ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 3,
della  legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 ottobre 2005, n. 8
(Modifiche  di  leggi  provinciali  in  materia  di  lavori pubblici,
viabilita',  industria,  commercio,  artigianato, esercizi pubblici e
turismo  e  altre  disposizioni), promosso con ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri notificato il 15 dicembre 2005, depositato
in  cancelleria  il  successivo  giorno 23  ed  iscritto al n. 98 del
registro ricorsi 2005;
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 novembre  2006  il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato  dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente
del  Consiglio  dei ministri e gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e
Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 15 dicembre 2005 e depositato il
successivo  giorno 23,  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato,   unitamente  ad  altre  disposizioni,  l'art. 1,  comma 3
(nell'epigrafe  e  nel petitum del ricorso si indica il comma 2 dello
stesso   art. 1),   della   legge   della   Provincia   autonoma   di
Bolzano 3 ottobre  2005,  n. 8  (Modifiche  di  leggi  provinciali in
materia   di   lavori  pubblici,  viabilita',  industria,  commercio,
artigianato,  esercizi  pubblici e turismo e altre disposizioni), per
violazione    dell'art. 8   del   d.P.R.   31 agosto   1972,   n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige) e dell'art. 117,
secondo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  premette  che  la  materia dei lavori pubblici e'
regolata,  nell'ambito  territoriale  della  Provincia,  dalla  legge
provinciale  17 giugno 1998, n. 6 (Norme per l'appalto e l'esecuzione
di  lavori  pubblici),  che detta una disciplina completa di tutte le
fasi  del  processo  di  realizzazione  di  un'opera  pubblica (dalla
progettazione fino all'esecuzione e al collaudo).
    In particolare, l'art. 66 di tale legge, nel testo anteriore alle
modifiche   apportate   dalla   disposizione  impugnata,  vietava  la
possibilita'  di  ricorrere  all'istituto della revisione dei prezzi,
consentendo  soltanto  l'applicazione,  in  presenza  di  determinati
presupposti,  del  c.d. «prezzo chiuso» in linea con quanto stabilito
dal  legislatore  nazionale  (art. 26  della  legge 11 febbraio 1994,
n. 109, recante «Legge quadro in materia di lavori pubblici»).
    La   norma   censurata,   modificando  il  predetto  art. 66,  ha
reintrodotto,  sottolinea  la  difesa  dello Stato, la «revisione dei
prezzi»,   stabilendo   che,  «qualora  per  effetto  di  circostanze
imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei
materiali  o  della mano d'opera tali da determinare un aumento o una
diminuzione  superiore  al  decimo  del  prezzo complessivo convenuto
ovvero  superiore  al  quinto  del  prezzo  per  categoria  di lavoro
convenuto,   l'appaltatore   interessato  o  il  committente  possono
chiedere  una revisione del prezzo medesimo. La revisione puo' essere
accordata  a  fine  lavori  solo  per quella differenza che eccede il
decimo».   La   disposizione  riportata  riprodurrebbe  il  contenuto
dell'art. 1664  del  codice  civile,  che «comunemente non si ritiene
applicabile  all'appalto  di  lavori  pubblici  (...),  in  quanto la
medesima materia trova disciplina speciale corrispondente nelle norme
sulla revisione dei prezzi». In tal modo, sottolinea l'Avvocatura, la
norma provinciale avrebbe disciplinato un profilo dell'esecuzione del
contratto,    relativo    alla   determinazione   del   corrispettivo
dell'appalto,  «che appartiene al diritto civile, ancorche' speciale,
e quindi invade la competenza esclusiva statale».
    1.1.  -  Svolta  questa  premessa,  il  ricorrente  assume che la
disposizione  impugnata  violerebbe  l'art. 8  dello statuto speciale
della  Regione  Trentino-Alto  Adige/Südtirol, il quale, riconoscendo
alla Provincia di Bolzano competenza legislativa in materia di lavori
pubblici di interesse provinciale, prevede che essa debba esercitarsi
in   armonia   con   la  Costituzione  e  nel  rispetto  delle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale.
