LA CORTE DI APPELLO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, in grado
di  appello,  promossa  con  citazione notificata in data 26 febbraio
2004 ed iscritta al n. 251/2004R.G.
    Oggetto: risarcimento danni da Societa' Tirrenia di navigazione -
S.p.A.,  (P.I.  008324506339), con sede in Napoli al Rione Sirignano,
2,   in   persona  del  Direttore  generale  dott.  Roberto  Liguori,
rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Danilo Bontempi ed elettivamente
domiciliato  in  Ancona,  via  C.  Colombo,  50  per  delega in calce
all'atto di appello, appellante.
    Contro  Ferrotti  Carlo,  (nato  ad  Arezzo  il  04  maggio 1956,
residente in Ancona), rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Coppari,
ed elettivamente domiciliato in Ancona, via Matteotti, 110 per delega
a margine della comparsa di risposta, appellato.
    Causa posta in decisione nell'udienza del 9 marzo 2005.

                             Conclusioni

    Il Proc. dell'appellante ha conconcluso:
        «Piaccia  alla  ecc.ma Corte di appello di Ancona, contrariis
reiectis  annullare  e/o  riformare  -  in accoglimento dei suesposti
motivi  di  gravame  -  la  sentenza del Tribunale di Ancona, Sezione
stralcio  n. 1914  del  30 agosto/7  ottobre  2003  e  per  l'effetto
condannare  il  Ferrotti  Carlo alla restituzione delle somme di euro
13.616,04  corrispostegli  in virtu' della efficacia provvisoriamente
esecutiva  dell'impugnata  sentenza,  da maggiorarsi di rivalutazione
monetaria  ed  interessi  legali,  con  vittoria di spese, diritti ed
onorari del presente grado di giudizio.
        Si  depositano gli atti ed i documenti prodotti nel pregresso
grado  di  giudizio e si esibisce copia della sentenza notificata con
pedissequo atto di precetto in data 05 ottobre 2004».
    Il Proc. dell'appellato ha cosi' concluso:
        «Piaccia  alla  ecc.ma  Corte  di  appello  di  Ancona,  ogni
eccezione e domanda contrarie reiette, confermare in toto la sentenza
n. 1914, emessa in data 30 agosto 2003 e depositata in data 7 ottobre
2003  dal  Tribunale  di  Ancona,  Sezione stralcio, con qualsivoglia
conseguente statuizione.
        In  ogni  caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari dei
due gradi di giudizio».

                      Svolgimento del processo

    Carlo  Ferrotti  trasse a giudizio davanti al Tribunale di Ancona
la Compagnia Tirrenia di Navigazione S.p.A., esponendo che la propria
autovettura,  imbarcata  il  18  agosto  1994  sulla  M/n  Scatto  di
proprieta'   ed   armamento   della  societa'  convenuta  per  essere
trasportata, al seguito di due passeggeri, da Civitavecchia ad Olbia,
a  causa delle cattive condizioni del mare e del mancato uso di rizze
per  assicurarne  lo  stivaggio,  aveva  subito  ingenti  danni  alla
carrozzeria ed al motore.
    Chiese,  pertanto, di essere risarcito di tali danni, indicati in
complessive  ". 15.000.000.  Preciso'  che l'omissione delle suddette
cautele  malgrado  la  preventiva conoscenza delle avverse condizioni
del  mare  era stata attestata dal comandante della nave nel processo
verbale di danno che produsse insieme con altri documenti.
    La  convenuta  si costitui' per chiedere il rigetto della domanda
data  l'assenza  di colpa nella sua condotta e, in subordine, perche'
il  risarcimento  fosse  limitato, trattandosi di trasporto navale di
cose,  secondo la prescrizione dell'art. 423 cod. nav. all'importo di
".  200.000,  non  essendo  stato  nella  specie dichiarato un valore
superiore da parte del caricatore al momento dell'imbarco.
    L'adito  tribunale,  assunta  la prova testimoniale dedotta dalle
parti,  con sentenza 7 ottobre 2003 accolse la domanda dichiarando la
convenuta  societa'  responsabile del danno e liquidando questo nella
complessiva  somma  di  ".  9.500.000  con rivalutazione monetaria ed
interessi  legali  nella  misura del 3% annua sulla somma annualmente
rivalutata  dalla data del fatto al saldo. Liquido', infine, a favore
dell'attore le spese di lite.
