ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 61 e
63,  della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350  (Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2004), promosso con ricorso della regione Emilia-Romagna,
notificato  il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 4 marzo
2004 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il giudice relatore
Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e
Luigi  Manzi  per  la regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato
Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il 24 febbraio 2004 (iscritto al
n. 33  del  registro  ricorsi del 2004), la regione Emilia-Romagna ha
impugnato  numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2004), tra le quali, in particolare,
l'art. 4,  commi 61 e 63, per violazione dell'art. 117, terzo e sesto
comma,   della   Costituzione,   nonche'   «del  principio  di  leale
collaborazione».
    Il primo dei commi menzionati stabilisce che «e' istituito presso
il  Ministero  delle  attivita'  produttive  un  apposito  fondo  con
dotazione  di  20 milioni di euro per il 2004, 30 milioni di euro per
il  2005  e  20  milioni  di  euro  a  decorrere  dal  2006,  per  la
realizzazione  di  azioni  a  sostegno  di  una campagna promozionale
straordinaria  a  favore  del  «made  in  Italy», anche attraverso la
regolamentazione  dell'indicazione  di  origine o l'istituzione di un
apposito  marchio  a  tutela  delle  merci integralmente prodotte sul
territorio  italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in
materia  di  origine, nonche' per il potenziamento delle attivita' di
supporto   formativo   e  scientifico  particolarmente  rivolte  alla
diffusione  del «made in Italy» nei mercati mediterranei, dell'Europa
continentale e orientale, a cura di apposita sezione dell'ente di cui
all'art. 8  del  decreto-legislativo  30 luglio  1999, n. 287 [Scuola
superiore  dell'economia e delle finanze], collocata presso due delle
sedi  periferiche esistenti, con particolare attenzione alla naturale
vocazione   geografica   di   ciascuna   nell'ambito  del  territorio
nazionale.  A tale fine, e per l'adeguamento delle relative dotazioni
organiche,  e'  destinato  all'attuazione delle attivita' di supporto
formativo e scientifico indicate al periodo precedente un importo non
superiore a 10 milioni di euro annui [...]».
    Il   successivo   comma 63  precisa  poi  che  «le  modalita'  di
regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione ed uso
del  marchio di cui al comma 61 sono definite con regolamento emanato
ai  sensi  dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su  proposta del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con
i  ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, delle
politiche agricole e forestali e per le politiche comunitarie».
    1.1.   -  La  ricorrente  osserva  che  l'intervento  finanziario
previsto  dalla  prima  delle  disposizioni  censurate,  relativo  ad
un'azione promozionale e regolativa diretta del Ministero, non sembra
potersi  configurare  quale  misura  a  «tutela  della  concorrenza»,
secondo  l'accezione  «dinamica»  accolta  nella sentenza della Corte
costituzionale  n. 14  del 2004, per la quale il titolo di competenza
legislativa esclusiva dello Stato, individuato nell'art. 117, secondo
comma,   lettera e),   Cost.,  legittima  l'adozione,  da  parte  del
legislatore   statale,   di  «strumenti  di  politica  economica  che
attengono  allo sviluppo dell'intero Paese» e interventi di rilevanza
macroeconomica  «finalizzati  ad  equilibrare  il  volume  di risorse
finanziarie inserite nel circuito economico».
    Infatti,  gli  interventi cosi' previsti, per le loro dimensioni,
«non  si  collocano  in  una  dimensione macroeconomica, ne' appaiono
idonei,  «quanto  ad  accessibilita' a tutti gli operatori ed impatto
complessivo,   ad   incidere   sull'equilibrio  economico  generale»,
trattandosi  piuttosto  di  misure che, impiegando il «criterio della
prevalenza»  indicato  dalla sentenza n. 370 del 2003, rientrerebbero
nella  materia  del  «commercio  con  l'estero» che l'art. 117, terzo
comma, Cost. riserva invece alla potesta' concorrente.
