ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 1,
commi 1,  lettera b)  e  2;  2, comma 1, lettere c), e), ed f); 3; 7,
commi 7  e  8;  10; 11; 12; 13; 14; 18 e 19 della legge della Regione
Toscana 7 dicembre  2005,  n. 66 (Disciplina delle attivita' di pesca
marittima  e  degli  interventi  a  sostegno  della pesca marittima e
dell'acquacoltura), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei   ministri,   notificato   il  13 febbraio  2006,  depositato  in
cancelleria  il  successivo  21 febbraio  ed  iscritto  al  n. 25 del
registro ricorsi 2006;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6 febbraio  2007  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e l'avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione
Toscana.

                          Ritenuto in fatto

    1.-  Con  ricorso  notificato  il  13 febbraio 2006 e depositato,
presso  la  cancelleria  della  Corte,  il successivo 21 febbraio, il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questione di
legittimita'   costituzionale,   in  riferimento  agli  articoli 117,
secondo  comma, lettere a), e), ed s), 118, primo comma, e 120, primo
comma,  della Costituzione, anche in relazione al limite territoriale
delle competenze legislative regionali, nonche' al principio di leale
collaborazione  tra  Stato  e  Regioni,  degli  articoli 1,  commi 1,
lettera b) e 2; 2, comma 1, lettere c), e), ed f); 3; 7, commi 7 e 8;
10;   11;   12;   13;   14;   18  e  19  della  legge  della  Regione
Toscana 7 dicembre  2005,  n. 66 (Disciplina delle attivita' di pesca
marittima  e  degli  interventi  a  sostegno  della pesca marittima e
dell'acquacoltura).
    Nell'evocare  l'art. 117,  secondo  comma,  lettera a), Cost., in
ordine  alla  disciplina  regionale dei distretti di pesca, la difesa
dello  Stato  richiama,  altresi',  il  regolamento  (CE) n. 2371 del
20 dicembre   2002   (Regolamento   del   Consiglio   relativo   alla
conservazione  e  allo  sfruttamento  sostenibile delle risorse della
pesca nell'ambito della politica comune della pesca) e il regolamento
(CE)  n. 3690  del  20 dicembre  1993  (Regolamento del Consiglio che
istituisce  un  regime  comunitario  che stabilisce le norme relative
alle informazioni minime che devono figurare nelle licenze di pesca).
    1.1.-  Il  ricorrente  ha  proposto l'impugnazione in esame nelle
more del giudizio di costituzionalita' avente ad oggetto le questioni
promosse  dalla Regione Toscana avverso la legge delega 7 marzo 2003,
n. 38  (Disposizioni  in  materia di agricoltura), nonche' il decreto
legislativo  26 maggio  2004,  n. 153 (Attuazione della legge 7 marzo
2003,  n. 38, in materia di pesca marittima) e il decreto legislativo
26 maggio   2004,   n. 154   (Modernizzazione  del  settore  pesca  e
dell'acquacoltura,  a  norma  dell'articolo 1,  comma 2,  della legge
7 marzo  2003, n. 38), questioni decise con sentenza n. 216 del 2006.
Il  ricorrente,  dando  atto  di questa circostanza, ha rilevato che,
senza  attendere  l'esito dei suddetti giudizi, la Regione Toscana ha
approvato la legge oggetto di censura.
    1.2.-  La  difesa  dello Stato formula un primo gruppo di censure
rispetto alle seguenti norme della legge regionale impugnata: art. 1,
commi 1,  lettera b),  e 2; art. 2, comma 1, lettere e) ed f); art. 3
(comma  1, lettera d); artt. 7, commi 7 (lettere a e c), e 8; 12; 13;
14; 18 e 19.
    Il   sospetto   di  illegittimita'  costituzionale  investe  tali
disposizioni,  in quanto le stesse disciplinano le licenze di pesca e
le autorizzazioni per la pesca a fini scientifici, anche in relazione
alla  pesca  del  novellame di alcune specie ittiche (in proposito il
ricorrente  richiama gli artt. 1, comma 1, lettera b; 2, lettere e ed
f;  3,  comma 1, lettera d; 7, comma 8; 12; 13; 14; 18 e 19), nonche'
le  modalita' di esercizio delle attivita' di pesca marittima, di cui
all'art. 7, comma 7 (lettere a e c).
