ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
19 febbraio   1981,   n. 27   (Provvidenze   per   il   personale  di
magistratura),   promosso   con  ordinanza  del  24  giugno 2005  dal
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione di Catania,
sul  ricorso  proposto  da  Anna  Maria Cristaldi contro il Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  ed  altri,  iscritta  al n. 494 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Visto l'atto di costituzione di Anna Maria Cristaldi;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Udito l'avvocato Agatino Cariola per Anna Maria Cristaldi;
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione  di  Catania, con ordinanza del 24 giugno 2005, ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3,  4,  29,  30, 37, 97, 104 e 108 della
Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3
della  legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura),   nella   parte   in   cui   vieta  la  corresponsione
dell'indennita'  da esso prevista (cosiddetta indennita' giudiziaria)
nel  periodo  di  astensione obbligatoria per maternita', nonche', in
riferimento  agli  artt. 3,  4,  35,  36  e  38  Cost.,  questione di
legittimita'  costituzionale  della  stessa  norma nella parte in cui
esclude    la   pensionabilita'   dell'indennita'   medesima   e   la
computabilita'  della  stessa  nella determinazione della tredicesima
mensilita' e dell'indennita' di fine rapporto;
        che  il  giudice rimettente premette che il giudizio a quo e'
stato   promosso   da   un  magistrato  donna  al  fine  di  ottenere
l'annullamento  del  provvedimento  con il quale era stato disposto a
suo  carico  il recupero della somma percepita a titolo di indennita'
giudiziaria   durante  il  periodo  di  astensione  obbligatoria  per
maternita';
        che  il  Tribunale  amministrativo  regionale da' atto che la
norma  impugnata  e'  stata  modificata dall'art. 1, comma 325, della
legge  30 dicembre  2004,  n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005),
nel   senso  che  l'astensione  obbligatoria  non  comporta  piu'  la
sospensione   dell'erogazione  dell'indennita'  prevista  dall'art. 3
della  legge  n. 27  del 1981, ma aggiunge che la novella legislativa
non  e' applicabile alla fattispecie oggetto del suo esame perche' la
modifica  ha  effetto  con  decorrenza dal 1° gennaio 2005, mentre il
periodo   di  astensione  obbligatoria  goduto  dalla  ricorrente  e'
antecedente   a   quella  data  e  dunque  soggetto  alla  disciplina
previgente,  con conseguente rilevanza della questione nel giudizio a
quo;
        che  il  rimettente  sostiene  che  la disposizione censurata
contrasta  con  il  principio  di  razionalita'  espresso dall'art. 3
Cost.,  poiche' l'indennita' da essa contemplata e' corrisposta nella
stessa  misura  per  ogni  magistrato,  a  prescindere dalle funzioni
svolte,  e  conseguentemente l'emolumento in questione, mentre appare
pressoche'  ininfluente  sullo stipendio dei magistrati che ricoprono
incarichi  direttivi,  rappresenta  una  quota  rilevante  di  quello
spettante  ai  magistrati  all'inizio  della  carriera  ossia  per la
totalita' delle donne magistrato che decidono di avere figli;
        che  inoltre,  a parere del giudice a quo, la norma censurata
produrrebbe  conseguenze  sulla vita familiare delle interessate e si
porrebbe  in  contrasto  con i principi e le direttive rinvenibili in
numerosi articoli della Costituzione, afferenti alla salvaguardia del
lavoro  femminile  ed  alla tutela della donna lavoratrice (art. 37),
alla   decisione   di   costituire   una  famiglia  e  di  provvedere
all'educazione  dei  figli  (art. 29,  30 e 31), al buon andamento di
quella    particolare   amministrazione   che   e'   l'organizzazione
giudiziaria   (art. 97)   e   all'indipendenza   della   magistratura
(artt. 104 e 108);
        che  il  Tribunale  amministrativo regionale, pur consapevole
del   fatto   che   la   Corte   costituzionale   ha   gia'   escluso
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della  legge n. 27 del
1981,  ritiene  tuttavia  di  dover sottoporre nuovamente la norma al
vaglio  di  costituzionalita'  alla  luce  del  sopravvenuto  decreto
legislativo  26 marzo  2001,  n. 151  (Testo unico delle disposizioni