    1.2.  -  Inoltre,  ad  avviso  della  ricorrente,  anche  a voler
riconoscere   «l'opportunita'   che   l'indicazione   di   origine  e
l'istituzione di marchi connotativi dei prodotti di qualita' italiani
siano   regolati   con   criteri  omogenei  su  tutto  il  territorio
nazionale»,  permarrebbe  l'illegittimita'  costituzionale  sotto  il
duplice  profilo che la regolamentazione delle indicazioni di origine
e di istituzione ed uso del marchio «made in Italy», siccome affidata
ad  un  regolamento  governativo, violerebbe l'art. 117, sesto comma,
Cost.  nella parte in cui circoscrive la potesta' regolamentare dello
Stato  alle  materie  enumerate nell'art. 117, secondo comma, Cost. e
che   il   procedimento   di  emanazione  della  relativa  disciplina
regolamentare,  non  prevedendo nessuna forma di partecipazione delle
regioni, violerebbe il «principio di leale collaborazione».
    1.3.  -  Del pari lesiva delle attribuzioni regionali sarebbe, ad
opinione  della  ricorrente,  la  previsione  contenuta  nel comma 61
dell'art. 4  della  legge  n. 350  del  2003  che  affida alla Scuola
superiore dell'economia e delle finanze - soggetto posto alle dirette
dipendenze  del  Ministero  -  l'«attivita'  di  supporto formativo e
scientifico»  per la diffusione del «made in Italy», tenuto conto che
la «formazione professionale» e' tra le materie che l'art. 117, terzo
comma,  Cost.  espressamente  riserva alla competenza residuale delle
regioni,  mentre,  ove  si  voglia  ritenere  che  tale attivita' sia
meramente  strumentale  rispetto a quella, principale, di «promozione
straordinaria  a favore del «made in Italy», ne risulterebbe ribadita
la violazione della competenza regionale in materia di «commercio con
l'estero»   (gia'   oggetto  dell'art. 41,  lettera  g,  del  decreto
legislativo  31 marzo  1998,  n. 112,  che ha trasferito alle Regioni
l'organizzazione,   anche   con   l'ausilio  dell'ICE,  di  corsi  di
formazione  professionale,  tecnica  e  manageriale per gli operatori
commerciali   con   l'estero).   Analogamente,  apparterrebbero  alla
potesta'   concorrente   le   materie,   pur  implicate  dalla  norma
denunciata, della «ricerca scientifica e tecnologica» e del «sostegno
all'innovazione per i settori produttivi».
    Ritiene  infine la regione ricorrente che la circostanza per cui,
secondo  la  norma  impugnata,  la  Scuola  svolge  i  compiti  cosi'
assegnati   «presso   due   delle  sedi  periferiche  esistenti,  con
particolare attenzione alla naturale vocazione geografica di ciascuna
nell'ambito del territorio nazionale» non puo' valere a surrogare, in
sanatoria del vulnus costituzionale, le competenze regionali.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo  il rigetto del ricorso sulla base di argomentazioni svolte
nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza.
    In  particolare, considerato che l'art. 1, commi 230 e 232, della
legge  30 dicembre  2004,  n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005)
ha  modificato  il  comma 61  dell'art. 4  impugnato, commassando gli
stanziamenti  previsti  da  quella  norma  con  quelli  previsti  dal
comma 78  del  medesimo  articolo  e  contestualmente  aumentando  la
dotazione  finanziaria  della  Scuola superiore dell'economia e delle
finanze,  l'Avvocatura rileva che le censure proposte riguarderebbero
il solo comma 63 nella parte in cui rimette allo Stato, in violazione
del  principio di leale collaborazione, la emanazione del regolamento
inerente le indicazioni di origine e l'istituzione ed uso del marchio
previsto  dal  comma 61, il quale, peraltro, ha gia' trovato parziale
attuazione,  per  un'ampia  gamma  di  settori  che va dal tessile al
calzaturiero,  dall'agricolo all'alimentare, col decreto dirigenziale
27 dicembre 2004, n. 51358.
    Nel merito, il deducente osserva che le esigenze che giustificano
l'esercizio unitario dell'iniziativa legislativa - riconducibili alle
materie  di  legislazione esclusiva statale della «politica economica
nazionale»,   della  «tutela  della  concorrenza»,  dell'«ordinamento
civile  e  penale»  (nella misura in cui, in tema di marchi, si hanno
diritti  riconducili a quelli della proprieta' industriale) e, forse,
della  «protezione  dei  confini  nazionali»--  esigono  che anche la
normativa  secondaria  annunciata  dal comma 63 impugnato sia emanata
unitariamente  dallo  Stato,  posto che «la base costituzionale della
competenza  dello Stato a produrre il regolamento de quo non e' [...]
nell'art. 117,  comma  terzo,  Cost.  e, del resto, la promozione del
"made  in  Italy"  e' indirizzo generale delle politiche economiche e
delle  politiche  di  settore»  ai  sensi  dell'art. 47, comma 1, del
d.lgs. n. 112 del 1998.
