ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 13 del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  promosso  dal  giudice  di  pace  di  Potenza nel
procedimento  relativo  a Feldman Michael con ordinanza del 4 gennaio
2005,  iscritta  al  n. 181  del registro ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 14, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 gennaio 2006 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del 4 gennaio 2005, il Giudice di
pace di Potenza ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 13  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), denunciandone il contrasto
con   gli   artt. 2,   13   e   27  della  Costituzione,  nonche'  la
«irragionevolezza» in relazione all'art. 2, comma 1, lettere b) e c),
del  decreto  legislativo  28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), «in virtu' del quale e' sottratta al
giudice   di   pace  la  competenza  a  pronunciarsi  in  materia  di
restrizione  della  liberta'  personale  di qualsivoglia soggetto sia
esso cittadino italiano o extracomunitario»;
        che   il   rimettente   muove   dal   convincimento   che  il
decreto-legge  14 settembre  2004,  n. 241  (Disposizioni  urgenti in
materia  di immigrazione), convertito, con modificazioni, nella legge
12 novembre  2004,  n. 271, non abbia «risolto in forma definitiva ed
esaustiva  i  problemi  connessi  alla  costituzionalita» della legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifica  alla  normativa  in  materia  di
immigrazione  e di asilo), giacche' «ogni qualvolta e' in discussione
lo  stato  di  liberta'  di  una  qualsiasi  persona  (abbia  essa la
cittadinanza  italiana o si tratti di extracomunitari), devono essere
adottati  i  provvedimenti  previsti  nel rispetto dell'art. 13 della
Costituzione  e  finalizzati  ad assicurare il massimo delle garanzie
necessarie  ed  innanzitutto  il  rispetto  assoluto  delle  leggi in
vigore»;   sicche',   sarebbe  «dubbia  la  competenza  che  verrebbe
riconosciuta  al giudice di pace ove si ritenesse che lo stesso possa
convalidare un provvedimento di accompagnamento alla frontiera emesso
da un'autorita' amministrativa»;
        che,  ad  avviso  del giudice a quo, sarebbe peraltro «dubbia
[...]  la circostanza che il giudice di pace possa muoversi sul piano
penale  al  di  la'  delle  competenze  rigidamente fissate in via di
principio  dal  decreto  legislativo  28 agosto 2000, n. 274», il cui
art. 2,  comma 1,  lettere b)  e  c),  «ha esplicitamente escluso che
possa intervenire in materie che in qualche modo limitano la liberta'
personale»,  non  potendo reputarsi che tale «norma di principio» sia
stata  «modificata  o  annullata dai provvedimenti di accompagnamento
alla frontiera previsti in materia di extracomunitari»;
        che  nell'ordinanza  si  assume, inoltre, che la disposizione
censurata sarebbe incostituzionale «nella parte in cui e' previsto il
ricorso  in  Cassazione  senza  la  sospensione  del provvedimento di
accompagnamento alla frontiera»;
        che,  infine,  il  giudice  a  quo  afferma  che la questione
sarebbe  «rilevante  e non manifestamente infondata [...] nei termini
sopraesposti»   e,   nel   sollevarla,   «sospende  l'esecuzione  del
provvedimento  di  accompagnamento alla frontiera emesso dal Questore
di  Potenza  in  data  3 gennaio  2005  nel  confronti  del cittadino
straniero  Feldman  Michael nato a Bucarest il 19 maggio 1955 [...] e
pertanto non lo convalida»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
comunque infondata;
        che la difesa erariale osserva, anzitutto, che il prospettato
contrasto della disposizione censurata con gli artt. 2, 13 e 27 Cost.
