ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 3,
lettera d),   della   legge   1° agosto   2003,  n. 207  (Sospensione
condizionata  dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo
di  due  anni),  promossi con ordinanze dell'11, del 10, del 13 e del
21 novembre  (n. 2  ordd.),  del  2, del 4 e del 16 dicembre 2003 dal
Tribunale   di   sorveglianza  di  Bari,  del  22 gennaio  2004,  del
23 dicembre  2003,  del 5, del 19, del 26 febbraio (n. 4 ordd.) e del
4 marzo  2004  dal  Magistrato  di  sorveglianza  di  Foggia,  del 30
gennaio,  del 5 e del 17 marzo 2004 dal Magistrato di sorveglianza di
Bari,  rispettivamente  iscritte  ai nn. 31, 32, 33, 53, 54, 55, 118,
170,  229,  299,  300,  da  437  a  442,  501, 502 e 551 del registro
ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn.   9,   11,  12,  14,  16,  nella  edizione  straordinaria  del  3
giugno 2004, e nn. 23 e 24, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che il Tribunale di sorveglianza di Bari, con ordinanza
emessa  in data 21 novembre 2003 (r.o. n. 31 del 2004), ha sollevato,
in  riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione,
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 3,
lettera d),   della   legge   1° agosto   2003,  n. 207  (Sospensione
condizionata  dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo
di  due  anni),  nella parte in cui consente a coloro i quali abbiano
subito la revoca, per fatto colpevole, di una misura alternativa alla
detenzione,  di essere ammessi alla sospensione dell'esecuzione della
parte finale della pena detentiva;
        che  il  rimettente  e'  investito  dell'esame  di un reclamo
proposto  dal  Pubblico ministero avverso l'ordinanza con la quale il
Magistrato  di  sorveglianza  di  Bari  ha  ammesso  alla sospensione
condizionata  della  pena  detentiva  un condannato che, gia' ammesso
alla   misura  alternativa  dell'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale, ne aveva successivamente subito la revoca;
        che,   ad  avviso  del  giudice  a  quo,  l'art. 1,  comma 3,
lettera d), della legge n. 207 del 2003 esclude dalla concessione del
beneficio  le persone le quali, dopo la condanna, siano state ammesse
ad  una  misura  alternativa, mentre l'art. 7 della stessa legge, nel
prevedere  che «le disposizioni della presente legge si applicano nei
confronti  dei  condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di
esecuzione della pena alla data di entrata in vigore della medesima»,
sarebbe  una  norma  di  chiusura  finalizzata all'individuazione del
criterio   temporale   per   l'applicazione  del  beneficio,  ma  non
individuerebbe  le  condizioni «sostanziali, soggettive ed oggettive»
che consentono di godere della misura;
        che  il  rimettente  osserva  come tra le condizioni ostative
alla  concessione  del  beneficio  sia  espressamente previsto che il
condannato   sia   stato  ammesso  ad  una  misura  alternativa  alla
detenzione,  mentre  non e' prevista l'attualita' di tale condizione,
per  cui  la  condizione  ostativa deve ritenersi integrata anche nei
confronti  dei  condannati che abbiano subito la revoca di una misura
precedentemente disposta;
        che   una   diversa  interpretazione  della  norma,  prosegue
l'ordinanza,  sarebbe  in  contrasto  con  la  Costituzione,  poiche'
ancorerebbe  ad  un  dato  puramente  temporale e del tutto aleatorio
(l'essere  o meno la misura alternativa in corso alla data di entrata
in  vigore  della  legge  n. 207  del 2003) la possibilita' di essere
ammessi   al  beneficio,  e  cio'  in  violazione  del  principio  di
ragionevolezza;
        che  secondo  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Bari  tale
interpretazione  discriminerebbe  ingiustamente la condizione di chi,
essendo stato ammesso ad una misura alternativa ed avendo ottemperato
alle prescrizioni di legge, non abbia subito la revoca del beneficio,
rispetto  a  quella di colui che, avendo visto revocato il precedente
beneficio,  verrebbe a fruire comunque della sospensione condizionata
dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni;
        che   detta   interpretazione,  sempre  secondo  l'ordinanza,
violerebbe  anche  l'art. 3  Cost.  sotto il profilo del principio di
eguaglianza,  poiche'  se  e'  vero  che  le  due situazioni non sono
identiche  fra  loro,  e'  anche  vero che il condannato che ha visto
revocata  una  precedente  misura  alternativa  viene ad essere nella
condizione  di  godere  della  sospensione,  mentre chi ha tenuto una
condotta  osservante  della legge e merita maggior tutela ne verrebbe
escluso;
        che,  sempre secondo il giudice a quo, il mancato inserimento
tra   le   cause   ostative  alla  concessione  del  beneficio  della
sospensione  condizionata dell'esecuzione della pena delle ipotesi di
cui  all'art. 58-quater  della  legge  26 luglio  1975, n. 354 (Norme
sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
privative  e  limitative  della  liberta)  sarebbe irragionevole, dal
momento  che la disposizione citata vieta la concessione di misure le
