ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione  della  Camera  dei  deputati
dell'8 febbraio   2006   (doc.   IV-quater,  n. 123),  relativa  alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione,  delle opinioni espresse dal deputato Maurizio Gasparri
nei  confronti  della  dott.ssa Maria Clementina Forleo, promosso con
ricorso  del  giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di
Roma,  depositato  in  cancelleria  il  14 luglio 2006 ed iscritto al
n. 16  del  registro  conflitti  tra poteri dello Stato 2006, fase di
ammissibilita'.
    Udito  nella  camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice
relatore Sabino Cassese.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Roma,  con  ordinanza  -  ricorso del 21 giugno 2006, ha promosso
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera  dei  deputati,  in  relazione  alla  delibera, adottata nella
seduta dell'8 febbraio 2006 (doc. IV-quater, n. 123), con la quale e'
stata  dichiarata,  ai  sensi  del  primo  comma  dell'art. 68  della
Costituzione,  l'insindacabilita'  delle  dichiarazioni  del deputato
Maurizio Gasparri, rispetto alle quali pende un procedimento penale;
        che  il  ricorrente  espone  che  l'on.  Maurizio Gasparri e'
imputato  del  delitto  di  diffamazione  continuata  a mezzo stampa,
aggravata  dall'attribuzione  di  un  fatto  determinato,  per avere,
mediante  una  serie  di  dichiarazioni  rese  alle  agenzie  ANSA  e
AdnKronos in data 25 gennaio 2005 e mediante un comunicato stampa del
Ministero  delle  comunicazioni  in  data  6 febbraio  2005  «(il cui
contenuto  deve  intendersi qui integralmente trascritto)», offeso la
reputazione  del  magistrato Maria Clementina Forleo, in relazione al
provvedimento  dalla  stessa emesso in data 24 gennaio 2005 nella sua
funzione di giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano;
che, in tali dichiarazioni, testualmente, affermava trattarsi di «una
decisione  incredibile,  sconcertante  e  allarmante,  fuori  da ogni
schema  razionale,  basata  su una scelta ideologica. Oggi vive gente
che  si  trova  al  di  fuori dal mondo e che non si ricorda che c'e'
stato  un  evento terribile come l'11 settembre [...] il Governo deve
valutare  con urgenza l'emanazione di norme che impediscano a giudici
irresponsabili  di lasciare a piede libero degli autentici terroristi
[...]  in ogni caso il CSM deve intervenire perche' un magistrato che
ha  fatto  queste  cose  e'  un  pericolo  per la sicurezza ed e' una
persona che non puo' svolgere quella funzione»;
        che  il  Tribunale ricorrente richiama, inoltre, il contenuto
della  proposta  della  Giunta per le autorizzazioni a firma dell'on.
relatore  Lezza,  nella  quale, dopo una sommaria ricostruzione della
vicenda  -  che  aveva  visto  protagonista  la  dottoressa Forleo in
relazione  ad  un  procedimento  da lei concluso, in sede di giudizio
abbreviato,  con  l'assoluzione  di  alcuni  imputati per il reato di
terrorismo - si legge: «La maggioranza dei componenti ha ritenuto che
tutta  la vicenda debba essere ricondotta pienamente nel contesto del
dibattito  politico-parlamentare.  Appare  infatti  persino superfluo
ricordare   che   a  partire  dall'11 settembre  2001,  il  tema  del
terrorismo  internazionale,  e'  prepotentemente  venuto alla ribalta
politica   in  tutti  i  Paesi  e  i  relativi  Parlamenti,  compreso
naturalmente  il  nostro.  Tanto  risulta  non  soltanto  dalle varie
iniziative  ed  attestazioni  di  solidarieta'  con  gli Stati Uniti,
avutesi  nell'immediatezza  dei tragici attentati [...], ma anche dai
tantissimi  passaggi  parlamentari  relativi  alla guerra in Iraq, ai
finanziamenti  della  relativa  spedizione  di  pace  italiana,  alle
vicende  del rapimento e della liberazione di Giuliana Sgrena e della
connessa  morte  di Nicola Calipari [...] con riguardo specifico alla
sentenza  della  dottoressa  Forleo,  va qui ricordato altresi' che i
deputati Paniz di Forza Italia e Ce' della Lega Nord hanno presentato
il  26 gennaio  2005 le interrogazioni, rispettivamente, n. 3-04133 e
n. 3-04134,   mentre  il  successivo  10 febbraio  2005  il  deputato
Fragala'   dello   stesso  gruppo  dell'on.  Gasparri  ha  presentato
l'interrogazione  n. 4-12869 [...]. Tutti questi momenti parlamentari
sono   inconfutabilmente   dimostrativi   della   rilevanza  politica
dell'argomento  trattato  dall'on.  Gasparri  e del loro nesso con le
funzioni  di  competenza  di  un  membro  della  Camera,  nonche' con
l'esercizio relativo del diritto di cronaca politica»;
        che  il  Tribunale  di  Roma  afferma, in via preliminare, di
ritenere  ammissibile  l'opposizione  alla richiesta di archiviazione
presentata   dalla  persona  offesa  e  di  riservare  l'esame  delle
questioni  attinenti  alla  natura  eventualmente  diffamatoria delle
affermazioni  contenute  nelle  dichiarazioni  e  nel  comunicato  in
oggetto, all'esito della risoluzione del conflitto di attribuzioni;
        che   il   Tribunale  ricorrente  espone  che,  per  costante
