ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
26 gennaio    2006    (doc.    IV-ter,    n. 17-A),   relativa   alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Fabrizio Cicchitto
nei  confronti  della  dott.ssa Maria Clementina Forleo, promosso con
ricorso  del  giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di
Roma,  depositato  in  cancelleria  il  14 luglio 2006 ed iscritto al
n. 17  del  registro  conflitti  tra poteri dello Stato 2006, fase di
ammissibilita'.
    Udito  nella  camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice
relatore Sabino Cassese.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Roma,  con  ordinanza  -- ricorso del 21 giugno 2006, ha promosso
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata nella seduta
del  26 gennaio  2006  (doc.  IV-ter, n. 17-A), con la quale e' stata
dichiarata, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione,
l'insindacabilita'   delle   dichiarazioni   del   deputato  Fabrizio
Cicchitto, rispetto alle quali pende un procedimento penale;
        che  il  ricorrente  espone  che  l'on. Fabrizio Cicchitto e'
imputato  del  delitto  di  diffamazione  continuata  a mezzo stampa,
aggravata  dall'attribuzione  di  un  fatto  determinato,  per avere,
mediante  una  serie  di dichiarazioni rese alla agenzia ANSA in data
25 gennaio   2005  (riprese  dal  quotidiano  «Secolo  d'Italia»  del
26 gennaio  2005)  ed in data 4 febbraio 2005 «(il cui contenuto deve
intendersi  qui integralmente trascritto)», offeso la reputazione del
magistrato  Maria  Clementina  Forleo,  in relazione al provvedimento
dalla  stessa  emesso  in  data 24 gennaio 2005 nella sua funzione di
giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale di Milano; in tali
dichiarazioni,  il  predetto deputato testualmente, affermava che «la
sentenza  di  Milano  rappresenta  un  colpo  durissimo alla lotta al
terrorismo,  da'  prospettive di impunita' a quei fondamentalisti che
tuttora  lavorano  in Italia per fare proselitismo [...] una sentenza
cosi'  aberrante  [...] determinata da una forte motivazione politica
fondata  sulla  solidarieta'  con  la resistenza irachena, tipica dei
gruppi  politici  piu'  estremi  che  evidentemente hanno trovato una
sponda  anche  in  qualche  esponente  della  magistratura  [...]  e'
legittimo  porsi  l'interrogativo  su  quale  ruolo stia svolgendo la
dottoressa Forleo nei confronti della lotta al terrorismo»;
        che  il  Tribunale ricorrente richiama, inoltre, il contenuto
della   proposta   della   Giunta  per  le  autorizzazioni,  a  firma
dell'on. relatore   Mazzoni,   nella   quale,   dopo   una   sommaria
ricostruzione  della  vicenda  -  che  aveva  visto  protagonista  la
dottoressa Forleo in relazione ad un procedimento da lei concluso, in
sede di giudizio abbreviato, con l'assoluzione di alcuni imputati per
il  reato  di  terrorismo -- si legge: «Sicuramente sono affermazioni
forti,  ma  non  si puo' negare il collegamento stretto e funzionale,
per  essere  piu'  tecnici,  con  il  ruolo  istituzionale e politico
dell'on. Cicchitto.  Egli  e'  infatti  deputato  e vice coordinatore
nazionale  di  Forza  Italia  ed  ha  avuto  piu'  volte occasione di
intervenire  doverosamente  in quest'aula e al di fuori di essa sugli
argomenti   gravissimi  e  delicatissimi  legati  alla  minaccia  del
terrorismo   internazionale  [...].  L'interpretazione  contenuta  in
quella sentenza e' stata successivamente posta in discussione tant'e'
vero  che  tale  decisione e' stata anche annullata. Chiaramente cio'
rappresenta  un  motivo aggiunto rispetto alla fondatezza dei rilievi
formulati  dall'onorevole  Cicchitto,  sebbene con espressioni forti,
nei  confronti  della sentenza. Il riferimento alla dottoressa Forleo
si puo' definire, nel caso di specie, solo casuale; le considerazioni
che l'on. Cicchitto ha formulato sono chiaramente riferite ad un caso
politico   grave,   di   cui  anche  le  aule  parlamentari  si  sono
ulteriormente   occupate,   promuovendo  un  intervento  modificativo
dell'articolo  del  codice  penale richiamato nel processo che vedeva
imputati  i  cinque extracomunitari, per precisare ed approfondire la
nozione di reato di terrorismo»;
