ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 37 della legge
6 dicembre  1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali amministrativi
regionali),  promosso con ordinanza del 9 febbraio 2005 dal Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia - sezione staccata di Catania,
sul ricorso proposto da Giuseppe Morana contro il comune di Rosolini,
iscritta  al  n. 250  del  registro ordinanze 2005 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 19,  1ª serie  speciale,
dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 30 novembre 2005 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Ritenuto  che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia
-  sezione staccata di Catania, con ordinanza del 9 febbraio 2005, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37 della
legge   6 dicembre   1971,   n. 1034   (Istituzione   dei   tribunali
amministrativi regionali), in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e
113 della Costituzione;
        che,  in  punto  di fatto, il giudice remittente riferisce di
essere  stato chiamato a decidere sull'esecuzione del giudicato della
sentenza   n. 937/2003,   provvisoriamente   esecutiva,   emessa  dal
Tribunale  di  Siracusa  -  sezione lavoro, con la quale il comune di
Rosolini  e' stato condannato a riassegnare al ricorrente le mansioni
di  vice-capo  dei  Vigili  urbani  e  a corrispondere al medesimo le
differenze  retributive  tra  la ex ottava qualifica funzionale (oggi
D3)  e  la  ex  settima qualifica funzionale (oggi D1) per il periodo
1° marzo  1999  -  4 luglio  2000,  oltre agli interessi legali dalla
maturazione dei crediti;
        che  il  giudice  di  appello,  al quale era stata chiesta la
sospensione  della  esecuzione,  ha  rigettato  la  relativa  istanza
proposta  dal  comune,  confermando la esecutivita' della sentenza di
primo grado;
        che   il   ricorrente,   sul   presupposto  della  confermata
esecutivita'  della sentenza, ne ha chiesto l'ottemperanza al giudice
a quo dopo avere notificato al comune rituale atto di costituzione in
mora;
        che  il  comune di Rosolini, costituitosi in giudizio, ha, in
via  preliminare, eccepito l'inammissibilita' del giudizio introdotto
avverso una sentenza solo provvisoriamente esecutiva e non coperta da
giudicato;
        che,  tanto  premesso,  il remittente censura l'art. 37 della
legge  n. 1034  del  1971, nella parte in cui indica nel passaggio in
giudicato   il   presupposto   insuperabile   per  agire  in  via  di
ottemperanza    per   l'adempimento   dell'obbligo   della   pubblica
amministrazione di conformarsi alle decisioni dei tribunali;
        che,  in  ordine alla rilevanza della questione sollevata, il
remittente   ritiene  che  il  giudizio  non  possa  essere  definito
prescindendo    dall'esame    della    questione    di   legittimita'
costituzionale della norma impugnata;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
ritiene  che  la  norma censurata sia in contrasto con l'art. 3 della
Costituzione  per  disparita'  di  trattamento  rispetto  all'ipotesi
dell'esecuzione  delle  sentenze  del giudice amministrativo di primo
grado,  le quali, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 1034 del 1971,
nel  testo  aggiunto  dall'art. 10 della legge 21 luglio 2000, n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), possono essere
oggetto del giudizio di ottemperanza, purche' non sospese dal giudice
di appello;
        che  la  disposizione  denunciata  violerebbe,  altresi',  il
principio  di  effettivita'  della  tutela  giurisdizionale, previsto
dagli  artt. 24  e  113  della Costituzione, in base al quale tutti i
cittadini possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti,
anche  nei  confronti della pubblica amministrazione, senza limiti di
sorta;
        che  l'art. 37  della legge n. 1034 del 1971 violerebbe anche
il   principio   di   ragionevole   durata   del   processo  previsto
dall'art. 111  della  Costituzione,  in  quanto  le  «lungaggini» del
processo  civile,  articolato  normalmente  in tre gradi di giudizio,
costituirebbero  un  insormontabile ostacolo al soddisfacimento degli
interessi e dei diritti di cui il soggetto e' titolare;
        che  la disposizione in questione sarebbe, infine, lesiva del
principio  di  buon  andamento  della pubblica amministrazione di cui
all'art. 97   della   Costituzione,   in  quanto  l'ulteriore  rinvio
dell'esecuzione   della   sentenza  del  giudice  ordinario  potrebbe
provocare un aggravio di spesa per la pubblica amministrazione;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata;
        che  la  difesa  erariale, richiamando l'ordinanza n. 122 del
2005  di  questa  Corte,  ritiene che nel caso in questione non siano
violati  gli  artt. 3,  24 e 113 della Costituzione e che la medesima
conclusione   valga   in   relazione   agli   artt. 97  e  111  della
Costituzione.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della Sicilia -
sezione staccata di Catania, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111
