ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
della Regione Umbria 25 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia
di entrata e spesa), e dell'art. 2, comma 22, della legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2004), promossi con due
ordinanze del 23 novembre 2005 dalla Commissione tributaria regionale
dell'Umbria  nei  giudizi  tributari  promossi  nei  confronti  della
Regione Umbria, rispettivamente, da Franco Bartoccioli e da Gabriella
Orlandi,  iscritte  ai  numeri  41 e 42 del registro ordinanze 2006 e
pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli atti di costituzione della Regione Umbria, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 ottobre  2006  il  giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi  l'avvocato  Fabrizio  Figorilli  per  la  Regione Umbria e
l'avvocato  dello  Stato  Giancarlo  Mando'  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di due giudizi d'appello, promossi da
altrettanti  contribuenti per l'annullamento degli avvisi con i quali
la  Regione  Umbria  aveva accertato il mancato pagamento della tassa
automobilistica  relativa  all'anno 1999,  la  Commissione tributaria
regionale  dell'Umbria,  con  due  ordinanze  di  identico contenuto,
depositate   il   23 novembre   2005,   ha   sollevato  questioni  di
legittimita'   costituzionale:  a)  in  riferimento  agli  artt. 117,
secondo  comma, lettera e), e 119, secondo comma, della Costituzione,
dell'art. 3  della legge della Regione Umbria 25 novembre 2002, n. 23
(Disposizioni  in  materia  di  entrata  e spesa), nella parte in cui
dispone  che  «il  recupero  delle  tasse automobilistiche dovute per
l'anno 1999  alla  Regione  Umbria  viene  effettuato  [...] entro il
31 dicembre  2003»;  b) in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
dell'art. 2,   comma 22,   della   legge   24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria 2004), nella parte in cui prevede
che,  «nelle  more del completamento dei lavori dell'Alta Commissione
di  cui  all'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 27 dicembre
2002,   n. 289,   nelle   regioni   che  hanno  emanato  disposizioni
legislative  in  tema  di  tassa  automobilistica  [...]  in modo non
conforme  ai  poteri  ad  esse  attribuiti in materia dalla normativa
statale,  l'applicazione della tassa opera, a decorrere dalla data di
entrata  in vigore di tali disposizioni legislative e fino al periodo
d'imposta  decorrente  dal  1° gennaio  2007,  sulla  base  di quanto
stabilito dalle medesime disposizioni [...]»;
        che  la  Commissione  rimettente  premette che i contribuenti
chiedono l'annullamento degli avvisi impugnati, perche' notificati il
15 dicembre  2003,  cioe'  oltre  il  termine  triennale - scaduto il
31 dicembre  2002  -  di  decadenza  dal potere di accertamento della
tassa   automobilistica   per   l'anno 1999,  stabilito  dall'art. 5,
cinquantunesimo  comma,  del  decreto-legge  30 dicembre 1982, n. 953
(Misure  in materia tributaria), convertito, con modificazioni, dalla
legge  28 febbraio  1983, n. 53, e perche' la proroga di tale termine
al  31 dicembre  2003,  disposta  dal  censurato  art. 3  della legge
regionale  n. 23  del  2002,  sarebbe  «inefficace»,  alla luce della
intervenuta   dichiarazione   di   illegittimita'  costituzionale  di
analoghe  disposizioni  legislative  di altre Regioni, per violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost;
        che,   in   ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  delle
questioni  sollevate,  il  giudice a quo deduce: a) quanto all'art. 3
della  legge  regionale  n. 23  del  2002,  che analoghe disposizioni
emanate  da  altre  Regioni  sono state dichiarate costituzionalmente
illegittime dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 296, n. 297
e n. 311 del 2003, perche' la tassa automobilistica, avendo la natura