    Le  richiamate norme regionali sarebbero lesive di piu' parametri
costituzionali,  nonche' del principio di leale collaborazione, e, in
via   preliminare,  se  ne  assume  la  contrarieta'  con  il  limite
rappresentato dal dato territoriale.
    In  proposito,  il  Presidente  del Consiglio rileva, richiamando
anche   l'art. 100   del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione  della delega di cui all'art. 1
della  legge  22 luglio  1975,  n. 382),  come il previgente art. 117
della Costituzione attribuiva alle Regioni competenze solo in materia
di pesca nelle acque interne.
    1.3.-  Le  suddette  disposizioni  contrasterebbero, pertanto, in
primo   luogo,  con  l'art. 117,  secondo  comma,  lettera a),  della
Costituzione.  Il  contingentamento  delle licenze di pesca, infatti,
costituisce  il  primo  e  piu'  efficace strumento per preservare le
risorse  ittiche  disponibili e, quindi, l'ecosistema di cui la fauna
marina  fa  parte,  in  linea  con  le  convenzioni internazionali in
materia  e  con  il  diritto  internazionale  della  pesca marittima.
L'Unione  europea  e lo Stato hanno, in tale prospettiva, operato per
ridurre  il  numero  dei  pescherecci e i «tempi» di pesca marittima.
Pertanto,  una  gestione delle licenze di pesca a livello regionale e
provinciale  appare  non  compatibile  con  l'osservanza delle regole
internazionali  ed europee e con la oggettiva mobilita' delle navi in
uno spazio marino che e' per sua natura senza confini.
    Ulteriore  profilo  di doglianza risiede nella dedotta violazione
degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 120, primo comma, della
Costituzione.
    Ed  infatti,  la  produzione legislativa e regolamentare, nonche'
l'esercizio  delle  competenze  amministrative delle singole Regioni,
non   possono   introdurre  turbative  alla  corretta  e  fisiologica
competizione tra imprenditori ittici operanti nell'ambito nazionale e
in  quello  dell'Unione  europea, riservando trattamenti e discipline
piu'   favorevoli  a  quelli  localizzati  in  determinati  territori
regionali.
    Le  norme  impugnate  contrasterebbero, altresi', con l'art. 117,
secondo   comma,   lettera s),  della  Costituzione,  in  riferimento
all'art. 12  del  d.lgs.  n. 154  del  2004.  Lo  Stato  ha, infatti,
competenza   esclusiva   in   materia   di   tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema.
    Le  disposizioni  in  esame  violerebbero anche l'art. 118, primo
comma,  della Costituzione. In via logicamente subordinata, la difesa
dello  Stato  rileva  che  l'attivita'  di  pesca  marittima richiede
necessariamente  l'esercizio  unitario delle funzioni amministrative,
con riflessi sulla funzione legislativa (in merito sono richiamate le
sentenze di questa Corte n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
    1.4.-  Un  altro  gruppo  di  censure  e' formulato rispetto agli
artt. 2, comma 1, lettera c); 10 e 11 della legge regionale n. 66 del
2005,  che  «riservano»  alla  Regione,  e  per  essa alla Giunta, la
determinazione dei criteri di organizzazione dei distretti di pesca e
di  acquacoltura  e dei contenuti minimi della strategia di sviluppo,
nonche'  le  regole di procedura per il riconoscimento dei distretti,
per  l'emanazione  dei  relativi  provvedimenti,  per  la  revoca  di
quest'ultimi,   nonche'   la   disciplina   della  partecipazione  al
finanziamento  degli interventi. L'art. 11, in particolare, definisce
le funzioni affidabili ai distretti.
    In  via  preliminare,  la  difesa  dello  Stato richiama la legge
23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria 2006), che
all'art. 1,  commi 366  e  367,  contiene  norme  ordinamentali  e di
principio,  in  ordine  ai  distretti  produttivi,  adottate ai sensi
dell'art. 117,  primo  comma,  lettere a)  -  anche  in  relazione al
regolamento  (CE) n. 2371/2002, del 20 dicembre 2002 (Regolamento del
Consiglio relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile
delle  risorse  della  pesca  nell'ambito della politica comune della
pesca),  e  al  regolamento  (CE)  n. 3690/1993, del 20 dicembre 1993
(Regolamento  del  Consiglio che istituisce un regime comunitario che
stabilisce  le  norme  relative  alle  informazioni minime che devono
figurare   nelle  licenze  di  pesca)  -,  e)  ed  s),  e  118  della
Costituzione.
