ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10, comma 1,
11,  commi 1 e 2, 13, comma 3, 17, comma 4, 20, commi 2, 3 e 4, della
legge della Regione Marche 25 gennaio 2005, n. 2 (Norme regionali per
l'occupazione,  la  tutela  e  la  qualita' del lavoro), promosso dal
Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  con  ricorso  notificato
l'11 aprile  2005,  depositato  in  cancelleria  il  18 aprile 2005 e
iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2005;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 ottobre  2006  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi   l'avvocato   dello  Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri e l'avvocato Angelo Pandolfo
per la Regione Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato l'11 aprile 2005, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato  gli  artt. 10,  comma 1, 11,
commi 1  e  2,  13,  comma 3,  17, comma 4, 20, commi 2, 3 e 4, della
legge della Regione Marche 25 gennaio 2005, n. 2 (Norme regionali per
l'occupazione, la tutela e la qualita' del lavoro), per contrasto con
l'art. 117,  secondo comma, lettera l), Cost., nonche' con i principi
fondamentali  in  materia  di tutela e sicurezza del lavoro di cui al
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
    Premesso   che  specifici  aspetti  di  tale  ultima  materia  di
competenza concorrente possono rientrare nella legislazione esclusiva
statale   -   laddove   riguardino,  caso  per  caso,  l'immigrazione
(art. 117,   secondo  comma,  lettera b),  Cost.),  la  tutela  della
concorrenza (lettera e), l'ordinamento e l'organizzazione dello Stato
e  degli enti pubblici (lettera g), l'ordinamento civile (lettera l),
i  diritti civili e sociali per i quali e' necessaria una uniformita'
su   tutto   il   territorio   nazionale   (lettera m),  l'istruzione
(lettera n), la previdenza sociale (lettera o) - il ricorrente prende
in  esame  le  singole  norme  impugnate ed in particolare l'art. 17,
comma 4,   che,  regolando  i  profili  formativi  dei  contratti  di
apprendistato, statuisce che «la formazione teorica da espletarsi nel
corso  dell'apprendistato  deve  essere  svolta  secondo le modalita'
previste dalla contrattazione e comunque, in prevalenza, esternamente
all'azienda».
    Aggiunge  il  ricorrente che i profili formativi di cui si tratta
appaiono  legati,  ancor  prima  che  alla  materia  della tutela del
lavoro,  a  quella  della istruzione nella quale, secondo l'art. 117,
secondo  comma,  lettera n),  Cost.,  esiste una competenza esclusiva
dello   Stato   ad   emanare   norme   generali,   nonche'  a  quella
dell'ordinamento  civile  (lettera l),  in  quanto  essi  attengono a
caratteristiche del contratto di lavoro e della qualifica lavorativa;
di tal che la disposizione de qua inciderebbe - nel porre principi di
carattere   generale  -  in  materia  rientrante  nella  legislazione
esclusiva dello Stato.
    L'art. 17   contrasterebbe   inoltre   con   l'art. 49,  comma 4,
lettera a),   del   d.lgs.   n. 276   del  2003  -  recante  principi
fondamentali  in  materia  di  legislazione  concorrente,  come  tali
vincolanti  per la Regione - che prevede la possibilita' di acquisire
al  termine  del  rapporto  di lavoro una qualifica «sulla base degli
esiti  della  formazione  aziendale  od extra-aziendale», senza porre
alcuna  limitazione e prescrizione quanto alle modalita' con le quali
la formazione viene svolta dall'apprendista.
    1.2.  -  Si e' costituita la Regione Marche la quale, premesso un
diffuso  richiamo  alla  sentenza  n. 50 del 2005 di questa Corte, ha
sostenuto  la  piena  compatibilita' delle norme impugnate sia con la
ripartizione  di  potesta'  legislative prevista dell'art. 117 Cost.,
sia con le norme ordinarie di cui al d.lgs. n. 276 del 2003, invocate
dal  ricorrente  quale  ulteriore  parametro  di illegittimita' delle
norme  regionali.  In  particolare l'art. 17, comma 4, prevede che la
formazione   «teorica»   da  espletare  nel  corso  del  rapporto  di
apprendistato  debba svolgersi prevalentemente fuori dell'azienda; la
norma  e' censurata per contrasto con l'art. 49, comma 4, lettera a),
del  d.lgs. n. 276 del 2003, il quale pero' disciplina solo una delle
diverse  tipologie  di  apprendistato  (quello  professionalizzante).