cui  prescrizioni  sono  ben  piu'  rigorose  di quelle del beneficio
previsto  dalla  norma  censurata,  del  quale il condannato potrebbe
fruire  anche  nell'ipotesi  in  cui  gli sia precluso di beneficiare
delle altre misure alternative;
        che  la  disposizione censurata violerebbe l'art. 3, sotto il
profilo  del principio di eguaglianza, e il principio della finalita'
rieducativa  della  pena  di cui all'art. 27 Cost., consentendo ad un
soggetto,  rivelatosi per fatti concludenti poco affidabile e nei cui
confronti  sia  gia'  stata disposta la revoca di precedenti benefici
penitenziari,  di  godere  di  un  ulteriore beneficio che sarebbe al
contrario precluso a chi, non avendo commesso violazioni, si presenta
come piu' meritevole;
        che    e'    intervenuto   nel   giudizio   di   legittimita'
costituzionale    il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  alla  Corte  di  dichiarare  la  questione inammissibile e
comunque infondata;
        che   secondo  l'Avvocatura  la  disposizione  censurata  non
consente  a  coloro  che sono stati ammessi ad una misura alternativa
alla  detenzione  e  che successivamente se la sono vista revocare di
godere del beneficio introdotto dalla legge n. 207 del 2003;
        che  l'art. 2,  comma 3,  della  legge  citata prevede che la
sospensione  della  parte finale della pena «non si applica quando la
persona  condannata  e'  stata  ammessa  alle misure alternative alla
detenzione»,  senza che cio' significhi la «sottoposizione attuale» a
dette  misure,  ma  al  contrario  con  riferimento  esclusivo ad una
precedente ammissione;
        che per tale ragione, secondo l'Avvocatura, il semplice fatto
che la persona condannata sia stata ammessa alla misura alternativa e
sia  uscita  quindi  dal  regime  detentivo  penitenziario  osta alla
concessione  del  nuovo beneficio, restando del tutto indifferenti le
vicende  successive  che hanno riguardato la misura, e cioe' il fatto
che essa sia stata o meno revocata;
        che  il beneficio introdotto dalla legge n. 207 del 2003, pur
non  essendo propriamente una misura alternativa, presenta con questa
tipologia alcune affinita', tanto che nessuna meraviglia puo' destare
il  fatto  che  il  legislatore ha voluto in sostanza recepire per il
nuovo  istituto la disciplina gia' prevista dall'art. 58-quater della
legge  di  ordinamento  penitenziario,  secondo  il quale chi si vede
revocata  una  misura  alternativa non puo' ottenerne una nuova per i
successivi tre anni;
        che   secondo  l'Avvocatura  la  questione  sollevata,  lungi
dall'evidenziare  profili di legittimita' costituzionale, vale solo a
confortare  un'interpretazione  della  norma  conforme a Costituzione
gia'  fatta  propria dallo stesso giudice a quo, essendo al contrario
manifestamente  assurde le conseguenze di una interpretazione opposta
a quella offerta;
        che  lo  stesso  Tribunale di sorveglianza di Bari, con altre
nove ordinanze pervenute successivamente alla Corte (r.o. nn. 32, 33,
53,  54,  55, 118, 170, 501 e 502 del 2004), ha nuovamente sollevato,
con sostanziale identita' di argomenti, la medesima questione;
        che  il  Magistrato  di  sorveglianza  di Bari, con ordinanza
emessa  in  data  17 marzo  2004 (r.o. n. 551 del 2004), ha sollevato
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 3,
lettera d),  della  legge  1° agosto 2003, n. 207, nella parte in cui
consente  l'ammissione al beneficio della sospensione dell'esecuzione
della  parte  finale  della  pena detentiva di coloro i quali abbiano
subito la revoca, per fatto colpevole, di una misura alternativa alla
detenzione,  per  violazione  degli  artt. 3 e 27, terzo comma, della
Costituzione;
        che  le  motivazioni di tale ordinanza sono in parte analoghe
ed  in  parte  del  tutto  identiche  a  quelle  delle  ordinanze del
Tribunale di Sorveglianza di Bari;
        che  anche  il Magistrato di sorveglianza di Foggia, con nove
ordinanze  (r.o.  nn. 229, 299, 300, 437, 438, 439, 440, 441, 442 del
2004),   ha   sollevato   la   medesima   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 3, lettera d), della legge n. 207
del 2003, nella parte in cui consente l'ammissione al beneficio della
sospensione  dell'esecuzione  della parte finale della pena detentiva
di  coloro  i quali abbiano subito la revoca, per fatto colpevole, di
una  misura alternativa alla detenzione, per violazione degli artt. 3
e 27, terzo comma, Cost;
        che  le motivazioni delle ordinanze sono in parte analoghe ed
in  parte  identiche  a  quelle  delle  ordinanze  del  Tribunale  di
Sorveglianza di Bari e del Magistrato di sorveglianza di Bari;
        che  in  tutti i giudizi di legittimita' costituzionale cosi'
promossi  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo alla Corte di dichiarare tutte le questioni inammissibili e
comunque  infondate  in base ad argomenti del tutto identici a quelli
svolti nell'atto di intervento per la questione iscritta al n. 31 del
registro ordinanze 2004.
