ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 1,
lettera c),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e   norme   sulla   condizione   dello  straniero),  come  modificato
dall'art. 23  della  legge  30 luglio  2002,  n. 189  (Modifica  alla
normativa   in  materia  di  immigrazione  ed  asilo),  promosso  con
ordinanza  del  10 ottobre  2003  dal  Tribunale di Prato sul ricorso
proposto  da  Errafia  Mustapha,  iscritta  al  n. 251  del  registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 15, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Fernanda Contri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale di Prato, con ordinanza emessa il 10 ottobre
2003,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 29,  comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  come modificato dall'art. 23 della legge 30 luglio 2002,
n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione ed asilo),
in   riferimento  agli  artt. 2,  3,  29  e  10  della  Costituzione,
quest'ultimo   in  relazione  all'art. 8  della  Convenzione  per  la
salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e delle liberta' fondamentali,
ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
    Innanzi al Tribunale rimettente, come dal medesimo riferito nelle
premesse  dell'ordinanza,  e'  stato  impugnato  il  provvedimento di
diniego  del visto d'ingresso, sul ricorso di un cittadino marocchino
regolarmente  residente  in  Italia  con  carta  di soggiorno a tempo
indeterminato,  il  quale aveva chiesto il ricongiungimento familiare
con  i  propri  genitori, negatogli dal Consolato generale d'Italia a
Casablanca per difetto delle condizioni richieste dalla legge.
    Il giudice a quo precisa anzitutto di essere tenuto alla verifica
della  sussistenza  delle  condizioni  richieste  per il rilascio del
visto,  in  quanto il ricorrente, oltre alla declaratoria di nullita'
del  provvedimento  per  difetto  di  motivazione,  ha  chiesto anche
l'emanazione  del  visto,  ai sensi dell'art. 30, comma 6, del d.lgs.
n. 286  del  1998.  A  tal  fine il rimettente osserva che l'art. 29,
lettera c),  del  citato  decreto  legislativo,  nel testo modificato
dalla  legge  n. 189  del  2002,  consente  il ricongiungimento per i
genitori  a  carico  qualora  non  abbiano  altri  figli nel paese di
origine o di provenienza ovvero per i genitori ultrasessantacinquenni
qualora  gli  altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento
per  documentati  gravi motivi di salute e che, nella fattispecie, la
domanda non potrebbe essere accolta, in quanto il ricorrente, oltre a
due  fratelli  soggiornanti  regolarmente  in  Italia  e  ad un'altra
sorella  residente  in Spagna, risulta avere in Marocco un fratello e
due  sorelle,  anche  se  questi  non  sono  in  grado di mantenere i
genitori,  l'uno  per  il modesto reddito e le altre per l'assenza di
redditi propri.
    Ad  avviso  del  rimettente,  la  norma  impugnata si porrebbe in
contrasto  con  gli  artt. 2  e  29  della  Costituzione,  perche' la
limitazione contenuta nella disciplina del ricongiungimento familiare
impedisce   a  chi  sia  desideroso  di  adempiere  gli  obblighi  di
solidarieta'   familiare   nei  confronti  dei  genitori  anziani  ed
indigenti, come nella specie, l'esercizio dell'inviolabile diritto ad
una vita familiare, il quale e' riconosciuto dalla Costituzione anche
agli  stranieri,  pienamente  equiparati  ai cittadini, come e' stato
piu'  volte  affermato  da  questa Corte in relazione al godimento di
diritti fondamentali.
    Il  requisito  della  assenza di altri figli nel paese di origine
dei genitori costituisce, secondo il rimettente, un elemento privo di
rilievo  ai  fini  del  diritto  del  singolo al godimento della vita
familiare  e  darebbe  luogo  ad  una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento  tra richiedenti che abbiano fratelli e quelli che non li
abbiano.
    Vi  sarebbe  inoltre una violazione del diritto al rispetto della
vita familiare, espressamente affermato dall'art. 8 della Convenzione
per   la   salvaguardia   dei  diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, ratificata dall'Italia con la legge n. 848 del 1955, la
quale  avrebbe  forza privilegiata rispetto alla normativa ordinaria,
in  virtu' dell'art. 10 della Costituzione, che impone al legislatore
di  regolare  la  condizione giuridica dello straniero in conformita'
delle norme e dei trattati internazionali.
