ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 1,
della  legge  23 luglio  1991,  n. 223  (Norme  in  materia  di cassa
integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive  della  comunita'  europea,  avviamento  al lavoro ed altre
disposizioni   in  materia  di  mercato  del  lavoro),  promosso  con
ordinanza  del 16 luglio 2004 dal Tribunale di Trani nel procedimento
civile  vertente tra Domenico Pellegrino e l'INPS, iscritta al n. 975
del  registro  ordinanze  2004  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2004;
    Visti gli atti di costituzione di Domenico Pellegrino e dell'INPS
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 gennaio  2007  il  giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Uditi  gli  avvocati  Biagio Capacchione per Domenico Pellegrino,
Giuseppe  Fabiani  per  l'INPS e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili
per il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio promosso da Domenico
Pellegrino  nei  confronti  dell'INPS  per ottenere la differenza tra
l'indennita'  di mobilita', spettantegli nel mese di febbraio 1997, e
quanto  da  lui  percepito allo stesso titolo, il Tribunale di Trani,
con   ordinanza   del  16 luglio  2004,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 7,   comma 1,  della  legge
23 luglio  1991,  n. 223  (Norme  in  materia  di cassa integrazione,
mobilita',  trattamenti  di  disoccupazione,  attuazione di direttive
della  comunita'  europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni
in  materia di mercato del lavoro), in riferimento agli artt. 3 e 38,
secondo  comma,  della  Costituzione, nella parte in cui - secondo il
consolidato  indirizzo  interpretativo  della Corte di legittimita' -
determina  la  predetta  indennita' dividendo per trenta il massimale
mensile  ivi  indicato  e moltiplicando poi il risultato per i giorni
compresi in ciascuno dei mesi di riferimento;
        che,  a giudizio del rimettente, tale «diritto vivente» viola
l'art. 3   Cost.   prevedendo   un   trattamento  ingiustificatamente
differenziato tra lavoratori i quali, pur essendo parimenti collocati
in  mobilita',  fruiscono,  nel  mese di febbraio, di una prestazione
previdenziale  in  misura  diversa a seconda che si riferisca ad anni
bisestili   o   meno;   cio'   in   quanto  il  criterio  di  calcolo
dell'indennita' di mobilita' pro die assicura loro una diversa tutela
a  seconda  che  il periodo di disoccupazione riguardi o meno un anno
bisestile,  dovendosi liquidare le prestazioni secondo le giornate di
calendario  comprese nel mese di febbraio (e, quindi, per 29 giornate
nel primo caso e 28 giornate nel secondo);
        che, secondo il giudice a quo, l'attribuzione dell'indennita'
di  mobilita'  in misura proporzionale ai giorni di febbraio anziche'
in  misura  pari  all'intero  massimale  spettante  negli  altri mesi
dell'anno  violerebbe  altresi'  il  principio  di  adeguatezza della
tutela   dei  lavoratori  disoccupati  enunciato  dal  secondo  comma
dell'art. 38 Cost.;
        che  si  e'  costituito nel giudizio il ricorrente lamentando
che   il  procedimento  applicato  dall'INPS  contrasta  sia  con  la
normativa  concernente  l'indennita'  di  disoccupazione (la quale e'
predeterminata  nel  suo  importo  giornaliero),  sia  con  ulteriori
riferimenti normativi;
        che  si  e' costituito in giudizio l'INPS sostenendo che alla
prestazione  de  qua  si  applica  il procedimento di calcolo fissato
dalla  legge  per  l'indennita'  di  disoccupazione e che quindi deve
dapprima   calcolarsi   l'importo   giornaliero   della   prestazione
(dividendosi  l'importo  mensile,  nei  limiti  del massimale, per il
coefficiente  fisso pari a trenta, in forza dell'art. 32, comma 1 del
d.P.R. n. 818 del 1957) e poi moltiplicarsi il risultato per i giorni
del mese di febbraio;
        che,  secondo  l'Istituto  previdenziale,  tale  criterio  di
calcolo   -   condiviso   anche   dalla  costante  giurisprudenza  di
legittimita'  -  non  urta  contro  alcuno dei parametri indicati dal
rimettente;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
eccependo  vari  profili  di inammissibilita' della questione sia con
riferimento all'art. 3 Cost. che all'art. 38 Cost., e osservando, nel
merito, che la misura dell'indennita' non e' frutto di arbitrarieta',
derivando  essa dal rispetto di specifiche modalita' di calcolo delle
prestazioni  erogate  dalle  gestioni previdenziali obbligatorie, nel
rispetto di imprescindibili esigenze di equilibrio finanziario.