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale, l'art. 68, primo comma,
Cost., non concerne tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello
svolgimento  della  sua attivita' politica, ma soltanto quelle legate
da  «nesso  funzionale»  con  le  attivita' svolte «nella qualita» di
«membro  delle  Camere» (sentenze n. 10 del 2000, n. 329 e n. 417 del
1999,  n. 289  del  1998  e  n. 375  del 1997); aggiunge che la Corte
costituzionale  ha  anche  precisato  che,  qualora  le  opinioni del
parlamentare  siano  state  espresse  extra moenia, per individuare i
limiti   dell'applicabilita'   della  prerogativa  in  questione,  e'
necessario  il collegamento funzionale tra i comportamenti tenuti dai
parlamentari  e  l'esercizio  delle  attribuzioni  proprie del potere
legislativo  (sentenza  n. 289  del  1998),  da  intendersi  in senso
restrittivo  al  fine  di  evitare  che  lo  stesso  si traduca in un
privilegio  ingiustificato  e  illimitato;  osserva,  inoltre, che la
Corte  costituzionale  ha sottolineato come ne' la semplice comunanza
di  argomento  fra  la  dichiarazione  che  si  pretende  lesiva e le
opinioni  espresse  in  sede  parlamentare,  ne'  la ricorrenza di un
contesto   genericamente  politico  cui  la  dichiarazione  inerisca,
bastano  a  fondare l'estensione alla prima della immunita' che copre
le  seconde, richiedendosi piuttosto la sostanziale corrispondenza di
contenuti tra le dichiarazioni oggetto di esame e l'opinione espressa
in  sede  parlamentare  (sentenze  n. 347 del 2004, n. 521 del 2002 e
n. 10 del 2000);
        che  il  Tribunale,  pertanto,  ritiene  che le dichiarazioni
dell'on.   Gasparri,   oggetto   di  conflitto,  non  possano  essere
ricondotte  ad  uno  degli  atti  previsti dall'art. 68, primo comma,
Cost.  ed  evidenzia, altresi', che le interrogazioni depositate sono
tutte  successive  alle  opinioni  manifestate  dal  deputato  e che,
percio'  stesso,  non  possono  assolutamente essere considerate come
riproduttive   o  divulgative  di  opinioni  gia'  espresse  in  sede
istituzionale (sentenze n. 347 del 2004 e n. 289 del 1998);
        che inoltre, secondo il Tribunale, non sembra ravvisabile una
sostanziale  corrispondenza di contenuti tra le dichiarazioni oggetto
di  esame e quelle espresse in sede parlamentare, in quanto se, da un
lato,  «la mancata produzione da parte dei soggetti interessati degli
atti   parlamentari   indicati  non  consente  di  effettuare  alcuna
valutazione in merito alla corrispondenza dei contenuti», dall'altro,
la  successione  temporale  degli  avvenimenti  consente  tuttavia di
escludere  che  le interrogazioni presentate dai deputati Paniz e Ce'
potessero   avere   ad  oggetto  la  vicenda  relativa  alla  mancata
concessione di nulla osta all'espulsione dell'imputato del 3 febbraio
2005, cui si fa riferimento nel comunicato stampa del Ministero delle
comunicazioni in data 6 febbraio 2005;
        che,  infine,  il  Tribunale rileva come manchi la necessaria
corrispondenza  di  identita' tra colui che richiede la tutela di cui
all'art. 68,   primo   comma,  Cost.  e  gli  autori  delle  indicate
interrogazioni parlamentari, identita' richiesta dalla giurisprudenza
costituzionale    per    il    riconoscimento    delle    prerogative
costituzionali;
        che  il  Tribunale di Roma, sospeso il giudizio, ha sollevato
conflitto  di  attribuzione tra poteri nei confronti della Camera dei
deputati e ha chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare che non
spetta alla Camera dei deputati affermare l'insindacabilita', a norma
dell'art. 68,  primo  comma, Cost., della condotta attribuita all'on.
Gasparri e, conseguentemente, di annullare la delibera adottata nella
seduta dell'8 febbraio 2006.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
ad  accertare  se  il  sollevato conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le
parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, restando
impregiudicata   ogni   ulteriore   decisione   anche   in  punto  di
ammissibilita';
        che,  quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma e'
legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare
definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito,
la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  considerazione della
posizione  di  indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  di  cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che  analogamente  la  Camera dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il  Tribunale  ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera
di  attribuzione,  garantita  da norme costituzionali, in conseguenza
dell'adozione,   da   parte   della   Camera  dei  deputati,  di  una
deliberazione  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che
le  opinioni  espresse  da un proprio membro rientrano nell'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  in tal modo godendo della garanzia di
insindacabilita'   stabilita   dall'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.