    La  norma  censurata  violerebbe anche l'art. 117, secondo comma,
della   Costituzione,   che  attribuisce  allo  Stato  la  competenza
legislativa   esclusiva   in  materia  di  «ordinamento  civile».  Il
legislatore  provinciale,  introducendo  un meccanismo di adeguamento
del   corrispettivo   spettante  all'appaltatore,  avrebbe,  infatti,
disciplinato  profili  rilevanti del contratto e della sua esecuzione
in  relazione  ai  quali «non si puo' ammettere» una regolamentazione
diversa  «a  seconda  della  Regione nel cui territorio» il contratto
stesso viene stipulato.
    L'Avvocatura  dello  Stato  aggiunge, inoltre, come l'abrogazione
dell'istituto  della  revisione  dei  prezzi, operata dall'art. 3 del
decreto-legge   11 luglio   1992,   n. 333  (Misure  urgenti  per  il
risanamento  della  finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, rappresenti una «misura di finanza
pubblica» mirata al permanente e definitivo controllo in via generale
della  spesa.  In  quest'ottica,  secondo  la  difesa dello Stato, il
principio  della  invariabilita'  del  corrispettivo  introdotto  dal
legislatore  statale costituirebbe una «norma fondamentale di riforma
economica  e finanziaria, che da un lato orienta le amministrazioni a
considerare  nel  prezzo del contratto il tempo di esecuzione come un
elemento  di certezza, dall'altro, impone alle imprese esecutrici una
formulazione delle offerte nelle gare pubbliche che tenga conto della
dinamica  dei  costi  in funzione di andamento dei tempi, con precisa
assunzione del rischio di impresa».
    In  tale  prospettiva,  conclude  l'Avvocatura,  «non puo' essere
ammessa  una  norma regionale o provinciale che, seppure in un ambito
di  marcata  autonomia  legislativa,  abbia  l'effetto  di rompere un
rigoroso limite di finanza pubblica generale introducendo nel sistema
un  vulnus  privo  della  benche' minima giustificazione di interesse
locale».
    2. -   Si   e'  costituita  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,
deducendo, in via preliminare, la inammissibilita' del ricorso per il
seguente ordine di motivi.
    In  primo  luogo,  la  Provincia  autonoma,  sul  presupposto che
oggetto  dell'impugnazione  sia  il  comma  2 dell'art. 1 della legge
provinciale   n. 8   del   2005   (che   disciplina   i  «criteri  di
aggiudicazione»  e che viene indicato nell'epigrafe e nel petitum del
ricorso),  assume  la  inammissibilita'  di  detta censura «per falsa
specificazione  del  parametro  del  giudizio  e  mancanza  totale di
motivazione»,  in  quanto  le  argomentazioni  addotte a sostegno del
gravame  si  presentano  slegate  dal contenuto effettivo della norma
impugnata, cioe' del citato comma 2 dell'art. 1.
    In  secondo  luogo,  si  sottolinea che il ricorrente non avrebbe
specificato  «con  la  dovuta  esattezza  quale  dei  numerosi commi»
dell'art. 117 della Costituzione sarebbe stato leso, atteso che nella
parte   espositiva  del  ricorso  viene  indicato  il  secondo  comma
dell'art. 117 Cost., mentre nella parte conclusiva si indica il primo
comma dello stesso art. 117.
    Infine,   la   resistente   osserva   come,  trattandosi  di  una
impugnazione di una legge della Provincia autonoma, si sarebbe dovuto
osservare  l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    2.1. - Nel merito, si assume la non fondatezza del ricorso.
    Innanzitutto,  la  resistente sottolinea come il predetto comma 2
dell'art. 1  della  legge  provinciale n. 8 del 2005 non violerebbe i
parametri costituzionali evocati.
    In  relazione  alla  censura  di violazione dell'art. 1, comma 3,
della  stessa  legge  provinciale, si ritiene, innanzitutto, che tale
disposizione «non interferisce» con la norma contenuta nell'art. 1664
cod. civ.