Secondo   la  Regione  detta  norma,  al  fine  di  non  invadere  le
prerogative   e   le  competenze  riconosciute  ai  diversi  soggetti
coinvolti  nella disciplina delle tre tipologie di apprendistato (per
l'adempimento  del diritto-dovere di istruzione, professionalizzante,
per  l'acquisizione  di  un  diploma),  si  limita a predisporre, nei
commi 1,  2  e  3,  l'iter  della  definizione completa delle diverse
discipline:   essa  regola  le  modalita'  di  articolazione  di  uno
specifico  segmento  della  formazione  -  quella «teorica» - che non
esaurisce  l'intero  percorso  formativo  da  erogare  nel  corso del
rapporto  e cioe', secondo l'art. 49, comma 5, lettera a), del d.lgs.
n. 276  del  2003, quell'insieme delle attivita' - sia di «formazione
teorica»  sia  di  «addestramento  pratico»  -  che  costituiscono la
«formazione  formale».  La  norma,  in altri termini, interviene solo
sulla  «formazione  teorica»,  ponendo  come  criterio  minimale  del
relativo  svolgimento  quello  della  prevalenza  quantitativa  della
formazione  esterna  all'azienda,  senza  incidere sulle modalita', i
criteri,  l'articolazione  e la durata della «formazione formale» nel
suo  complesso,  e  senza  disciplinare  in  alcun  modo  l'attivita'
formativa  che  dovra'  essere  svolta  all'interno dell'azienda. Una
volta che non sia stata esclusa in radice la possibilita' di svolgere
attivita'  formativa,  utile  al  raggiungimento delle 120 ore minime
previste,   all'interno  dell'azienda,  nulla  vieta  al  legislatore
regionale  di  stabilire  un  criterio  di  prevalenza  delle  ore da
svolgere all'esterno dell'impresa.
    2.  -  Con  nota  depositata  in data 28 marzo 2006, l'Avvocatura
generale  dello  Stato ha prodotto copia della delibera del Consiglio
dei  ministri  del  24 marzo  2005,  concernente la rinunzia parziale
all'impugnazione   di   alcune   disposizioni.   In  particolare,  il
ricorrente  prende atto della sopravvenuta legge della Regione Marche
10 febbraio   2006,   n. 4  (Modifiche  ed  integrazioni  alla  legge
regionale 25 gennaio 2005, n. 2 - «Norme regionali per l'occupazione,
la  tutela  e  la  qualita' del lavoro»), e rileva la propria carenza
d'interesse  alle  censure  concernenti  gli  artt. 10,  comma 1, 11,
commi 1  e  2,  13,  comma 3,  20,  commi 2,  3  e 4, dovendosi cosi'
limitare l'impugnazione al solo art. 17, comma 4.
    3.  -  Anteriormente a tale nota, la Regione Marche ha depositato
ulteriore  memoria  difensiva  nella  quale,  dopo aver specificato -
quanto all'impugnazione dell'art. 17, comma 4 - che tale disposizione
non  e'  stata  oggetto  di  modifiche  ad  opera  della citata legge
regionale   n. 4   del   2006   -   «in  quanto  la  Regione  ritiene
sufficientemente chiara e ragionevole l'attuale formulazione, ai fini
del  superamento  dello  scrutinio  di legittimita' costituzionale» -
osserva  come proprio dagli artt. 49, commi 1, 4, lettera a), e 5 del
d.lgs.  n. 276  del  2003, si desuma il principio, tenuto fermo dalla
norma  censurata,  secondo cui la formazione all'interno dell'azienda
costituisce  uno dei tratti tipici dell'apprendistato. Infatti, dalla
legislazione nazionale si evince che la disciplina dell'apprendistato
professionalizzante  ingloba  momenti  di  formazione formale esterna
all'azienda   e   che   la  formazione  esterna  all'azienda  e',  in
particolare,  quella  finalizzata  all'acquisizione  di competenze di
base, trasversali e tecnico professionali.