    Quindi,   osserva   come   le  disposizioni  regionali  impugnate
determinino  una irrazionale regionalizzazione della flotta di pesca,
in contrasto con i suddetti parametri costituzionali e con l'esigenza
di esercizio unitario delle funzioni di regolazione dell'attivita' di
pesca  marittima,  soprattutto se svolta in mare libero o nelle acque
territoriali  di  un  altro  Stato,  ed  anche  con  l'art. 4 (recte:
art. 12, comma 4) del d.lgs. n. 154 del 2004.
    1.5.-  Secondo la difesa erariale, tutte le disposizioni in esame
appaiono  ancor  piu' lesive laddove si consideri che non e' prevista
alcuna  forma  di  leale  collaborazione  con  lo Stato, e che, anzi,
l'art. 25,  comma 2, della legge regionale n. 66 del 2005, stabilisce
che  cessano  di  avere applicazione in Toscana le discipline statali
legislative  e  regolamentari  che  regolano gli stessi oggetti della
presente legge e dei suoi regolamenti attuativi.
    Ne'  nella  legge  regionale oggetto di censura e' rinvenibile un
riferimento  ad  intese  tra  Stato  e  Regioni, tra l'altro ai sensi
dell'art. 21 del d.lgs. n. 154 del 2004.
    2.-  In  data  28 febbraio  2006 la Regione Toscana ha depositato
memoria,  con  la  quale  ha  chiesto  dichiararsi  inammissibili  e,
comunque,  non fondate le questioni di costituzionalita' promosse dal
Presidente del Consiglio dei ministri.
    La  resistente deduce che la normativa impugnata non interferisce
nelle materie di competenza statale, ne' eccede l'ambito territoriale
regionale,  rispettando,  invece,  i  limiti  delle  attribuzioni che
l'art. 117  della  Costituzione  riconosce alle Regioni in materia di
pesca e acquacoltura.
    3.-  In data 12 gennaio 2007, il ricorrente ha depositato memoria
con  la  quale  ha  insistito nelle difese svolte e nelle conclusioni
gia' formulate.
    La  difesa  dello Stato ha richiamato la sentenza n. 213 del 2006
con  la  quale  la  Corte  ha enunciato alcuni principi in materia di
pesca,  nonche' la sentenza n. 370 del 2003, ponendo in evidenza come
l'assenza  di  forme di leale collaborazione abbia costituito oggetto
di specifica censura.
    Ha   chiesto,   quindi,   in   via   subordinata,  di  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  delle  singole  disposizioni, nella
parte  in cui non rispettano il principio di leale collaborazione tra
Stato e Regioni.
    4.-  In  data  24 gennaio  2007, la Regione Toscana ha depositato
memoria  con  cui  ha  chiesto  il  rigetto  del ricorso proposto dal
Presidente del Consiglio dei ministri.
    In  via  preliminare,  la resistente eccepisce l'inammissibilita'
della  questione  di  legittimita'  costituzionale proposta in ordine
all'art. 1,  comma 2,  della  legge  della  Regione Toscana n. 66 del
2005,  in  quanto  tale  norma  non  e'  compresa  nel  novero  delle
disposizioni  di  cui  alla  relazione  ministeriale  recepita  nella
delibera   del   Consiglio   dei   ministri  di  autorizzazione  alla
proposizione del ricorso.
    Analoga  eccezione di inammissibilita', sia pure sotto un diverso
profilo,  e' formulata in ordine alla questione avente ad oggetto gli
artt. 3  e  7,  comma 7,  della  legge  regionale, in quanto lo Stato
avrebbe  autorizzato l'impugnazione della sola lettera d) del comma 1
dell'art. 3,  e  delle  sole lettere a) e c) del comma 7, dell'art. 7
della legge stessa.
