ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 173 del decreto
del   Presidente   della   Repubblica   del   29 marzo  1973,  n. 156
(Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni  legislative in
materia   postale,   di  bancoposta  e  di  telecomunicazioni),  come
modificato  dal  decreto-legge  30 settembre  1974,  n. 460 (Modifica
dell'articolo 173  del  testo unico delle disposizioni legislative in
materia  postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29 marzo  1973, n. 156),
convertito,  con  modificazioni,  in  legge 25 novembre 1974, n. 588,
nonche' dell'art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 284   (Riordino   della   Cassa   depositi  e  prestiti,  a  norma
dell'art. 11   della   legge  15 marzo  1997,  n. 59),  promosso  con
ordinanza  del  19 gennaio  2006  dal  Giudice  di  pace di Teano nel
procedimento  civile  vertente  tra  Poste  Italiane  S.p.A.  e Mario
Mancino,  iscritta al n. 321 del registro ordinanze 2006 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 38, 1ª serie speciale,
dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 24 gennaio 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
    Ritenuto che il Giudice di pace di Teano, con Ordinanza emessa il
19 gennaio  2006,  nel  corso di un giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo,  ha  sollevato, con riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 173  del  decreto  del Presidente della Repubblica 29 marzo
1973,   n. 156  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni
legislative    in    materia    postale,    di    bancoposta   e   di
telecomunicazioni),  come  modificato  dal decreto-legge 30 settembre
1974,   n. 460   (Modifica  dell'articolo 173  del  testo  unicodelle
disposizioni  legislative  in  materia  postale,  di  bancoposta e di
telecomunicazioni,   approvato   con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  29 marzo  1973,  n. 156),  convertito, con modificazioni,
dalla  legge  25 novembre 1974, n. 588, nonche' dell'art. 7, comma 3,
del  decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa
depositi  e prestiti, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997,
n. 59);
        che,  come  riferisce  il  rimettente, il giudizio a quo trae
origine  dal  fatto  che  il signor Mario Mancino, intestatario di un
buono  postale  fruttifero  emesso  nel  1981 e da questo portato per
l'incasso  presso  l'ufficio postale emittente nel marzo del 2005, si
era  visto offrire dall'ufficio, quale controvalore, non l'importo da
lui  atteso  di  euro 2.525,45 (comprensivo degli interessi calcolati
secondo  le indicazioni riportate sul retro del documento), ma quello
minore di euro 2.377,83;
        che  a  questo punto il signor Mancino, prosegue testualmente
il  rimettente,  «con  ricorso per concessione di decreto ingiuntivo,
chiedeva  al  giudice  di  pace adito di ingiungere alla S.p.A. Poste
Italiane  di  corrispondergli  l'importo  di euro 1.000,00 a parziale
soddisfacimento dell'intero credito risultante (...) sulla base della
tabella  riportata  a tergo del buono postale fruttifero, con riserva
di agire per l'intero pagamento del residuo ritenuto spettantegli»;
        che,  aggiunge  il  rimettente,  avverso  il concesso decreto
ingiuntivo  proponeva  opposizione la Poste Italiane S.p.A. eccependo
la infondatezza della pretesa, in quanto il Ministero del tesoro, con
decreto  ministeriale  del 13 giugno 1986 (Modificazione dei saggi di
interesse  sui  libretti  e  sui  buoni  postali di risparmio), aveva
previsto,  ai  sensi dell'art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, che il
minore  saggio degli interessi applicato ai buoni postali fruttiferi,
la  cui  emissione era stata disposta con detto decreto ministeriale,
fosse  applicabile  anche ai buoni gia' emessi, fra i quali era anche
quello intestato al creditore opposto;
        che,  riferisce  ancora il rimettente, l'opponente aggiungeva
che,  sebbene  l'art. 173  del  d.lgs.  n. 156  del  1973 fosse stato
abrogato  con  d.lgs.  n. 284  del  1999,  esso  continuava a trovare
applicazione,  secondo  l'espressa  previsione contenuta nell'art. 7,
comma 3,  dello  stesso d.lgs. n. 284 del 1999, in relazione ai buoni
postali  gia'  emessi sino alla data di entrata in vigore dei decreti
di  rideterminazione  delle  caratteristiche  e  condizioni dei buoni
postali;
