ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 53, comma 6
(recte:  art. 53,  comma 6, lettera a), della legge 27 dicembre 1997,
n. 449  (Misure  per  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica),
promossi    dal   Tribunale   di   Roma   nei   procedimenti   civili
rispettivamente  instaurati  da  S.  V.  D.  F.  e da M. G. contro la
Gestione  Commissariale  Fondo  Buonuscita  Poste  Italiane  S.p.A. -
Istituto  Postelegrafonici (Ipost), con ordinanze del 4 novembre 2005
e  del  14 gennaio 2006, iscritte rispettivamente al n. 82 e al n. 83
del  registro  ordinanze  2006  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 27 settembre 2006 il giudice
relatore Francesco Amirante.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel corso di due analoghi procedimenti, in cui i ricorrenti,
ex  dipendenti  postali  da  epoca  antecedente  il 28 febbraio 1998,
avevano  convenuto  in  giudizio l'Istituto Postelegrafonici (Ipost),
chiedendo,  ai  sensi  dell'art. 429 del codice di procedura civile e
dell'art. 150  delle  disposizioni  d'attuazione del detto codice, la
rivalutazione  dell'indennita'  di  buonuscita  che,  all'atto  della
cessazione del rapporto, essi avevano percepito nell'importo maturato
alla  data  del 28 febbraio 1998, il Tribunale di Roma, ha sollevato,
con    due    identiche    ordinanze,   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione,
dell'art. 53,  comma 6,  della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure
per  la  stabilizzazione  della finanza pubblica), nella parte in cui
non  prevede che sull'indennita' di buonuscita dei dipendenti postali
maturata   al   28 febbraio   1998  (e  calcolata  sulla  base  della
retribuzione percepita alla stessa data) si applichi un meccanismo di
indicizzazione o di adeguamento monetario.
    Il  remittente  osserva che la norma non prevede alcun sistema di
adeguamento,  nel  tempo,  dell'indennita'  di  buonuscita quale gia'
maturata  definitivamente,  in cifra, alla data del 28 febbraio 1998,
ma ancora non esigibile fino alla cessazione del rapporto, momento in
cui essa va corrisposta.
    D'altro canto, secondo il giudice a quo, gli artt. 429 cod. proc.
civ.   e   150  disp.  att.  cod.  proc.  civ.  non  possono  trovare
applicazione  perche' richiedono che il diritto sia maturato, e cioe'
sia  divenuto  esigibile;  cosa  che  non puo' dirsi avvenuta, per la
buonuscita,  fino  alla  cessazione del rapporto. Ne' potrebbe essere
utilmente   richiamato   l'art. 2120  cod.  civ.  perche'  l'art. 53,
comma 6,  in  oggetto prevede che la buonuscita si calcoli secondo la
previgente  normativa  pubblicistica  e  non secondo l'art. 2120 cod.
civ.   Inoltre  il  meccanismo  di  indicizzazione  previsto  per  il
trattamento  di  fine  rapporto  (t.f.r.)  in corso di prestazione e'
incompatibile  con  la struttura della buonuscita, che si calcola non
gia'  mediante  accantonamenti  annui  (sui  quali, nel t.f.r., viene
computata  l'indicizzazione),  ma moltiplicando una quota dell'ultima
retribuzione annua per gli anni di servizio utili.
    Esclusa  -  per  l'assenza di una qualsivoglia lacuna normativa -
anche  l'applicazione  analogica  dell'art. 5  della  legge 29 maggio
1982,  n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in
materia  pensionistica),  il  Tribunale  sostiene  che  la buonuscita
«maturata»  al  28 febbraio  1998, pur trattandosi di una maturazione
meramente   contabile  ed  in  senso  atecnico,  non  possa  produrre
accessori  fino  alla  data  di  cessazione  del  rapporto. Tuttavia,
l'omessa  previsione  di  una  «forma di indicizzazione o adeguamento
monetario»  per  l'indennita'  in  argomento,  maturata  alla data di
trasformazione  dell'ente  poste in societa' per azioni, in relazione
al  periodo  compreso  tra  detta  data e la cessazione del rapporto,
appare  al  remittente lesiva degli evocati parametri costituzionali,
alla  luce sia della natura di retribuzione differita dell'indennita'
in     esame     (come     tale     soggetta    al    controllo    di
proporzionalita/adeguatezza),  sia  delle  molteplici affermazioni di
questa Corte circa il carattere attuativo dei precetti costituzionali
(artt. 1, 3, 4, 34, 36 Cost.) dei meccanismi di adeguamento monetario
dei  crediti di lavoro. Questi ultimi, infatti, soddisfano la duplice
necessita'  di  salvaguardare il valore reale dei compensi (dal quale
dipende  l'adeguatezza  degli  stessi) e di garantire il riequilibrio
tra le prestazioni di lavoro e le retribuzioni.