legislative  in materia di tutela e sostegno della maternita' e della
paternita',  a  norma  dell'articolo 15  della  legge  8 marzo  2000,
n. 53), provvedimento legislativo che darebbe rinnovata attuazione ai
gia'  ricordati  principi  costituzionali ed innoverebbe sotto alcuni
profili  la  previgente  normativa, in particolare con riferimento al
divieto  di  operare  discriminazioni  fondate  sul  sesso per quanto
riguarda la retribuzione (art. 3);
        che   il   rimettente   individua  un  ulteriore  profilo  di
illegittimita' dell'art. 3 della legge n. 27 del 1981, per violazione
della   parita'   di  trattamento  di  cui  all'art. 3  Cost.,  nella
circostanza   della   concessione  dell'indennita'  in  questione  al
personale  amministrativo  della  magistratura  ordinaria e di quelle
speciali  anche  durante  il  periodo  di astensione obbligatoria per
maternita',  cosi'  come  previsto  dalla  contrattazione  collettiva
riguardante il rapporto di lavoro di quelle categorie di personale, a
partire  dall'accordo  recepito  nel  d.P.R.  17 gennaio  1990, n. 44
(Regolamento   per   il  recepimento  delle  norme  risultanti  dalla
disciplina prevista dall'accordo del 26 settembre 1989 concernente il
personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all'art. 2
del decreto del Presidente della Repubblica del 5 marzo 1986, n. 68);
        che,  a  quest'ultimo proposito, il giudice a quo ritiene che
la  diversita'  del  regime  della  regolamentazione  del rapporto di
lavoro  tra le categorie poste a confronto (magistrati, da un lato, e
personale dirigente delle cancellerie e delle segreterie, dall'altro)
non  valga  ad escludere la prospettata violazione dell'art. 3 Cost.,
perche'  il  fatto che un tipo di rapporto sia regolato dalla legge e
l'altro  dal  contratto  collettivo non esimerebbe il legislatore che
regola  il  primo  dall'obbligo  di  rispettare  il suddetto precetto
costituzionale  quand'anche  il  trattamento  piu'  favorevole  venga
introdotto da un contratto collettivo successivo alla legge;
        che  il  Tribunale amministrativo regionale solleva questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge n. 27 del 1981
anche  nella  parte  in  cui  la norma stabilisce che l'indennita' in
questione  non  e'  pensionabile  e  non  e'  computata ai fini della
determinazione del trattamento di fine rapporto e della tredicesima;
        che,  in  particolare, ad avviso del rimettente sussisterebbe
violazione  degli artt. 3, 4, 35, 36 e 38 Cost., perche', costituendo
l'indennita'  in  questione  un  elemento  fisso  e  continuativo del
trattamento  retributivo,  non vi sarebbero ragioni per escluderne la
computabilita'  ai fini della pensione, dell'indennita' di buonuscita
e della tredicesima;
        che   la  parte  privata  si  e'  costituita  ed  ha  chiesto
l'accoglimento   delle   questioni   di  legittimita'  costituzionale
sollevate  dal  giudice  a quo, proponendo le medesime argomentazioni
svolte dal rimettente.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Sicilia,  sezione  di  Catania,  ha  sollevato,  in  riferimento agli
artt. 3,  4,  29, 30, 37, 97, 104 e 108 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3 della legge 19 febbraio
1981,  n. 27  (Provvidenze  per  il personale di magistratura), nella
parte in cui vieta la corresponsione dell'indennita' da esso prevista
nel  periodo  di  astensione obbligatoria per maternita', nonche', in
riferimento  agli  artt. 3,  4,  35,  36  e  38  Cost.,  questione di
legittimita'  costituzionale  della  stessa  norma nella parte in cui
esclude    la   pensionabilita'   dell'indennita'   medesima   e   la
computabilita'  della  stessa  nella determinazione della tredicesima
mensilita' e dell'indennita' di fine rapporto;
        che   la   questione  relativa  alla  mancata  corresponsione
dell'indennita'  durante  il  periodo  di astensione obbligatoria per
maternita' e' manifestamente infondata;
        che,   in   particolare,   circa   la   lamentata  violazione
dell'art. 3  Cost.  per  ingiustificata disparita' di trattamento tra
magistrati  e  impiegati  amministrativi  delle  cancellerie  e delle
segreterie  giudiziarie, questa Corte ha gia' escluso la possibilita'
di   istituire  un  simile  raffronto,  a  causa  della  mancanza  di
omogeneita'  tra  le  due  categorie  di  dipendenti  e  del  diverso