di  tributo  statale,  non puo' essere modificata da leggi regionali,
neanche   relativamente   ai  termini  di  decadenza  dal  potere  di
accertamento;  b)  quanto  all'art. 2,  comma 22, della legge statale
n. 350  del  2003, che tale disposizione si porrebbe in contrasto con
l'art. 3  Cost.,  perche',  essendo  essa stata emanata al dichiarato
fine  di  consentire  l'applicazione  della tassa in conformita' alle
disposizioni  legislative  emanate dalle Regioni in modo non conforme
ai  poteri  ad  esse  attribuiti  in materia dalla normativa statale,
determinerebbe  «una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento tra
soggetti  residenti  in  Regioni  che  hanno  emanato disposizioni in
contrasto  con  i  poteri  ad  esse  attribuiti in materia e soggetti
residenti in altre Regioni, pure trattandosi [...] di tassa statale e
non regionale»;
        che,  in  ordine  alla rilevanza delle questioni medesime, lo
stesso  giudice  afferma,  da  un  lato, che la decisione dei gravami
dipende  esclusivamente  dalla  risoluzione  dei prospettati dubbi di
illegittimita'   costituzionale,  perche'  l'eventuale  pronuncia  di
incostituzionalita'     delle     norme    censurate    comporterebbe
l'annullamento  degli  avvisi  di  accertamento;  dall'altro,  che la
rilevanza  delle questioni concernenti l'art. 3 della legge regionale
n. 23  del  2002 permarrebbe anche ove fossero dichiarate non fondate
le  questioni  aventi  ad  oggetto  l'art. 2,  comma 22,  della legge
statale n. 350 del 2003, perche' tale disposizione, entrata in vigore
dopo  la  scadenza  del predetto termine triennale di decadenza, «non
sembra  avere  efficacia retroattiva, non essendo tale retroattivita'
prevista  espressamente  e  non  essendo  una conseguenza logicamente
necessaria»;
        che,  in entrambi i giudizi, e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, il quale ha concluso per l'inammissibilita' o
per l'infondatezza delle questioni;
        che,  in  particolare,  secondo  la  difesa  erariale:  a) la
censurata   norma   di   legge  regionale,  pur  essendo  viziata  da
illegittimita'  costituzionale  -  per  violazione  degli  artt. 117,
secondo  comma,  lettera e),  e  119,  secondo comma, Cost., in forza
della  consolidata  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale - e'
stata  «sanata»  (o  «convalidata»)  dal  parimenti censurato art. 2,
comma 22,  della legge statale n. 350 del 2003 (confermato, altresi',
dall'art. 1,  comma 61, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante
«Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004»); b) il denunciato effetto
discriminatorio  dell'art. 2,  comma 22,  della legge n. 350 del 2003
deriverebbe non gia' da tale disposizione, bensi' da quella regionale
di  proroga  del  termine  triennale  di  decadenza  dal diritto alla
riscossione  della  tassa automobilistica; c) la temporanea sanatoria
di  disposizioni  regionali eccedenti la competenza legislativa delle
Regioni  non  potrebbe considerarsi frutto di un'irragionevole scelta
discriminatoria,  perche'  dette  disposizioni mirano «a modulare, in
relazione  alle  esigenze  funzionali proprie di ciascuna Regione, il
termine per la attivita' di riscossione della tassa»;
        che  si e' costituita in giudizio la Regione Umbria, la quale
ha   concluso  per  l'inammissibilita'  o  per  l'infondatezza  delle
questioni;
        che,  in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato -
relativamente  al  solo  giudizio  iscritto  al  n. 41  del  registro
ordinanze  del 2006 - e la Regione Umbria - relativamente ad entrambi
i  giudizi  -  hanno  depositato  memorie  illustrative  con le quali
ribadiscono le rispettive conclusioni;
        che,   in   particolare,   la  difesa  erariale  precisa  che
l'inammissibilita'  delle  questioni  relative  alla denunciata norma