    Inoltre,   la   disposizione   impugnata,   secondo   la   difesa
provinciale,   si  adeguerebbe  a  quanto  disposto  dal  comma 4-bis
dell'art. 26  della  legge  n. 109  del 1994, introdotto dall'art. 1,
comma 550,  della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2005),  che  ha posto una deroga al divieto di revisione
dei  prezzi  negli  appalti  pubblici.  Ne discenderebbe che la norma
impugnata  sarebbe  stata  emanata  «in esecuzione di un principio di
riforma economico-sociale».
    3. - Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica,
la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha  ribadito le argomentazioni,
contenute   nell'atto   di   costituzione,   volte   a  sostenere  la
inammissibilita' o l'infondatezza del ricorso statale.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha impugnato talune disposizioni contenute,
rispettivamente,   nell'art. 1   e   nell'art. 5  della  legge  della
Provincia  autonoma  di  Bolzano 3 ottobre  2005,  n. 8 (Modifiche di
leggi   provinciali   in  materia  di  lavori  pubblici,  viabilita',
industria,  commercio,  artigianato,  esercizi  pubblici  e turismo e
altre  disposizioni),  deducendo la violazione dell'art. 8 del d.P.R.
31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige) e dell'art. 117 della Costituzione.
    2.   -   Riservata  a  separata  pronuncia  l'impugnazione  delle
disposizioni  contenute  nell'art. 5  della citata legge provinciale,
deve essere qui esaminata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1 della medesima legge.
    3.  -  In  via  preliminare,  va  osservato che nell'epigrafe del
ricorso  (e  nel petitum dello stesso) il ricorrente ha indicato come
oggetto  specifico  dell'impugnazione proposta il comma 2 dell'art. 1
della  legge; ha, pero', svolto tutte le argomentazioni, poste a base
delle  sue  censure,  in  relazione  alla disposizione, in materia di
revisione  dei prezzi nei pubblici appalti di competenza provinciale,
contenuta  nel  comma 3 del medesimo articolo. A cio' va aggiunto che
nella  relazione di accompagnamento della deliberazione del Consiglio
dei  ministri  in  data  14 dicembre  2005,  con  la  quale  e' stata
autorizzata la proposizione del ricorso, si fa riferimento al comma 3
dell'art. 1, specificandosi che detto comma «reintroduce il principio
della  revisione  dei  prezzi che invece rimane espressamente escluso
dall'art. 26 della legge statale (...) n. 109 del 1994».
    La  resistente  Provincia  autonoma, a questo riguardo, sin dalla
sua   prima   memoria,   ha  preliminarmente  eccepito  la  manifesta
inammissibilita'  del ricorso «per falsa specificazione del parametro
del  giudizio  e mancanza totale di motivazione», sul presupposto che
oggetto  di impugnazione sia il comma 2 dell'art. 1 e sul rilievo che
le  argomentazioni  addotte  a sostegno del ricorso si presentano del
tutto  slegate  dal  contenuto effettivo della norma impugnata, cioe'
del citato comma 2 dell'art. 1.
    3.1.  -  L'eccezione  preliminare  sollevata  dalla  difesa della
Provincia autonoma non puo' essere accolta, dal momento che e' palese
l'errore  materiale  contenuto  sia nell'epigrafe del ricorso che nel
petitum  dello  stesso,  nei  quali  si  fa  riferimento  al  comma 2
dell'art. 1    dell'impugnata   legge   provinciale.   Infatti,   dal
complessivo  tenore  dell'atto  introduttivo,  oltre che dalla citata
relazione   ministeriale,  si  evince  che  il  reale  oggetto  della
impugnazione  proposta e' la disposizione in materia di revisione dei
prezzi  negli  appalti  pubblici,  contenuta nel comma 3 del medesimo
art. 1.
