ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 82  del  regio  decreto  22 gennaio  1934,  n. 37 (Norme
integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933,
n. 1578,   sull'ordinamento   della  professione  di  avvocato  e  di
procuratore),  e  330  del  codice  di procedura civile, promosso con
ordinanza  del  10 ottobre 2005 dalla Corte di appello di Torino, nel
procedimento  civile  vertente tra Rubiolo Luisa e Beccaria Renato ed
altri,  iscritta  al  n. 98  del registro ordinanze 2006 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 15, 1ª serie speciale,
dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 novembre 2006 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  10 ottobre 2005, la Corte di
appello  di  Torino,  investita di un giudizio di appello proposto da
Rubiolo  Luisa contro Beccarla Renato e Amparone Antonella, appellati
non  costituiti,  premesso  che  il giudizio di primo grado era stato
instaurato  da questi ultimi e il Tribunale di Pinerolo aveva accolto
la  loro  domanda di eliminazione del collegamento di uno scarico con
la  rete  fognaria,  ha sollevato d'ufficio questione di legittimita'
costituzionale  del  combinato  disposto  degli articoli 82 del regio
decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del
regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento della
professione  di  avvocato  e  di  procuratore),  e  330 del codice di
procedura  civile,  nella  parte  in  cui  prevedono  che  l'atto  di
citazione  in  appello  sia  validamente  notificato  al  procuratore
costituito  di controparte presso la cancelleria del giudice di primo
grado,  ove quel procuratore, esercente fuori della circoscrizione di
quel  Tribunale,  non abbia eletto domicilio nella sede di causa, per
violazione degli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione;
        che  il  giudice rimettente riferisce che avverso la sentenza
di  primo  grado  Rubiolo  Luisa  aveva  proposto  appello  con  atto
notificato  a mani del cancelliere presso il Tribunale di Pinerolo ex
art. 58  delle  disposizioni  di  attuazione  del codice di procedura
civile,  in  quanto  il procuratore domiciliatario di controparte non
aveva eletto domicilio nel circondario del Tribunale di Pinerolo;
        che  alla  prima  udienza  della  causa  d'appello  le  parti
appellate non si erano costituite e che la Corte di appello di Torino
aveva  fissato  udienza  di  precisazione delle conclusioni in ordine
alla  validita'  della notifica dell'atto di citazione, onde decidere
in ordine all'eventuale contumacia;
        che  la  parte  appellante aveva fatto legittima applicazione
del  combinato  disposto  dell'art. 330,  comma 1, seconda parte, del
codice  di  procedura  civile  (che indica il luogo di notifica della
citazione di appello a controparte con riferimento al suo procuratore
costituito  e  al domicilio eletto in primo grado) e dell'art. 82 del
regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37;
        che  il giudice a quo ritiene di dover sollevare questione di
legittimita'  costituzionale  delle norme citate, giacche' dalla loro
applicazione,   secondo   il   diritto   vivente,   discenderebbe  la
dichiarazione   di   contumacia   delle  parti  appellate  e  sarebbe
sacrificato il reale contraddittorio d'appello;
        che, secondo il giudice a quo, nel caso ipotetico che potesse
disporsi  un  ordine di rinnovazione della notificazione (che pure e'
formalmente  valida)  solo  per la probabilita' che essa non abbia di
fatto  raggiunto  il  destinatario,  si  violerebbe  l'art. 111 della
Costituzione,  dandosi  luogo  all'emanazione  di  un'ordinanza nulla
(perche'  la notificazione era valida), nullita' che si rifletterebbe
anche  sul  provvedimento  con  il quale dovesse essere sanzionata la
mancata ottemperanza all'ordine di rinnovazione;
        che  le  norme  censurate  sarebbero poi in contrasto con gli
artt. 3   e   24   della   Costituzione,  perche',  se  la  filosofia
dell'art. 82  impugnato  e' quella di esonerare la parte dai maggiori
oneri  connessi  all'esecuzione di una notifica fuori del circondario
e,  piu'  in  generale,  di  stabilire  un  ordine  territoriale  tra
l'ufficio giudiziario ed il procuratore che esercita il suo ministero
davanti  ad  esso,  per  favorire l'efficienza e la funzionalita' del
rito,  l'interesse  della  parte  notificante andrebbe coordinato con
quello della parte notificata;
        che  la  tutela  del facile esercizio del diritto d'azione (e
d'impugnazione) dovrebbe pur sempre contemperarsi con la salvaguardia
dell'altrettanto  garantito  e  rilevante  diritto  di  difesa di chi
subisce l'impugnazione;
        che,  in  concreto,  il  lieve  peso  o  la scomodita' di una
notifica  fuori  circondario  dovrebbero ragionevolmente commisurarsi
con  il  rischio  di  una  rinuncia  al fondamentale obiettivo che il
diritto  di  difesa possa esprimersi in maniera effettiva in tutte le
fasi e i gradi del giudizio;
        che  la domiciliazione di cui sopra - secondo il rimettente -
non  risulterebbe  giustificata  o ragionevole neanche se intesa come
«sanzione»   all'inosservanza   di   un  legittimo  precetto  rivolto
all'avvocato  dall'art. 82  impugnato,  dal momento che tale sanzione
sembrerebbe  eccessiva  nei suoi probabili esiti pratici di ignoranza
della  esistenza  di  un'impugnazione e soprattutto irragionevolmente
punitiva nei confronti non del legale, ma direttamente della parte;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   che   ha   depositato  memoria,  nella  quale  ha  sostenuto
l'inammissibilita'  della questione, per non essere stata l'ordinanza
di  rimessione notificata alla parte appellata nel giudizio a quo, e,
comunque,   la  sua  infondatezza,  attesa  la  ragionevolezza  della
previsione  ispirata  ad  un'esigenza  di celerita' e facilita' delle
comunicazioni e notificazioni.