        che  il  Tribunale  di  Roma  afferma di ritenere ammissibile
l'opposizione   alla  richiesta  di  archiviazione  presentata  dalla
persona  offesa e di riservare l'esame delle questioni attinenti alla
natura  eventualmente diffamatoria delle affermazioni contenute nelle
dichiarazioni,   all'esito   della   risoluzione   del  conflitto  di
attribuzione;
        che  tanto  preliminarmente rilevato, il tribunale ricorrente
espone  che,  per costante giurisprudenza della Corte costituzionale,
l'art. 68,  primo  comma,  Cost.,  non  concerne  tutte  le  opinioni
espresse  dal  parlamentare  nello  svolgimento  della  sua attivita'
politica,  ma  soltanto  quelle  legate  da «nesso funzionale» con le
attivita'  svolte  «nella qualita» di «membro delle Camere» (sentenze
n. 10  del  2000,  n. 417 e n. 329 del 1999, n. 289 del 1998 e n. 375
del  1997);  aggiunge  che la Corte costituzionale ha anche precisato
che,  qualora le opinioni del parlamentare siano state espresse extra
moenia,   per   individuare   i   limiti   dell'applicabilita'  della
prerogativa  in  questione,  e' necessario il collegamento funzionale
tra  i  comportamenti  tenuti  dai  parlamentari  e l'esercizio delle
attribuzioni  proprie  del  potere  legislativo  (sentenza n. 289 del
1998),  da  intendersi in senso restrittivo al fine di evitare che lo
stesso  si  traduca  in  un  privilegio  ingiustificato  e illimitato
(sentenze  n. 375  del 1997 e n. 148 del 1983); osserva, inoltre, che
la   Corte  costituzionale  ha  sottolineato  come  ne'  la  semplice
comunanza  di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e
le  opinioni  espresse  in sede parlamentare, ne' la ricorrenza di un
contesto   genericamente  politico  cui  la  dichiarazione  inerisca,
bastano  a  fondare l'estensione alla prima della immunita' che copre
le  seconde, richiedendosi piuttosto la sostanziale corrispondenza di
contenuti tra le dichiarazioni oggetto di esame e l'opinione espressa
in  sede  parlamentare (sentenze n. 347 e n. 120 del 2004, n. 521 del
2002 e n. 10 del 2000);
        che  il  Tribunale,  pertanto,  ritiene  che le dichiarazioni
dell'on. Cicchitto,   oggetto   di   conflitto,  non  possano  essere
ricondotte  ad  uno  degli  atti  previsti dall'art. 68, primo comma,
Cost.  ed  evidenzia,  altresi',  che  non  e'  stato  prodotto,  ne'
depositato,  alcun  atto  parlamentare  del  quale  le  dichiarazioni
costituirebbero divulgazione ovvero riproduzione;
        che  il  Tribunale di Roma, sospeso il giudizio, ha sollevato
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera  dei  deputati  e  ha  chiesto  alla  Corte  costituzionale di
dichiarare   che  non  spetta  alla  Camera  dei  deputati  affermare
l'insindacabilita',  a  norma dell'art. 68, primo comma, Cost., della
condotta   attribuita   all'on. Cicchitto   e,  conseguentemente,  di
annullare la delibera adottata nella seduta del 26 gennaio 2006.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
ad  accertare  se  il  sollevato conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le
parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, restando
impregiudicata   ogni   ulteriore   decisione   anche   in  punto  di
ammissibilita';
        che,  quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma e'
legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare
definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito,
la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  considerazione della
posizione  di  indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  di  cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che  analogamente  la  Camera dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il  tribunale  ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera
di  attribuzione,  garantita  da norme costituzionali, in conseguenza
dell'adozione,   da   parte   della   Camera  dei  deputati,  di  una
deliberazione  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che
le  opinioni  espresse  da un proprio membro rientrano nell'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  in tal modo godendo della garanzia di
insindacabilita'   stabilita   dall'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.