    4. - A fondamento della impugnazione il ricorrente ha dedotto due
motivi di illegittimita' costituzionale concernenti - rispettivamente
-  la violazione dell'art. 117, secondo comma (senza alcuna ulteriore
specificazione),     della    Costituzione,    richiamando,    pero',
espressamente  la  competenza  statale  in  materia  di  «ordinamento
civile»,  che  risulterebbe  invasa  dalla  norma  provinciale,  e la
violazione  dell'art. 8  dello  statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige,  in  quanto  la  disposizione impugnata lederebbe un principio
fondamentale    di    riforma   economico-sociale   contenuto   nella
legislazione statale in materia di lavori pubblici.
    5.  -  Cio'  chiarito,  si puo' passare all'esame della ulteriore
eccezione  di inammissibilita' del ricorso sollevata dalla resistente
Provincia autonoma, sotto il profilo della asserita genericita' delle
censure  proposte  con  riguardo  tanto  all'art. 117, secondo comma,
della  Costituzione  (peraltro,  anche erroneamente citato come primo
comma   nella  parte  del  ricorso  contenente  il  petitum),  quanto
all'art. 8   dello  statuto  speciale  richiamato  dal  ricorrente  a
fondamento della impugnazione.
    5.1. - Anche tale eccezione preliminare deve essere respinta.
    Il  ricorrente,  sia  pure in modo impreciso, ha inteso sollevare
due   distinte   questioni   di  costituzionalita',  aventi  ciascuna
carattere assorbente rispetto all'altra, in quanto dotate entrambe di
propria  autonomia.  Esse,  inoltre,  non  presentano  quel  tasso di
genericita'  idoneo  a  determinarne  la  inammissibilita'  sul piano
processuale,    dal    momento    che   consentono   di   individuare
sufficientemente il contenuto e la portata delle censure proposte.
    6.  - Quanto al merito del ricorso, il relativo esame deve essere
effettuato con distinto e specifico riferimento alle due questioni in
cui  si  articolano  le  doglianze avanzate dal ricorrente. E in tale
esame riveste carattere prioritario la questione di costituzionalita'
sollevata   con   riguardo  alla  dedotta  violazione  dello  statuto
speciale,  per  avere  la norma impugnata disatteso, nella materia de
qua,  uno  dei  principi  fondamentali  di  riforma economico-sociale
desumibile dalla legislazione statale.
    7. - La questione e' fondata.
    7.1.  -  L'istituto  dell'adeguamento  del  prezzo concordato nel
settore  degli  appalti pubblici - ai fini soprattutto della gestione
di  sopravvenienze  giuridicamente  rilevanti  intervenute  nel corso
dell'esecuzione  del rapporto contrattuale - ha costituito oggetto di
una pluralita' di interventi del legislatore statale, giustificati da
esigenze  e finalita' di volta in volta diverse a seconda del momento
storico.
    Limitando  l'analisi soltanto ad alcuni stadi della sua complessa
evoluzione normativa, va ricordato che l'istituto della revisione dei
prezzi - in origine previsto al fine di tutelare l'appaltatore contro
i  rischi di variazioni di mercato idonee ad alterare l'equilibrio in
atto al momento della conclusione del contratto - venne profondamente
modificato dall'art. 33, comma 2, della legge 28 febbraio 1986, n. 41
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  1986).  Tale disposizione aveva,
infatti,  stabilito  che «per i lavori relativi ad opere pubbliche da
appaltarsi,  da  concedersi  o  da  affidarsi dalle Amministrazioni e
dalle Aziende dello Stato, anche con ordinamento autonomo, dagli enti
locali  o  da  altri enti pubblici, aventi durata inferiore all'anno,
non  e'  ammessa la facolta' di procedere alla revisione dei prezzi».