non sarebbe sorretto da alcuna motivazione o, comunque, sarebbe privo
«dei    requisiti    argomentativi    minimi    necessari   ai   fini
dell'introduzione  del giudizio incidentale», cosi' da comportare una
declaratoria di inammissibilita' della prospettata questione;
        che, argomenta ancora l'Avvocatura, anche l'ulteriore assunto
del  rimettente  secondo  cui,  in  base  alla disciplina dettata dal
decreto legislativo n. 274 del 2000, non sarebbe possibile attribuire
al  giudice  di pace la competenza sul giudizio di convalida, sarebbe
«del  tutto  incongruente»,  non  essendo  precluso al legislatore di
modificare   una   legge  precedente  e,  in  ogni  caso,  risultando
«palesemente  erronea»  la  «equiparazione  tra  le  misure cautelari
personali  del  processo  penale ed i provvedimenti amministrativi di
accompagnamento alla frontiera»;
        che,  infine,  quanto  alla dedotta incostituzionalita' della
mancata   previsione   dell'efficacia   sospensiva   del  ricorso  in
Cassazione  avverso  il provvedimento di convalida, la parte pubblica
intervenuta  osserva  che  la  carenza  di  argomentazioni a sostegno
renderebbe  inammissibile  la  questione  e  che, comunque, la stessa
sarebbe  infondata,  non essendo previsto «nel sistema processuale, e
tanto  meno  in  Costituzione,  che  il  ricorso  in Cassazione abbia
effetto  sospensivo,  neanche  in  materia di provvedimenti incidenti
sulla liberta' personale».
    Considerato  che il Giudice di pace di Potenza denuncia l'art. 13
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello straniero), assumendone il contrasto con gli
artt. 2, 13 e 27 della Costituzione, nonche' la «irragionevolezza» in
relazione   all'art. 2,   comma 1,   lettere b)  e  c),  del  decreto
legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni sulla competenza
penale  del  giudice  di  pace,  a norma dell'articolo 14 della legge
24 novembre  1999,  n. 468)  «in  virtu'  del  quale  e' sottratta al
giudice   di   pace  la  competenza  a  pronunciarsi  in  materia  di
restrizione  della  liberta'  personale  di qualsivoglia soggetto sia
esso cittadino italiano o extracomunitario»;
        che  il  rimettente  non  fornisce alcun argomento a sostegno
dell'evocata violazione degli artt. 2 e 27 Cost., sicche', in assenza
di   motivazione   sulla  non  manifesta  infondatezza,  la  relativa
questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente inammissibile (ex
plurimis, ordinanze n. 432 e n. 314 del 2005);
        che,   parimenti,   anche   il  prospettato  contrasto  della
disposizione   denunciata   con   l'art. 13   Cost.   e'  carente  di
argomentazione  in  punto  di non manifesta infondatezza, non potendo
reputarsi  tale  il  mero convincimento espresso dal giudice a quo in
tema  di  scelte di politica legislativa sulla idoneita', o meno, del
decreto-legge  14 settembre  2004,  n. 241  (Disposizioni  urgenti in
materia  di immigrazione), convertito, con modificazioni, nella legge
12 novembre  2004,  n. 271,  a  risolvere  «in  forma  definitiva  ed
esaustiva»   i   non   meglio  specificati  «problemi  connessi  alla
costituzionalita»  della  legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla
normativa in materia di immigrazione e di asilo);
        che,  pertanto,  anche  sotto  tale  profilo, la questione e'
manifestamente inammissibile;
        che  il rimettente sostiene, inoltre, che l'art. 13 censurato
sarebbe  irragionevole  in  quanto  attribuisce al giudice di pace la
competenza   sul   giudizio   di   convalida  dei  «provvedimenti  di
accompagnamento    alla    frontiera    previsti    in   materia   di
extracomunitari»,  nonostante  che  il  medesimo  giudice  non «possa
muoversi  sul  piano  penale  al  di la' delle competenze rigidamente
fissate  in  via di principio dal decreto legislativo 28 agosto 2000,
n. 274», il cui art. 2, comma 1, lettere b) e c) - le quali prevedono
l'inapplicabilita' nel procedimento penale davanti al giudice di pace
delle   disposizioni   relative,   rispettivamente,   all'arresto  in
flagranza  di  reato e al fermo di indiziato di delitto, nonche' alle
misure  cautelari  personali  -  «ha esplicitamente escluso che possa
intervenire,  in  materie  che  in  qualche modo limitano la liberta'
personale»;
        che  il  tenore  della  censura, imperniandosi sulla asserita
irragionevolezza   della   attribuzione  al  giudice  di  pace  della
competenza  a  convalidare  il provvedimento di accompagnamento dello
straniero  alla  frontiera,  e' tale da consentire di individuare nel
comma 5-bis  dell'art. 13  del d.lgs. n. 286 del 1998, come da ultimo
modificato   dal  decreto-legge  n. 241  del  2004,  convertito,  con
modificazioni, nella legge n. 271 del 2004, la specifica disposizione
su  cui  si appuntano le doglianze del rimettente e nell'art. 3 Cost.