    Inoltre,  osserva  il deducente come dall'invocata «addizione» di
un   «momento   di  partecipazione  delle  regioni»  al  processo  di
produzione  della  normativa  secondaria regolato dal comma 63 citato
conseguirebbe  una  utilita'  procedimentale  che  non  e'  idonea  a
compensare   la   contestuale   dilatazione   dei  tempi  tecnici  di
acquisizione.
    Osserva  infine  l'Avvocatura  dello  Stato  che,  ai  sensi  del
comma 61  citato,  la  Scuola superiore dell'economia e delle finanze
non  e' chiamata a svolgere compiti di «formazione professionale» nel
significato  tradizionale dell'espressione, «ma a fornire indicazioni
a coloro che gia' operano nell'economia a livello manageriale».
    3.  -  Con  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza, la
Regione  Emilia-Romagna  ha  ulteriormente dedotto che, a prescindere
dall'applicazione   del   criterio   di   prevalenza,  l'interferenza
particolarmente  stretta con materie di competenza concorrente, quale
il   commercio   con  l'estero  (nell'ambito  del  quale  le  regioni
promuovono  i  loro prodotti all'estero), o con materie di competenza
esclusiva  regionale,  quale  la  formazione professionale, impone la
piena  esplicazione  del  principio  di  leale  collaborazione con il
coinvolgimento delle regioni nei processi normativi.
    Sotto  altro  profilo,  la deducente ha ribadito l'illegittimita'
delle  norme  statali  che  istituiscono  «posizioni di privilegio» a
favore della Scuola superiore dell'economia e delle finanze, definita
una  struttura  «anomala»,  creata  con un provvedimento ad hoc quale
ibrido  tra una struttura universitaria e una propaggine del Ministro
dell'economia, con attribuzione di funzioni propriamente regionali o,
comunque,  da  programmarsi  con  la  collaborazione  delle  regioni.
Entrambi   i   profili   evidenzierebbero  dunque,  ad  avviso  della
ricorrente,  l'avvenuta  concentrazione  di  attivita'  decisionali e
normative   «in   capo a   strutture  direttamente  o  indirettamente
riferibili al ministero, con totale esclusione delle regioni».
    Conclude,   dunque,   la  regione  Emilia-Romagna  invocando  una
pronuncia    che,   invece   di   dichiarare   l'illegittimita'   dei
finanziamenti  in  esame in modo da determinarne la soppressione, «li
censuri  nella  parte  in  cui  tali risorse non vengono a costituire
elemento integrativo della finanza regionale».

                       Considerato in diritto

    1. - Con il ricorso in epigrafe la Regione Emilia-Romagna impugna
-  tra  le  altre,  oggetto di separate pronunce - le norme contenute
nell'art. 4,  commi 61  e  63,  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato   -  legge  finanziaria  2004),  lamentando  che  esse,
istituendo presso il Ministero delle attivita' produttive un apposito
fondo  (con  dotazione  di  20  milioni  di  euro per l'anno 2004, 30
milioni  di  euro  per  l'anno 2005  e 20 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2006),   per  il  sostegno  di  una  campagna  promozionale
straordinaria  a  favore  del  «made  in  Italy»  anche attraverso la
regolamentazione  dell'indicazione  di  origine o l'istituzione di un
apposito  marchio  a  tutela  delle  merci integralmente prodotte sul
territorio  italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in
materia  di  origine, nonche' per il potenziamento delle attivita' di
supporto   formativo   e  scientifico  particolarmente  rivolte  alla
diffusione  del «made in Italy» nei mercati mediterranei, dell'Europa
continentale  e  orientale,  a  cura di apposita sezione della Scuola
superiore  dell'economia  e  delle finanze, nonche' prevedendo che le
modalita'  di  regolamentazione  delle  indicazioni  di  origine e di
istituzione  ed uso del marchio cosi' previsto sia disciplinata da un
regolamento  governativo,  su  proposta  del Ministro delle attivita'
produttive, di concerto con i ministri dell'economia e delle finanze,
degli  affari  esteri  e  delle  politiche agricole e forestali e per
politiche  comunitarie,  senza  prevedere alcuna partecipazione delle
regioni,   violerebbero   l'art. 117,  terzo  e  sesto  comma,  della
Costituzione,   nonche'   il   «principio   costituzionale  di  leale
collaborazione», in quanto gli interventi previsti per le loro stesse
dimensioni   finanziarie   rientrerebbero   nell'area  della  materia
concorrente   del   «commercio   con  l'estero»  ed  in  quanto  sono
disciplinati  con  regolamento  governativo,  adottato  senza  alcuna
partecipazione   delle   regioni,   al   di  fuori  della  previsione
dell'art. 117,    sesto    comma,    Cost.,    costituendo   altresi'
un'interferenza   -  con  la  previsione  dei  compiti  della  Scuola
superiore  dell'economia  e  delle finanze - in materie di competenza
regionale    (formazione   professionale,   ricerca   scientifica   e
tecnologica, sostegno all'innovazione per i settori produttivi).
