IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo grado iscritta al numero 208154 del Ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2005 (alla quale e' stata riunita la n. 208155/05) vertente tra Scardala Bernardino, Pieriste' Anna Maria, elettivamente domiciliati in Roma in viale delle Milizie n. 76, presso lo studio dell'avv. Claudio Andreozzi che li rappresenta e difende in virtu' di deleghe a margine dei ricorsi, ricorrenti e Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca scientifica - Ufficio scolastico regionale per Lazio, in persona del rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma presso la sede di via Luigi Pianciani n. 32, rappresentato e difeso ex art. 417-bis c.p.c. dalla sig.ra Luciana Gabrieli, e dal dott. Giovanni Bruno Amato e dalla dott.ssa Anna Maria Vox, convenuto. Sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 21 marzo 2006 osserva quanto segue. Ritenuto in fatto I ricorrenti Bernardino Scardala e Anna Maria Pieriste' sono stati dipendenti del comune di Roma con profilo professionale di operatore servizi socio educativi (quarta qualifica funzionale) rispettivamente, dall'1° marzo 1976 al 31 dicembre 1999 e dall'1° gennaio 1976 al 31 dicembre 1999. Il comma 2 dell'art. 8 della legge n. 124 del 3 maggio 1999 recante «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999), ha disposto che il personale A.T.A. (amministrativo, tecnico e ausiliario) dipendente dagli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della legge, sia «trasferito nei ruoli del personale A.T.A. statale ed inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili.». Lo stesso comma ha inoltre statuito che detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianita' maturata presso l'ente locale di provenienza.». In attuazione del comma 4 del citato articolo 8 «il trasferimento del personale di cui ai commi 2 e 3 avviene gradualmente, secondo tempi e modalita' da stabilire con decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto con [...], il decreto interministeriale 23 luglio 1999, n. 184 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2000, n. 16) ha disposto l'effettivo trasferimento del personale A.T.A. degli enti locali presso i corrispondenti ruoli statali, demandando a un successivo decreto interministeriale la definizione dei «criteri di inquadramento, nell'ambito del Comparto Scuola, finalizzati all'allineamento degli istituti retributivi del personale in questione a quelli del comparto medesimo, con riferimento alla retribuzione stipendiale, ai trattamenti accessori e al riconoscimento ai fini giuridici ed economici, nonche' dell'incidenza sulle rispettive gestioni previdenziali, dell'anzianita' maturata presso gli Enti, previa contrattazione collettiva, da svolgersi entro il mese di ottobre 1999, fra l'Aran e le Organizzazioni sindacali rappresentative dei comparti Scuola ed Enti Locali, ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 29/1993 e dell'art. 47 della legge n. 428/1990. Gli inquadramenti individuali verranno realizzati con decreti disposti dai Provveditori agli studi.». Con il successivo decreto interministeriale del 5 aprile 2001 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 2001, n. 162), mediante il recepimento dell'Accordo del 20 luglio 2000 fra l'ARAN e le organizzazione sindacale di settore, e' stato stabilito, all'art. 3, che al personale trasferito «viene attribuita la posizione stipendiale, fra quelle indicate nell'allegata tabella B, d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito da stipendio e retribuzione individuale di anzianita' (...)». Con decreto n. 24223 del 26 febbraio 2002 i ricorrenti Bernardino Scardala e Anna Maria Pieriste' sono stati trasferiti dall'Ente locale di appartenenza allo Stato e inquadrati nell'area professionale del personale A.T.A., qualifica funzionale dei servizi tecnici, profilo professionale A/2 - collaboratore scolastico. Con i ricorsi introduttivi, depositati in data 6 aprile 2005, i ricorrenti lamentano che l'Amministrazione statale, all'atto dell'inquadramento, ha proceduto a un limitato e parziale riconoscimento dell'anzianita' maturata alle dipendenze dell'Ente locale, con conseguente decurtamento dell'importo stipendiale e dei relativi istituti economici e giuridici spettanti. Diversamente, secondo quanto sostenuto dalle parti ricorrenti, statale, ai sensi dell'art. 8, comma 2 della legge n. 124/1999, sarebbe stata invece tenuta ad applicare, dall'1° gennaio 2000, il C.C.N.L. del comparto Scuola al personale trasferito tenendo conto di tutta l'anzianita' maturata