meccanismo  di  determinazione  del trattamento retributivo (sentenza
n. 15 del 1995; ordinanze n. 167 e n. 33 del 1996, n. 451 e n. 98 del
1995);
        che  alle considerazioni richiamate si deve aggiungere che le
differenze  di  regime  giuridico  tra le due categorie di dipendenti
statali  si  sono  accentuate  a  seguito  della riforma del pubblico
impiego,  stante  la  diversita'  ormai riscontrabile sul piano delle
fonti  di  disciplina dei rispettivi rapporti di impiego (il rapporto
di  lavoro  degli  impiegati  e'  disciplinato  in gran parte - ed in
particolare  per  la  materia  del  trattamento  economico - da fonti
contrattuali, quello dei magistrati esclusivamente dalla legge);
        che,  contrariamente  a  quanto  ritiene  il  giudice  a quo,
l'entrata  in  vigore  del  decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno    della    maternita'   e   della   paternita',   a   norma
dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), non puo' indurre a
un  riesame della questione, poiche' l'art. 3, comma 3, di tale testo
normativo  non  fa  altro  che ribadire il divieto di discriminazione
fondata   sul   sesso   in  tema  di  trattamento  retributivo,  gia'
rinvenibile nel previgente quadro normativo;
        che  non  e'  fondata  neppure  la  censura  di disparita' di
trattamento  articolata  rispetto  alla diversa incidenza percentuale
dell'indennita'  giudiziaria  sul complessivo trattamento retributivo
dei  magistrati  a seconda dell'anzianita' di servizio di ciascuno di
essi, perche' non si vede come una simile constatazione possa indurre
a giudicare irrazionale la normativa denunziata;
        che,  riguardo alla denunciata violazione dell'art. 37 Cost.,
questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  affermare  che  la  mancata
erogazione   dell'indennita'   giudiziaria   durante  il  periodo  di
astensione  obbligatoria  non  vale  a far considerare il trattamento
complessivamente  assicurato alla donna magistrato come insufficiente
ai  fini  della  tutela  imposta dalla norma costituzionale (sentenza
n. 407 del 1996 e ordinanza n. 106 del 1997);
        che  non  sussiste  neppure  violazione  degli  artt. 29 e 30
Cost.,  perche'  la  tutela  della  famiglia  e  dei minori non esige
necessariamente  la  corresponsione, oltre che dello stipendio, anche
dell'indennita' giudiziaria (ordinanza n. 106 del 1997);
        che  anche la censura svolta in riferimento all'art. 97 Cost.
e'  manifestamente infondata poiche' quel precetto costituzionale non
puo'   essere   invocato  al  fine  di  giustificare  la  pretesa  al
conseguimento di miglioramenti economici (ordinanze n. 368 del 1999 e
n. 273 del 1997);
        che  deve  essere  esclusa  la  denunciata  violazione  degli
artt. 104  e  108  Cost.,  perche'  la norma impugnata, limitandosi a
stabilire   le   modalita'   di  erogazione  di  una  componente  del
trattamento   economico   dei   magistrati,  non  puo'  certo  essere
considerata   come   disposizione   che  lede  le  garanzie  di  quel
trattamento   in   maniera   tale   da   configurare   un   attentato
all'indipendenza dei giudici;
        che   la   denunciata   violazione   dell'art. 4   Cost.   e'
manifestamente  inammissibile per assoluta carenza di motivazione, il
rimettente    essendosi    limitato   ad   indicare   quel   precetto
costituzionale nel dispositivo;
        che  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3
della   legge   n. 27  del  1981,  nella  parte  in  cui  esclude  la
pensionabilita'  dell'indennita' da esso prevista e la computabilita'
della  stessa  nella  determinazione  della  tredicesima mensilita' e
dell'indennita'  di fine rapporto e' manifestamente inammissibile per
difetto  di  rilevanza nel giudizio a quo che concerne l'impugnazione
di  un  provvedimento  con il quale era stato disposto a carico della
donna  magistrato  il  recupero della somma corrispostale a titolo di
indennita'  giudiziaria durante il periodo di astensione obbligatoria
per  maternita';  dunque  e'  del  tutto  ininfluente,  ai fini della
decisione  della causa, appurare la legittimita' costituzionale delle
disposizioni  che  escludono la computabilita' di quell'indennita' ai
fini  della  determinazione  della  tredicesima,  dell'indennita'  di
buonuscita e del trattamento pensionistico.