    2. - La questione non e' fondata.
    3. - La regione Emilia-Romagna, premesso nel suo ricorso che essa
«non  contesta,  su  un  piano  generale,  ne'  la  legittimita'  ne'
l'opportunita'   di   iniziative   promosse   dal   Governo   per  il
potenziamento  delle  attivita'  promozionali  a  favore dei prodotti
nazionali»   e  che  tali  iniziative  ben  possono  ricondursi  alla
concezione  dinamica  della  «tutela  della  concorrenza» di cui alla
sentenza  n. 14 del 2004 di questa Corte, osserva come «le dimensioni
finanziarie»   dell'intervento  statale  ne  escludano  il  carattere
macro-economico  ed  impongano  di ricondurlo, in base al criterio di
prevalenza  di  cui  alla  sentenza n. 370 del 2003, alla materia del
«commercio con l'estero» prevista dall'art. 117, terzo comma, Cost.
    Trattandosi   di  materia  riservata  alla  potesta'  legislativa
concorrente  di  Stato  e  Regione,  sarebbe  illegittima  -  anche a
condividere  l'opportunita'  di  una  disciplina omogenea su tutto il
territorio  nazionale  -  la previsione di un regolamento governativo
per  contrasto  con  l'art. 117,  sesto  comma,  Cost., cosi' come la
mancata  previsione  di  una  qualsiasi  partecipazione delle Regioni
violerebbe  il  principio  di  leale  collaborazione  operante  «ogni
qualvolta  lo  Stato  agisca in materie non sue esclusive a tutela di
esigenze unitarie».
    3.1. - La tesi della ricorrente - svolta, in sede di memoria, con
riguardo   esclusivo   al   principio  di  leale  collaborazione  che
imporrebbe  il  coinvolgimento  delle  Regioni nei processi normativi
riguardanti   materie   «in   cui   l'intreccio  degli  interessi  e'
particolarmente  stretto»,  e  cio' a prescindere dalla «direzione in
cui  porta  il  criterio  della  prevalenza»  - non e', nella specie,
condivisibile.
    Preliminarmente, deve osservarsi che il carattere (asseritamente)
modesto  dal  punto  di  vista  finanziario  dell'intervento  non  e'
certamente  decisivo  per  escludere  la  sua  riconducibilita'  alla
materia della «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, secondo
comma,  Cost., ma puo', al piu', costituire un indizio in tale senso:
ed  infatti,  deve  rilevarsi  che  questa  Corte ha sottolineato che
«proprio  l'aver  accorpato,  nel  medesimo  titolo di competenza, la
moneta,  la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema
valutario,   i   sistemi  tributario  e  contabile  dello  Stato,  la
perequazione  delle risorse finanziarie e la tutela della concorrenza
rende  palese  che  quest'ultima  costituisce  una  delle  leve della
politica economica statale e pertanto non puo' essere intesa soltanto
in  senso  statico  ...  ma anche in quell'accezione dinamica ... che
giustifica  misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le
condizioni  di  un  sufficiente  sviluppo del mercato o ad instaurare
assetti concorrenziali» (sentenza n. 14 del 2004).