    Quanto  poi  all'art. 3 Cost., si realizzerebbe una disparita' di
trattamento  del tutto ingiustificata non solo tra i lavoratori delle
poste  e  gli  altri  dipendenti  privati  -  che  usufruiscono di un
meccanismo di indicizzazione annua sul t.f.r. nonche' sull'indennita'
di anzianita', quale eventualmente «maturata» alla data del 31 maggio
1982, malgrado tali provvidenze non siano ancora esigibili - ma anche
all'interno della stessa categoria dei dipendenti postali, in quanto,
a  parita' di retribuzione e di anzianita' di servizio al 28 febbraio
1998,  essi percepiscono, per il servizio prestato fino a detta data,
la  stessa  somma  in  cifra,  sia  nel caso in cui la cessazione del
rapporto di lavoro si sia verificata proprio il 28 febbraio 1998, sia
nell'ipotesi  in  cui tale cessazione si sia verificata in un momento
successivo,  ancorche'  - nelle due ipotesi considerate - la medesima
somma  di  denaro  possa  avere,  rispettivamente,  un  valore  reale
sensibilmente diverso.
    Ne'  varrebbe  evocare  ragioni  di  compatibilita'  finanziaria,
apparendo  evidente  che  la normale attitudine del denaro a produrre
frutti  civili  deve  ritenersi  idonea  a  fondare  una  ragionevole
presunzione  che i contributi accantonati abbiano prodotto ricchezza,
la cui appropriazione appare ulteriormente ingiustificata.
    Quanto   alla   rilevanza,  il  Tribunale  osserva,  infine,  che
«l'accoglimento    della    questione    consentirebbe   la   ricerca
nell'ordinamento della norma da applicare per colmare la lacuna quale
prodottasi dalla invocata pronuncia».
    2.  -  In  entrambi  i  giudizi  e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza
della  questione, osservando come la relativa prospettazione comporti
una  «contaminazione»  tra  due sistemi complementari autonomi che si
succedono  nel  tempo,  con  conseguente  arbitrario  innesto  in via
«additiva»  di  un  sistema  sull'altro  e  con  effetti  - oltre che
estremamente  gravosi  per  la  finanza  pubblica  - ingiustificati e
discriminanti, in quanto generanti un ibrido sistema di calcolo.
    Ricorda    l'Autorita'   intervenuta   come   la   trasformazione
dell'amministrazione   delle   poste  e  telecomunicazioni,  in  ente
pubblico  economico  prima  e  in  societa' per azioni poi, non abbia
determinato  la  cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti, ma
abbia,  viceversa,  assicurato al lavoratore la continuita' giuridica
ed  economica  del  rapporto  stesso. Se la legge avesse diversamente
disposto,  «pagando»  l'indennita'  di  buonuscita  immediatamente al
28 febbraio  1998,  vi  sarebbe  stata  interruzione  del rapporto di
lavoro e costituzione ex novo di una posizione giuridica ed economica
con  decorrenza  1° marzo  1998,  con grave danno per i lavoratori ai
fini  stipendiali.  Viceversa, assicurando la progressione economica,
si  sono  voluti  garantire la storicita' del rapporto di lavoro ed i
conseguenti effetti retributivi in itinere.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Roma,  con  due  ordinanze  di identico
contenuto,  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in
riferimento  agli  artt. 3  e  36 Cost., dell'art. 53, comma 6, della
legge  27 dicembre  1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della
finanza  pubblica),  «nella  parte in cui non prevede alcuna forma di
indicizzazione o adeguamento monetario per l'indennita' di buonuscita
maturata  dai  dipendenti  dell'ente  poste  italiane  alla  data  di
trasformazione  dell'ente  in  societa'  per  azioni  per  il periodo
corrente tra detta data e la cessazione del rapporto».
