ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
6 marzo  2003, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo    comma,   della   Costituzione,   delle   opinioni   espresse
dall'onorevole  Amedeo  Matacena  nei  confronti  del  dott. Vincenzo
Macri',  promosso  dal  Tribunale  di  Reggio  Calabria, sez. seconda
civile,  con  ricorso  depositato  il 15 novembre 2004 ed iscritto al
n. 276 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato  il 15 novembre 2004, il
Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, nel corso di un
giudizio  per  la  quantificazione  del danno - a seguito di sentenza
penale  irrevocabile  di  condanna  per il reato di diffamazione e di
condanna  al  risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede -
promosso dal magistrato Vincenzo Macri' nei confronti, tra gli altri,
del  deputato Amedeo Matacena, ha sollevato conflitto di attribuzione
nei  confronti  della Camera dei deputati, in relazione alla delibera
adottata  il 6 marzo 2003, con la quale, in conformita' alla proposta
della  Giunta per le autoriz-zazioni a procedere, e' stato dichiarato
che  i  fatti  per i quali il suddetto deputato e' stato sottoposto a
procedimento  penale  per  il reato di diffamazione a mezzo stampa in
danno  del  Macri'  riguardano opinioni espresse nell'esercizio delle
funzioni   parlamentari,  e  sono,  quindi,  insindacabili  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che  il  Tribunale  ricorrente  espone  che  il  Macri' aveva
convenuto in giudizio il deputato Matacena (unitamente al giornalista
De  Virgilio)  chiedendo  la liquidazione dei danni alla personalita'
morale,  lesa  dagli  articoli pubblicati nel novembre e nel dicembre
del  1995 nella «Gazzetta del Sud», riproducenti le dichiarazioni per
le  quali  il predetto deputato era stato condannato in sede penale -
con  contestuale rinvio alla quantificazione dei danni in sede civile
-  con  sentenza del 7 dicembre 2001, divenuta irrevocabile, riferita
anche a fatti omogenei di altro procedimento riunito;
        che  negli  articoli  di  stampa  si  affermava che il Macri'
«aveva  gestito  l'operazione  Olimpia,  che  era  stato  rinviato  a
giudizio  per  aver manipolato pentiti e collaboratori.....», «che le
tesi  della  magistratura  inquirente  erano  assolutamente false...»
(pubblicazione  del 29 novembre 1995), e che lo stesso Macri' «ha una
concezione  stalinista  della  giustizia»,  che  le sue dichiarazioni
«dimostrano  in  modo  lampante  quale  e'  il suo modo di maneggiare
pentiti e collaboratori», ed, inoltre, di aver richiesto «una perizia
psichiatrica  nei  confronti del Macri» (pubblicazione del 3 dicembre
1995);
        che,  nelle  more del giudizio, e' stata adottata la delibera
del  6 marzo  2003, con la quale - in conformita' alla proposta della
Giunta  per  le  autorizzazioni  a procedere e superando la questione
preliminare  di  inammissibilita'  relativa al passaggio in giudicato
della  sentenza  penale - e' stato dichiarato che i fatti per i quali
il suddetto deputato e' stato sottoposto a procedimento penale per il
reato  di  diffamazione  a  mezzo stampa riguardano opinioni espresse
nell'esercizio   delle   funzioni   parlamentari,   e  sono,  quindi,
insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,  secondo  il  ricorrente,  i comportamenti cui e' tenuta
l'autorita'   giudiziaria  per  effetto  della  disciplina  attuativa
dell'art. 68 della Costituzione, contenuta nell'art. 3 della legge 20
giugno 2003,  n. 140  (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68
della   Costituzione  nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei
confronti delle alte cariche dello Stato), intervenuta medio tempore,
non  possono  riferirsi  al  caso  in esame, essendosi la Camera gia'
pronunciata con la citata delibera;
        che  lo  stesso  giudice precisa di dover prendere atto della
soluzione   assunta   dalla   Camera  in  ordine  alla  questione  di
inammissibilita',  la  quale  ha  ritenuto la propria valutazione non
preclusa dall'intervenuto giudicato;
        che,  sempre  secondo il Tribunale, la predetta deliberazione
lede   la   sfera   di  attribuzioni  dell'autorita'  giurisdizionale
ordinaria in quanto «sia pur non considerando il ristretto ambito del
giudizio  di  cui  il  presente  giudice  e' investito in forza della
richiamata  pronuncia  di  irrevocabilita»  e'  basata  su un'erronea
valutazione  dei presupposti della prerogativa alla luce dei principi
affermati  dalla  Corte  costituzionale  (sentenze  n. 10 e n. 11 del
2000),  dal momento che le dichiarazioni di cui si tratta non sono in
alcun  modo ricollegabili ad iniziative parlamentari tipiche adottate
dal  deputato  e,  inoltre, trascendendo la «valutazione oggettiva ed
estranea  agli  interessi dedotti in giudizio», non possono ritenersi
connesse con l'esercizio delle funzioni parlamentari;
        che  il  rimettente  chiede che questa Corte dichiari che non
spettava  alla  Camera  dei  deputati  la  valutazione della condotta
attribuita  all'onorevole  Amedeo  Matacena,  in quanto estranea alle
previsioni  dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, ed annulli
la relativa delibera.
    Considerato   che,   in   questa   fase  del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la   Corte   costituzionale   e'   chiamata   a   deliberare,   senza
contraddittorio,  se  «esiste  la  materia  di  un  conflitto  la cui
risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni
ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita';
        che  nella  fattispecie  sussistono i requisiti soggettivo ed
oggettivo del conflitto;
        che,   quanto   al  requisito  soggettivo,  devono  ritenersi
legittimati  ad essere parti del presente conflitto, sia il Tribunale
di   Reggio  Calabria,  seconda  sezione  civile,  in  quanto  organo
giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita,   competente   a   dichiarare   definitivamente,   per  il
procedimento  di  cui  e'  investita,  la  volonta'  del  potere  cui
appartiene, sia la Camera dei deputati, in quanto organo competente a
dichiarare    definitivamente   la   propria   volonta'   in   ordine
all'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,  quanto  al  profilo  oggettivo, sussiste la materia del
conflitto,  dal  momento  che  il ricorrente lamenta la lesione della
propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, da parte
della  citata  deliberazione  della Camera dei deputati di cui chiede
l'annullamento;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  del  conflitto,  la cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.