ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2,
della  legge  10 ottobre  1990,  n. 287  (Norme  per  la tutela della
concorrenza e del mercato), promosso con ordinanza del 10 maggio 2005
dal  Giudice  di  pace  di  Pompei,  nei  procedimenti civili riuniti
vertenti  tra  Giuseppe  D'Ambrosio e la Milano Assicurazioni s.p.a.,
iscritta  al  n. 553  del  registro ordinanze 2005 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 47,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2005.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  Giuseppe D'Ambrosio, nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
    Ritenuto  che  il  Giudice  di  pace di Pompei, con ordinanza del
10 maggio  2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33,
comma 2,  della  legge  10 ottobre  1990, n. 287 (Norme per la tutela
della concorrenza e del mercato);
        che  il  giudice  a quo, senza nulla precisare sulla natura e
sull'oggetto  del  giudizio principale, si limita a dedurre - in tema
di  competenza  a  giudicare  delle  azioni di risarcimento del danno
prodotto  da  intese  anticoncorrenziali  di  cui alla predetta legge
n. 287  del  1990  -  che  sussisterebbe  una  contraddizione  tra le
motivazioni  di  due  sentenze della Corte di cassazione e che, a suo
avviso,  sarebbe  stata  travisata  «tutta la normativa sostanziale e
processuale   di   diritto   amministrativo»  e  confuso  l'interesse
legittimo  con il diritto soggettivo, mentre lamedesima Corte avrebbe
dovuto  dichiarare  il  proprio  difetto  di giurisdizione, in quanto
l'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, ha attribuito al giudice
amministrativo   la   cognizione   delle   controversie  relative  al
risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la questione sia dichiarata inammissibile, in
quanto  l'ordinanza  omette  di  illustrare  i  fatti  della  vicenda
processuale, e, nel merito, infondata;
        che  nel  giudizio  si  e'  costituita  la  parte istante nel
processo principale, chiedendo che la questione sia accolta.
    Considerato  che  il  Giudice  di pace di Pompei ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 33,  comma 2,  della  legge
10 ottobre  1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato);
        che  nell'ordinanza  manca  del  tutto  la  descrizione della
fattispecie  oggetto  del  giudizio  principale  e  la motivazione in
ordine  ai  parametri  dei  quali  si  deduce  la violazione e' stata
affidata  ad  argomentazioni  palesemente  inconferenti rispetto alla
questione di legittimita' costituzionale sollevata, in quanto dirette
esclusivamente   ad   evidenziare   un   contrasto   presente   nella
giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  e  l'interpretazione da
questa  offerta  in ordine alla consistenza della posizione giuridica
soggettiva della parte lesa da un'intesa anticoncorrenziale;
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.