    Secondo  il remittente la disposizione censurata, nello stabilire
che  la  quota  spettante  a  titolo di buonuscita sia corrisposta ai
lavoratori suddetti nella misura maturata alla data di trasformazione
dell'ente  in  societa'  per  azioni  - e cioe' al 28 febbraio 1998 -
quale  che sia, per ciascuno, la data di cessazione del rapporto, da'
luogo a una ingiustificata disparita' di trattamento tra i dipendenti
della  societa'  Poste  italiane  e  gli  altri  lavoratori  privati,
nonche', all'interno della stessa categoria dei dipendenti postali, a
seconda  del tempo trascorso tra la suindicata data di trasformazione
del datore di lavoro e quella di cessazione del rapporto.
    La  disposizione,  ad  avviso  del  Tribunale  di Roma, contrasta
inoltre  con l'art. 36 Cost., in quanto non tiene conto del fatto che
la  buonuscita  -  avendo  carattere di retribuzione differita - deve
godere   delle  garanzie  previste  dall'ordinamento  per  i  crediti
retributivi  e deve avere, quindi, i caratteri della proporzionalita'
rispetto  al  lavoro prestato e della sufficienza riguardo ai bisogni
del  lavoratore nel momento in cui viene effettivamente percepita. Il
distacco temporale tra il momento della determinazione e quello della
erogazione  - che puo' essere anche di molti anni - in mancanza della
previsione  di un qualsiasi meccanismo di rivalutazione, non assicura
alla buonuscita i suddetti caratteri.
    2.  -  In  via  preliminare, deve essere disposta la riunione dei
giudizi aventi ad oggetto la medesima questione.
    Sulla  sua ammissibilita' non possono nutrirsi dubbi, dal momento
che  essa  e'  stata  proposta  in  termini  univoci  e non ambigui e
perplessi  come era avvenuto nel giudizio avente ad oggetto la stessa
disposizione, definito con l'ordinanza n. 185 del 2006.
    3.  -  Nel  merito,  la  questione  -  da  intendere circoscritta
soltanto  alla  lettera a) del comma 6, dell'art. 53 - non e' fondata
con riguardo a tutti i profili sotto i quali e' stata sollevata.
    Non  puo' aversi riguardo alla disciplina del trattamento di fine
rapporto stabilita per la generalita' dei lavoratori privati, al fine
di dedurre che quello riservato ai dipendenti delle Poste in servizio
alla  data  del 28 febbraio 1998 e' ingiustificatamente deteriore. La
trasformazione  del  rapporto  di  lavoro  da pubblico a privato e la
correlativa  distinzione  del  trattamento  globale  in due elementi,
regolati  da  norme  diverse,  connotano  la  condizione dei suddetti
lavoratori  postali,  ma  sono  estranee a quella di coloro che hanno
prestato  la  propria  opera  esclusivamente  in  regime  di rapporto
lavorativo privato.
    Il  lamentato  contrasto  con  l'art. 3  Cost.  -  denunciato con
riguardo a disparita' di trattamento in relazione ai diversi tempi di
cessazione   dei   rapporti   di   lavoro   e  quindi  di  percezione
dell'emolumento  in  oggetto - non sussiste neppure all'interno della
disciplina propria dei lavoratori postali. Infatti, anche trascurando
il rilievo che il decorso del tempo e le differenze di momenti in cui
accadono   i  fatti  giuridici  possono  giustificare  diversita'  di
disciplina,  si  puo'  osservare  che il periodo intercorrente tra la
determinazione della buonuscita e il pagamento del t.f.r. sara' tanto
piu'  lungo  quanto minore sara' l'incidenza della prima sull'entita'
globale  del  trattamento  erogato  alla  cessazione  del rapporto di
lavoro.
