citata  ordinanza
istruttoria del 2 luglio 2003.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  la  Commissione
tributaria provinciale di Bari solleva - in riferimento agli artt. 70
e  76  della  Costituzione - questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1   del   decreto   legislativo   22   giugno 1991,  n. 230
(Approvazione  della  tariffa delle tasse sulle concessioni regionali
ai  sensi  dell'art. 3  della  legge  16 maggio  1970,  n. 281,  come
sostituito  dall'art. 4  della  legge  14 giugno 1990, n. 158), nella
parte  in  cui  dispone,  al  n. 16  della  tariffa delle tasse sulle
concessioni  regionali,  che per «le aziende faunistico-venatorie per
ogni 100  lire  di  tassa  e' dovuta una soprattassa di lire 100, che
dovra' essere versata contestualmente alla tassa».
    Secondo  il  giudice  rimettente,  il  legislatore  delegato, nel
determinare  l'ammontare  della tassa sulle concessioni regionali per
le  aziende  faunistico-venatorie in lire 6.065 per ettaro o frazione
di  ettaro, avrebbe rispettato il limite massimo fissato dalla delega
legislativa  conferita  al Governo con l'art. 3 della legge 16 maggio
1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni
a  statuto  ordinario)  - come sostituito dall'art. 4, comma 1, della
legge 14 giugno 1990, n. 158 (Norme di delega in materia di autonomia
impositiva  delle regioni e altre disposizioni concernenti i rapporti
finanziari  tra  lo Stato e le regioni), e successivamente modificato
dall'art. 4  del  decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310 (Disposizioni
urgenti in materia di finanza locale), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma 1, della legge 22 dicembre 1990, n. 403 - secondo
cui,  «in  caso  di provvedimenti o atti gia' assoggettati a tassa di
concessione  regionale  di  ammontare  diverso  in  ciascuna regione,
l'ammontare del tributo da indicare nella nuova tariffa sara' pari al
90  per  cento  del  tributo  di  ammontare  piu' elevato». Tuttavia,
secondo lo stesso giudice rimettente, il legislatore delegato avrebbe
poi  superato  l'indicato  limite, prevedendo, al n. 16 della tariffa
delle  tasse  sulle  concessioni  regionali,  sempre  per  le aziende
faunistico-venatorie,  una  soprattassa di lire 100 per ogni 100 lire
di tassa dovuta, non correlata ad alcun presupposto diverso da quello
dell'obbligo  di  pagamento  della tassa e non giustificata da alcuna
peculiare nuova disciplina del tributo. Per la Commissione tributaria
provinciale, il legislatore delegato avrebbe cosi' determinato, al di
la'  dei  nomina  iuris  impiegati  di  «tassa»  e  «soprattassa», un
ammontare  complessivo della tassa di «lire 12.130» (cioe' lire 6.065
di  «tassa  ettariale» piu' lire 6.065 di «soprattassa») per ettaro o
frazione  di  ettaro  (recte:  lire 6.065 di «tassa» piu' lire 100 di
«soprattassa»  per ogni lire 100 di «tassa» dovuta), eccedente quello
massimo  consentito  dalla legge di delegazione, pari al 90 per cento
del  tributo  regionale piu' elevato, limite questo che sarebbe stato
gia'  raggiunto  con la fissazione dell'ammontare di lire 6.065 quale
«tassa  ettariale»  (secondo  la  terminologia  impiegata  dal  regio
decreto 5 giugno 1939, n. 1016, concernente l'«Approvazione del testo
unico   delle   norme  per  la  protezione  della  selvaggina  e  per
l'esercizio della caccia»).
    2. - La questione e' infondata.
    2.1.  -  La  delega legislativa conferita al Governo con l'art. 3
della  legge  n. 281 del 1970 - come sostituito dall'art. 4, comma 1,
della  legge n. 158 del 1990 e successivamente modificato dall'art. 4
del  decreto-legge  n. 310  del  1990, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma 1,  della legge n. 403 del 1990 - stabilisce che,
«in  caso  di  provvedimenti  o  atti  gia'  assoggettati  a tassa di
concessione  regionale  di  ammontare  diverso  in  ciascuna regione,
l'ammontare del tributo da indicare nella nuova tariffa sara' pari al
90  per  cento  del tributo di ammontare piu' elevato, e comunque non
inferiore al tributo di ammontare meno elevato».
    2.2.  -  Con l'art. 1 del decreto legislativo n. 230 del 1991, il
legislatore  delegato  ha  approvato  la  tariffa  delle  tasse sulle
concessioni  regionali  prevista  dall'art. 3  della legge n. 281 del
1970,  come  sostituito  dall'art. 4  della  legge  n. 158  del 1990,
stabilendo,  al n. 16 dell'annessa tariffa, l'ammontare di lire 6.065
per  la  tassa  di  rilascio  della  concessione  di  costituzione di
«azienda  faunistico-venatoria,  per ogni ettaro o frazione di esso»,
soggiungendo,    con   apposita   «nota»,   che   «per   le   aziende
faunistico-venatorie  per  ogni 100  lire  di  tassa  e'  dovuta  una
soprattassa  di  lire  100, che dovra' essere versata contestualmente
alla tassa».
    2.3.  -  La Commissione tributaria muove dall'erroneo presupposto
che  l'ammontare  di  lire  6.065  per  ettaro  o frazione di ettaro,
fissato con la norma denunciata quale nuovo importo della tassa sulle
concessioni    regionali   per   le   aziende   faunistico-venatorie,
costituisca  gia'  il 90 per cento del tributo regionale piu' elevato
precedentemente vigente.
    Come  invece  risulta  anche  dalle  informazioni  fornite  dalla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri a seguito dei provvedimenti
istruttori emessi da questa Corte (ordinanze del 10 aprile 2002 e del
2 luglio   2003),   l'ammontare  piu'  elevato  tra  le  tasse  sulle
concessioni  regionali  per  le  aziende faunistico-venatorie vigenti
nelle  diverse  regioni  era,  al momento dell'emanazione del decreto
legislativo  22  giugno 1991,  n. 230,  quello  stabilito dalla legge
della Regione Liguria 6 dicembre 1990, n. 35 (Adeguamento delle tasse
sulle  concessioni  regionali di cui alla tariffa allegata alla legge
regionale  15  giugno 1981,  n. 21  e  variazione dell'aliquota della
tassa   automobilistica   regionale   di  cui  alla  legge  regionale
27 dicembre  1971, n. 2), pari a lire 21.000 per ettaro o frazione di
ettaro  (titolo  II;  voce  n. 16).  Ne  consegue  che al legislatore
delegato  era  consentito fissare l'ammontare del nuovo tributo entro
il  limite  massimo  di  lire 18.900 (pari al 90% di lire 21.000) per
ettaro  o  frazione  di  ettaro,  importo  non  superato con la norma
denunciata   neppure   ove,   seguendo   l'impostazione  del  giudice
rimettente, si considerino la tassa e la soprattassa in esame come un
tributo  unitario  e,  quindi,  si sommi alla tassa di lire 6.065 per
ettaro  o  frazione di ettaro la soprattassa di lire 100 per ogni 100
lire di tassa dovuta.