ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 3, comma 3,
del  decreto-legge  22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per
il  completamento delle operazioni di emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di lavoro irregolare), convertito con modificazioni in
legge   23 aprile   2002,   n. 73,   (Conversione   in   legge,   con
modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni
urgenti  per  il  completamento  delle  operazioni  di  emersione  di
attivita'  detenute  all'estero e di lavoro irregolare), in relazione
all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
promosso   con  ordinanza  del  17 febbraio  2005  dalla  Commissione
tributaria  provinciale  di  Alessandria, nel procedimento tributario
vertente  tra  WHITE  E  BLACK  Distribuzioni  Discografiche s.r.l. e
l'Agenzia  delle Entrate - Ufficio di Tortona, iscritta al n. 138 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 25 ottobre 2006 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Ritenuto   che   la   Commissione   tributaria   provinciale   di
Alessandria,  con  ordinanza  in  data 17 febbraio 2005, ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12 (Disposizioni urgenti per il
completamento  delle  operazioni  di  emersione di attivita' detenute
all'estero  e di lavoro irregolare), nel testo risultante dalla legge
di  conversione 23 aprile  2002,  n. 73  (Conversione  in  legge, con
modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni
urgenti  per  il  completamento  delle  operazioni  di  emersione  di
attivita'  detenute  all'estero e di lavoro irregolare), in relazione
all'art. 2   del   decreto   legislativo   31 dicembre  1992,  n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
per contrasto con l'art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione
transitoria   della   Costituzione,  e,  «in  via  subordinata»,  per
violazione dell'art. 3 Cost.;
        che il rimettente, premesso di essere chiamato a pronunciarsi
sul  ricorso  proposto  da  una  societa' avverso il provvedimento di
irrogazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 3, comma 3,
del  decreto-legge  n. 12 del 2002 emesso dall'Agenzia delle entrate,
ritiene  di  «eccepire  d'ufficio»  due motivi di incostituzionalita'
della norma richiamata;
        che,   innanzitutto,   in   forza   del   combinato  disposto
dell'art. 3  del decreto-legge n. 12 del 2002 e dell'art. 2, comma 1,
del   d.lgs.   n. 546   del  1992,  la  designazione,  da  parte  del
legislatore, dell'Agenzia delle entrate quale ufficio competente alla
irrogazione  della sanzione di cui all'art. 3 del decreto-legge n. 12
del  2002,  determinerebbe  la  estensione  della giurisdizione delle
commissioni   tributarie   ad   una   materia  estranea  al  processo
tributario,  quale  sarebbe  appunto l'accertamento di un rapporto di
lavoro   subordinato   cosiddetto   «sommerso»,   in   contrasto  con
l'art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria della
Costituzione  che,  secondo  l'insegnamento di questa Corte (sentenza
n. 144  del  1998),  porrebbero  quale  limite  per il riordino delle
giurisdizioni  speciali quello di non snaturare le materie attribuite
alla loro competenza;
        che,   «in   via   subordinata»,   il   rimettente  eccepisce
l'incostituzionalita'  dell'art. 3,  comma 3, del decreto-legge n. 12
del  2002  per  violazione  dell'art. 3  Cost., dal momento che esso,
nell'indicare come dies a quo del periodo cui commisurare la sanzione
un  termine  fisso, e cioe' il primo giorno dell'anno, determinerebbe
disparita'  di  trattamento  in  quanto  prescinderebbe  dalla durata
effettiva del rapporto di lavoro irregolare;
        che la Commissione tributaria ritiene in re ipsa la rilevanza
delle questioni prospettate, in quanto il giudizio sulla legittimita'
della   irrogazione   della   sanzione  dipenderebbe  comunque  dalla
«permanenza nell'ordinamento» dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge
n. 12 del 2002, convertito nella legge n. 73 del 2002;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha eccepito l'inammissibilita' della questione dal momento
che  questa  sarebbe  formulata in maniera del tutto generica e senza
l'indicazione dell'oggetto e dei termini della controversia;
        che - ad avviso dell'Avvocatura - inammissibile sarebbe anche
la  censura  riguardante la giurisdizione del giudice tributario, dal
momento  che questa Corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha affermato
che,  pur  in  presenza di contrasti giurisprudenziali, la competenza
del giudice tributario «non appare implausibile»;
        che,  con  ordinanza  10 febbraio  2006,  n. 2888, le Sezioni
Unite  della  Corte  di Cassazione hanno esaminato analoga questione,
affermando la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario;
        che,  osserva  ancora  l'Avvocatura,  tale conclusione appare
ragionevole in quanto si tratta di sanzioni connesse a violazioni che
«presentano  un  collegamento  oggettivo con obblighi (anche) fiscali
cui l'impresa soggiace»;
        che,   peraltro,  l'accertamento  e  la  contestazione  delle
violazioni  avvengono  al  termine  di  un  procedimento  di verifica
condotto  applicando le medesime norme procedurali sugli accertamenti
di imposta, stante il rinvio al decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 472  (Disposizioni  generali in materia di sanzioni amministrative
per   le   violazioni  di  norme  tributarie,  a  norma  dell'art. 3,
comma 133,   della   legge   23 dicembre   1996,   n. 662),   operato
dall'art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del 2002;
        che,  secondo  l'Avvocatura, la censura relativa al contrasto
con  l'art. 3  Cost.  sarebbe, infine, manifestamente inammissibile e
comunque  infondata, essendo la stessa gia' stata accolta dalla Corte
con la sentenza n. 144 del 2005.
    Considerato  che,  successivamente  all'ordinanza  di rimessione,
questa   Corte,   con   sentenza   n. 144  del  2005,  ha  dichiarato
costituzionalmente  illegittimo, in relazione agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,   l'art. 3,  comma 3,  decreto-legge  n. 12  del  2002,
convertito nella legge n. 73 del 2002, nella parte in cui non ammette
la  possibilita'  di  provare che il rapporto di lavoro irregolare ha
avuto  inizio  successivamente  al  primo gennaio dell'anno in cui e'
stata constatata la violazione;
        che,   successivamente,   e'   intervenuto  il  decreto-legge
4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico
e  sociale,  per  il  contenimento e la razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione   fiscale),  convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1  della  legge  4 agosto  2006,  n. 248, che ha modificato
l'art. 3  del decreto-legge n. 12 del 2002, sostituendo i commi 3 e 5
del medesimo;
        che  il  nuovo  testo dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge
n. 12  del  2002  prevede, per l'impiego di lavoratori non risultanti
dalle scritture o da altra documentazione, la sanzione amministrativa
da  euro  1.500  a  euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di
euro  150  per  ciascuna  giornata  di  lavoro  effettivo, stabilendo
altresi'  che  «l'importo  delle  sanzioni civili connesse all'omesso
versamento  dei  contributi  e premi riferiti a ciascun lavoratore di
cui  al  periodo  precedente  non puo' essere inferiore a euro 3.000,
indipendentemente   dalla   durata   della   prestazione   lavorativa
accertata»;
        che  il vigente comma 5 attribuisce la competenza ad irrogare
la   suddetta   sanzione   alla   direzione  provinciale  del  lavoro
territorialmente competente;
        che, pertanto, occorre disporre la restituzione degli atti al
giudice  rimettente per un nuovo esame della rilevanza di entrambe le
questioni  dal  medesimo  sollevate,  alla  luce  del  mutato  quadro
normativo.