Soltanto  per  i lavori aventi durata superiore all'anno, la facolta'
di  procedere  alla  revisione dei prezzi era consentita dal medesimo
articolo 33    «a    decorrere    dal    secondo    anno   successivo
all'aggiudicazione  e  con  esclusione  dei  lavori gia' eseguiti nel
primo    anno    e   dell'intera   anticipazione   ricevuta,   quando
l'Amministrazione   riconosca   che   l'importo   complessivo   della
prestazione  e'  aumentato  o diminuito in misura superiore al 10 per
cento  per  effetto  di  variazioni  dei  prezzi correnti intervenute
successivamente  all'aggiudicazione stessa» (comma 3). A fronte della
descritta  regolamentazione dell'istituto della revisione dei prezzi,
il  legislatore  del  1986  aveva  previsto  la  possibilita'  per le
amministrazioni  di  «ricorrere  al  prezzo  chiuso,  consistente nel
prezzo  del  lavoro al netto del ribasso d'asta, aumentato del cinque
per cento per ogni anno intero previsto per l'ultimazione dei lavori»
(art. 33, comma 4).
    Successivamente,  l'art. 3,  comma 1, del decreto-legge 11 luglio
1992,  n. 333  (Misure  urgenti  per  il  risanamento  della  finanza
pubblica),  convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992,
n. 359,  ha  eliminato  ogni  eccezione  al divieto di procedere alla
revisione  dei  prezzi, generalizzando cosi' la facolta' di stipulare
contratti   «a   prezzo   chiuso»,  secondo  le  modalita'  stabilite
dall'art. 33, comma 4, della predetta legge n. 41 del 1986.
    E'  poi  intervenuto  l'art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre
1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), che
ha   abrogato   il   citato  comma 4  dell'art. 33,  come  modificato
dall'art. 3,  comma 1,  del  decreto-legge  n. 333 del 1992, sancendo
cosi'  l'obbligatorieta'  del sistema dei contratti «a prezzo chiuso»
cosi' detto «puro» (cfr. sentenza n. 308 del 1993).
    Un'ulteriore  tappa  dell'evoluzione  normativa  e' rappresentata
dall'art. 26  della  legge  11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in
materia  di lavori pubblici), che ha fissato il principio secondo cui
«per  i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici
e  dagli  altri  enti  aggiudicatori  o  realizzatori  non e' ammesso
procedere  alla  revisione dei prezzi e non si applica il primo comma
dell'articolo 1664  del  codice civile» (comma 3), stabilendo che per
tali  lavori  si  applica, invece, «il prezzo chiuso, consistente nel
prezzo  dei  lavori  al  netto  del  ribasso d'asta, aumentato di una
percentuale da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso
di  inflazione  reale  e il tasso di inflazione programmato nell'anno
precedente  sia  superiore  al  2  per  cento, all'importo dei lavori
ancora  da  eseguire  per ogni anno intero previsto per l'ultimazione
dei lavori stessi» (comma 4).
    Ancora  successivamente,  il  comma 550  dell'art. 1  della legge
30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2005), ha
aggiunto  all'art. 26  sopra citato il comma 4-bis, secondo il quale,
«in  deroga  a  quanto  previsto  dal  comma 3,  qualora il prezzo di
singoli   materiali   da  costruzione,  per  effetto  di  circostanze
eccezionali,   subisca   variazioni  in  aumento  o  in  diminuzione,
superiori  al  10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  nell'anno  di presentazione
dell'offerta  (...),  si  fa  luogo  a compensazioni, in aumento o in
diminuzione,  per  la  percentuale  eccedente  il  10 per cento», nel
limite  delle risorse economiche appositamente accantonate secondo le
modalita' sancite dal comma 4-sexies dello stesso art. 26.
    Da  ultimo,  l'art. 133  del  decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163  (Codice  dei  contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture  in  attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) ha
sostanzialmente    recepito   il   contenuto   dell'ultima   versione
dell'art. 26 della legge n. 109 del 1994.
    7.2. - Alla luce della evoluzione normativa sopra descritta, deve
ritenersi  che  la  disciplina  statale,  riportata nei suoi passaggi
essenziali, e, in particolare, l'art. 26 della legge n. 109 del 1994,
come  modificato  dalla  legge  n. 311 del 2004, possegga i caratteri
sostanziali   identificativi  delle  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale,  al  di  la'  della  autoqualificazione effettuata
dall'art. 1  della  stessa legge n. 109 del 1994, secondo il quale «i
principi  desumibili  dalle  disposizioni»  contenuti  nella predetta
legge «costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale»
(v. sentenza n. 482 del 1995).
