ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 44 e 45 della legge della Regione Liguria 8 agosto 1994, n. 42 (Disciplina delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere del servizio sanitario regionale in attuazione dei d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517), promosso con ordinanza del 16 aprile 2003 dal Tribunale ordinario di Savona, nel procedimento civile vertente tra il comune di Alassio e l'Unita' sanitaria locale n. 2 savonese, ed altra, iscritta al n. 389 del registro ordinanze del 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2003. Visti l'atto di costituzione del comune di Alassio nonche' l'atto di intervento del Presidente della Giunta della Regione Liguria; Udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 2005 il giudice relatore Romano Vaccarella; Uditi l'avvocato Luigi Piscitelli per il comune di Alassio e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente della Giunta della Regione Liguria. Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile, promosso davanti al Tribunale ordinario di Savona dal comune di Alassio nei confronti della Unita' sanitaria locale n. 2 savonese e della Regione Liguria, per far dichiarare di proprieta' del medesimo comune gli immobili in cui erano ubicati l'Infermeria civica «Coniugi Paccini» e l'Ospedale «Val d'Olivo», il giudice adito, con ordinanza del 16 aprile 2003, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 5, 76 e 128 della Costituzione, degli artt. 44 e 45 della legge della Regione Liguria 8 agosto 1994, n. 42 (Disciplina delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere del servizio sanitario regionale in attuazione dei d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517), nella parte in cui «dispongono che vengano attribuiti in proprieta' all'USL ora ASL i beni mobili e immobili gia' di proprieta' del comune di Alassio con vincolo di destinazione alle unita' sanitarie locali». che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che i beni per cui e' controversia erano stati oggetto di lasciti di vari benefattori ed erano da tempo destinati alla prestazione di servizi sanitari, nonche' di assistenza a favore di anziani bisognosi, sicche' la questione di legittimita' costituzionale e' rilevante per la decisione del giudizio a quo; che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, il giudice rimettente afferma che l'art. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) viola l'art. 76 Cost. sotto il profilo dell'eccesso di delega, in quanto l'art. 1, lettera p), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), prevedeva il trasferimento alle aziende infraregionali «del patrimonio mobiliare e immobiliare gia' di proprieta' dei disciolti enti ospedalieri e mutualistici che alla data di entrata in vigore della presente legge fa parte del patrimonio dei comuni»; che, viceversa, l'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, emanato in attuazione della delega, stabilisce che «tutti i beni mobili, immobili, ivi compresi quelli da reddito, e le attrezzature che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fanno parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle unita' sanitarie locali, sono trasferiti al patrimonio delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere»; che, mentre la norma delegante prevedeva il trasferimento alle USL soltanto dei beni gia' di proprieta' dei disciolti enti ospedalieri, la norma delegata ha, invece, attribuito alle USL la proprieta' di tutti i beni facenti parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle medesime USL, sia che tali beni fossero gia' di proprieta' di enti ospedalieri sia che fossero stati acquistati direttamente dai comuni per lasciti o in altro modo; che, a loro volta, gli artt. 44 e 45 della legge regionale n. 42 del 1994 riproducono il disposto dell'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 e stabiliscono, riferendosi alle aziende del servizio sanitario regionale, che «sono trasferiti al patrimonio delle predette Aziende i beni mobili, immobili e le attrezzature che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni appartenevano al patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle USL»; che, cosi' disponendo, la normativa regionale confligge anch'essa con la norma statale contenuta nella legge n. 421 del 1992 e risulta, dunque, viziata, sia pure indirettamente, per eccesso di delega, in violazione dell'art. 76 Cost; che non rileva - ad avviso del giudice rimettente - la circostanza che, nel frattempo, l'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 sia stato sostituito dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), poiche' la nuova norma non ha mutato il criterio per il trasferimento dei beni, ricomprendendo nel patrimonio delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere «tutti i beni mobili e immobili ad esse appartenenti, ivi compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in virtu' di leggi o di provvedimenti amministrativi»; che, sotto altro profilo, le norme denunciate violano, altresi', gli artt. 5 e 128 Cost., i quali pongono il principio fondamentale dell'autonomia degli enti locali, la quale concerne anche l'integrita' del patrimonio degli enti medesimi; che si e' costituito in giudizio il comune di Alassio per chiedere che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, nonche' degli artt. 44 e 45 della legge della Regione Liguria n. 42 del 1994, per violazione degli artt. 76, 5, 114, 118, 119 e 128 Cost; che, osserva il deducente, mentre l'art. 1, lettera p), della legge di delega n. 421 del 1992 prevedeva il trasferimento alle aziende infraregionali dei soli beni «gia' di proprieta' dei disciolti enti ospedalieri e mutualistici» che alla data di entrata in vigore della stessa legge fanno parte del patrimonio dei comuni, il legislatore delegato, con l'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 (nella sua originaria formulazione), ha esteso il trasferimento a «tutti i beni mobili, immobili, ivi compresi quelli da reddito, e le attrezzature che, alla data di entrata in vigore del [presente] decreto, fanno parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle unita' sanitarie locali», cosi' eccedendo i limiti della delega in violazione dell'art. 76 Cost; che gli artt. 44 e 45 della legge regionale n. 42 del 1994, dando attuazione al principio contenuto nell'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, risultano, in via derivata, affetti anch'essi dal vizio di eccesso di delega; che le norme denunciate sono altresi' illegittime per violazione degli artt. 5, 114, 118 e 119 Cost., sotto il profilo della lesione dell'autonomia locale, da intendersi sia come garanzia dell'integrita' del patrimonio degli enti locali, sia come intangibilita' della sfera di funzioni assegnate a detti enti, nella specie delle funzioni di «assistenza», di competenza dei comuni ex art. 3-septies, commi 2 e 6, del d.lgs. n. 502 del 1992, al cui esercizio i beni in contestazione erano originariamente destinati; che il riferimento all'abrogato art. 128 Cost., contenuto nell'ordinanza di rimessione, deve intendersi fatto agli artt. 114, 118 e 119 Cost., che riprendono la garanzia gia' sancita dal primo; che, intervenuto nel giudizio a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente della Giunta della Regione Liguria, ha concluso per la declaratoria di inammissibilita' della questione, definendola irrilevante in quanto i beni in contestazione erano pervenuti al comune di Alassio da un disciolto ente ospedaliero; che la questione e', comunque, infondata perche' l'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 non e' oggetto di denuncia di incostituzionalita' e il prospettato vizio di eccesso di delega non e' configurabile riguardo alle norme regionali impugnate; che, quanto agli altri parametri evocati dal giudice rimettente, l'art. 128 Cost. e' stato abrogato, mentre l'art. 5 Cost. non e' pertinente; che, infine, il giudice a quo ha omesso ogni motivazione in ordine all'applicabilita' o non dell'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, nel testo sostituito dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 229 del 1999, emanato in base a una legge di delega - la legge 30 novembre 1998, n. 419 (Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502) - diversa da quella in relazione alla quale e' stato delibato l'eccesso di delega (per un caso analogo cfr. ordinanza della Corte costituzionale n. 72 del 2003); che, in prossimita' dell'udienza pubblica, il comune di Alassio ha depositato memoria, nella quale riprende e sviluppa le argomentazioni difensive a sostegno delle sue conclusioni, rilevando, in primo luogo, che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal giudice rimettente ha ad oggetto, oltre agli artt. 44 e 45 della legge regionale n. 42 del 1994, l'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, poiche' tale norma, pur non essendo indicata nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, e', tuttavia, puntualmente individuata e censurata nella motivazione della stessa; che il giudice a quo - contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione Liguria - ha tenuto conto del d.lgs. n. 229 del 1999, che ha modificato il