    Tale   diritto,  come  previsto  nel  comma 2  dell'art. 8  della
Convenzione,  potrebbe  essere compresso dall'autorita' pubblica solo
qualora  l'ingerenza  costituisca  una  misura  che,  in una societa'
democratica,  e'  necessaria  per  la  sicurezza  nazionale, l'ordine
pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati,
la  protezione  della  salute  o  della  morale,  o la protezione dei
diritti  e  delle  liberta'  altrui.  L'unico  profilo  invocabile  a
sostegno  della  limitazione  introdotta  dalla  legge  in  questione
potrebbe  essere quello relativo al benessere economico del paese, in
quanto,  ai sensi dell'art. 30, comma 2, il permesso di soggiorno per
motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali.
    2.  - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, per sostenere la infondatezza della questione.
    La  difesa  erariale  sottolinea  anzitutto  come  questa  Corte,
nell'ordinanza  n. 232  del  2001, abbia affermato che il legislatore
puo'  legittimamente  limitare il diritto al ricongiungimento al fine
di    equamente   bilanciare   l'interesse   dello   straniero   alla
ricostituzione  del  nucleo  familiare  con  gli altri valori sottesi
dalle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri.
    Poiche'  nella  fattispecie viene in considerazione l'ipotesi del
ricongiungimento  dei  genitori  a  figli  non  gia' minorenni bensi'
maggiorenni,  l'Avvocatura  rileva  come siano diversi in questo caso
gli  obblighi  di  solidarieta'  familiare,  i quali devono ritenersi
limitati  all'assistenza  verso  i  genitori  che ne abbiano bisogno;
sarebbe   percio'   pienamente   ragionevole   la   limitazione   del
ricongiungimento dei genitori alle sole ipotesi in cui questi siano a
carico  del figlio richiedente e non abbiano altri figli nel paese di
origine o provenienza ovvero siano ultrasessantacinquenni e gli altri
figli siano impossibilitati a mantenerli per ragioni di salute.
    La  difesa  erariale  esclude  poi  la  sussistenza della dedotta
violazione  dell'art. 8  della  Convenzione  per  la salvaguardia dei
diritti  dell'uomo  e  delle liberta' fondamentali, rilevando come la
Corte  di Strasburgo abbia affermato che il diritto al rispetto della
vita  familiare  puo'  subire  varie limitazioni, poiche' spetta agli
Stati   contraenti   assicurare  l'ordine  e  il  benessere  pubblico
nell'esercizio  del  loro  diritto  al  controllo dell'ingresso e del
soggiorno degli stranieri.
    L'Avvocatura    osserva    infine    che   la   limitazione   del
ricongiungimento  dello  straniero  maggiorenne ai genitori, nei soli
casi  previsti  dalla  norma impugnata, appare non solo consentita ma
anche   rispondente  al  modello  di  famiglia  tutelato  nel  nostro
ordinamento.

                       Considerato in diritto

    1.  - La questione sollevata dal Tribunale di Prato ha ad oggetto
l'art. 29,  comma 1,  lettera c),  del  decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  come modificato dall'art. 23 della legge 30 luglio 2002,
n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione ed asilo),
il  quale consente allo straniero di chiedere il ricongiungimento per
i  genitori  a  carico  qualora  non abbiano altri figli nel Paese di
origine o di provenienza ovvero per i genitori ultrasessantacinquenni
qualora  gli  altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento
per documentati gravi motivi di salute.