    Questa  Corte  ha quindi precisato (sentenza n. 272 del 2004) che
«non spetta (ad essa) valutare in concreto la rilevanza degli effetti
economici  derivanti  dalle  singole previsioni di interventi statali
...  stabilire,  cioe',  se una determinata regolazione abbia effetti
cosi'  importanti  sull'economia  di  mercato ... tali da trascendere
l'ambito  regionale  ... (ma solo) che i vari strumenti di intervento
siano  disposti in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto
agli obiettivi attesi».
    La  (pretesa)  modestia  dell'intervento  statale  non determina,
quindi,  di per se' l'estraneita' alla materia di cui alla lettera e)
dell'art. 117,  secondo  comma,  Cost., ma potrebbe semmai costituire
sintomo  della  manifesta irrazionalita' della pretesa dello Stato di
porre  in  essere,  attraverso  quell'intervento,  uno  strumento  di
politica  economica  idoneo  ad  incidere  sul  mercato; in breve, le
scelte  del  legislatore  sono,  in  questa materia, censurabili solo
quando  «i  loro  presupposti  siano manifestamente irrazionali e gli
strumenti   di   intervento  non  siano  disposti  in  una  relazione
ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi» (sentenza
n. 14  del  2004)  e, pertanto, «il criterio della proporzionalita' e
dell'adeguatezza   appare   essenziale   per   definire  l'ambito  di
operativita'  della  competenza  legislativa  statale  attinente alla
«tutela  della  concorrenza»  e  conseguentemente la legittimita' dei
relativi interventi statali» (sentenza n. 272 del 2004).
    3.2. - Considerata alla luce dei principi appena ricordati, e che
vanno  qui  ribaditi,  la  norma  censurata  rivela pianamente la sua
natura   di   «ragionevole   e   proporzionato»   intervento  statale
nell'economia  volto  a promuovere lo sviluppo del mercato attraverso
una   campagna   che  diffonda,  con  il  marchio  «made  in  Italy»,
un'immagine  dei  prodotti  italiani  associata  all'idea di una loro
particolare  qualita':  dove  e' evidente la presenza di un rapporto,
che  certamente  non  puo'  ritenersi  irragionevole  (e, tanto meno,
manifestamente   irragionevole),   tra   lo   strumento  impiegato  e
l'obiettivo  (di  sviluppo economico del Paese) che si e' prefisso il
legislatore statale, cosi' come e' evidente che sussiste il requisito
dell'adeguatezza  per  cio'  solo che lo strumento impiegato, per sua
natura,  suppone  che  sia  predisposto  e  disciplinato  dallo Stato
perche'  solo  lo  Stato  puo'  porre in essere strumenti di politica
economica tendenti a svolgere sull'intero mercato nazionale un'azione
di promozione e sviluppo (sentenza n. 303 del 2003).
    E'  ben  vero  che, dichiaratamente, il comma 61 dell'art. 4 mira
alla  diffusione  all'estero  (nei  mercati mediterranei, dell'Europa
continentale  e  orientale)  del «made in Italy», ma tale previsione,
lungi dall'implicare la riconducibilita' alla (ovvero una commistione
con  la)  materia  del  «commercio  con  l'estero»,  esprime soltanto
l'auspicata  ripercussione sul commercio con l'estero dell'intervento
statale volto alla diffusione di un'idea di qualita' dei prodotti (in
generale)  di  origine  italiana. La circostanza che un intervento di
pertinenza  dello  Stato  (come  la Regione ricorrente riconosce, non
contestandone  la  legittimita'  e  l'opportunita)  abbia  in  futuro
ricadute  (anche)  su un settore dell'economia soggetto alla potesta'
legislativa  concorrente  non comporta interferenze tra materie (come
non  la  comporterebbe,  ad esempio, con il commercio con l'estero un
intervento   statale   in   tema   di   «dogane»   o   di   «rapporti
internazionali»).
    L'inquadramento  della  disciplina  de qua nella materia-funzione
della  «tutela della concorrenza» - nel senso piu' volte affermato da
questa  Corte  e  qui  ribadito  -  esclude  che possa ravvisarsi una
violazione  del precetto di cui all'art. 117, sesto comma, Cost., per
il  fatto che il regolamento disciplinante «le indicazioni di origine
e  l'istituzione  ed  uso del marchio» sia emanato dal Ministro delle
attivita'  produttive  (di  concerto  con altri) senza coinvolgimento
delle Regioni.