    Nel merito, la Regione Toscana conclude per la non fondatezza del
ricorso,   e   richiama   anch'essa,   a   sostegno   delle   proprie
argomentazioni difensive, la sentenza della Corte n. 213 del 2006.
    In  particolare,  la difesa regionale osserva come allo Stato, in
materia   di   pesca,  sia  riservato  il  potere  di  indirizzo,  di
determinazione  dei  principi,  di  fissazione  del  nucleo minimo ed
indefettibile di salvaguardia della specie ittica ed il controllo sul
rispetto  di  tutto  quanto  cosi' determinato, ma cio' non significa
accentramento delle funzioni di rilascio delle licenze di pesca.
    Infatti, una volta stabiliti i criteri, gli indirizzi e le misure
di  sostenibilita',  legittimamente  le  Regioni  possono  provvedere
(direttamente  o  con allocazione delle funzioni agli enti locali) al
rilascio  licenze  di pesca, nel rispetto delle misure definite dallo
Stato.
    Analogamente,  ad avviso della Regione, sono infondate le censure
formulate  in  ordine  alla  disciplina  dei  distretti  di pesca. Al
riguardo,  la  difesa  regionale  richiama,  nuovamente,  la sentenza
n. 213  del  2006,  con  la  quale e' stata dichiarata non fondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  promossa  dallo Stato in
ordine  all'art. 4,  comma 2,  lettera a),  della legge della Regione
Marche  13 maggio  2004, n. 11 (Norme in materia di pesca marittima e
acquacoltura).

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato varie
disposizioni della legge della Regione Toscana 7 dicembre 2005, n. 66
(Disciplina  delle  attivita' di pesca marittima e degli interventi a
sostegno della pesca marittima e dell'acquacoltura) per contrasto con
gli artt. 117, secondo comma, lettere a), e) ed s), 118, primo comma,
e  120,  primo comma, della Costituzione, anche in ragione del limite
territoriale   delle   competenze  legislative  regionali  e  con  il
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
    1.1.-  In  via  preliminare,  va  rilevato  che nell'epigrafe del
ricorso  le  disposizioni  impugnate  sono  state  individuate  negli
artt. 1,  comma 2;  3;  7,  commi 7  e 8; 10; 11; 12; 13; 14; 18 e 19
della legge regionale in esame.
    Nella relazione del Ministro per gli affari regionali, richiamata
nella  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  del  3 febbraio 2005,
vengono  citate,  invece,  le  disposizioni  contenute negli artt. 1,
comma 1,  lettera b);  2,  comma 1, lettere c), e) ed f); 3, comma 1,
lettera d);  7, commi 7, lettere a) e c), e 8; 10; 11; 12; 13; 14; 18
e 19.
    Cio'    premesso,    deve    essere   dichiarata,   innanzitutto,
l'inammissibilita'  della questione di costituzionalita' dell'art. 1,
comma 2, della legge in esame (il quale disciplina le politiche della
Regione Toscana in materia di pesca professionale e acquacoltura), in
quanto  non  compreso nell'elenco delle norme oggetto di impugnazione
contenuto nella citata relazione ministeriale.
    Al  riguardo  va  ricordato,  infatti, che la scelta politica del
Governo  di  impugnare  norme  regionali  si esprime nell'indicazione
delle  specifiche disposizioni ritenute eccedenti le competenze della
Regione,   salva  l'autonomia  tecnica  dell'Avvocatura  dello  Stato
nell'individuazione  dei  motivi  di  censura (cfr. sentenza n. 3 del
2006).
    2.-  Occorre, altresi', precisare l'oggetto dell'impugnazione, in
ragione   sia   della  mancata  indicazione  che  della  non  precisa
corrispondenza  di  alcune delle disposizioni contenute nell'epigrafe
del  ricorso,  rispetto  a  quelle  indicate,  invece,  nella  citata
relazione del Ministro per gli affari regionali.
    Nella  premessa  del  ricorso  non e' fatta menzione dell'art. 1,
comma 1,  lettera b),  e dell'art. 2, comma 1, lettere c), e), ed f),
della  legge regionale in esame, che, tuttavia, costituiscono oggetto
di censure nella motivazione.