alle dipendenze dell'Ente locale, non risultando conforme al dettato della fonte primaria l'attuazione datane (mediante decreto interministeriale e accordo collettivo) con il collocamento di detto personale nella fascia stipendiale corrispondente alla retribuzione in godimento al 31 dicembre 1999 (c.d. principio del maturato economico) e non in quella corrispondente all'effettiva anzianita' di servizio. In particolare, al ricorrente Scardala con il decreto dirigenziale n. 141 del ( 15 luglio 2002, a fronte di ventitre anni e dieci mesi di servizio effettivamente prestato alle dipendenze dell'Ente locale sono stati riconosciuti solamente 19 anni 10 mesi e 4 giorni e un trattamento stipendiale di Euro 8.298,35 in luogo dell'importo di Euro 9.373,09 spettante sulla base dell'anzianita' di servizio effettivamente maturata; mentre alla ricorrente Pieriste' a fronte di ventiquattro anni di servizio effettivamente prestato alle dipendenze dell'Ente locale sono stati riconosciuti solamente diciannove anni dieci mesi e quattro giorni e un trattamento stipendiale di Euro 8.298,35 in luogo dell'importo di Euro 9.373,09 spettante sulla base dell'anzianita' di servizio effettivamente maturata. I ricorrenti, sulla base di tali premesse, hanno chiesto al giudice l'accertamento del loro diritto al riconoscimento ai fini giuridici ed economici a decorrere dall'1° gennaio 2000 dell'intera anzianita' maturata presso l'Ente locale di appartenenza, in misura pari al periodo di servizio, con conseguente condanna dell'Amministrazione statale al pagamento delle differenze retributive maturate a partire dall'1° gennaio 2000 e sino al riconoscimento giudiziale. Nelle more del giudizio, con l'art. 1 comma 218 della legge n. 266 del 23 dicembre 2005 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2006)» (pubblicata sul S.O. n. 211 della Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2005, n. 302) il legislatore ha introdotto nell'ordinamento una norma di interpretazione autentica del disposto di cui al comma 2 dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124. In particolare, si e' previsto che «il comma 2 dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (A.T.A.) statale e' inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con l'attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianita' nonche' da eventuali indennita', ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell'inquadramento. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.». All'udienza di prima comparizione e discussione del 17 gennaio 2006, rilevata l'intervenuta novita' legislativa, il giudice rinviava la causa per la decisione alla successiva udienza del 21 marzo 2006 con termine per note difensive. Nelle more si costituiva in giudizio il Ministero convenuto e all'udienza del 21 marzo 2006 le parti ricorrenti hanno denunciato profili di illegittimita' costituzionale della norma di cui al comma 218 dell'art. 1 della citata legge n. 266/2005 attinenti: alla violazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale quali limiti delle norme di interpretazione autentica; alla violazione dei parametri di ragionevolezza ed uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento e irrazionale compromissione del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti preteriti; alla violazione degli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione per invasione della sfera riservata al potere giudiziario. Considerato in diritto Il tribunale ritiene di dover rimettere alla Corte costituzionale il giudizio sulla legittimita' costituzionale della norma di cui al comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266 del 23 dicembre 2005 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2006)» per violazione degli articoli 3, 102, 103 e 104 della Costituzione. Va anzitutto precisato che la questione e' rilevante nel presente processo. Infatti, sulla base della previgente disciplina di cui all'art. 8 della legge n. 124/1999 al lavoratore trasferito presso l'Amministrazione statale deve essere riconosciuta ai fini giuridici ed economici l'anzianita' maturata presso l'ente locale di provenienza.». La fonte primaria (art. 8 della legge n. 124/1999) ha trovato una parziale e limitata attuazione nelle fonti secondarie (decreti interministeriali del 23 luglio 1999 e del 5 aprile 2001), laddove il precetto dell'integrale riconoscimento dell'anzianita' (giuridica ed economica) effettivamente maturata presso l'Ente locale di provenienza e' stato sostituito dal c.d. principio del maturato economico, con conseguente