    Considerato  che  tutte  le  ordinanze  di  rimessione  sollevano
questioni di legittimita' costituzionale della stessa disposizione di
legge  con  motivazioni  che  sono  in  parte  identiche  ed in parte
analoghe  e che i relativi giudizi debbono percio' essere riuniti per
essere decisi con unico provvedimento;
        che   tutti   i   rimettenti   dubitano   della  legittimita'
costituzionale   dell'art. 1,   comma 3,   lettera d),   della  legge
1° agosto  2003,  n. 207  (Sospensione  condizionata  dell'esecuzione
della  pena detentiva nel limite massimo di due anni), per violazione
dell'art. 3    della    Costituzione,    sotto   il   profilo   della
ragionevolezza,  del  medesimo  art. 3  Cost.,  sotto  il profilo del
principio  di eguaglianza, e dell'art. 27 Cost., sotto il profilo del
principio  della  finalita' rieducativa della pena, poiche' la norma,
mentre  preclude  la  possibilita'  di  accedere  al  beneficio della
sospensione  dell'esecuzione  della  pena  a  chi, essendo gia' stato
ammesso  ad altri benefici penitenziari, non ha commesso violazioni e
si  presenta  quindi  come  piu' meritevole, consente invece a chi ha
subito  la  revoca  di precedenti misure alternative, e percio' si e'
rivelato  per  fatti  concludenti  poco  affidabile,  di godere della
misura introdotta dalla legge citata;
        che   le   ordinanze   in   esame   prendono   le   mosse  da
un'interpretazione della disposizione impugnata, dagli stessi giudici
a quibus qualificata come conforme a Costituzione, secondo la quale i
detenuti  che, gia' ammessi ad una misura alternativa alla detenzione
-  affidamento  in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare,
semiliberta'  -  hanno  subito  la revoca delle stesse per fatti loro
imputabili,  non  possono  beneficiare  (oltre  che  di  nuove misure
alternative   nel   triennio   successivo)  anche  della  sospensione
condizionata  dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo
di  due  anni  introdotta  dalla  legge  n. 207 del 2003, detta anche
«indultino»;
        che  gli stessi rimettenti, in modo del tutto contraddittorio
rispetto  alle  premesse  interpretative  da  cui  prendono le mosse,
rimettono  la  questione  a  questa  Corte  chiedendole di dichiarare
illegittima  la  norma  censurata  se interpretata in modo opposto da
quello da essi stessi adottato;
        che   la   questione   cosi'   come  viene  sollevata,  lungi
dall'evidenziare  profili  di illegittimita' costituzionale, varrebbe
quindi  solo  a  confortare,  tra  le possibili interpretazioni della
norma,  quella  che  gli  stessi  giudici a quibus, con argomenti non
implausibili,  ritengono  conforme  a  Costituzione  e che potrebbero
quindi adottare senza investire questa Corte;
        che  le  questioni  in tal modo sollevate sono manifestamente
inammissibili in quanto, per giurisprudenza costante di questa Corte,
il  giudice  che  deve adottare l'interpretazione ritenuta conforme a
Costituzione  non  puo'  proporre questioni meramente interpretative,
volte  a  suffragare,  o  a  far  escludere,  la legittimita' di tesi
ermeneutiche  diverse da quella fatta propria dallo stesso rimettente
(cfr., fra le piu' recenti, le ordinanze n. 109 del 2003 e n. 305 del
2004).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.