    Si fa, altresi', espresso riferimento agli artt. 3, e 7, comma 7,
tout  court,  mentre  nella  delibera del Consiglio dei ministri sono
ritenuti  lesivi  l'art. 3, comma 1, lettera d), e l'art. 7, comma 7,
lettere a) e c), della legge regionale in esame.
    2.1.-  Orbene,  sotto un primo aspetto va ricordato che l'art. 34
della  legge  11 marzo  1953, n. 87 stabilisce, al primo comma, che i
ricorsi  che promuovono le questioni di legittimita' costituzionale a
norma  degli  artt. 31,  32  e 33 - tra cui rientrano, tra l'altro, i
ricorsi  dello Stato contro le leggi delle Regioni - devono contenere
le   indicazioni  di  cui  al  primo  comma  dell'art. 23,  cioe'  le
disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge viziate da
illegittimita'  costituzionale e le disposizioni della Costituzione o
delle  leggi  costituzionali  che  si assumono violate (cfr. sentenza
n. 384 del 1999).
    2.2.-  Sotto  un  secondo  aspetto,  inoltre, deve ricordarsi che
questa   Corte   ha   avuto   modo   di   affermare   che   l'oggetto
dell'impugnazione   e'  definito  dal  ricorso  in  conformita'  alla
decisione assunta dal Governo (cfr. sentenze n. 106 del 2005 e n. 338
del  2003),  ferma  la  valutazione  della  Corte  medesima in ordine
all'eventuale   nesso   di   inscindibilita'   tra   la  disposizione
validamente  impugnata  e  le  altre  disposizioni  della  legge  non
investite da autonome censure ritualmente proposte.
    2.3.-  Alla  luce  delle  suesposte  considerazioni, pertanto, la
prospettazione di illegittimita' costituzionale delle norme in esame,
sia  pure  formulata  nella sola motivazione del ricorso, in presenza
della  relativa  delibera di autorizzazione all'impugnazione e tenuto
conto  del  complessivo  tenore  del  ricorso (v. sentenza n. 447 del
2006), consente di ritenere oggetto del giudizio di costituzionalita'
anche  l'art. 1,  comma 1,  lettera b),  nonche'  l'art. 2,  comma 1,
lettere c), e) ed f), della legge regionale censurata.
    Inoltre,  proprio  in  ragione del contenuto autorizzatorio della
suddetta delibera governativa, l'art. 3 deve ritenersi impugnato solo
con  riguardo  al  comma 1,  lettera d),  e  l'art. 7,  comma 7, deve
ritenersi impugnato, a sua volta, solo con riguardo alle lettere a) e
c),  come,  d'altra  parte, si rileva dal tenore delle argomentazioni
contenute nella motivazione del ricorso.
    2.4.-  In conclusione, l'oggetto dell'impugnazione deve ritenersi
delimitato  con  riguardo  alle  seguenti  disposizioni  della  legge
regionale in esame: l'art. 1, comma 1, lettera b); l'art. 2, comma 1,
lettere c),  e),  ed  f);  l'art. 3,  comma 1,  lettera d); l'art. 7,
commi 7,  lettere a) e c), e 8, nonche' gli artt. 10; 11; 12; 13; 14;
18 e 19.
    3.-  Passando alla disamina del merito, va osservato che un primo
gruppo  di  censure  riguarda  la disciplina delle licenze di pesca e
delle  misure  di  sostenibilita',  contenuta  nell'art. 3,  comma 1,
lettera d), nell'art. 7, commi 7, lettere a) e c), e 8, e - in quanto
connessi  -  nell'art. 1, comma 1, lettera b), e negli artt. 12, 13 e
14, comma 1, lettera a).
    3.1.-   Giova   richiamare,   in  breve,  il  contenuto  di  tali
disposizioni.
    In  ragione  dell'art. 1,  comma 1, lettera b), il rilascio delle
licenze  di  pesca  rientra  tra gli oggetti disciplinati dalla legge
regionale n. 66 del 2005.
    Spetta  alle  Province  rilasciare,  «nei  limiti determinati dal
programma   regionale,   le   licenze  di  pesca»  (art. 3,  comma 1,
lettera d).
