ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera  dei  deputati  del
30 luglio    2003,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse dall'on. Carlo Taormina nelle dichiarazioni rese all'agenzia
di  stampa ADN Kronos in data 20 marzo 2002, promosso con ricorso del
Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati, depositato
in  cancelleria  il  16 giugno 2005 ed iscritto al n. 28 del registro
conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di ammissibilita'.
    Udito  nella  Camera di consiglio del 14 dicembre 2005 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato  il  16 giugno  2005, il
Tribunale  di  Roma,  in  composizione  monocratica,  nel corso di un
procedimento  civile  promosso dalla Confederazione Generale Italiana
del  Lavoro  (CGIL)  e da Sergio Cofferati nei confronti del deputato
Carlo Taormina, al fine di ottenerne la condanna, previo accertamento
del  reato di diffamazione, al risarcimento dei danni derivanti dalla
divulgazione  di  dichiarazioni da lui rese all'agenzia di stampa ADN
Kronos  il  20 marzo  2002  e da questa diffuse con il titolo «Biagi:
Taormina,   responsabilita'  oggettiva  di  Cofferati:  Assassini  si
propongono  come  braccio  armato  di leader CGIL», aventi ad oggetto
l'omicidio  del  prof.  Marco  Biagi  ad opera delle Brigate Rosse in
Bologna,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione fra poteri dello
Stato  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati in relazione alla
deliberaadottata  dall'Assemblea,  su  conforme proposta della Giunta
per  le autorizzazioni, nella seduta del 30 luglio 2003, con la quale
si  e'  dichiarato  che  i  fatti per i quali e' in corso il predetto
procedimento   riguardano   opinioni  espresse  nell'esercizio  delle
funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che  il ricorrente fa presente che gli attori addebitavano al
deputato  in questione le seguenti affermazioni: di avere essi attori
«creato   le   condizioni   perche'  i  terroristi  si  mettessero  a
disposizione»;  di  essere  il  Cofferati  ed  i  comunisti contro il
cambiamento   ed   il  Biagi  «essere  stato  assassinato  contro  il
cambiamento»;  di  essersi  proposti,  gli  assassini di Biagi, «come
braccio  armato  di Cofferati e dei comunisti»; espressioni aventi la
chiara   finalita'   di  suggerire  ai  lettori  una  responsabilita'
oggettiva  in  capo  al  Cofferati  in  ordine all'omicidio del prof.
Biagi,  nonche'  di  individuare  nell'azione  del  sindacato  e  del
Cofferati le condizioni dell'azione dei terroristi;
        che  nella  relazione  della  Giunta  per le autorizzazioni a
procedere,  a  sostegno  del giudizio di insindacabilita', si afferma
che  le  dichiarazioni  rese  dal parlamentare, pur al di fuori delle
sedi  parlamentari,  nell'ambito  di  un  piu' ampio contesto facente
riferimento  a  questioni  sindacali, alla riforma dell'art. 18 dello
statuto  dei  lavoratori,  al  ruolo  del  prof. Biagi nell'azione di
cambiamento che si voleva attuare da parte del Ministero del lavoro e
delle  politiche  sociali,  erano  strettamente connesse al dibattito
politico  sviluppatosi  nei  giorni successivi all'omicidio del prof.