    Ad  avviso  del  Tribunale  rimettente,  la  norma si porrebbe in
contrasto   con   gli   artt. 2  e  29  della  Costituzione,  perche'
impedirebbe   l'esercizio   dell'inviolabile   diritto  ad  una  vita
familiare,  riconosciuto  dalla  Costituzione  anche  agli stranieri,
pienamente  equiparati  ai  cittadini  in  relazione  al godimento di
diritti fondamentali; con l'art. 3 della Costituzione, poiche', sotto
il profilo del diritto del singolo al godimento della vita familiare,
sarebbe  irrilevante  la  presenza o meno di altri figli dei genitori
nel  paese  di  origine,  la cui previsione darebbe anzi luogo ad una
ingiustificata  disparita' di trattamento tra richiedenti che abbiano
fratelli   e   quelli   che  non  li  abbiano;  con  l'art. 10  della
Costituzione,  in  relazione  all'art. 8  della  Convenzione  per  la
salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, in
quanto  il  diritto  al rispetto della vita familiare potrebbe essere
compresso    dall'autorita'   pubblica   solo   qualora   l'ingerenza
costituisca   una   misura  che,  in  una  societa'  democratica,  e'
necessaria   per   la  sicurezza  nazionale,  l'ordine  pubblico,  il
benessere   economico   del  paese,  la  prevenzione  dei  reati,  la
protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e
delle liberta' altrui.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il  testo originario della disposizione impugnata consentiva allo
straniero  -  che  avesse  la  disponibilita'  di un alloggio e di un
reddito  annuo  rispondenti  a determinati parametri - di chiedere il
ricongiungimento  familiare  per  i  genitori,  ponendo  quale  unica
condizione che essi fossero a carico del medesimo richiedente.
    A  seguito  delle  modifiche  introdotte  con la legge n. 189 del
2002,   la   norma   impugnata,  con  previsione  evidentemente  piu'
restrittiva  rispetto  alla precedente, indica ulteriori requisiti ai
fini  del ricongiungimento con i genitori, rappresentati dall'assenza
di   altri   figli   nel   Paese  di  origine  o  provenienza  ovvero
dall'impossibilita'  degli  altri figli, per documentati gravi motivi
di    salute,   di   provvedere   al   sostentamento   dei   genitori
ultrasessantacinquenni.
    Nella previsione di questi nuovi e diversi requisiti il Tribunale
rimettente  ravvisa  un  contrasto  con  gli indicati parametri della
Costituzione,  invocando  una  pronuncia parzialmente caducatoria che
ripristini l'originaria formulazione della norma.
    2.1.  -  La principale censura che il rimettente muove alla norma
sospettata  di  incostituzionalita'  riguarda  la lesione del diritto
all'unita' familiare (artt. 2 e 29 Cost.).
    Come  e' stato affermato da questa Corte nelle sentenze n. 28 del
1995  e  n. 203  del  1997,  «la garanzia della convivenza del nucleo
familiare»  si  radica  «nelle  norme  costituzionali  che assicurano
protezione  alla famiglia e in particolare, nell'ambito di questa, ai
figli minori»; si e' inoltre affermato che «il diritto e il dovere di
mantenere, istruire ed educare i figli, e percio' di tenerli con se',
e  il  diritto dei genitori e dei figli minori ad una vita comune nel
segno  dell'unita'  della  famiglia,  sono [...] diritti fondamentali
della  persona  che  percio'  spettano in via di principio anche agli
stranieri».
    Mentre  l'inviolabilita'  del  diritto  all'unita'  familiare  e'
certamente  invocabile  e  deve  ricevere  la  piu'  ampia tutela con
riferimento  alla  famiglia  nucleare, eventualmente in formazione e,
quindi,  in  relazione  al  ricongiungimento  dello  straniero con il
coniuge  e  con  i  figli  minori,  non puo' invece sostenersi che il
principio   contenuto   nell'art. 29  della  Costituzione  abbia  una
estensione   cosi'   ampia  da  ricomprendere  tutte  le  ipotesi  di
ricongiungimento   di  figli  maggiorenni  e  genitori;  infatti  nel
rapporto  tra  figli  maggiorenni,  ormai allontanatisi dal nucleo di
origine,  e  genitori  l'unita'  familiare perde la caratteristica di
diritto inviolabile costituzionalmente garantito e contestualmente si
aprono   margini   che   consentono   al  legislatore  di  bilanciare
«l'interesse all'affetto» con altri interessi di rilievo.