    Premesso   essere   incontroversa   la   produzione   del   danno
all'autovettura attorea a causa del mancato od erroneo utilizzo degli
appositi  dispositivi destinati ad assicurare i veicoli nell'apposita
stiva  di  caricamento  della nave e configurandosi, dunque, la colpa
dei  dipendenti  della societa' compreso il comandante il quale aveva
intrapreso il viaggio in quelle condizioni malgrado la conoscenza dei
bollettini  nautici  che  prevedevano  mare agitato, colpa riferibile
alla  societa'  convenuta  ex  art. 2049  cod. civ., il primo giudice
risolse  in  senso  favorevole  alla  tesi attorea la questione della
individuazione  giuridica  del  contratto  di trasporto concretamente
stipulato  dall'attore,  qualificandolo  come  trasporto non di cose,
bensi'  di  persone  con bagaglio al seguito, osservando che, pur non
potendosi l'autovettura definire bagaglio personale in senso stretto,
tuttavia  il legislatore, negli artt. 410 e ss. cod. nav., utilizzava
tale  espressione  in  senso  lato, come comprensiva di tutte le cose
detenute   dal  passeggero  durante  il  trasporto,  e  quindi  anche
dell'autovettura  con  la  quale  egli  si imbarca e per il trasporto
della   quale   non   stipula   un  contratto  autonomo,  ma  estende
semplicemente  l'oggetto del trasporto di persone previo pagamento di
un prezzo supplementare ex art. 411 cod. nav. Doveva conseguentemente
escludersi  l'applicabilita'  delle  limitazioni  di  responsabilita'
previste  dagli  artt. 422  e  423  cod.  nav.  per il solo trasporto
marittimo di cose.
    Contro  questa  decisione  la  societa'  Tirrenia  di Navigazione
S.p.A.,  ha  proposto  appello,  affidato  ad un solo motivo. Resiste
Carlo  Ferrotti,  costituendosi  dinanzi  alla  Corte per chiedere la
conferma della impugnata sentenza.

                       Motivi della decisione

    Con   l'unico,   articolato,   motivo   di  appello  la  societa'
soccombente  denuncia, in primo luogo, il vizio di ultrapetizione nel
quale  sarebbe incorso il tibunale che aveva esaminato la fattispecie
sotto  la  prospettazione  del trasporto marittimo di persone che non
era  mai  stata  formulata  e  che  dunque  costituiva domanda nuova.
Contesta,  poi, la qualificazione del trasporto oggetto di causa come
trasporto di persone, dato che una autovettura non puo' rientrare nel
concetto  di  bagaglio,  destinato a contenere esclusivamente oggetti
personali  del passeggero secondo l'art. 410 cod. nav. e cioe' quelli
che per loro natura sono destinati a soddisfare le esigenze personali
durante il viaggio, o che riguardano la professione del passeggero, o
quelli  dai  quali questi non puo' o non vuole distaccarsi durante il
viaggio.  Aggiunge  l'appellante  che  erroneamente  il  tribunale ha
escluso  l'applicabilita'  della  norma  dell'art. 412  cod. nav. che
introduce  una limitazione di risarcimento per la perdita o la avaria
del bagaglio.
    Insiste,  quindi,  la  societa'  armatrice  nel senso che al caso
concreto  dovrebbe  tornare  applicabile  la  disciplina  dettata dal
codice  della  navigazione per il trasporto di cose ed in particolare
l'art. 423  cod.  nav. che prevede il limite massimo di risarcimento,
per  ciascuna unita' di carico, di ". 200.000, salva la maggior cifra
corrispondente    al   valore   dichiarato   dal   caricatore   prima
dell'imbarco, onere al quale pero' l'attore non aveva provveduto.
    D'altra   parte,  questa  limitazione  di  responsabilita',  gia'
dichiarata  conforme  a  costituzione dalla Corte costituzionale, non
distingue,  a  differenza  dall'analoga  disposizione  in  materia di
trasporto  aereo  di  cose  (art. 952  cod.  nav.), tra colpa grave o
lieve,  onde  si applica anche quando l'evento sia stato provocato da
colpa grave del vettore.
    Il mezzo e', in se', fondato.