Biagi,   mentre,   contemporaneamente,   si   era  svolta  anche  una
discussione  in  sede  parlamentare,  nel  corso  della  quale  molti
esponenti  dei  partiti  di maggioranza avevano argomentato sul nesso
esistente tra il grave delitto ed il dibattito politico sulla riforma
del  mercato  del  lavoro; ed, ancora, che il deputato Taormina aveva
inviato una lettera aperta, di chiarimento, al Cofferati, nella quale
precisava  che l'espressione piu' grave relativa alla responsabilita'
oggettiva  del  Cofferati nell'omicidio Biagi era stata disconosciuta
come  propria,  giacche',  ove  realmente  pronunciata, sarebbe stata
finalizzata  ad escludere ogni coinvolgimento personale e causale del
segretario della CGIL nel tragico delitto;
        che il Tribunale di Roma - richiamata la sentenza della Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo 3 giugno 2004, emessa nella causa De
Jorio  c.  Italia  - osserva che non risulta che il deputato Taormina
abbia   effettuato   in   aula   un   intervento  nella  immediatezza
dell'omicidio  del  prof. Biagi o comunque abbia svolto un'attivita',
nell'ambito  del  dibattito  politico  sulla  riforma del mercato del
lavoro,  nel  cui contesto abbia affrontato le tematiche dei rapporti
tra  sindacato  e  terrorismo,  nei  termini di cui alle affermazioni
riportate dall'ADN Kronos;
        che,  si  rileva  nel  ricorso,  il richiamo al contemporaneo
dibattito   politico  e  parlamentare  sulle  connessioni  tra  detto
omicidio  e la riforma del mercato del lavoro in via di attuazione da
parte della maggioranza di governo e' estremamente generico, mancando
non  solo di ogni riferimento ad una personale attivita' del deputato
Taormina, ma soprattutto del requisito della identita' sostanziale di
contenuto  con  la  specifica opinione espressa nelle affermazioni di
cui si tratta;
        che nulla di analogo alle affermazioni contestate al deputato
in   questione   e',   secondo  il  ricorrente,  riscontrabile  negli
interventi  dei  deputati  Cicchitto  di  Forza Italia e Cristaldi di
Alleanza  Nazionale, effettuati in aula il 20 marzo 2002 e richiamati
dalla  Giunta  a conferma della centralita' assunta dall'omicidio del
prof. Biagi nel dibattito politico-parlamentare dell'epoca;
        che,  infine,  il  richiamo  alla  lettera aperta inviata dal
deputato  Taormina  al  Cofferati esula dal circoscritto ambito della
verifica del nesso di funzionalita' tra le affermazioni e l'attivita'
parlamentare,   rimessa   alla   Camera  legislativa  ai  fini  della
valutazione  della  insindacabilita',  potendo  incidere  se  mai sul
merito della presunta condotta diffamatoria;
        che, in definitiva, la Camera, secondo il ricorrente, avrebbe
interpretato  in modo erroneo la nozione di esercizio delle funzioni,
ledendo  la  sfera  di  attribuzioni della Magistratura, in quanto le
dichiarazioni  rese  dal deputato Taormina nella intervista di cui si
tratta   non   potrebbero   ritenersi  collegate  alle  sue  funzioni
parlamentari,  sicche'  non sarebbe invocabile, in relazione ad esse,
l'immunita' di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che il Tribunale di Roma ha, pertanto, chiesto l'annullamento
della  deliberazione  di  insindacabilita'  adottata dalla Camera dei
deputati  nella seduta del 30 luglio 2003, relativa alle affermazioni
in questione.
    Considerato   che,   in   questa   fase  del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la   Corte   costituzionale   e'   chiamata   a   deliberare,   senza
contraddittorio,  se  «esiste  la  materia  di  un  conflitto  la cui
risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni
ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita';
        che  nella  fattispecie  sussistono i requisiti soggettivo ed
oggettivo del conflitto;
        che, infatti, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di
Roma  e' legittimato a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato  in  quanto  organo  giurisdizionale,  in  posizione  di
indipendenza,  costituzionalmente  garantita, competente a dichiarare
definitivamente, per il procedimento di cui e' investito, la volonta'
del potere cui appartiene;
        che,  del  pari,  la  Camera  dei  deputati e' legittimata ad
essere  parte  del  presente  conflitto in quanto organo competente a
dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta;
        che  dal ricorso possono ricavarsi «le ragioni del conflitto»
e  «le  norme costituzionali che regolano la materia», come richiesto
dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.