ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 21 marzo
2000  relativa  alla  insindacabilita',  ai sensi dell'art. 68, primo
comma,  della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Marcello
Dell'Utri  nei  confronti  del  dott.  Giancarlo  Caselli  ed  altri,
promosso  con  ricorso  del  giudice  per le indagini preliminari del
Tribunale  di  Roma,  ufficio  20,  notificato  il  4 settembre 2002,
depositato  in  cancelleria  l'11 successivo ed iscritto al n. 36 del
registro conflitti 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  14 dicembre  2004  il giudice
relatore Franco Bile;
    Udito l'avvocato Sergio Panunzio per la Camera dei deputati.

                          Rilevato in fatto

    1.  -  Con  ricorso  del  12 aprile 2001, depositato il 16 maggio
2001, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  chiedendo  che  questa  Corte
dichiari   che   non   spetta  alla  Camera  dei  deputati  affermare
l'insindacabilita',   ai   sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Marcello Dell'Utri
in  relazione  ai  fatti  per  i  quali  e' stata esercitata nei suoi
confronti  l'azione  penale  e, conseguentemente, annulli la delibera
adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 21 marzo 2000.
    Espone  il  g.i.p.  ricorrente  che  -  a  seguito  della querela
proposta  il  9  giugno 1999  nei  confronti  del  deputato Dell'Utri
dall'allora  Procuratore  della Repubblica di Palermo dott. Giancarlo
Caselli  e  dai  sostituti  dottori  Guido  Lo Forte, Domenico Gozzo,
Antonio  Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto De Giglio - il
pubblico ministero presso il Tribunale di Roma ha esercitato l'azione
penale  nei confronti del deputato Dell'Utri, formulando richiesta di
rinvio  a  giudizio, presentata il 22 maggio 2000, in ordine al reato
di  cui  agli  artt. 595,  terzo  comma, del codice penale e 13 della
legge  n. 47  del 1948 (Disposizioni sulla stampa). In particolare al
deputato   Dell'Utri   era   contestato  di  avere  -  nel  corso  di
un'intervista  pubblicata sul quotidiano «Il Messaggero» del 10 marzo
1999,   nell'articolo   intitolato   «E'   l'inizio   della  campagna
elettorale»  e  sottotitolato  «Dell'Utri si difende: contro di me un
accanimento  politico. E vuole candidarsi alle europee», rilasciata a
seguito  della  richiesta  di  custodia  cautelare formulata nei suoi
confronti  il  22 gennaio  1999  dal  Procuratore della Repubblica di
Palermo  dott.  Caselli  e  dai  sostituti  dottori  Lo Forte, Gozzo,
Ingroia,  Terranova,  Sava  e  De Giglio - offeso la loro reputazione
pronunciando  le  seguenti  affermazioni:  «e' cominciata la campagna
elettorale»,  «si  muove  in prima persona», «la loro e' una reazione
infantile, cominciano a capire che il castello che mi hanno costruito
addosso  sta  crollando e allora ne fanno uno nuovo», «i pentiti sono
come  dei  juke-box, metti il gettone e loro dicono cio' che vuoi. Ma
io non ho gettoni. La Procura si'.».
    La  Camera  dei  deputati,  con  delibera  in data 21 marzo 2000,
approvando   la   proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a
procedere,  ha  dichiarato  che  i  fatti per i quali era in corso il
procedimento penale nei confronti del deputato Dell'Utri concernevano
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue  funzioni  e ricadevano, pertanto, nella previsione dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione.
    Ad  avviso  del g.i.p. ricorrente, la Camera avrebbe erroneamente
ritenuto sussistenti i presupposti necessari per poter considerare le
dichiarazioni  rese  dal deputato direttamente connesse all'esercizio
delle funzioni parlamentari. In particolare - osserva il ricorrente -
l'insindacabilita'  delle dichiarazioni rese extra moenia puo' essere
riconosciuta solo ove vi sia corrispondenza sostanziale tra le stesse
e quelle espresse nell'ambito dell'attivita' tipica del parlamentare;
inoltre puo' riconoscersi l'insindacabilita' solamente se tale ultima
attivita'  sia  stata  gia' espletata, ossia se il parlamentare abbia
gia'   espresso   dichiarazioni   od   opinioni  nella  sede  propria
parlamentare  e  solo successivamente o, quanto meno, contestualmente
abbia dato pubblicita' esterna ad esse.