    I  commi 7,  lettere a)  e c), e 8 dell'art. 7 fissano alcuni dei
contenuti  del  programma  regionale  per  la pesca e l'acquacoltura,
individuati   precipuamente   nelle   «limitazioni  temporanee  delle
attivita'  di  pesca  per aree determinate», nelle «determinazioni di
modalita'  temporanee di utilizzo delle diverse attrezzature di pesca
consentite»,  nonche'  nella  fissazione, per ciascuna Provincia, del
«numero  massimo delle licenze di pesca concedibili, che alla data di
entrata  in  vigore  della  (presente)  legge,  non  possono comunque
complessivamente  superare  quelle  rilasciate, alla data stessa, dal
Ministero delle politiche agricole e forestali».
    L'art. 12, a sua volta, disciplina le modalita' di rilascio delle
licenze di pesca.
    L'art. 13  costituisce,  presso le Province costiere, il registro
dei  pescatori  professionali e delle imprese di pesca e delle navi e
galleggianti intestatarie di licenza di pesca.
    Infine,  l'art. 14,  comma 1, lettera a), rimette all'adozione di
regolamenti regionali di attuazione la fissazione delle modalita' del
rilascio  delle  licenze  e  dell'iscrizione nel registro della pesca
professionale.
    3.2.-   Le   suddette   proposizioni  normative,  ad  avviso  del
ricorrente, sarebbero lesive di piu' parametri costituzionali - anche
in  relazione  al  limite  rappresentato  dall'ambito territoriale di
specifica  competenza  di ciascuna Regione - nonche' del principio di
leale collaborazione.
    3.3.-  Esse  contrasterebbero,  in  primo  luogo, con l'art. 117,
secondo comma, lettera a), della Costituzione.
    Il   contingentamento   delle   licenze   di  pesca,  secondo  il
ricorrente,  rappresenta  il  primo  e  piu'  efficace  strumento per
preservare  le  risorse  ittiche disponibili e quindi l'ecosistema di
cui   la   fauna  marina  fa  parte,  in  linea  con  le  convenzioni
internazionali in materia e con il diritto internazionale della pesca
marittima.  L'Unione  europea  e lo Stato, in tale prospettiva, hanno
operato  per  ridurre  il numero dei pescherecci e i «tempi» di pesca
marittima.  Pertanto,  un  governo  delle  licenze di pesca a livello
regionale   e   provinciale   dovrebbe  ritenersi  incompatibile  con
l'osservanza   delle  regole  internazionali  ed  europee  e  con  la
oggettiva  mobilita'  delle navi in uno spazio marino, che e' per sua
natura senza confini.
    3.4.-  Ulteriore  profilo  di  doglianza  risiede  nella  dedotta
violazione  degli  artt. 117, secondo comma, lettera e), e 120, primo
comma, della Costituzione.
    L'esercizio  delle  funzioni legislativa e regolamentare, nonche'
l'esercizio  delle  competenze  amministrative delle singole Regioni,
non   possono   introdurre  turbative  alla  corretta  e  fisiologica
competizione  tra  imprenditori ittici operanti in ambito nazionale o
europeo  e  quelli  operanti in sede locale, riservando trattamenti e
discipline piu' favorevoli ai secondi rispetto ai primi.
    3.5.-   Le   norme   impugnate  contrasterebbero,  altresi',  con
l'art. 117,  secondo  comma, lettera s), della Costituzione, anche in
riferimento  all'art. 12  del  decreto  legislativo  26 maggio  2004,
n. 154  (Modernizzazione  del  settore  pesca  e dell'acquacoltura, a
norma  dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38), la
cui  rubrica  reca  «Misure di conservazione e gestione delle risorse
ittiche».
    Cio'  in  quanto  lo  Stato ha competenza esclusiva in materia di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
    3.6.-  Le  disposizioni  in  esame  lederebbero anche l'art. 118,
primo  comma, della Costituzione. In proposito, la difesa dello Stato
rileva  che  l'attivita'  di pesca marittima richiede necessariamente
l'esercizio  unitario  delle  funzioni  amministrative,  con evidenti
riflessi  sulla  funzione  legislativa  (in merito sono richiamate le
sentenze di questa Corte n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
    4.-  Un  secondo gruppo di censure riguarda gli artt. 2, comma 1,
lettera c);  10  e  11  della  legge  regionale  n. 66  del 2005, che
riservano alla Regione, e per essa alla Giunta, la determinazione dei
criteri di organizzazione dei distretti di pesca e di acquacoltura, e
dei  contenuti  minimi della strategia di sviluppo, nonche' le regole
di  procedura  per  il  riconoscimento  dei  distretti  medesimi, per
l'emanazione   dei   relativi   provvedimenti,   per   la  revoca  di
quest'ultimi,   nonche'   la   disciplina   della  partecipazione  al
finanziamento degli interventi.