    La  legge  regionale  non entrerebbe, quindi, in conflitto con la
legislazione  nazionale,  considerato che la collocazione all'esterno
dell'azienda  e'  una  possibilita', ammessa espressamente dal d.lgs.
n. 276  del  2003  e che, inoltre, la collocazione all'esterno e' del
tutto naturale quando la formazione e', in ossequio alla legislazione
nazionale,  espressamente  finalizzata  ad  integrare  il processo di
qualificazione  realizzabile  nel  lavoro  e  con l'addestramento sul
lavoro. Del resto, l'art. 17, comma 4, della legge reg. n. 2 del 2005
non  fissa un quantitativo minimo di formazione teorica, ma si limita
a  ribadire che essa deve svolgersi, peraltro in via prevalente e non
esclusiva, all'esterno dell'azienda.
    La  Regione  aggiunge  poi  che  il  Ministero del lavoro e delle
politiche  sociali ha ricordato (con circolare 15 luglio 2005, n. 30)
che   spetta   alle   Regioni   regolamentare  l'articolazione  della
formazione  formale  che  dovra'  essere  espletata  nell'ambito  del
rapporto di apprendistato, previa intesa con le parti sociali, intesa
che nella specie sarebbe stata raggiunta.
    4.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  l'Avvocatura  dello Stato ha
depositato una memoria in cui insiste nella richiesta di declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale dell'art. 17, comma 4, della legge
reg.  Marche n. 2 del 2005, in quanto lesivo dell'art. 117, secondo e
terzo  comma,  della  Costituzione  e,  comunque,  contrastante con i
principi  fondamentali  posti  in  materia  di tutela e sicurezza del
lavoro dall'art. 49, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 276 del 2003.
Secondo  il  ricorrente, allorche' una norma regionale regoli aspetti
della   disciplina   che   riguardano   specificamente   il  rapporto
contrattuale  e  profili generali connessi alla valenza del titolo di
studio,  essa  e'  illegittima,  in  quanto la regolamentazione degli
stessi  e'  rimessa  al  legislatore  statale:  cio' accadrebbe nella
specie,  perche'  la Regione, nell'imporre le modalita' alle quali il
rapporto  deve uniformarsi, regolerebbe direttamente il contenuto del
rapporto di lavoro dell'apprendista e, quanto meno indirettamente, il
titolo  di istruzione che ne consegue, aspetti entrambi estranei alla
competenza  legislativa  regionale.  Inoltre, per effetto della norma
interposta,  si  verifica  che  al  termine  del rapporto il soggetto
assunto  con  contratto  di  apprendistato  professionalizzante possa
conseguire  una  qualifica  sulla  base  degli esiti della formazione
aziendale ed extra-aziendale, senza che sia posta alcuna prescrizione
specifica   relativamente   alle   modalita'   di  svolgimento  della
formazione stessa.