riduzione del periodo di anzianita' riconosciuto ai fini dell'inquadramento nei nuovi ruoli di appartenenza. La stessa giurisprudenza di legittimita' (Cass. 17 febbraio 2005, n. 3224 e Cass. 27 settembre 2005, n. 18829) si e' orientata univocamente nel senso dell'illegittimita' dell'applicazione al caso di specie del principio del maturato economico per contrasto con le disposizioni di rango primario di cui agli articoli 2112 codice civile, 31 del d.lgs. n. 165/2001 e 8 della legge n. 124/1999. Invero, la nuova normativa introdotta dal comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 impone di interpretare l'art. 8 della legge n. 124/1999 nel senso della legittimita' dell'adozione del principio del maturato economico, contrariamente alla chiara risultanza testuale e ai principi generali previsti dagli art. 2112 codice civile e 31 del d.lgs. n. 165/2001 in materia di traferimento. Appare allora evidente che laddove si ritenesse costituzionalmente illegittima la norma di cui comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266, conformemente al principio di diritto gia' enunciato in materia dalla Corte di Cassazione e a cui il tribunale remittente ritiene di aderire, le domande dei ricorrenti dovrebbero trovare accoglimento. Diversamente, laddove si affermasse la legittimita' costituzionale della norma in esame, le domande dei ricorrenti andrebbero rigettate a cagione della conseguente conformita' a legge dell'operato dell'Amministrazione statale nell'attuazione della norma di rango primario di cui al citato art. 8 della legge n. 124/1999. Per tali ragioni, la questione appare rilevante nel presente giudizio. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione (giacche' il tribunale puo' evitare di rimettere alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' eccepita solo ove la ritenga manifestamente infondata) si osserva quanto segue. Ritiene questo giudice che la norma di cui all'art. 1, comma 218, della legge n. 266/2005, nell'imporre l'interpretazione predetta, con effetti innovativi sulla disciplina concretamente applicabile, presenti profili di assai dubbia costituzionalita', tali da determinare una possibile lesione, sotto molteplici profili, del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Anzitutto si rileva l'introduzione di una non razionale disparita' di trattamento fra i lavoratori A.T.A. provenienti dagli enti locali, che pur continuando a svolgere le medesime mansioni presso le medesime strutture scolastiche si vedono riconosciuta ai fini giuridici ed economici solo una parte dell'anzianita' effettivamente maturata, e i lavoratori A.T.A. inseriti sin dall'origine del rapporto nei ruoli dell'Amministrazione statale, i quali beneficiano dell'integrale riconoscimento dell'anzianita' maturata. Tale disparita' non trova, a parere del Tribunale congrue e razionali giustificazioni, se non in una motivazione meramente economica volta al contenimento della finanza pubblica il cui onere deve necessariamente gravare sulla fiscalita' generale o, tutt'al piu', avere riflessi in sede di contrattazione economica collettiva, ma con esclusivo riferimento a categorie e settori omogenei. Nel caso di specie, la disparita', oltre a trasmodare dalla dimensione meramente economica verso la complessiva posizione giuridica dei lavoratori discriminati, ha comportato un' ingiustificata discriminazione all'interno di un medesimo comparto produttivo (il comparto Scuola) fra lavoratori le cui posizioni e mansioni si relazionano in termini di assoluta identita'. Con riguardo a tale rilievo, il tertium comparationis appare allora costituito dagli intangibili principi del diritto comune del lavoro in forza dei quali al lavoratore, laddove la legge o la contrattazione collettiva attribuiscano diritti e trattamenti retributivi in ragione dell'attivita' prestata e dell'opera profusa, esse siano valutate nella loro interezza temporale e sostanziale. Vi e' altresi' disparita' di trattamento fra la generalita' dei lavoratori, sia del settore privato che pubblico, che beneficiano della disciplina - da ritenersi in tal caso termine di raffronto - di cui all'art. 2112 codice civile e all'art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 in materia di trasferimento (laddove viene statuito il principio generale del mantenimento dei diritti acquisiti nel caso di successione del datore di lavoro nella titolarita' del rapporto) - e i lavoratori A.T.A. trasferiti ai sensi dell'art. 8 della legge 124/1999, che all'atto di trasferimento presso l'Amministrazione statale vedono ora compromessi