regionale  deriva  dalla  carenza e contraddittorieta' di motivazione
delle  ordinanze  di  rimessione  circa gli effetti della «sanatoria»
operata dall'art. 2, comma 22, della legge n. 350 del 2003;
        che,  a  sua volta, la difesa della Regione Umbria deduce: a)
l'inammissibilita'  della  questione  relativa  alla  censurata norma
regionale, in quanto lo scrutinio di costituzionalita' di questa deve
essere  indefettibilmente congiunto con quello della norma statale di
«sanatoria»  di  cui all'art. 2, comma 22, della legge statale n. 350
del  2003;  b) l'infondatezza della questione relativa a quest'ultima
norma,  in quanto, a seguito della delega alle Regioni delle funzioni
amministrative     concernenti    la    riscossione    della    tassa
automobilistica,   a   far   data  dal  1°  gennaio  1999  (in  forza
dell'art. 17, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante
«Misure  per la stabilizzazione della finanza pubblica»), solo alcune
Regioni,  fra cui la Regione Umbria, sono state costrette a prorogare
il  termine  di  decadenza  dal  potere  di  accertamento della tassa
concernente l'anno 1999, a causa delle difficolta' insorte in sede di
riscossione  del  tributo,  per l'inattendibilita' dei dati trasmessi
dal  Ministero  delle  finanze,  con la conseguenza che le situazioni
poste a raffronto dai rimettenti non sono tra loro omogenee.
    Considerato  che la Commissione tributaria regionale dell'Umbria,
con  due  ordinanze  di  identico  contenuto,  emesse  in due diversi
giudizi    principali,   solleva   il   dubbio   della   legittimita'
costituzionale:  a)  dell'art. 3  della  legge  della  Regione Umbria
25 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni in materia di entrata e spesa),
in  riferimento  agli  artt. 117,  secondo  comma, lettera e), e 119,
secondo  comma,  della  Costituzione; b) dell'art. 2, comma 22, della
legge  24 dicembre  2003,  n. 350 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),
in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
        che,  quanto  alle questioni sub a), il giudice a quo afferma
che  la  censurata disposizione regionale, nella parte in cui proroga
al  «31 dicembre  2003»  il  termine  per  «il  recupero  delle tasse
automobilistiche  dovute  per  l'anno 1999  alla  Regione  Umbria»  -
termine  che  sarebbe  scaduto  il  31 dicembre 2002, in applicazione
dell'art. 5,  cinquantunesimo  comma,  del  decreto-legge 30 dicembre
1982,   n. 953   (Misure  in  materia  tributaria),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  28 febbraio  1983,  n. 53  - si pone in
contrasto  con  gli  artt. 117,  secondo  comma,  lettera e),  e 119,
secondo   comma,   Cost.,   perche'   la   disciplina   delle   tasse
automobilistiche rientra nella competenza legislativa esclusiva dello
Stato  in  materia  di  tributi  erariali  e, in difetto di specifica
attribuzione  di potere da parte della legge statale, non puo' essere
modificata  dalla  legislazione regionale (come affermato dalla Corte
costituzionale in numerose pronunce);
        che,  quanto alle questioni sub b), lo stesso giudice afferma
che  l'art. 2, comma 22, della legge n. 350 del 2003 - nella parte in
cui  prevede che nelle Regioni in cui sono state emanate disposizioni
legislative in tema di tassa automobilistica «in modo non conforme ai
poteri   [...]   attribuiti   in  materia  dalla  normativa  statale,
l'applicazione della tassa opera [...] sulla base di quanto stabilito
dalle  medesime  disposizioni  [...]»  -  si  pone  in  contrasto con
l'art. 3 Cost;
        che,  sempre  secondo  il  rimettente,  la  norma denunciata,
comportando  la  «sanatoria»  di  norme regionali invalide in tema di
tasse  automobilistiche, determinerebbe una ingiustificata disparita'
di  trattamento a svantaggio dei contribuenti residenti nelle Regioni
nelle  quali  la  «sanatoria»  opera  -  come  quelli residenti nella