    La  circostanza  che  la legge statale ammetta espressamente, per
l'apprendistato   professionalizzante,   la   possibilita'   di   una
formazione extra-aziendale (per la determinazione delle cui modalita'
di  svolgimento  la Regione reclama una propria competenza esclusiva)
non  sarebbe sufficiente a giustificare un intervento del legislatore
regionale  che  individui  i  termini  di detta formazione in modo da
incidere   sostanzialmente   sulle  modalita'  di  svolgimento  della
medesima  nel  suo  complesso,  riducendo  in termini sostanzialmente
insignificanti  la  formazione aziendale, sulla quale e' pacifico che
la Regione non puo' intervenire.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli
artt. 10,  comma 1,  11,  commi 1  e 2, 13, comma 3, 17, comma 4, 20,
commi 2, 3 e 4 della legge della Regione Marche 25 gennaio 2005, n. 2
(Norme  regionali  per  l'occupazione,  la  tutela  e la qualita' del
lavoro),  ma,  essendo  sopravvenuta  la  legge  della Regione Marche
10 febbraio   2006,   n. 4  (Modifiche  ed  integrazioni  alla  legge
regionale  25  gennaio, n. 2 - «Norme regionali per l'occupazione, la
tutela  e  la  qualita'  del lavoro»), ha dichiarato di non aver piu'
interesse  a  mantenere  l'impugnazione  ad  eccezione della parte di
questa  rivolta  contro  la disposizione del citato art. 17, comma 4,
rimasta  identica  anche a seguito delle sopravvenute modifiche, e ha
depositato parziale rinuncia, accettata in udienza dalla difesa della
Regione.
    Per quanto concerne le questioni oggetto della rinuncia parziale,
deve  essere  quindi  dichiarata  la  cessazione  della  materia  del
contendere.
    L'art. 17,  comma 4,  della  legge  n. 2  del  2005 della Regione
Marche  non  e' stato modificato dalla successiva legge della Regione
Marche  n. 4  del 2006. Tale norma e' cosi' formulata: «la formazione
teorica da espletarsi nel corso dell'apprendistato deve essere svolta
secondo  le  modalita'  previste  dalla contrattazione e comunque, in
prevalenza,  esternamente  all'azienda».  Essa  viene  censurata  con
riferimento  all'art. 117,  secondo  e  terzo comma, Cost., in quanto
lesiva delle competenze statali in materia di ordinamento civile e di
istruzione,  nonche'  in  riferimento  all'art. 49,  lettera a),  del
d.lgs.  n. 276  del  2003,  da  considerare  norma  interposta  - con
riferimento alla materia tutela e sicurezza del lavoro, di competenza
concorrente  (ai  sensi  dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  cosi'
implicitamente  richiamato)  -  il  quale prevede la possibilita' per
l'apprendista  di  acquisire  al  termine  del rapporto di lavoro una
qualifica  «sulla  base  degli  esiti  della  formazione aziendale od
extra-aziendale  senza porre alcuna limitazione e prescrizione quanto
alle   modalita'   con   le   quali   la   formazione   viene  svolta
dall'apprendista».
    2. - La questione non e' fondata.
    Come  si e' rilevato (con la recente sentenza n. 406 del 2006) su
questioni  sollevate  dal  Presidente  del  Consiglio dei ministri in
merito  a  disposizioni della legge della Regione Toscana 21 febbraio
2005,  n. 20,  questa  Corte  -  in  sede  di  scrutinio  di numerose
disposizioni della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega a Governo in
materia  di occupazione e mercato del lavoro) e del d.lgs. n. 276 del
2003,  impugnate  da  alcune Regioni - ha precisato che la disciplina
dell'apprendistato e' costituita da norme che attengono a materie per
le   quali   sono   stabilite   competenze   legislative  di  diversa
attribuzione  (esclusiva  dello  Stato,  ripartita,  residuale  delle
Regioni)   e   che  alla  composizione  delle  relative  interferenze
provvedono  strumenti attuativi del principio di leale collaborazione
(sentenza n. 50 del 2005).
    La  Corte  ha  osservato,  altresi', che, mentre la formazione da
impartire    all'interno    delle   aziende   attiene   precipuamente
all'ordinamento civile, la disciplina di quella esterna rientra nella
competenza  regionale  in  materia  di  formazione professionale, con
interferenze   pero'   con   altre   materie,   in   particolare  con
l'istruzione,  per  la  quale  lo  Stato ha varie attribuzioni: norme
generali   e  determinazione  dei  principi  fondamentali  (v.  anche
sentenza  n. 279  del  2005  nonche',  da ultimo, sentenza n. 286 del
2006).