    Escluso,  preliminarmente,  che  sussista la lamentata violazione
della  regola  di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto
da  nessun atto del giudizio di primo grado emerge che l'attore abbia
fondato  la  sua domanda espressamente sulla disciplina del trasporto
marittimo  di  cose  ed  in quanto, comunque, il giudice e' libero di
dare  al fatto la piu' opportuna qualificazione giuridica, osserva la
Corte  che,  al  fine  di  sfuggire  alla strettoia rappresentata dal
limite  del  risarcimento  per  danni  alle  cose trasportate per via
nautica,  fissato  dall'art. 423  cod.  nav.  per  ciascuna unita' di
carico in somma (" 200.000) sicuramente adeguata al momento della sua
(ri)determinazione  ad  opera  della legge 16 aprile 1954, n. 202, ma
altrettanto certamente irrisoria nella attualita', l'attore appellato
cerca  di percorrere due vie alternative che ripropone alla Corte per
l'eventualita'  che la stessa non condivida l'assimilazione fatta dal
primo  giudice  tra bagaglio del passeggero ed autovettura al seguito
del  medesimo.  Si  tratta  di  due  argomenti,  in  forza  dei quali
l'applicabilita' della ridetta normativa sfavorevole sarebbe esclusa:
essi sono pero' entrambi privi di fondamento.
    Per   un  verso,  infatti,  si  sostiene  ancora  la  tesi  della
cumulabilita'  tra  responsabilita' contrattuale ed estracontrattuale
(e,  quindi,  tra  le  rispettive azioni) che l'attore prospetto' sin
dall'atto  introduttivo  del presente giudizio e che consentirebbe di
far rispondere all'armatore secondo le regole ordinarie dell'illecito
aquiliano:  tesi  che  non  regge ove si consideri, innanzitutto, che
essa  e'  stata  esclusa  dalla  S.C.  nella decisione - citata dalla
difesa di parte convenuta - ove un caso in tutto simile venne risolto
in  base  al principio che nel trasporto marittimo di cose il vettore
armatore   risponde   del  fatto  dei  preposti  a  titolo  di  colpa
contrattuale  secondo  le disposizioni degli artt. 422, 423 cod. nav.
rimanendo   esclusa   la   possibilita'   di   concorso   dell'azione
contrattuale  con  l'azione  risarcitoria aquiliana ex artt. 274 cod.
nav.  e  2049  cod.  civ.,  norme  non invocabili dal creditore della
prestazione  di  trasporto  ed  operanti solo nei confronti dei terzi
estranei a tale rapporto (Cass. n. 5121/1983).
    Tesi che, per di piu', secondo la stessa prospettazione di chi la
sostiene,  postula  un  presupposto  sicuramente  estraneo  al nostro
ordinamento,  che  cioe' il fatto dannoso sia lesivo anche di diritti
assoluti  della  persona, posto che tra questi potrebbe eventualmente
ricomprendersi  il diritto di proprieta' garantito come bene primario
dall'art. 42   della  Carta  fondamentale,  ma  le  cui  garanzie  la
giurisprudenza  costituzionale  (v.  sent.  n. 401/1987, che richiama
altresi'  Corte  cost.  n. 99/1976)  non  consente  di estendere alle
obbligazioni pecuniarie.
    La   seconda   strada   che   l'attore  tenta  di  battere  porta
all'affermazione   del   carattere   doloso  o  in  subordine  almeno
gravemente colposo della condotta del comandante della nave il quale,
pur  consapevole  delle  particolarmente avverse condizioni del mare,
affronto'  egualmente  il  viaggio  esponendo  cosi'  la nave, i suoi
passeggeri ed i beni stivati a sicuro pericolo. Sennonche', l'ipotesi
del  dolo  -  quand'anche  solo  eventuale  - va sicuramente scartata
perche',  a  tutto concedere, dovrebbe essere stato dedotto e provato
che  il  responsabile della nave abbia affrontato il viaggio non solo
consapevole   della   inadeguatezza   della  stessa  alle  condizioni
meteorologiche  ma  soprattutto  consapevole  del fatto che i veicoli
erano  stati  stivati nell'autorimessa senza l'adozione delle cautele
previste per tali evenienze (ancoraggi con rizze e simili) e, dunque,
con  piena  accettazione di un evento di danno ai mezzi stessi che si
presentava  come del tutto certo o altamente probabile. Ma in difetto
di  qualsiasi  deduzione  e prova di questo tipo, l'ipotesi - che non
venne mai affacciata espressamente in primo grado - deve scartarsi.