    4.1.-  La  difesa  dello  Stato  ricorda che in tema di distretti
produttivi,  la  legge  23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato. Legge
finanziaria  2006),  all'art. 1,  commi 366  e  367,  contiene  norme
ordinamentali  e di principio, adottate in forza dell'art. 117, primo
comma,  lettera a),  anche  in  relazione  a  regolamenti comunitari,
nonche'  delle  successive  lettere e)  ed  s), e dell'art. 118 della
Costituzione.  Il ricorrente richiama, altresi', l'art. 4 del decreto
legislativo  18 maggio  2001,  n. 226 (Orientamento e modernizzazione
del  settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 7
della  legge  5 marzo  2001,  n. 57),  che  reca  la  disciplina  dei
distretti di pesca.
    4.2.-   Viene   dedotto,  in  particolare,  che  le  disposizioni
regionali    in    questione    determinano    una    non   razionale
regionalizzazione  della  flotta  di  pesca,  in  contrasto sia con i
suddetti  parametri  costituzionali,  sia con l'esigenza di esercizio
unitario  delle  funzioni  di  regolazione  dell'attivita'  di  pesca
marittima,  soprattutto  se  svolta  in  mare  libero  o  nelle acque
territoriali  di  altro Stato, ed anche con l'art. 4 (recte: art. 12,
comma 4) del d.lgs. n. 154 del 2004.
    5.-  Lo  Stato  impugna,  infine,  un  terzo  gruppo  di  norme -
prospettando  in  ordine  alle  stesse  le medesime censure formulate
rispetto  agli artt. 3, comma 1, lettera d); 7, commi 7, lettere a) e
c),  e  8;  nonche',  in  quanto  connessi,  agli  artt. 1,  comma 1,
lettera b);  12;  13  e 14, comma 1, lettera a) - relative alla pesca
per  fini scientifici, anche in relazione alla pesca del novellame di
alcune   specie  ittiche,  secondo  quanto  previsto  dagli  artt. 2,
comma 1, lettere e) ed f); 14, comma 1, lettera b); 18 e 19.
    Secondo   tali   disposizioni,  sono  riservate  alla  competenza
regionale   «il   rilascio  dell'autorizzazione  alla  pesca  a  fini
scientifici»  e  «il  rilascio  dell'autorizzazione  alla  pesca  del
novellame,    del   bianchetto,   del   rossetto   e   dello   zerro»
(rispettivamente, art. 2, comma 1, lettere e) ed f).
    L'art. 18  disciplina  la  pesca  del  novellame di alcune specie
ittiche,   rinviando,  per  la  determinazione  delle  modalita',  al
regolamento di cui all'art. 14, comma 1, lettera b).
    L'art. 19  regola  la  pesca a fini scientifici, e, analogamente,
rinvia,  per la determinazione delle modalita', al regolamento di cui
all'art. 14, comma 1, lettera b).
    6.-  Tutte le disposizioni impugnate, come rimarcato dalla difesa
dello Stato nella memoria depositata il 12 gennaio 2007, tenuto conto
della  sentenza  di  questa  Corte n. 213 del 2006, intervenuta nelle
more  del  presente giudizio, sarebbero ancora piu' lesive laddove si
consideri  che  non  e' prevista alcuna forma di leale collaborazione
con  lo Stato, e che, anzi, l'art. 25, comma 2, della legge regionale
in  esame  stabilisce  che,  dalla  data  di  entrata  in  vigore dei
regolamenti  di  cui  all'art. 14,  cessano  di avere applicazione in
Toscana le corrispondenti discipline statali.
    Inoltre,  secondo il ricorrente, nella legge regionale oggetto di
censura  non  e'  rinvenibile alcun riferimento ad intese tra Stato e
Regioni,  come  richiesto, invece, dall'art. 21 del d.lgs. n. 154 del
2004.