    E'  indubbio,  infatti,  che  l'istituto  della  revisione prezzi
risponda  ad un interesse unitario, afferendo a scelte legislative di
carattere  generale  che  implicano «valutazioni politiche e riflessi
finanziari,   che   non   tollerano   discipline   differenziate  nel
territorio» (sentenza n. 308 del 1993).
    Ne  consegue  che  al  legislatore statale, nella materia de qua,
deve  riconoscersi,  nella regolamentazione del settore, il potere di
vincolare  la  potesta'  legislativa  primaria  anche delle Regioni a
statuto speciale e delle Province autonome.
    7.3.-  Si  tratta ora di stabilire se la norma impugnata si ponga
effettivamente  in  contrasto  con  la richiamata disciplina statale,
alla  quale,  come  si  e'  precisato,  va attribuito il carattere di
normativa fondamentale di riforma economico-sociale.
    La  disposizione censurata prevede testualmente che, «qualora per
effetto  di  circostanze  imprevedibili si siano verificati aumenti o
diminuzioni  nel  costo  dei  materiali  o della mano d'opera tali da
determinare  un  aumento  o  una  diminuzione superiore al decimo del
prezzo  complessivo  convenuto  ovvero superiore al quinto del prezzo
per  categoria  di  lavoro  convenuto, l'appaltatore interessato o il
committente  possono  chiedere  una revisione del prezzo medesimo. La
revisione  puo'  essere  accordata  a  fine  lavori  solo  per quella
differenza che eccede il decimo».
    Orbene, e' evidente come, in tal modo, il legislatore provinciale
abbia  disciplinato  l'istituto  della  revisione  del prezzo in modo
difforme  rispetto  alla  vigente  regolamentazione  statale. Mentre,
infatti,  quest'ultima  si caratterizza per la previsione del divieto
di   revisione   dei   prezzi,   con   espressa   enunciazione  della
inapplicabilita'  dell'art. 1664  del  codice  civile, il legislatore
provinciale  ha,  invece, introdotto il principio della revisione del
prezzo  proprio  secondo  le  modalita' stabilite dall'art. 1664 cod.
civ.,  di  cui viene riprodotto pressoche' testualmente il contenuto.
Ne' e' condivisibile il rilievo, formulato dalla resistente Provincia
autonoma,  secondo  cui  con la disposizione impugnata il legislatore
provinciale «non avrebbe fatto altro che adeguarsi» a quanto previsto
dall'art. 1,  comma 550, della legge n. 311 del 2004 (che ha aggiunto
all'art. 26 della legge n. 109 del 1994 il comma 4-bis). Quest'ultima
disposizione,  infatti,  da  un  lato,  si  limita a prevedere talune
eccezioni   al  divieto  di  revisione  dei  prezzi  in  presenza  di
presupposti non coincidenti con quelli sanciti dalla norma censurata;
dall'altro,  e  soprattutto, contempla un particolare procedimento di
revisione   che   tiene   conto   (per  finalita',  tra  l'altro,  di
contenimento  della  spesa  pubblica) dei prezzi rilevati con decreti
ministeriali  e  della entita' delle risorse economiche appositamente
accantonate  per  gli  scopi  previsti  dal successivo comma 4-sexies
dello stesso art. 26.
    Alla  luce  delle  considerazioni  che precedono, deve, pertanto,
essere   dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1,
comma 3,  della  legge  provinciale  n. 8  del 2005 che, introducendo
l'istituto   della  revisione  prezzi  mediante  il  recepimento  del
contenuto  dell'art. 1664  cod. civ., viola una norma fondamentale di
riforma economico-sociale posta dalla disciplina statale di settore.
    7.4.  -  Resta  assorbita la censura di violazione dell'art. 117,
secondo comma, della Costituzione.