    Considerato  che  la  Corte  di  appello  di  Torino dubita della
legittimita'  costituzionale  del combinato disposto dell'art. 82 del
regio   decreto  22 gennaio  1934,  n. 37  (Norme  integrative  e  di
attuazione  del  R.D.L.  27 novembre  1993, n. 1578, sull'ordinamento
della  professione di avvocato e di procuratore), e dell'art. 330 del
codice  di  procedura civile, nella parte in cui prevedono che l'atto
di  citazione  in  appello  sia validamente notificato al procuratore
costituito  di controparte presso la cancelleria del giudice di primo
grado,  ove quel procuratore, esercente fuori della circoscrizione di
quel Tribunale, non abbia eletto domicilio nella sede di causa;
        che,  ad  avviso  del Collegio rimettente, sarebbero violati:
l'articolo 3   della   Costituzione,   per  l'irragionevolezza  della
domiciliazione presso la cancelleria, anche se intesa come «sanzione»
all'inosservanza  di  un  legittimo  precetto  rivolto al procuratore
dall'art. 82  impugnato,  perche' tale sanzione sarebbe eccessiva nei
suoi   probabili   esiti   pratici  di  ignoranza  dell'esistenza  di
un'impugnazione   e   soprattutto   irragionevolmente   punitiva  nei
confronti  non  del  legale,  ma direttamente della parte, alla quale
un'eventuale azione risarcitoria nei confronti del difensore potrebbe
non  offrire  adeguato  ristoro;  l'articolo 24  della  Costituzione,
perche'  la  tutela  del  facile  esercizio  del  diritto  d'azione e
d'impugnazione  dovrebbe pur sempre contemperarsi con la salvaguardia
dell'altrettanto  garantito  e  rilevante  diritto  di  difesa di chi
subisce l'impugnazione, dal momento che il lieve peso di una notifica
fuori   circondario  dovrebbe  ragionevolmente  commisurarsi  con  il
rischio  che  il  diritto di difesa non possa esercitarsi in appello;
l'articolo 111    della   Costituzione,   per   l'illegittimita'   di
un'eventuale ordinanza di rinnovazione della notificazione;
        che  non  sussiste l'inammissibilita' denunciata dalla difesa
erariale   dal   momento  che  l'ordinanza  di  remissione  e'  stata
notificata a tutte le parti in causa, compresa quella non costituita;
        che la prescrizione dell'onere di indicazione della residenza
o dell'elezione di domicilio nel comune sede del giudice adito, con i
sacrifici  che ad essa si correlano, esprime una scelta ragionevole e
quindi  non  lesiva  del diritto di azione, in quanto funzionale a un
piu'   immediato  ed  agevole  espletamento  delle  formalita'  della
notificazione  (si  veda l'ordinanza n. 231 del 2002, con riferimento
alla   manifesta   infondatezza   della   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 22,  quarto  e  quinto  comma,  della legge
24 novembre  1981, n. 689); mentre tale mancata elezione di domicilio
non impedisce ne' rende particolarmente gravoso il diritto di difesa,
in  quanto il difensore ben puo' con l'ordinaria diligenza informarsi
presso  il  cancelliere,  ritirare l'atto e provvedere cosi' alla sua
difesa, in quanto detta forma di notificazione, fra l'altro, consegue
al  mancato  adempimento  dell'onere imposto al difensore dalle norme
impugnate e quindi e' a lui imputabile (si veda l'ordinanza n. 62 del
1985,  con riferimento alla manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 480, terzo comma, del codice di
procedura  civile nella parte in cui dispone che, ove il precetto non
contenga  la  dichiarazione  di  residenza  o l'elezione di domicilio
della   parte   istante,  le  notificazioni  si  eseguono  presso  la
cancelleria  del  giudice  stesso  ed  il cancelliere non e' tenuto a
darne notizia alla parte interessata);
        che   l'art. 111   della  Costituzione  e'  inammissibilmente
invocato in quanto la sua violazione deriverebbe non gia' dalle norme
censurate,   ma   dall'eventuale   emanazione  di  una  ordinanza  di
rinnovazione  della  notificazione  disposta solo per la probabilita'
che  la prima notificazione, pur valida, non abbia di fatto raggiunto
il destinatario;
        che  la  lesione  dei  parametri  costituzionali  evocati non
sussiste    poiche'   l'operativita'   della   domiciliazione   nella
cancelleria  deriva da una scelta volontaria del difensore, il quale,
pur essendo consapevole di esercitare fuori dal circondario in cui e'
iscritto, ha omesso l'elezione di domicilio;
        che,  contrariamente  all'assunto del rimettente, la parte ha
sempre  il  diritto  di chiedere al proprio difensore il risarcimento
integrale  dei  danni  patiti, in ragione dell'agire non diligente di
quest'ultimo, che non sia venuto a conoscenza del processo di appello
e che non abbia conseguentemente apprestato una difesa;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.