il parametro costituzionale al quale riferire la dedotta lesione;
        che,  tuttavia, il presupposto interpretativo da cui muove il
giudice   a   quo  e'  implausibile,  giacche'  il  provvedimento  di
accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo di forza pubblica, sebbene
inerisca   alla  materia  regolata  dall'art. 13  Cost.,  «in  quanto
presenta  quel  carattere  di  immediata coercizione che qualifica le
restrizioni  della  liberta'  personale  e  che vale a differenziarle
dalle misure incidenti solo sulla liberta' di circolazione» (sentenza
n. 105 del 2001; e cosi' anche sentenza n. 222 del 2004), costituisce
pur  sempre  una  modalita'  esecutiva,  adottata  dall'autorita'  di
pubblica   sicurezza,  dell'espulsione  amministrativa  e  non  puo',
dunque,   per  natura  e  funzione,  essere  assimilata  alle  misure
pre-cautelari  e cautelari penali che, in base alle citate lettere b)
e  c)  dell'art. 2,  comma 1,  del  d.lgs.  n. 274  del 2000, restano
escluse dalla competenza del giudice di pace in materia penale;
        che  e'  in base a tale premessa, palesemente erronea, che il
rimettente  omette  di considerare - malgrado egli stesso non dubiti,
proprio nella prospettiva del rispetto della riserva di giurisdizione
di  cui  al  comma  terzo  dell'art. 13 Cost., della sua qualita' di,
sebbene  onorario,  appartenente  all'ordine giudiziario (artt. 1 e 4
del  regio  decreto  30 gennaio  1941,  n. 12,  recante  «Ordinamento
giudiziario»)  -  che  la  scelta di attribuire al giudice di pace la
competenza   sul   giudizio   di   convalida   del  provvedimento  di
accompagnamento  coattivo  dello  straniero  alla  frontiera  rientra
comunque   nell'esercizio,   non   arbitrario  o  non  manifestamente
irragionevole, della discrezionalita' legislativa;
        che,  pertanto, la complessiva prospettazione su cui si fonda
il  dubbio  sollevato  dal  giudice  a  quo e' inidonea a dare valido
ingresso  al  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  e,  dunque,
l'esaminato  profilo  di  questione  deve  dichiararsi manifestamente
inammissibile (tra le altre, ordinanza n. 305 del 2003);
        che,   infine,   quanto   all'ipotizzata  incostituzionalita'
dell'art. 13  del decreto legislativo n. 286 del 1998 «nella parte in
cui  e'  previsto  il  ricorso in Cassazione senza la sospensione del
provvedimento di accompagnamento alla frontiera», non solo il giudice
a  quo non esplicita il parametro che sarebbe nella specie vulnerato,
ma,  segnatamente,  prospetta  una  censura  la  cui rilevanza appare
prematura  e  meramente  ipotetica,  giacche'  investe  la  fase  del
giudizio  di  impugnazione, successiva ed eventuale rispetto a quella
in cui il rimettente medesimo si trova a decidere;
        che   la   questione   deve,   pertanto,   essere  dichiarata
manifestamente  inammissibile  anche sotto tale ultimo profilo (cfr.,
ex plurimis, ordinanze n. 375 del 2005 e n. 434 del 2004).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.