regione  Umbria  -,  in quanto essi sarebbero sottoposti al potere di
accertamento  della  tassa  anche oltre il termine triennale previsto
dal  sopra  citato  art. 5,  cinquantunesimo comma, del decreto-legge
n. 953 del 1982;
        che, in punto di rilevanza, la Commissione rimettente osserva
che  la decisione dei giudizi principali dipende esclusivamente dalla
risoluzione    delle   sollevate   questioni,   perche'   l'eventuale
accoglimento  di  queste comporterebbe l'annullamento degli impugnati
avvisi  di accertamento, notificati ai contribuenti oltre il predetto
termine  triennale,  ma prima della scadenza della proroga di un anno
disposta dalla denunciata norma regionale;
        che  i  due giudizi di legittimita' costituzionale, avendo ad
oggetto  le  medesime  questioni,  debbono  essere riuniti per essere
congiuntamente decisi;
        che  le questioni riguardanti l'art. 2, comma 22, della legge
statale n. 350 del 2003 - il cui esame appare logicamente preliminare
-  sono manifestamente inammissibili, perche' il giudice a quo motiva
in   modo   contraddittorio  in  ordine  all'applicabilita'  di  tale
disposizione nei giudizi principali;
        che,  infatti,  la  Commissione  rimettente,  affermando  che
«l'accoglimento    o   meno   dell'appello   dipende   esclusivamente
dall'essere  o  meno immuni le norme citate da vizi di illegittimita'
costituzionale»,  mostra  di ritenere che nei giudizi principali deve
farsi  applicazione  di  entrambe  le  norme  denunciate, e cioe' sia
dell'art. 2,  comma 22,  della  legge  statale  n. 350  del  2003 sia
dell'art. 3  della  legge  regionale  n. 23 del 2002, dando cosi' per
presupposta  l'efficacia  retroattiva  della  norma  statale e la sua
applicabilita'  anche  agli  avvisi  di accertamento notificati prima
della  sua  entrata  in  vigore  e  dopo  la  scadenza del termine di
decadenza triennale;
        che,  viceversa,  la  medesima  Commissione  nega l'efficacia
retroattiva   della  legge  statale,  laddove  sostiene  che  questa,
«entrata  in  vigore  quando  ormai  era decorso il termine triennale
[...],  non  sembra  avere  efficacia  retroattiva,  non essendo tale
retroattivita'  prevista  espressamente e non essendo una conseguenza
logicamente necessaria»;
        che,     pertanto,    il    giudice    rimettente    afferma,
contraddittoriamente,  sia che la norma statale deve essere applicata
nei  giudizi  a  quibus,  sia  che la decisione di questi non dipende
dall'applicazione della norma statale censurata;
        che  la  contraddizione  delle  ordinanze di rimessione circa
l'applicabilita'   nei  giudizi  principali  della  denunciata  norma
statale si risolve in un vizio di motivazione sulla rilevanza e rende
manifestamente inammissibili le questioni;
        che  alla manifesta inammissibilita' delle questioni relative
all'art. 2, comma 22, della legge statale n. 350 del 2003 consegue la
manifesta  inammissibilita',  per  irrilevanza,  di  quelle aventi ad
oggetto l'art. 3 della legge regionale n. 23 del 2002;
        che  quest'ultimo,  infatti, anche ove non conforme ai poteri
attribuiti   in   materia   alle  Regioni  dalla  normativa  statale,
continuerebbe  pur  sempre  ad  applicarsi nei giudizi principali, in
quanto  compreso  fra le disposizioni regionali «fatte salve», in via
di  «sanatoria»,  dal  citato comma 22 dell'art. 2 della legge n. 350
del  2003 (sentenza n. 455 del 2005; ordinanze n. 74 del 2006, n. 476
del 2005 e n. 432 del 2004);
        che   dalla   perdurante   applicabilita'   della   censurata
disposizione   regionale   e   dalla  riscontrata  impossibilita'  di
esaminare   nel   merito   le  sollevate  questioni  di  legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto la norma statale di sanatoria deriva
l'irrilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale relative
al citato art. 3 della legge regionale n. 23 del 2002.