    Quanto,  poi,  alla colpa grave, nemmeno l'attore contesta che in
materia di trasporto marittimo di cose, a differenza di quello aereo,
l'art. 423   cod.  nav.  non  prevede  l'esclusione  del  limite  del
risarcimento  per  tale  ipotesi (come stabilisce, invece, l'art. 952
dello  stesso  codice), con la conseguenza che, ove anche dimostrata,
quella  condotta colposa non avrebbe alcuna rilevanza nella direzione
auspicata  dall'appellato (l'inidoneita' della colpa grave ad elidere
il  limite  risarcitorio tanto nella disciplina del trasporto interno
quanto  in  quella  del  trasporto  di  cose  internazionale e' stata
riafferinata di recente da Corte cost. n. 71/2003).
    Queste  premesse  sono  necessarie  perche' escludono che il caso
sottoposto  a  questo  riesame possa essere deciso prescindendo dalla
norma  dell'art. 423  cod. nav. e consentono, cosi', di affrontare il
principale argomento che l'appellante propone alla Corte per chiedere
la  riforma  della  impugnata  sentenza  proprio  in  nome  di questa
disposizione,   che   invece  il  primo  giudice  ha  consapevolmente
disapplicato.
    Sostiene la societa' Tirrenia che, contrariamente all'assunto del
tribunale,  il  trasporto  su  nave  di  autovettura  al  seguito del
passeggero   trova  la  sua  disciplina  nelle  norme  del  trasporto
marittimo  di  cose, e non puo' farsi rientrare nella sottospecie del
trasporto di persone, disciplinata dagli artt. 396 ss. del cod. nav.,
per la quale non e' previsto in generale un limite di risarcimento in
caso  di  perdita  o  avaria  del  bagaglio al seguito del passeggero
(fatta  eccezione  per  l'ipotesi  di  bagaglio  consegnato chiuso al
vettore ex art. 412 cod. nav.).
    Questo argomento coglie nel segno.
    Il  tribunale,  infatti,  per  poter  giungere  ad  affermare  la
responsabilita' senza limite del vettore-armatore per l'avaria subita
dall'autovettura  dell'attore,  ha  dovuto equiparare quest'ultima al
bagaglio,  pur consapevole che come tale essa non puo' definirsi data
l'inconciliabilita' reciproca sotto l'aspetto semantico-letterale dei
rispettivi  termini.  Tuttavia  esso ha ritenuto egualmente possibile
l'equiparazione  sul  rilievo che per bagaglio debbano intendersi non
solo  gli  oggetti  personali  del  passeggero  (come testualmente si
esprime l'art. 410 cod. nav.), ma altresi' tutti quegli altri oggetti
detenuti  dal  passeggero  durante  la  navigazione; e l'autovettura,
difatti,  non  sarebbe  oggetto di un contratto di trasporto distinto
rispetto  a  quello stipulato per il trasporto delle persone, essendo
stato  perfezionato  un  solo  contratto per il trasporto di queste e
dell'autovettura   al   seguito,  mediante  pagamento  di  un  prezzo
supplementare, il tutto secondo la previsione normativa dell'art. 411
cod. nav.
    La  tesi,  pero',  non  puo' essere condivisa perche' in tutte le
norme nelle quali il termine bagaglio viene adoperato, il legislatore
mostra  chiaramente  di  intenderlo  nell'accezione letterale comune,
riferita  cioe' soltanto agli oggetti personali (come testualmente si
esprime   l'art. 410,  seconda  comma,  cod.  nav.),  che  come  tali
viaggiano con il passeggero senza costo aggiuntivo ove non superino i
limiti  di peso e di volume prestabiliti dal vettore o consuetudinari
(primo  comma) e che altrimenti sono soggetti a tariffa supplementare
previa  compilazione  dell'apposito  bollettino  di  carico  previsto
dall'art. 411.
    Come  affermato  dalla  S.C.  in  caso  in  tutto identico (Cass.