i diritti acquisiti nel corso del tempo. Ulteriori profili di irrazionale disparita' vengono inoltre ravvisati nella diversa disciplina riservata, da un lato, ai lavoratori A.T.A. che al momento dell'entrata in vigore della citata norma di interpretazione autentica hanno gia' ottenuto un giudicato favorevole, e dall'altro, ai lavoratori A.T.A. che al momento dell'entrata in vigore non avevano avviato alcuna azione giudiziaria, pur non essendo decaduti dall'azione e non essendo decorso il termine di prescrizione dei diritti in oggetto, con conseguente indicazione dello specifico tertium comparationis nelle diverse norme ordinamentali attributive del diritto all'incomprimibile tutela giurisdizionale dei diritti. Invero, l'art. 1, comma n. 218, legge n. 266/2005 espressamente dispone: «E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.». Tale disposizione, a parere di questo giudice, comporta un'ingiustificata disparita' di trattamento, basata sulla mera circostanza del mancato promovimento dell'azione giudiziaria, senza che ad essa si accompagni alcun profilo di colpa, essendo i lavoratori non beneficiari del giudicato ancora in termini, al momento dell'entrata in vigore della legge, per azionare i diritti acquisiti e ora compressi dall'intervenuta disciplina normativa. A maggior ragione sussiste irragionevolezza in relazione alla disciplina ora applicabile a quei lavoratori, quali i ricorrenti del presente giudizio, che abbiano iniziato l'azione anteriormente all'entrata in vigore della legge e che nel corso del giudizio vedano irrazionalmente mutare la disciplina applicabile al caso di specie, cosi' introducendo, quale elemento selettivo del trattamento giuridico dispiegato a due situazioni specularmene identiche, un dato estemporaneo di assoluta aleatorieta'. Al riguardo va peraltro rilevato che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che, linea generale, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica - essenziale elemento dello Stato di diritto - non puo' essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in un regolamento irrazionale di identiche situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (v. ex multis sentenza n. 446 del 2002). Viene allora in rilievo un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, ritenuto da questo giudice non manifestamente infondato, attinente alla violazione dei limiti posti allo strumento della legge di interpretazione autentica. La Corte costituzionale ha piu' volte chiarito che anche ove la legge sia qualificabile come di interpretazione autentica, occorre verificare se, esercitando il potere di lumeggiare la portata della precedente norma, il legislatore abbia rispettato i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello della tutela dell'affidamento legittimamente posto sulla certezza dell'ordinamento giuridico e quello del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenze n. 525 del 2000 e n. 26 del 2003) e che, pertanto, in tali casi il problema da affrontare riguarda, non gia' la natura della legge, bensi' i limiti che la sua portata retroattiva incontra alla luce dei predetti canoni di ragionevolezza e del necessario rispetto degli altri valori e interessi costituzionalmente protetti (cfr. sentenze n. 291 del 2003, n. 525 del 2000, n. 229 del 1999, n. 421 e n. 376 del 1995). Lo stesso giudice delle leggi ha inoltre affermato che il legislatore puo' in effetti porre norme che retroattivamente precisino il significato di altre norme preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti di senso del testo originario, purche' esse siano compatibili con il tenore letterale di esso (v. sent. n. 168 del 2004). Nel caso di specie si riscontra, invero, una vera e propria incompatibilita' precettiva fra la norma interpretata (che impone l'integrale riconoscimento dell'anzianita' economica e giuridica) e la norma interpretativa (che adotta il diverso principio del solo maturato economico). In altri termini, la norma interpretativa in esame non si limita a selezionare le opzioni ermeneutiche possibili della norma interpretata, al fine di chiarirne la valenza dispositiva, ma pone una differente e divergente statuizione, la cui portata risulta di segno diverso e contrario alla norma originaria, selezionando un contenuto dispositivo che il precetto interpretato non ha mai avuto, poiche' in palese e chiaro contrasto con la sua formulazione testuale. Non e' infatti consentito al legislatore distorcere la tipica funzione dell'interpretazione autentica, con il connaturato effetto retroattivo, attribuendo carattere