ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 219, comma
quarto, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,
n. 1092  (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di
quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello Stato), promosso
con  ordinanza  dell'8 ottobre  2003  dalla  Corte dei conti, Sezione
giurisdizionale  di  Bolzano,  sul ricorso proposto da Zenleser Maria
contro  Ferrovie dello Stato S.p.a. ed altro, iscritta al n. 1063 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti   l'atto  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS) nonche' l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  24 maggio  2005  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  l'avvocato Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ordinanza  depositata  l'8 ottobre 2003, la Corte dei
conti,   Sezione   giurisdizionale   di  Bolzano,  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 219,   comma   quarto,   del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione
del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di  quiescenza dei
dipendenti  civili  e  militari dello Stato), nella parte in cui «non
prevede  che  le dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non coniugate
ma  con  prole a carico, possano usufruire di un periodo massimo di 5
anni  ai fini del compimento dell'anzianita' necessaria a maturare il
diritto a pensione».
    Il  giudizio  a  quo  ha  ad  oggetto  la domanda di accertamento
avanzata  da  una  ex  dipendente  delle  Ferrovie  dello Stato - non
coniugata (al momento della cessazione dal servizio) e con due figlie
a   carico,  dimissionaria  dal  31 dicembre  1994  con  17  anni  di
anzianita'  -  del  diritto  a  beneficiare,  ai  sensi  del predetto
art. 219  del  d.P.R.  n. 1092  del 1973, «di un aumento del servizio
effettivo  necessario [...] ai fini del compimento dell'anzianita' di
vent'anni per la maturazione del diritto a pensione».
    Il  rimettente  -  ritenuta  preliminarmente l'infondatezza della
eccezione   di   difetto  di  giurisdizione  sollevata  dalla  difesa
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), convenuto in
giudizio  -  da'  atto  innanzitutto  della  rilevanza della proposta
questione  di legittimita' costituzionale, atteso che il tenore della
norma  - secondo cui l'aumento del servizio effettivo fino al massimo
di  cinque  anni  spetta  «alla  dipendente  dimissionaria  che abbia
contratto  matrimonio» - non potrebbe consentire l'accoglimento della
domanda,  in  quanto  proposta da dipendente non coniugata al momento
della cessazione dal servizio.
    Quanto  alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva
che  l'art. 42, comma terzo, del medesimo d.P.R. n. 1092 del 1973, in
tema  di  trattamento di quiescenza del personale civile dello Stato,
prevede  che l'identico beneficio dell'aumento del servizio effettivo
fino  ad  un massimo di cinque anni sia riconosciuto «alla dipendente
dimissionaria  coniugata  o  con  prole a carico» e che questa stessa
Corte  ha  affermato  che  la  giustificazione di tale trattamento di
maggior  favore  risiede  nella particolare vocazione familiare della
donna.
    Il  beneficio di cui si tratta avrebbe d'altro canto carattere di
generalita',   analoga  norma  di  favore  essendo  prevista  per  la
dipendente  coniugata  o  con prole a carico dall'art. 18 della legge
26 luglio  1965,  n. 965  (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza
delle  Casse  per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali ed agli
insegnanti,  modifiche  agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti
parte  degli  Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro),
afferente  il  trattamento  di  quiescenza  dei dipendenti degli enti
locali e degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate.
    Ritiene percio' il rimettente che anche l'art. 219, comma quarto,
del  d.P.R. n. 1092 del 1973 sia ispirato ad identica ratio di tutela
dell'essenziale funzione familiare della donna, a prescindere da ogni
possibile  specialita'  del  rapporto di lavoro alle dipendenze delle
Ferrovie   dello   Stato,   risultando   tuttavia   irragionevolmente
discriminatorio, e percio' lesivo del principio di eguaglianza, nella
parte  in  cui  prevede  la concessione del beneficio in favore delle
donne  coniugate  ma  non  anche di quelle non coniugate, con prole a
carico.
    2. - Si e' costituito in giudizio l'INPS, resistente nel giudizio
a  quo,  concludendo  per  la  declaratoria  di inammissibilita' o di
infondatezza della questione.
    Ad  avviso  dell'Istituto la questione sarebbe innanzitutto priva
di  rilevanza,  in  quanto  la  ricorrente  non  avrebbe  diritto  al
trattamento  previdenziale neanche con il riconoscimento dell'aumento
del  servizio  effettivo  previsto  dall'art. 219,  comma quarto, del
d.P.R. n. 1092 del 1973.
    Nel merito, la questione sarebbe comunque non fondata. La diversa
disciplina  dettata dalla norma impugnata rispetto all'art. 42, comma
terzo,  del  medesimo  d.P.R.  troverebbe infatti giustificazione nel
differente   status  giuridico  ed  economico  dei  dipendenti  delle
Ferrovie  dello  Stato  rispetto ai dipendenti civili dello Stato. Il
legislatore,  nell'esercizio  della propria discrezionalita', avrebbe
ritenuto di estendere anche ai dipendenti delle Ferrovie il beneficio
dell'aumento  del  servizio effettivo di cui al citato art. 42, comma
terzo,   limitandone   pero'   l'applicazione  alle  sole  dipendenti
coniugate,  senza  che  cio' comporti alcuna lesione del principio di
eguaglianza,  in  considerazione  dell'autonomia e diversita' dei due
rapporti di lavoro.