    Nel  caso  in  esame - secondo il ricorrente - questi presupposti
non   ricorrono,   essendo   state   le  dichiarazioni  asseritamente
diffamatorie  rese  agli organi di stampa ben prima che la Camera dei
deputati  discutesse  la  richiesta  di autorizzazione all'esecuzione
dell'ordinanza  del  5 marzo  1999, con la quale il g.i.p. di Palermo
aveva  disposto  l'applicazione della misura della custodia cautelare
in carcere nei confronti del deputato Dell'Utri.
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con ordinanza n. 414 dell'11-31 luglio 2002.
    3.  -  Il  ricorso,  unitamente  all'ordinanza suddetta, e' stato
notificato il 4 settembre 2002 e depositato l'11 settembre 2002.
    4. - Con memoria del 23 settembre 2002 si e' costituita la Camera
dei  deputati,  in  persona  del  suo Presidente giusta deliberazione
dell'Ufficio   di   Presidenza   n. 81   del   18 settembre   2002  e
deliberazione dell'Assemblea del 19 settembre 2002.
    La difesa della Camera ritiene che il ricorso sia infondato, come
risulterebbe,  in  particolare, dalla peculiare scansione temporale e
procedimentale   nel  cui  ambito  le  dichiarazioni  incriminate  si
collocano.  Esse sono state rese alla stampa il 10 marzo 1999, subito
dopo,  cioe',  la  trasmissione  alla  Camera  dei deputati - in data
9 marzo  1999  -  della  richiesta  di  autorizzazione all'esecuzione
dell'ordinanza  del  g.i.p.  del  Tribunale di Palermo (ordinanza del
5 marzo  1999)  che, accogliendo le richieste formulate il 22 gennaio
1999  dalla  Procura palermitana, aveva disposto 1'applicazione della
misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato
Dell'Utri.
    Pertanto,  secondo  la  difesa  della  Camera,  le  dichiarazioni
incriminate  sono  sopraggiunte  subito dopo l'avvio del procedimento
parlamentare   previsto  dal  secondo  comma  dell'articolo 68  della
Costituzione  (ed  analiticamente  disciplinato  dagli  articoli 18 e
seguenti del regolamento della Camera). Esso non si esaurisce nel suo
atto conclusivo - la deliberazione dell'Assemblea - ma si apre con la
stessa  richiesta  di  autorizzazione  alla  custodia  cautelare, per
svolgersi  poi  attraverso  un  complesso  iter  che vede dapprima la
«immediata»  trasmissione  degli  atti  da parte del Presidente della
Camera  alla  Giunta  per  le autorizzazioni a procedere in giudizio;
quindi  un'istruttoria  svolta dalla suddetta Giunta, nel corso della
quale  deve  essere  sentito il deputato interessato, che si conclude
con  una proposta di concessione o di diniego dell'autorizzazione; ed
infine la deliberazione dell'Assemblea.
    Nel  caso in esame, il procedimento parlamentare era da ritenersi
iniziato  il  giorno 9 marzo 1999, quando era pervenuta alla Camera -
trasmessa  dal  Procuratore  generale  presso  la  Corte d'appello di
Palermo  -  1'ordinanza  del  5 marzo  1999  con  cui  il  g.i.p. del
Tribunale di Palermo aveva disposto la custodia cautelare a carico di
varie persone, fra cui il deputato Dell'Utri.