    Neanche sussiste violazione dell'art. 36 della Costituzione.
    La  tesi  del  remittente, nella parte in cui assume la natura di
retribuzione  differita di tutti i trattamenti di fine rapporto quale
che  sia  l'ente erogatore e la denominazione di ciascuno di essi, e'
conforme  ai  principi piu' volte affermati da questa Corte (sentenze
n. 401  del  1993,  n. 195  del 1999 e n. 459 del 2000) e va, quindi,
condivisa.
    Parimenti corretto e' l'assunto secondo il quale ai crediti per i
trattamenti  di  fine  rapporto, attesa la loro natura, si estende la
particolare  tutela  di cui all'art. 36 Cost. con la salvaguardia del
potere  di  acquisto  secondo  idonee  -  anche  se  non  identiche -
discipline.
    Tutto     cio',     pero',     non    conduce    all'affermazione
dell'illegittimita' della disposizione censurata.
    Si rileva, infatti, anzitutto che questa Corte ha ritenuto che il
rispetto  dell'art. 36  Cost.  -  in  ipotesi, come quella ricorrente
nella specie, di un trattamento globale costituito da piu' componenti
(indennita'   di   buonuscita  determinata  secondo  la  disposizione
censurata  e trattamento di fine rapporto disciplinato dall'art. 2120
cod.  civ.)  -  deve  essere  valutato non con riguardo a ciascuna di
queste, bensi' alla totalita' dell'emolumento (v. per tutte: sentenze
n. 164 del 1994, n. 15 del 1995, n. 470 del 2002 e n. 87 del 2003).
    Alla   stregua  di  tale  principio,  si  deve  ribadire  che  la
buonuscita e' uno degli elementi del trattamento globale spettante ai
lavoratori  postali con pregresso periodo di svolgimento del rapporto
in  regime di pubblico impiego e che l'entita' della sua svalutazione
- in misura, come si e' detto, verosimilmente parametrata alla durata
del  periodo  intercorrente  tra  la  data  della  sua determinazione
(28 febbraio  1998)  e  quella di cessazione del rapporto per ciascun
lavoratore - e' inversamente proporzionale alla misura dell'incidenza
sul  trattamento  globale della quota di buonuscita rispetto a quella
che si matura in regime di rapporto privato.
    Tuttavia,  cio'  che  piu' conta e' che la disposizione censurata
deve  essere  valutata  nell'ambito  di  tutta  la  normativa  che ha
regolato  la  trasformazione dell'azienda postale, dapprima nell'ente
poste  e  poi  in  societa'  per  azioni, e di quella correlativa del
rapporto  di  lavoro  del  personale (decreto-legge 1° dicembre 1993,
n. 487,  recante  «Trasformazione  dell'Amministrazione delle poste e
delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione
del Ministero», convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio
1994,  n. 71;  art. 2, comma 27, della legge 23 dicembre 1996, n. 662
recante  «Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica»; legge
n. 449  del  1997  di  cui  si  discute).  Sotto tale profilo - e con
specifico  riguardo  all'oggetto  della questione - si deve osservare
che   il   danno   per   i  lavoratori,  derivante  dal  differimento
dell'erogazione  dell'indennita'  di  buonuscita  rispetto al momento
della   sua  determinazione,  trova  compensazione  nella  previsione
dell'unicita'  del rapporto e nel rispetto delle anzianita' maturate,
con  i conseguenti riflessi sui livelli delle retribuzioni e, quindi,
sulla  base  di calcolo della quota del trattamento da determinare ai
sensi dell'art. 2120 cod. civ.
    La   violazione  dell'evocato  parametro  costituzionale  non  si
determina  semplicemente per la mancata previsione di un qualsivoglia
adeguamento   di   una   componente   del   trattamento   retributivo
complessivo,  bensi'  per il prodursi di un'apprezzabile riduzione in
termini  di  potere  di  acquisto,  come rilevato da questa Corte con
riferimento  ai  notevolissimi  livelli  della svalutazione monetaria
intervenuta nel decennio 1974-1984 (sentenza n. 401 del 1993).