e  113  della  Costituzione, investe l'art. 37 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali),
nella  parte  in  cui  non  consente  l'utilizzazione del giudizio di
ottemperanza   con  riguardo  alle  sentenze  del  giudice  ordinario
esecutive, ancorche' non passate in giudicato;
        che,  secondo il giudice a quo, la norma censurata sarebbe in
contrasto   con   l'art. 3   della  Costituzione  per  disparita'  di
trattamento  rispetto  all'ipotesi dell'esecuzione delle sentenze del
giudice   amministrativo   di   primo   grado,  le  quali,  ai  sensi
dell'art. 33  della  legge  n. 1034  del  1971,  nel  testo  aggiunto
dall'art. 10  della  legge  21 luglio  2000,  n. 205 (Disposizioni in
materia  di  giustizia  amministrativa),  possono  essere oggetto del
giudizio di ottemperanza, purche' non sospese dal giudice di appello;
        che  sarebbe,  altresi', violato il principio di effettivita'
della   tutela   giurisdizionale  (artt. 24  e  113  Cost.),  perche'
l'interessato   potrebbe  far  valere  il  proprio  diritto  soltanto
mediante  azione  di  esecuzione  civile  e  non mediante giudizio di
ottemperanza relativamente alle sentenze di primo grado esecutive del
giudice  ordinario,  non  sospese  in  appello,  ma  non  coperte  da
giudicato;
        che,   inoltre,   l'art. 37  della  legge  n. 1034  del  1971
violerebbe  il  principio di ragionevole durata del processo previsto
dall'art. 111  della  Costituzione,  in  quanto  le  «lungaggini» del
processo  civile,  articolato  normalmente  in tre gradi di giudizio,
costituirebbero  un ostacolo al soddisfacimento degli interessi e dei
diritti di cui il soggetto e' titolare;
        che,  infine, la disposizione in questione sarebbe lesiva del
principio  di  buon  andamento della pubblica amministrazione, di cui
all'art. 97  della  Costituzione,  giacche'  l'ulteriore  rinvio,  al
momento  del  passaggio  in giudicato, dell'esecuzione della sentenza
del  giudice  ordinario,  gia' esecutiva e non sospesa dal giudice di
appello,  puo'  determinare  un  aggravio  di  spesa  a  carico della
pubblica amministrazione;
        che  il  remittente  ripropone  avverso l'art. 37 della legge
n. 1034  del  1971  le  medesime censure gia' sollevate con ordinanza
emessa in altro giudizio avanti a se' pendente, in ordine al quale la
Corte,  con  ordinanza  n. 122  del  2005, ha dichiarato la manifesta
infondatezza della questione;
        che  con la richiamata ordinanza n. 122 del 2005, confermando
la  propria  precedente  giurisprudenza  (sentenza  n. 406 del 1998),
questa  Corte  ha chiarito: che il giudizio di ottemperanza concerne,
di  norma,  sentenze  passate  in  giudicato  e che questa scelta del
legislatore  non  appare  irragionevole,  in  quanto  la procedura di
ottemperanza  nei  confronti  della pubblica amministrazione comporta
l'esercizio  di una giurisdizione estesa al merito, che la previsione
di  cui all'art. 33 della legge n. 1034 del 1971, secondo la quale il
giudizio   di  ottemperanza  puo'  esercitarsi  nei  confronti  delle
sentenze  del  Tribunale  amministrativo  regionale  non  sospese dal
Consiglio  di  Stato, rientra nella discrezionalita' del legislatore,
il  quale  ha  voluto  dare  concretezza al principio di esecutivita'
delle  sentenze  di primo grado, evitando che l'amministrazione possa
arbitrariamente  sottrarsi  alle  pronunce  giurisdizionali, che sono
differenti  e, quindi, non comparabili le azioni esecutive esperibili
davanti  al  giudice  ordinario secondo le norme di procedura civile,
trattandosi   di  sentenze  o  di  provvedimenti  esecutivi  che  non
richiedono l'esame di merito proprio del giudizio di ottemperanza;
        che, pertanto, non puo' parlarsi di disparita' di trattamento
fra  l'ipotesi  di  esecuzione  di  sentenza  amministrativa di primo
grado, perseguita attraverso il giudizio di ottemperanza, e l'ipotesi
di esecuzione delle sentenze di primo grado del giudice ordinario;
        che,   stante   la   diversita'   degli  istituti,  non  puo'
conseguentemente parlarsi, in relazione all'esecuzione delle sentenze
del  giudice  ordinario, ne' di pregiudizio per la tutela dei diritti
del  creditore,  ne'  di  pregiudizio  per  la ragionevole durata del
processo,  la  quale  e'  garantita  peraltro  dai  tempi processuali
disposti dal codice di procedura civile;
        che   l'ordinanza   n. 122   del  2005  ha  altresi'  escluso
l'asserita  violazione  del  principio di buon andamento, atteso che,
per  giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  detto principio si
riferisce agli organi dell'amministrazione della giustizia unicamente
per  profili  concernenti  l'ordinamento degli uffici giudiziari e il
loro  funzionamento  sotto  l'aspetto amministrativo, ma non riguarda
l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  nel  suo complesso e i
provvedimenti che ne costituiscono espressione;
        che la questione e' pertanto manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.