ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza del 14 gennaio 2004 dal Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di V.V.S., iscritta al n. 986 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2004, il Tribunale di Reggio Emilia ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), che punisce con l'arresto da sei mesi ad un anno lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis del medesimo articolo, stabilendo, altresi', che in tal caso si procede a nuova espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, per violazione dell'art. 25 della Costituzione; b) dell'art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto anch'esso dall'art. 13 della legge n. 189 del 2002, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio per il reato di cui al citato art. 14, comma 5-ter, per violazione dell' art. 13 della Costituzione; che il giudice a quo - investito del giudizio di convalida dell'arresto di stranieri per il reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all'art. 14, comma 5-ter, del citato d.lgs. n. 286 del 1998 censura anzitutto tale ultima norma, nella parte in cui «prevede l'assenza di un giustificato motivo quale elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice» in essa contemplata; che, in particolare, il rimettente rileva come la formula «giustificato motivo», che compare nella disposizione impugnata, si traduca in una nozione dalla «latitudine estremamente ampia», suscettiva di includere una gamma di ipotesi non solo non determinata, ma neppure determinabile a priori in base a criteri obiettivi e precisi: con conseguente violazione del principio di tassativita' della fattispecie penale sancito dall'art. 25 Cost; che il rimettente censura altresi' il comma 5-quinquies del citato art. 14, nella parte in cui prevede per detto reato l'arresto obbligatorio; che tale previsione - stante la natura contravvenzionale della fattispecie criminosa, punita con la pena dell'arresto fino al massimo di un anno, con conseguente inapplicabilita' per essa di misure cautelari personali, a mente dell'art. 280 cod. proc. pen. - si porrebbe in contrasto con l'art. 13 Cost., che limita il potere della polizia giudiziaria di comprimere provvisoriamente la liberta' personale a «casi eccezionali di necessita' ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge»: condizione, questa, che non sarebbe soddisfatta nella specie, atteso che all'arresto non potrebbe far seguito l'applicazione di alcun misura cautelare, stante la natura contravvenzionale della fattispecie criminosa; che, pertanto, la vera finalita' dell'arresto sarebbe piuttosto quella di permettere l'esecuzione dell'espulsione dello straniero: finalita', come tale, certamente non conforme al parametro costituzionale evocato; che nel giudizio cosi' instaurato e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto la manifesta inammissibilita' della questione, sotto il profilo della mancanza di rilevanza della stessa, e, comunque, la sua manifesta infondatezza. Considerato, quanto alla prima delle questioni sollevate con l'ordinanza in epigrafe, che i dubbi di legittimita' costituzionale formulati dal Tribunale di Reggio Emilia in ordine alla compatibilita' del comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con il principio di determinatezza di cui all'art. 25 Cost., sono stati gia' scrutinati da questa Corte, che ne ha escluso la fondatezza (cfr. sentenza n. 5 del 2004; ordinanze n. 80 e n. 302 del 2004); che, in particolare, questa Corte ha rilevato come l'impiego nella norma incriminatrice citata della clausola elastica «senza giustificato motivo» non comporti una violazione del principio di determinatezza dell'illecito penale, giacche' la finalita' dell'incriminazione (rendere effettivo il provvedimento di espulsione, rimuovendo situazioni di illiceita' o di pericolo correlate alla presenza dello straniero nel territorio dello Stato) ed il quadro normativo in cui essa si innesta (che vede regolati in modo diverso, anche a livello costituzionale, l'ingresso e la permanenza degli stranieri nel Paese, a seconda che si tratti di richiedenti il diritto di asilo o rifugiati, ovvero di c.d. «migranti economici») consentono comunque al giudice di stabilire il significato di tale formula, mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dall'ordinario compito a lui affidato; e, correlativamente, permettono al destinatario della norma incriminatrice di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo; che, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, risulta infatti evidente come la clausola in questione abbia riguardo a situazioni ostative di particolare pregnanza che - anche senza integrare delle cause di giustificazione in senso tecnico - incidano sulla stessa possibilita', soggettiva od oggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa; che, peraltro, il coordinamento sistematico della norma incriminatrice con le altre disposizioni del d.lgs. n. 286 del 1998 rende di tutta evidenza come i motivi che, a mente dell'art. 14, comma 1, di tale decreto legislativo, legittimano la pubblica amministrazione a non procedere - in deroga al drastico imperativo di cui all'art. 13, comma 4 («l'espulsione e' sempre eseguita») - all'accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera (necessita' di soccorso, difficolta' nell'ottenimento dei documenti per il viaggio, indisponibilita' di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo), ben possono costituire sicuri indici di riconoscimento di situazioni nelle quali ravvisare un «giustificato motivo» di inottemperanza dello straniero all'ordine del questore; che, pertanto, il dubbio circa la legittimita' costituzionale del comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato, si palesa manifestamente infondato; che, quanto all'ulteriore questione di legittimita' costituzionale relativa all'arresto obbligatorio di cui al comma 5-quinquies dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998 sollevata nell'ordinanza in epigrafe, questa Corte, successivamente a detta ordinanza, con la sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost., l'art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui stabiliva che per il reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo, e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto: e cio' in quanto tale misura si risolveva in una limitazione provvisoria della liberta' personale del tutto priva di giustificazione processuale, non potendo essere finalizzata all'adozione di alcun provvedimento coercitivo, data la natura contravvenzionale della fattispecie, ne' costituendo un presupposto del procedimento amministrativo di espulsione; che, di seguito a tale pronuncia, sono intervenute rilevanti modifiche del quadro normativo che disciplina la materia (decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione», convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271); che, di conseguenza - per quanto attiene alla questione di legittimita' costituzionale inerente alla previsione di detta misura - gli atti vanno restituiti al giudice a quo, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione stessa, alla luce tanto della sopravvenuta sentenza di questa Corte che delle successive modifiche della disciplina legislativa della materia. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.