testo del citato art. 5, rilevando che il trasferimento dei beni controversi dal patrimonio del comune a quello dell'azienda sanitaria locale continua ad essere regolato dagli artt. 44 e 45 della legge regionale n. 42 del 1994, emanati in attuazione dell'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 nella sua originaria formulazione, e che, dunque, la successiva modifica di tale norma non ha mutato i termini della questione; che, pertanto, il richiamo della Regione Liguria alla ordinanza della Corte costituzionale n. 72 del 2003 non e' conferente; che e' evidente l'eccesso di delega denunciato e che le norme regionali impugnate, in quanto hanno dato puntuale attuazione all'art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992, sono a loro volta incostituzionali in via derivata e consequenziale, posto che la norma statale di principio e la legge regionale di attuazione sono necessariamente connesse e si integrano a vicenda, dando luogo a una «fattispecie normativa complessa», sostanzialmente unitaria; che, sotto altro profilo, le norme regionali impugnate sono incostituzionali anche in via immediata per violazione della garanzia costituzionale dell'autonomia locale, di cui agli artt. 5 e 128 Cost., essendo stato il principio espresso da tale ultima norma ripreso e rafforzato dai nuovi artt. 114, 117 e 118 Cost. ed essendo, comunque, assorbito nel piu' generale principio enunciato nell'art. 5 Cost., richiamato nell'ordinanza di rimessione. Considerato che il Tribunale ordinario di Savona dubita della legittimita' costituzionale degli articoli 44 e 45 della legge della Regione Liguria 8 agosto 1994, n. 42 (Disciplina delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere del servizio sanitario regionale in attuazione dei d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517), nella parte in cui dispongono che sono trasferiti al patrimonio delle unita' sanitarie locali i beni mobili ed immobili gia' di proprieta' dei comuni con vincolo di destinazione alle Unita' sanitarie locali, in riferimento all'art. 76 Cost., perche', dando attuazione al principio stabilito nell'art. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), eccedono i limiti della delega conferita con la legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), il cui art. 1, lettera p), prevedeva il trasferimento alle aziende infraregionali «del patrimonio mobiliare e immobiliare gia' di proprieta' dei disciolti enti ospedalieri e mutualistici che alla data di entrata in vigore della presente legge fa parte del patrimonio dei comuni», ed inoltre in riferimento agli artt. 5 e 128 Cost., perche' ledono il principio fondamentale dell'autonomia degli enti locali, la quale concerne anche l'integrita' del patrimonio degli enti medesimi; che la questione e' manifestamente infondata sotto entrambi i profili prospettati dal rimettente; che, quanto al parametro costituzionale dell'art. 76, non puo' convenirsi con la difesa del comune di Alassio circa il carattere meramente formale dell'omessa indicazione, nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, della norma statale (art. 5 del d.lgs. n. 502 del 1992) in attuazione della quale gli artt. 44 e 45 della legge regionale n. 42 del 1994 hanno dettato la disciplina censurata; che, infatti, il dispositivo dell'ordinanza di rimessione ne rispecchia fedelmente la motivazione laddove questa, premesso che gli artt. 44 e 45 della legge regionale «ricalcano il criterio contenuto nell'art. 5 della legge statale 502/1992», conclude per «la non manifesta infondatezza dell'illegittimita' costituzionale dei suddetti articoli, essendo la norma regionale confliggente con la norma statale 23/10/1992» (e cioe', con la legge delega n. 421) e «avendo ecceduto nella delega, sia pure indirettamente, contenuta nella legge 421/1992 in violazione dell'art. 76 della Costituzione»; che e' evidente la manifesta infondatezza della censura di eccesso di delega, ex art. 76 Cost., imputata, omisso medio, direttamente alla legge regionale; che e', altresi', manifestamente infondata la questione sollevata in riferimento agli artt. 5 e 128 Cost., e comunque al principio (espresso anche dalla norma costituzionale abrogata) della salvaguardia dell'autonomia degli enti locali; che, infatti, anche a prescindere dal carattere apodittico dell'assunto, va rilevato che questa Corte ha sempre risolto, negandole il necessario tono costituzionale, la questione - alla presente assimilabile - sollevata in sede di conflitto di attribuzione se avente quale suo sostanziale oggetto una rei vindicatio (cfr. le sentenze n. 150 del 2003, n. 179 del 2004, n. 177 del 2005).