    Questa  Corte  ha  gia'  sottolineato come il decreto legislativo
n. 286  del  1998  tuteli  il  diritto  dello  straniero regolarmente
soggiornante  nel territorio dello Stato a mantenere l'unita' del suo
nucleo  familiare,  prevedendo  la  possibilita' del ricongiungimento
familiare   che,   nella   sussistenza   delle   condizioni  regolate
dall'art. 29, puo' essere chiesto in particolare per il coniuge e per
i  figli  minori a carico; ed ha riconosciuto che il legislatore puo'
legittimamente  porre  dei  limiti  all'accesso  degli  stranieri nel
territorio  nazionale  effettuando  un  «corretto  bilanciamento  dei
valori    in   gioco»,   poiche'   sussiste   in   materia   un'ampia
discrezionalita'  legislativa limitata solo dal vincolo che le scelte
non  risultino  manifestamente  irragionevoli  (ordinanza  n. 232 del
2001).
    E nella specie non risulta irragionevole la scelta effettuata dal
legislatore  del 2002 di limitare il ricongiungimento alle ipotesi in
cui  vi  sia  una  effettiva  e  grave  situazione di bisogno di quei
familiari  che  non possono in alcun modo soddisfare autonomamente le
proprie esigenze primarie di vita, non avendo nemmeno altri figli nel
paese di origine in grado di sostentarli.
    Le  stesse  argomentazioni valgono per le ragioni di solidarieta'
familiare  invocate  dal  rimettente;  anzi, in questo caso e' ancora
piu' ampia la discrezionalita' del legislatore, in quanto il concetto
di  solidarieta'  non  implica  necessariamente quello di convivenza,
essendo   ben   possibile  adempiere  il  relativo  obbligo  mediante
modalita' diverse dalla convivenza.
    2.2. - Un ulteriore motivo di illegittimita' della norma in esame
e'   ravvisato  dal  rimettente  nel  contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione,  poiche',  sotto  il profilo del diritto del singolo al
godimento  della  vita  familiare, sarebbe irrilevante la presenza di
altri  figli  dei  genitori  nel  paese di origine, la cui previsione
darebbe  anzi  luogo  ad una ingiustificata disparita' di trattamento
tra richiedenti il ricongiungimento che abbiano fratelli e quelli che
non li abbiano.
    Si e' gia' detto che il diritto al godimento della vita familiare
deve  essere  garantito  senza  condizioni a favore dei coniugi e dei
nuclei  familiari con figli minori, mentre negli altri casi esso puo'
anche  subire  restrizioni,  purche' nei limiti della ragionevolezza.
Tale limite non risulta superato nella previsione normativa in esame,
ove  si  consideri  ad esempio l'ipotesi che vi siano altri figli nel
paese   d'origine   e   siano   pertanto  possibili  altre  forme  di
conservazione dell'unita' familiare.
    Nella  legge  in  esame  tale  diritto  e' invece garantito nelle
situazioni  di  grave  bisogno  in  cui versano i genitori quando non
abbiano alcuna possibilita' di provvedere al proprio mantenimento, ma
non in altri casi.
    E'  dunque  infondata  la  censura  relativa  alla  disparita' di
trattamento, che sussisterebbe tra il richiedente il ricongiungimento
che  non abbia altri fratelli o sorelle e quello che invece li abbia,
avuto  riguardo  alla  diversita' delle situazioni poste a raffronto,
che giustifica una disciplina differente.
    2.3.  -  L'ultimo  profilo  dedotto  dal giudice a quo a sostegno
della  illegittimita'  costituzionale della norma denunciata concerne
la  pretesa  violazione  dell'art. 10 della Costituzione in relazione
all'art. 8   della   Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  in quanto, a parere del
medesimo  rimettente,  il  diritto  al  rispetto della vita familiare
potrebbe   essere  compresso  dall'autorita'  pubblica  solo  qualora
l'ingerenza  costituisca una misura che, in una societa' democratica,
sia  necessaria  per  la  sicurezza  nazionale, l'ordine pubblico, il
benessere   economico   del  paese,  la  prevenzione  dei  reati,  la
protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e
delle liberta' altrui.
    In  merito  a  tale  censura  e' sufficiente osservare che non e'
invocabile l'art. 10 della Costituzione, poiche', secondo l'indirizzo
di  questa  Corte,  «esorbita dagli schemi del diritto internazionale
pattizio» (sentenza n. 32 del 1999).