        che  il  creditore  opposto,  sempre secondo quanto espone il
rimettente,  contestata  la fondatezza della opposizione, ne chiedeva
il  rigetto,  eccependo,  in  subordine,  la  incostituzionalita' del
predetto  art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973 e dell'art. 7, comma 3,
del   d.lgs.  n. 284  del  1999,  quest'ultimo  nella  parte  in  cui
consentiva,   nonostante   la  disposta  abrogazione,  la  perdurante
applicazione ai rapporti gia' in essere dell'art. 173 citato;
        che  il Giudice di pace di Teano, ritenutane la non manifesta
infondatezza,  ha  quindi  sollevato  questione  di costituzionalita'
delle  dette  disposizioni,  rilevando che, come diverse disposizioni
del  d.P.R.  n. 156  del  1973 gia' in passato erano state oggetto di
pronunzie   di   incostituzionalita'  a  causa  della  disparita'  di
trattamento  normativo  riscontrabile tra i servizi resi in regime di
bancoposta e quelli analoghi resi dagli istituti di credito, cosi' si
deve ora ritenere illegittimo l'art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973;
        che,  secondo  il  giudice  rimettente,  in  particolare,  la
disparita'  di  trattamento, significativa ai sensi dell'art. 3 della
Costituzione,  emergerebbe  raffrontando l'art. 173 del d.P.R. n. 156
del 1973 con gli artt. 117 e 118 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385
(Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia);
        che il primo di tali articoli prevede che i contratti bancari
siano  redatti per iscritto, che siano in essi indicati gli interessi
e  le altre condizioni ed i prezzi praticati e che la possibilita' di
variare in senso sfavorevole per il cliente i saggi degli interessi o
le  altre  condizioni o prezzi deve essere espressamente indicata nel
contratto  con  clausola  specificamente approvata, mentre il secondo
prevede,  a  sua volta, che le variazioni contrattuali sfavorevoli al
cliente  debbono  essere  comunicate  al  medesimo,  il quale, nei 15
giorni  successivi  al  ricevimento della comunicazione scritta della
variazione,  puo'  recedere  dal  contratto  senza  penalita'  e  con
l'applicazione delle condizioni precedenti;
        che,   ad   avviso  del  rimettente,  poiche'  la  disciplina
contenuta  nell'art. 173  del  d.P.R.  n. 156 del 1973 non prevede, a
differenza  di  quella  applicabile  agli  istituti  di  credito, gli
evidenziati  limiti  alla  variazione  delle condizioni contrattuali,
emergerebbe la illegittimita' costituzionale di tale norma, stante la
ingiustificata ed irragionevole «disparita' di trattamento in capo ai
cittadini utenti di analoghi servizi resi dalle banche»;
        che   tale   illegittimita',   aggiunge  il  giudice  a  quo,
residuerebbe  anche successivamente alla emanazione del d.lgs. n. 284
del  1999,  il  quale,  sebbene  abbia  disposto  l'abrogazione delle
disposizioni contenute nei capi V e VI del titolo I del libro III del
d.P.R.  n. 156  del  1973  (fra  le  quali  e'  compreso l'art. 173),
all'art. 7,  comma 3, tuttavia prevede che «i rapporti gia' in essere
(...)   continuano   ad   essere  regolati  dalle  norme  anteriori»,
consentendo   cosi'  il  protrarsi  della  denunciata  disparita'  di
trattamento  in  danno  della  tutela  del  risparmio  e  dei diritti
fondamentali dell'individuo, penalizzando, altresi', il risparmiatore
di  ieri rispetto a quello di oggi, ancorche' entrambi siano fruitori
dei medesimi servizi di risparmio postale;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale ha concluso, con riserva di meglio argomentare, nel
senso   della   inammissibilita'   della  questione  di  legittimita'
costituzionale per difetto di rilevanza nel giudizio a quo;
        che,    nell'imminenza    della    Camera    di    consiglio,
l'interveniente   Avvocatura   dello   Stato  ha  depositato  memoria
illustrativa insistendo nelle gia' rassegnate conclusioni;
        che,   in   particolare,  la  difesa  erariale,  ribadita  la
inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza, rileva che
il  rimettente, pur avendo evocato a parametro anche gli artt. 43, 47
e  97  della  Costituzione, ha motivato le censure esclusivamente con
riferimento all'art. 3 della medesima;
        che,  riguardo  al  solo  parametro  effettivamente  preso  a
riferimento,  l'Avvocatura  osserva  come  sia  incongruo richiamare,
quale  tertium comparationis, il combinato disposto degli artt. 117 e