    3.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo per la declaratoria di manifesta inammissibilita'
o di infondatezza della questione.
    Ad avviso dell'Avvocatura la questione sarebbe innanzitutto priva
di  rilevanza,  sia  a causa della mancata acquisizione del fascicolo
amministrativo  dell'interessata  -  di  cui si da' atto nella stessa
ordinanza   -   sia   in   relazione   all'eccezione  di  difetto  di
giurisdizione sollevata dalla difesa dell'INPS.
    Nel  merito  la  medesima  parte  pubblica,  premessa  la  natura
derogatoria tanto della norma impugnata quanto di quelle con cui essa
e' posta a raffronto dal rimettente, assume trattarsi di disposizioni
tra  loro  non  omogenee  e  quindi  non  confrontabili ai fini dello
scrutinio di legittimita' costituzionale con riferimento al parametro
di cui all'art. 3 della Costituzione.

                       Considerato in diritto

    1.  - La sezione giurisdizionale di Bolzano della Corte dei conti
dubita,   in   riferimento   all'art. 3   della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale dell'art. 219, comma quarto, del decreto
del   Presidente   della   Repubblica   29 dicembre   1973,   n. 1092
(Approvazione   del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte
in  cui  non  attribuisce  il  previsto  beneficio  dell'aumento  del
servizio  effettivo  (anche)  alle  donne  non  coniugate con figli a
carico.
    2.  -  L'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS),
resistente  nel  giudizio a quo, eccepisce preliminarmente il difetto
di  rilevanza  della questione, assumendo che la ricorrente, «in base
alle disposizioni vigenti sia alla data della cessazione del rapporto
di  lavoro  alle  dipendenze  delle Ferrovie dello Stato (31 dicembre
1994),  sia alla data di presentazione della domanda di pensionamento
(15 ottobre  1997)», non avrebbe diritto al trattamento pensionistico
anticipato  nemmeno qualora le fosse riconosciuto il beneficio di cui
alla norma impugnata.
    2.1.   -   L'eccezione   va   disattesa,  in  quanto  fondata  su
argomentazioni   difensive  del  tutto  nuove,  per  la  prima  volta
prospettate  nel presente giudizio di legittimita' costituzionale, la
cui valutazione va riservata al giudice del merito.
    3.   -   L'Avvocatura   dello   Stato   a   sua  volta  eccepisce
l'inammissibilita'  della  questione  per difetto di rilevanza, sia a
causa della mancata acquisizione del fascicolo amministrativo, sia in
considerazione del difetto di giurisdizione del giudice adito.
    3.1. - Anche l'eccezione dell'Avvocatura e' priva di fondamento.
    Quanto   al   primo  profilo,  e'  sufficiente  rilevare  che  il
rimettente,  nel  dare  atto della mancata trasmissione del fascicolo
amministrativo relativo alla ricorrente da parte delle Ferrovie dello
Stato, nonostante la rituale richiesta fattane dalla segreteria della
Sezione,  precisa  che  la  circostanza  «non inficia in ogni caso il
compiuto  esame  della  vertenza»,  con cio' fornendo una motivazione
sufficiente ai fini del giudizio di rilevanza.
    La questione di giurisdizione e' stata, poi, oggetto di specifico
esame  da  parte  del  rimettente,  che,  con  motivazione  anche qui
adeguata  ancorche'  sintetica,  ha  affermato  sussistere la propria
giurisdizione,  «trattandosi  palesemente,  al  contrario  di  quanto
affermato  dall'INPS,  di  una  controversia concernente il diritto a
pensione».
    4. - Nel merito, la questione e' fondata.
    La  norma  impugnata  prevede  che  alla dipendente dimissionaria
delle  Ferrovie dello Stato che abbia contratto matrimonio spetta, ai
fini  del  compimento  dell'anzianita' necessaria per il diritto alla
pensione,  un  aumento  del  servizio effettivo fino ad un massimo di
cinque anni.
    Siffatto  beneficio  previdenziale  attribuito  alle  lavoratrici
coniugate  (e  non  anche  ai  lavoratori  che versino nelle medesime
condizioni)  trova  la propria giustificazione - come questa Corte ha
avuto  modo di affermare con riferimento alla analoga disposizione di
cui  all'art. 42  del  medesimo  d.P.R.  (sentenze  n. 374 del 1989 e
n. 498  del  1988, ordinanza n. 868 del 1988) - nel perseguimento del
valore rappresentato dalla essenziale funzione familiare della donna,
espressamente   tutelato,   nell'ambito   dei   rapporti  di  lavoro,
dall'art. 37 della Costituzione.
    Tale  essendo  la ratio della norma, l'attribuzione del beneficio
alle  sole  donne  coniugate,  con  o  senza prole, con esclusione di
quelle,  non  coniugate,  aventi  figli a carico, risulta palesemente
lesiva  del principio di eguaglianza, per l'ingiustificata disparita'
di  trattamento  che ne deriva rispetto alla categoria generale delle
dipendenti  civili  dello  Stato,  non  essendo dubbio che proprio il
rapporto   di  filiazione  costituisca  una  delle  espressioni  piu'
significative  della  funzione familiare della donna, alla cui tutela
la norma e' esclusivamente rivolta.
    5. - La declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma
impugnata comporta l'assorbimento di ogni ulteriore e diverso profilo
di censura prospettato dalla Corte rimettente.