    4.  -  La  Regione Emilia-Romagna lamenta, inoltre, che i compiti
attribuiti  alla  Scuola  superiore  dell'economia  e  delle  finanze
violerebbero   le  sue  competenze  in  quanto  attinenti  a  materie
(commercio  con l'estero, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno
all'innovazione  per  i settori produttivi) di competenza concorrente
ovvero  (formazione)  di competenza residuale delle Regioni. Sicche',
osserva  la  Regione nella memoria, vi sarebbe una «concentrazione di
ogni  decisione  e  di  ogni  attivita'  normativa,  di distribuzione
finanziaria,  di  formazione  e  «supporto  scientifico» in capo alle
strutture  direttamente o indirettamente riferibili al Ministero, con
totale esclusione delle Regioni».
    4.1.  -  La circostanza che la norma impugnata parli di «supporto
formativo»  non implica un riferimento alla materia della «formazione
professionale»  che  l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  riserva  alla
competenza residuale delle Regioni e che questa Corte (sentenza n. 50
del  2005)  ha  ritenuto  non  implicata  quando  la  «formazione» e'
accessoria rispetto ad un rapporto di lavoro: al che deve aggiungersi
che,  nella  specie, l'attivita' prevista dalla norma puo' definirsi,
atteso il suo oggetto, piu' di informazione che non di vera e propria
formazione professionale.
    Attesa  la  natura  del  marchio  «made in Italy», quale si e' in
precedenza  tratteggiata,  non  e' pertinente l'invocazione, da parte
della  Regione  ricorrente, delle materie, di competenza concorrente,
della   «ricerca   scientifica   e   tecnologica»   e  del  «sostegno
all'innovazione  per  i  settori produttivi», essendo evidente che il
«supporto  formativo  e scientifico» di cui parla la norma censurata,
per  cio' solo che mira alla «diffusione del «made in Italy»», non e'
funzionale  ne'  alla  ricerca  scientifica  ne'  all'innovazione dei
settori  produttivi,  bensi'  all'efficacia  della  comunicazione  e,
quindi, della promozione di prodotti (in quanto) italiani.
    Piu'  pertinente  appare  il richiamo alla materia del «commercio
con  l'estero»,  specie  se visto in connessione - come sottolinea la
Regione  ricorrente  -  con  la circostanza che alle Regioni e' stata
conferita    «l'organizzazione,   anche   avvalendosi   dell'Istituto
nazionale  per  il  commercio  estero  (ICE),  di corsi di formazione
professionale,  tecnica  e  manageriale per gli operatori commerciali
con l'estero» [art. 41, comma 2, lettera g) del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle  regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59].
    In  proposito,  tuttavia,  non puo' non rilevarsi che l'attivita'
istituzionale  della  Scuola  -  nella  quale  quella in questione si
inserisce,  come  si  evince  dalla  previsione  che  essa «e' svolta
prioritariamente  dal  personale  di  ruolo»  -  ha  come  principale
destinatario il «personale dell'amministrazione dell'economia e delle
finanze,  nonche',  su  richiesta delle agenzie fiscali e degli altri
enti  che  operano  nel  settore della fiscalita' e dell'economia, il
personale di questi ultimi» (art. 1, comma 2, d.m. 28 settembre 2000,
n. 301):  il che, unitamente al fatto che la disciplina in esame deve
ricondursi,  come  si  e' chiarito, alla materia di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., rende evidente come ad un organismo
statale,  quale e' la Scuola superiore dell'economia e delle finanze,
non  possa  inibirsi di curare autonomamente l'attivita' di «supporto
formativo e scientifico» prevista dalla norma de qua.
    Altrettanto  evidente  e'  che  tale  attivita' ben potra' essere
svolta   anche   dalle  Regioni  nei  corsi  di  formazione  da  esse
organizzati  e che sarebbe auspicabile una «leale collaborazione» tra
la  Scuola  superiore  e  le  iniziative  regionali;  collaborazione,
viceversa,  necessaria  quando dal «supporto formativo e scientifico»
offerto  genericamente al «made in Italy» si dovesse passare a quello
rivolto  a  specifici  prodotti,  in  relazione ai quali non potrebbe
prescindersi  dal  coinvolgimento  delle  Regioni  di origine di tali
prodotti.