interpretativo a disposizioni che hanno, invece, portata innovativa, o addirittura contraria alla norma interpretata (cfr. sentenza n. 155 del 1990). Ne consegue una lesione del legittimo affidamento dei consociati e della certezza dei rapporti giuridici, di per se' contraria ai canoni di uguaglianza e ragionevolezza, la cui ricorrenza non trova nella fattispecie in esame nessuna razionale giustificazione, se non la necessita' del contenimento della spesa pubblica che pero', come gia' ribadito, non puo' di per se' dar luogo ad arbitrarie disparita' di trattamento di situazioni ontologicamente eguali, dovendo piuttosto gravare sulla fiscalita' generale ovvero su settori o categorie interamente considerate e trattate. Peraltro, va evidenziato che nessun dubbio interpretativo sulla portata dispositiva dell'art. 8 della legge n. 124/1999 era ed e' riscontrabile nella giurisprudenza di merito e legittimita'. Si deve piuttosto constatare come il diritto vivente, abbia pacificamente recepito l'inequivoca portata della predetta norma disattendendo, senza alcuna incertezza, le tesi dell'Amministrazione circa l'asserita capacita' derogatoria (ex art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001) dell'accordo sindacale recepito nel decreto ministeriale del 5 aprile 2001, attuativo della legge n. 124/1999. Vanno a tal proposito richiamate le due gia' citate recenti pronunce (Cass. n. 3224/2005 e n. 18829/2005) con le quali la Corte disazione ha affermato l'illegittimita' dell'adozione da parte dell'Amministrazione del principio del c.d. maturato economico nell'attuazione della normativa di rango primario di cui al citato art. 8 della legge 124/1994. A conferma di cio' si evidenzia come gli aspetti controversi trattati nel predetto contenzioso non abbiano in alcun modo riguardato la circostanza pacificamente ammessa dell'affermazione nell'art. 8 della legge 124/1999 del diritto dei lavoratori A.T.A., provenienti dai ruoli degli enti locali, all'integrale riconoscimento dell'anzianita' effettivamente maturata. Piuttosto, l'elemento su cui si e' controverso ha riguardato esclusivamente la possibilita' di considerare la normativa di rango secondario, con la quale e' stato accolto il contrario principio del maturato economico (oggi indicato quale soluzione ermeneutica prescelta per la soluzione di un contrasto interpretativo in realta' mai sorto), come avente capacita' derogatoria proprio della norma (l'art. 8 della legge n. 124/1999) successivamente oggetto dell'interpretazione autentica di cui al comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266 del 23 dicembre 2005. Emerge allora, con tutta la sua evidenza, la non manifesta infondatezza di un ulteriore profilo di sospetta illegittimita' costituzionale della succitata norma, attinente alla violazione degli art. 102, 103 e 104 della Costituzione per l'invasione della sfera riservata al potere giudiziario. Appare invero palese, sulla base delle considerazioni sopra svolte, l'intento legislativo, in assenza di un reale e fondato contrasto interpretativo, di incidere sull'esito dei giudizi mediante l'imposizione di una soluzione giurisdizionale contraria agli univoci pronunciamenti delle Corti di merito e legittimita', nonche' al chiaro dato testuale della legge n. 124/1999. La stessa Corte costituzionale ha piu' volte affermato che sussiste un'invasione della sfera riservata al potere giudiziario, con conseguente violazione degli articoli 102, 103 e 104 della Costituzione, laddove il legislatore imponga con una norma interpretativa, avente in realta' portata innovativa, una scelta ermeneutica non rientrante fra le possibili varianti di senso (compatibili col tenore letterale) del testo interpretato, con l'intento esclusivo di incidere direttamente su concrete fattispecie sub iudice (cfr. ex multis le sentenze n. 6/1994, n. 480/1992 e n. 155/1990). Tale intento legislativo si evince chiaramente dal contenuto della disposizione in esame la quale, pur in presenza di un univoco pronunciamento della Corte di legittimita', che aveva negato l'idoneita' della norma di rango secondario a derogare il disposto della norma primaria di cui doveva costituirne attuazione, ha elevato a soluzione ermeneutica da prescegliere, nell'applicare la norma primaria, proprio il contenuto della norma secondaria che si presentava in palese e non controverso contrasto con la norma da attuare. Per tali ragioni, apparendo la questione rilevante nel presente giudizio e, nei limiti suindicati, non manifestamente infondata, si impone la remissione della stessa a codesta Corte.