    Dunque  -  secondo la difesa della Camera - il deputato Dell'Utri
ha  reso  le  dichiarazioni  incriminate il 10 marzo 1999 subito dopo
l'inizio   del  procedimento  parlamentare  di  autorizzazione  della
custodia cautelare, ed appena una settimana prima dell'apertura della
fase  istruttoria  di  competenza della Giunta, avviata con la seduta
del 17 marzo 1999 e proseguita con altre quattro sedute della Giunta;
in  particolare,  nel  corso  della  seduta del 6 aprile 1999, si era
anche     proceduto    all'audizione    del    deputato    Dell'Utri.
Successivamente,  sulla  base  della  proposta  della  Giunta  di non
concedere 1'autorizzazione, 1'Assemblea della Camera aveva deliberato
in  tal  senso nella seduta del 13 aprile 1999, nel corso della quale
lo  stesso  deputato  Dell'Utri  aveva  preso nuovamente la parola ed
erano intervenuti numerosi altri deputati.
    Pertanto,  le  dichiarazioni  incriminate  si inseriscono a pieno
titolo  in  tale  contesto,  perche'  pronunciate  subito dopo l'atto
introduttivo del procedimento (la richiesta della Procura di Palermo)
e  perche'  ritenute  necessarie  dal  parlamentare per esprimere non
tanto o soltanto la propria difesa personale, ma per contribuire alla
definizione  degli  elementi sulla base dei quali l'Assemblea avrebbe
potuto  esprimere,  sulla  richiesta, una decisione meditata. Proprio
per  la  loro collocazione temporale dunque - ritiene conclusivamente
la  difesa  della Camera, che ha ribadito le sue argomentazioni anche
con  una memoria depositata in prossimita' dell'udienza - le opinioni
espresse dal deputato Dell'Utri, concernenti la richiesta di custodia
cautelare,   sono   perfettamente   riconducibili   al   procedimento
parlamentare allora in corso.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  conflitto di attribuzione sollevato dal giudice per le
indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Roma  pone la questione se
spetti  alla  Camera  dei  deputati  affermare l'insindacabilita', ai
sensi   dell'art. 68,   primo   comma,   della   Costituzione,  delle
dichiarazioni  del deputato Marcello Dell'Utri, espresse nel corso di
un'intervista  pubblicata sul quotidiano «Il Messaggero» del 10 marzo
1999  (per  le  quali e' stata esercitata nei suoi confronti l'azione
penale in ordine al reato di diffamazione) relative alla richiesta di
autorizzazione  all'esecuzione  dell'ordinanza  del 5 marzo 1999, con
cui  il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo,
su  istanza  della Procura di Palermo, aveva disposto la sua custodia
cautelare  in  carcere. Secondo il g.i.p. ricorrente, la Camera - cui
la   richiesta   era  stata  trasmessa  il  9 marzo  1999  -  avrebbe
erroneamente   ritenuto   sussistenti  i  presupposti  necessari  per
considerare  le  dichiarazioni  del  deputato  direttamente  connesse
all'esercizio delle funzioni parlamentari.
    2. - Il ricorso deve essere rigettato.
    Il  secondo  comma  dell'art. 68  della  Costituzione prevede tra
l'altro   che,   «Senza   autorizzazione   della  Camera  alla  quale
appartiene,  nessun membro del Parlamento puo' essere [...] arrestato
o  altrimenti  privato della liberta' personale». L'autorizzazione e'
l'atto conclusivo di un particolare procedimento parlamentare, che si
apre  con  l'arrivo  alla  Camera  di appartenenza della richiesta di
autorizzazione all'esecuzione di una misura limitativa della liberta'
personale  di un suo membro, formulata dal giudice che l'ha disposta,
e  prosegue  con  l'immediata  trasmissione  degli  atti da parte del
Presidente  di quella Camera alla competente Giunta, la quale procede
nei  modi  e  nei  tempi  stabiliti  dai regolamenti parlamentari. In
particolare,  l'art. 18  del  regolamento  della  Camera dei deputati
prevede  che la Giunta, dopo avere invitato il deputato interessato a
fornire  i  chiarimenti da lui ritenuti opportuni, deve - nel termine
tassativo   di   trenta   giorni   dalla   trasmissione   -  riferire
all'Assemblea  sottoponendo  alla  sua  deliberazione una proposta di
concessione    o    di    diniego   dell'autorizzazione   (in   senso
sostanzialmente  conforme  dispone  l'art. 135  del  regolamento  del
Senato della Repubblica).