5409/1982),  in  nessun  modo,  quindi, e' possibile considerare come
bagaglio  del  passeggero  l'autovettura al seguito dello stesso e di
conseguenza, non essendo preveduto nel trasporto marittimo un tertium
genus oltre alle cose che costituiscono bagaglio ed a quelle che sono
assoggettate  alla  disciplina  del  trasporto  di cose dettata dagli
artt. 419   ss.,   da   tanto  deriva  che  nel  caso  di  specie  la
responsabilita'  del  vettore per avaria dell'autovettura trasportata
rimarrebbe  necessariamente  disciplinata  dall'art. 423  e limitata,
quindi, all'importo massimo di ". 200.000 stabilito dalla norma.
    Si  tratta,  tuttavia, di limite evidentemente irrisorio, essendo
stato  fissato  dalla  legge  n. 202  del  1954  ed  essendo  rimasto
inalterato  nel  tempo,  privo  com'e'  di  qualsiasi  meccanismo  di
adeguamento,  quale  quello  stabilito dalla legge n. 213/1983 per il
trasporto aeronautico di cose.
    Trattandosi  -  come codesta eccellentissima Corte costituzionale
ebbe  ad  esprimersi  nella sentenza n. 401/1987 - di una fattispecie
normativa  -  quella  aeronautica  - che «corrisponde integralmente a
quella  marittima,  in  quanto  prevede  anch'essa  la  facolta'  del
caricatore  di ovviare alla applicazione del limite legale del debito
del  vettore  con  la dichiarazione di valore resa anteriormente alla
caricazione»,  ritiene  questa  Corte  che  sussista  violazione  del
principio  di  eguaglianza per la differente disciplina di situazione
identiche  (responsabilita'  del  vettore  per perdita o avaria delle
cose  trasportate),  non  giustificata  dalla  circostanza  del tutto
marginale  ed  estemporanea che il trasporto (della stessa cosa e con
la stessa destinazione) venga affidato a vettore aereo o marittimo.
    La  questione che si sottopone venne gia' rigettata con la citata
sentenza  n. 401/1987  nella  quale  tuttavia  il  contrasto  con  il
parametro   dell'art. 3  Cost.  era  stato  configurato  dal  giudice
remittente  sotto il distinto profilo che la norma non terrebbe conto
della  diversa  capacita'  di  reddito in dipendenza della diversita'
delle  condizioni  economiche  dei  creditori  della  prestazione  di
trasporto;  parimenti  la  successiva  sentenza n. 71/2003 di codesta
Corte costituzionale dichiaro' infondata la questione di legittimita'
della norma sempre con riferimento al parametro dell'art. 3 Cost., ma
anche  in quella occasione il giudice remittente aveva prospettato la
questione  nel  distinto  senso  della  diversita' di trattamento tra
l'ipotesi del trasporto di cose nazionale e quello internazionale.
    Il  presente  incidente, invece, postula l'irrazionale diversita'
di  trattamento  di  situazioni in tutto simili, come il trasporto di
cose  marittimo e quello aereo, rispetto alle quali la limitazione di
responsabilita'    del   vettore   risulta   disciplinata   in   modo
sensibilmente   ed  ingiustificatamente  diverso,  con  un  risultato
contrastante con quei rilevanti interessi, inerenti a diversi settori
dell'economia,  ai quali codesta eccellentissima Corte costituzionale
si   richiamava   allorche'   (sent.   n. 401  cit.)  indirizzava  al
legislatore  il  severo monito a porre un limite, anche nella materia
del   trasporto  marittimo  ed  analogamente  a  quello  aereo,  alla
autonomia privata alla quale finisce per essere integralmente rimessa
la    determinazione   del   risarcimento   nel   delineato   sistema
dell'art. 423 cod. nav.
    La  questione  e'  rilevante nel presente giudizio, perche', come
sopra  spiegato,  esclusa  la  possibilita'  di  configurare nel caso
concreto  una  ipotesi  di  responsabilita'  estracontrattuale  e  la
rilevanza  di una eventuale colpa grave del vettore, esclusa altresi'
la   applicabilita'   della   normativa   relativa  al  bagaglio  del
passeggero,  la responsabilita' della societa' convenuta non potrebbe
valutarsi se non con il metro dell'art. 423, primo comma, cod. nav. e
dunque,  non essendo stata fatta la dichiarazione di valore preveduta
dal  secondo  comma,  essa resterebbe limitata a quella somma davvero
irrisoria stabilita dalla norma stessa.