    Alla  stregua di tali rilievi, la Corte ha dichiarato non fondate
le  censure mosse dalle Regioni e dalla Provincia autonoma di Trento,
allora  ricorrenti, contro la normativa statale che stabilisce: a) la
rimessione    della    regolamentazione    dei    profili   formativi
dell'apprendistato  professionalizzante  alle Regioni e alle Province
autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori
e  prestatori  di  lavoro  comparativamente  piu' rappresentative sul
piano  regionale,  nel  rispetto  di  alcuni principi direttivi tra i
quali,  per  quanto  qui  interessa, la previsione di un monte ore di
formazione  formale,  interna  o  esterna  alla  azienda,  di  almeno
centoventi  ore  per anno, per l'acquisizione di competenze di base e
tecnico-professionali  (art. 49,  comma 5,  lettera  a),  del  d.lgs.
n. 276  del  2003);  b)  il  rinvio ai contratti collettivi di lavoro
stipulati   a   livello   nazionale,  territoriale  o  aziendale,  da
associazioni  dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative  per  la determinazione, anche all'interno degli enti
bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della
formazione,   esterna  e  interna  alle  singole  aziende,  anche  in
relazione  alla capacita' formativa interna rispetto a quella offerta
dai  soggetti  esterni  (art. 49,  comma 5,  lettera b), dello stesso
d.lgs.  n. 276  del  2003);  c)  la regola per cui, ferme restando le
intese  vigenti,  la  regolamentazione e la durata dell'apprendistato
per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione e'
rimessa   alle  Regioni,  per  i  soli  profili  che  attengono  alla
formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di
lavoro  e  dei  prestatori  di  lavoro,  le  universita'  e  le altre
istituzioni  formative  (art. 50, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 276
del 2003).
    Va  infine  ricordato  che l'art. 51, comma 1, del decreto n. 276
del   2003   dispone   che  «la  qualifica  professionale  conseguita
attraverso   il   contratto   di  apprendistato  costituisce  credito
formativo  per  il  proseguimento  nei  percorsi  d'istruzione  e  di
istruzione e formazione professionale».
    Da  tali  rilievi emerge che e' la stessa legislazione statale ad
attribuire  alle  Regioni  compiti  anche  normativi  in  materia  di
definizione  dei profili formativi, dei rapporti tra siffatti profili
e   la  definizione  della  formazione,  con  riguardo  all'eventuale
ulteriore  istruzione  e  in  coerenza  con  il  collegamento  che il
legislatore  statale  ha  voluto  stabilire  tra  lo  svolgimento dei
rapporti   di  lavoro  a  contenuto  anche  formativo  e  il  settore
dell'istruzione.
    La   disciplina   statale,   da   un  lato,  per  l'apprendistato
professionalizzante  prevede un monte ore minimo (centoventi ore) per
la  formazione  interna  ed  esterna,  senza  distinguere tra queste;
dall'altro,  per  l'apprendistato  per l'acquisizione di un diploma o
per   percorsi   di   alta   formazione,  rimette  alle  Regioni  «la
regolamentazione  e  la  durata  dell'apprendistato  (...) per i soli
profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni
territoriali  dei  datori  di  lavoro  e dei prestatori di lavoro, le
universita' e le altre istituzioni formative».
    Ora,  va  messo  in  evidenza  che  la disposizione censurata non
modifica  il  monte  ore  complessivo  di  formazione,  limitandosi a
stabilire un generico criterio di prevalenza della formazione teorica
(di competenza regionale) nel senso di un suo svolgimento all'esterno
dell'azienda,  peraltro  in  conformita'  a  quanto notoriamente gia'
avviene.  Essa,  pertanto, non impone, di per se', alcuna limitazione
al conseguimento della qualifica perseguita agli effetti lavorativi e
del  prosieguo  dell'istruzione,  sicche'  si  deve concludere che il
denunciato  contrasto  con  i parametri evocati non sussiste e che la
questione e', quindi, infondata.