118  del testo unico in materia bancaria, dato che questo, al momento
sia  della  emissione  dei buoni postali de quibus che della adozione
del  decreto  ministeriale con il quale e' stato variato il saggio di
redditivita'  dei  buoni  gia'  in circolazione, ancora non era stato
emanato,  ne' se ne puo' ipotizzare l'efficacia retroattiva, sia pure
a soli fini di comparazione;
        che,  peraltro, rileva ancora la difesa erariale, la raccolta
del   risparmio  organizzata  dalla  Cassa  depositi  e  prestiti  e'
sottoposta  a  disciplina  diversificata rispetto a quella bancaria e
che,  comunque,  le norme indicate come parametro di comparazione non
prevedono  la immutabilita' dei tassi di interesse, ma la subordinano
a  determinate  condizioni che, in realta', non sono molto diverse da
quelle previste, al medesimo fine, per i buoni postali fruttiferi;
        che  l'Avvocatura  precisa,  ancora, che il risparmiatore, il
quale  si  fosse  avveduto della variazione in peius del saggio degli
interessi, avrebbe potuto immediatamente portare all'incasso i buoni,
esercitando  in  tal  modo  il  diritto  di  recesso dal rapporto con
l'emittente  e  che,  infine,  stante la mancanza di una anagrafe dei
titolari  dei  buoni postali, sarebbe stato materialmente impossibile
per  l'emittente  raggiungere  personalmente i titolari medesimi onde
comunicare loro l'avvenuta variazione dei tassi.
    Considerato  che il Giudice di pace di Teano dubita, in relazione
agli  artt. 3,  43,  47  e  97 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale   dell'art. 173   del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni  legislative  in  materia  postale,  di  bancoposta e di
telecomunicazioni),  come  modificato  dal decreto-legge 30 settembre
1974,  n. 460  (Modifica  dell'articolo 173  del  testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia  postale,  di  bancoposta e di
telecomunicazioni,   approvato   con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  29 marzo  1973,  n. 156),  convertito, con modificazioni,
dalla  legge  25 novembre 1974, n. 588, nonche' dell'art. 7, comma 3,
del  decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa
depositi  e prestiti, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997,
n. 59);
        che il rimettente, in sostanza, censura l'art. 173 del d.P.R.
n. 156  del  1973, in quanto, a differenza delle previsioni contenute
negli  artt. 117  e  118  del  decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385  (Testo  unico  delle leggi in materia bancaria e creditizia),
riguardo  ai  consimili  rapporti  intrattenuti  con  gli istituti di
credito,  prevede  la possibilita' che, a seguito della pubblicazione
nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  di  apposito  decreto
ministeriale, sia unilateralmente diminuito il saggio degli interessi
applicabile   ai  buoni  postali  fruttiferi  gia'  in  possesso  dei
risparmiatori, nonche' l'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 284 del 1999,
il  quale,  pur  abrogando  l'art. 173  del  d.P.R.  n. 156 del 1973,
prevede  che  i rapporti gia' in essere continuino ad essere regolati
dalle norme anteriori;
        che  il  rimettente  non  ha assolutamente motivato in ordine
alla    rilevanza   della   sollevata   questione   di   legittimita'
costituzionale  ai  fini  della  decisione da assumere nel giudizio a
quo;
        che la motivazione della rilevanza della questione tanto piu'
sarebbe  stata  necessaria ove si consideri che nel giudizio a quo si
controverte sulla effettiva debenza da parte di Poste Italiane S.p.A.
di una somma di danaro (euro 1.000,00) il cui importo, secondo quanto
riferito   dal   giudice   rimettente,   e'  inferiore  non  solo  al
controvalore  del  buono  postale fruttifero calcolato sulla base del
saggio  degli  interessi  originariamente previsto (euro 2.525,45) ma
anche  a  quello che risulterebbe dovuto applicando al predetto buono
postale  il  saggio  degli  interessi diminuito in applicazione delle
disposizioni   legislative  censurate  (euro  2.377,83),  sicche'  la
definizione del giudizio a quo appare, primo visu, indipendente dalla
definizione   dell'incidente   di   costituzionalita'  sollevato  dal
rimettente;
        che,  pertanto, la questione, in assenza di motivazione sulla
sua rilevanza, va dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.