    Siffatta    peculiare   disciplina   connota   incisivamente   il
procedimento parlamentare in esame, specie per quanto concerne la sua
apertura  (determinata  non  da  una libera scelta della Camera o del
Senato,  ma dall'iniziativa di un organo appartenente ad altro potere
dello  Stato)  ed il suo svolgimento (rigidamente scandito da termini
ristretti  e  tassativi,  in vista della sua obbligatoria conclusione
con  una  proposta  da  sottoporre  all'Assemblea).  Questi specifici
caratteri  necessariamente  si  riverberano  sulle dichiarazioni che,
mentre   e'   in  corso  il  procedimento,  il  deputato  o  senatore
destinatario  della  misura  cautelare  da  autorizzare eventualmente
renda  a  proposito  di  essa, all'esterno della sede del Parlamento,
prima  di  essere  ascoltato  dalla  Giunta  (o  di  avere altrimenti
esercitato  al  riguardo le sue funzioni parlamentari), per sostenere
che  la  richiesta  del  giudice  non  puo'  essere  accolta, essendo
ispirata  da  intento  persecutorio. Dichiarazioni del genere infatti
risultano collegate alla pendenza di quel procedimento parlamentare -
e  a quanto l'interessato potra' dire in Parlamento - si' da restarne
in  tal senso qualificate. Esse quindi devono ritenersi per cio' solo
coperte  dalla  garanzia di insindacabilita' prevista dal primo comma
dell'art. 68   della   Costituzione,   a   differenza   delle   altre
dichiarazioni  rese  extra  moenia da parlamentari al di fuori di una
puntuale  relazione con il procedimento di cui al secondo comma dello
stesso  articolo,  che  di  tale  garanzia  possono  fruire  solo ove
ricorrano  gli  ulteriori requisiti elaborati dalla giurisprudenza di
questa Corte.
    Nel  caso  di specie, la misura della custodia cautelare a carico
del   deputato   Dell'Utri   -   cui  si  riferiva  la  richiesta  di
autorizzazione all'esecuzione pervenuta alla Camera il 9 marzo 1999 -
era  stata  disposta  su  istanza  della  Procura della Repubblica di
Palermo. E le dichiarazioni rese alla stampa dal medesimo deputato il
giorno  successivo  (quando  ormai  il procedimento di cui al secondo
comma  dell'art. 68  della  Costituzione  era  in  corso),  miranti a
sottolineare il fumus persecutionis ravvisabile nell'atteggiamento da
tempo  tenuto da quella Procura nei suoi confronti, costituiscono non
tanto  un'iniziativa  autonoma  del  parlamentare,  quanto  piuttosto
affermazioni  volte, nell'ambito del citato procedimento, ad ottenere
dalla   Camera  il  diniego  dell'autorizzazione  all'esecuzione  del
provvedimento  cautelare.  Cio'  e' del resto puntualmente comprovato
dalla  sostanziale corrispondenza del loro contenuto con quanto dallo
stesso  deputato  affermato nell'ulteriore corso del procedimento, in
sede di audizione avanti la Giunta per le autorizzazioni, il 6 aprile
1999.
    Pertanto,  la  Camera  dei  deputati,  ritenendo insindacabili le
dichiarazioni  rese  alla  stampa  dal deputato Dell'Utri il 10 marzo
1999,   in   quanto  opinioni  espresse  nell'esercizio  di  funzioni
parlamentari,  non  ha  ecceduto  i limiti delle proprie attribuzioni
costituzionali;  e,  conseguentemente,  non  ha  leso le attribuzioni
dell'autorita'  giudiziaria che procedeva contro il medesimo deputato
per il reato di diffamazione con il mezzo della stampa.