    Considerato  che  il Tribunale di Trani dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 7,  comma 1,  della  legge  23 luglio 1991,
n. 223   (Norme   in   materia   di  cassa  integrazione,  mobilita',
trattamenti   di   disoccupazione,   attuazione  di  direttive  della
comunita'  europea,  avviamento  al  lavoro  ed altre disposizioni in
materia  di  mercato  del  lavoro), in riferimento agli artt. 3 e 38,
secondo  comma,  della  Costituzione, nella parte in cui - secondo il
consolidato  indirizzo  interpretativo  della Corte di legittimita' -
determina la misura dell'indennita' di mobilita' dividendo per trenta
il   massimale  indicato  nella  norma  impugnata  e  successivamente
moltiplicando il risultato per i giorni compresi in ciascuno dei mesi
di riferimento;
        che,  a  giudizio  del  rimettente,  tale  «diritto  vivente»
sarebbe  in  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, introducendo
una   ingiustificata   disparita'   di  trattamento  tra  lavoratori,
parimenti  disoccupati  e  collocati in mobilita', i quali fruiscono,
nel  mese  di  febbraio,  di  una prestazione previdenziale in misura
diversa  a seconda che si riferisca ad anni bisestili o meno: cio' in
quanto  il criterio di calcolo dell'indennita' di mobilita' pro die -
desumibile  dal  rinvio  operato  dal  citato  art. 7,  comma 12 alla
disciplina   generale  dell'assicurazione  contro  la  disoccupazione
involontaria, e, dunque all'art. 32 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818
(Norme  di  attuazione  e di coordinamento della legge 4 aprile 1952,
n. 218,   sul   riordinamento   delle   pensioni   dell'assicurazione
obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  e  i  superstiti) -
assicura  loro  una  tutela  diversa  a  seconda  che  il  periodo di
disoccupazione riguardi o meno un anno bisestile, dovendosi liquidare
le  prestazioni  secondo  le giornate di calendario comprese nel mese
di febbraio  (e, quindi, per 29 giornate nel primo caso e 28 giornate
nel secondo);
        che, secondo il giudice a quo, l'attribuzione dell'indennita'
di  mobilita'  in misura proporzionale ai giorni di febbraio anziche'
in  misura  pari  all'intero  massimale  spettante  negli  altri mesi
dell'anno  violerebbe  altresi' il principio di adeguatezza di tutela
dei  lavoratori  disoccupati enunciato dal secondo comma dell'art. 38
Cost.;
        che nessuna delle esposte censure puo' essere condivisa;
        che l'indennita' di mobilita', prevista dalla norma impugnata
risponde   all'esigenza  di  provvedere  ai  bisogni  dei  lavoratori
dipendenti   da   imprese   rientranti   nel  campo  di  applicazione
dell'intervento  straordinario  di  integrazione  salariale,  i quali
siano  divenuti  definitivamente  esuberanti  e  non  possano percio'
mantenere il posto di lavoro;
        che  detta  provvidenza  e' commisurata in percentuale (cento
per  cento  per  i  primi  dodici  mesi  e  ottanta per cento sino al
trentaseiesimo   mese)   al  trattamento  di  integrazione  salariale
spettante  nel  periodo  immediatamente precedente la risoluzione del
rapporto di lavoro;
        che,  non  essendo  previsto,  nella  norma  impugnata, alcun
meccanismo   di   calcolo   ragguagliato  «al  mese»,  e'  del  tutto
ragionevole   il   «diritto   vivente»  costituito  dalla  richiamata
giurisprudenza   di   legittimita'   secondo   cui   l'indennita'  va
corrisposta  solo  con riferimento alle singole giornate di effettiva
disoccupazione;
        che,   conseguentemente,   per  il  mese  di febbraio  -  cui
esclusivamente  volge  la sua attenzione il rimettente - l'indennita'
spetta  per  i ventotto o i ventinove giorni compresi in tale mese (a
seconda  che  ricorra  o meno un anno bisestile) dividendo per trenta
l'importo  commisurato  all'integrazione salariale e moltiplicando il
risultato per ventotto o per ventinove;
        che   non   e'   affatto  ingiustificata  una  diversita'  di
trattamento, in relazione al numero delle giornate indennizzabili, in
quanto basata sull'articolazione del calendario comune;
        che  neppure  puo'  ritenersi  che  la  diretta  applicazione
all'indennita'  di  mobilita' dell'art. 32 del d.P.R. n. 818 del 1957
costituisca  un vulnus all'art. 38, secondo comma, Cost., atteso che,
secondo  la  costante  giurisprudenza di questa Corte, il concetto di
«adeguatezza»  della  prestazione  previdenziale  e'  rapportato, dal
parametro  invocato,  alle  «esigenze  di vita» dei lavoratori che si
trovano  in  situazione  di  bisogno  di varia origine, tra cui anche
quella derivante dalla disoccupazione involontaria;
        che,   nel   caso   di   specie  l'adeguatezza  della  tutela
previdenziale  in  questione non appare assolutamente in discussione,
anche  in  considerazione  della  assoluta  modestia delle differenze
economiche   dell'indennita'   di  mobilita'  poste  a  raffronto  in
conseguenza dell'uno o dell'altro criterio di computo;
        che,  l'indennita' di mobilita' appare comunque adeguata alle
necessita'  di  vita  del  lavoratore sol che si consideri che il suo
importo  e',  in  ogni  caso,  di gran lunga maggiore dell'indennita'
ordinaria  di  disoccupazione  (della  quale condivide la natura e la
funzione)  la  quale e' rapportata al 40 per cento della retribuzione
(art. 78,  comma 19,  della  legge  23 dicembre 2000, n. 388, recante
«Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001»);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.