    7.-  Cosi'  precisato  l'ambito  complessivo  delle  questioni di
legittimita'    costituzionale,    appare    necessario    procedere,
innanzitutto,  alla  ricognizione del quadro normativo statale che fa
da  sfondo  rispetto alle disposizioni oggetto di impugnazione, anche
con  riferimento  ai principi affermati da questa Corte in materia di
«pesca» nella citata sentenza n. 213 del 2006.
    7.1.-   Occorre   al   riguardo  ricordare,  per  quanto  attiene
all'allocazione  delle  funzioni  amministrative in materia di pesca,
che  -  come  affermato  da questa Corte (sentenza n. 213 del 2006) -
gia'  con  gli  artt. 79  e  100  del  d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1 della legge 22 luglio
1975,   n. 382),   vennero   trasferite   alle  Regioni  le  funzioni
amministrative  relative  alla  materia  «pesca nelle acque interne»,
ricomprendendovi,  tra l'altro, l'esercizio della pesca e il rilascio
delle relative licenze, nonche' le funzioni relative alla pesca nelle
acque del demanio marittimo interno.
    Successivamente,  il  decreto  legislativo  4 giugno 1997, n. 143
(Conferimento  alle  Regioni delle funzioni amministrative in materia
di   agricoltura  e  pesca  e  riorganizzazione  dell'Amministrazione
centrale),  attuativo  della  legge  15 marzo  1997, n. 59 (Delega al
Governo  per  il  conferimento  di funzioni e compiti alle Regioni ed
enti  locali,  per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione  amministrativa),  all'art. 1,  comma 2, a sua volta,
conferi'  alle  Regioni  «tutte  le  funzioni ed i compiti svolti dal
Ministero»  delle risorse agricole, alimentari e forestali, «relativi
alle  materie  di  agricoltura,  foreste, pesca, agriturismo, caccia,
sviluppo    rurale,    alimentazione»,    tranne   quelli   (elencati
nell'articolo 2),   riservati  al  neo  istituito  Ministero  per  le
politiche agricole.
    L'art. 105,  comma 6,  del  decreto  legislativo  31 marzo  1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle  Regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59), ha poi stabilito che «per lo svolgimento
di  compiti conferiti in materia di diporto nautico e pesca marittima
le  Regioni  e  gli  enti  locali  si  avvalgono  degli  uffici delle
Capitanerie di porto».
    E  in  attuazione  del  d.lgs. n. 143 del 1997 sono state emanate
leggi   regionali  di  individuazione  delle  funzioni  trasferite  o
delegate  agli  enti  locali  in  materia  e  di  quelle mantenute in
capo alle  Regioni  stesse.  In  particolare,  la  Regione Toscana ha
adottato,  in proposito, la legge 6 febbraio 1998, n. 9 (Attribuzione
delle  funzioni  amministrative  in  materia di agricoltura, foreste,
caccia,  pesca, sviluppo rurale, agriturismo, alimentazione conferite
alla Regione dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143).
    7.2.-  Per  quanto  piu'  specificamente  attiene alla disciplina
delle  licenze  di  pesca,  va  ricordato  che  l'art. 4  della legge
17 febbraio 1982, n. 41 (Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo
della  pesca  marittima), poi abrogato dal d.lgs. n. 154 del 2004, ha
sancito  il passaggio dal permesso di pesca, originariamente regolato
dall'art. 12  della  legge  14 luglio  1965, n. 963 (Disciplina della
pesca  marittima),  alla  licenza  di  pesca  intesa come «documento,
rilasciato  dal  Ministero  della marina mercantile, che autorizza la
cattura  di una o piu' specie di una o piu' aree da parte di una nave
di caratteristiche determinate con uno o piu' attrezzi».
    7.3.-  A  sua  volta,  l'art. 4 del d.lgs. 26 maggio 2004, n. 153
(Attuazione  della  legge  7 marzo  2003,  n. 38, in materia di pesca
marittima) ha riaffermato che le navi e i galleggianti abilitati alla
navigazione,  per l'esercizio della pesca professionale devono essere
muniti  di  licenza  di pesca, mentre l'art. 2, comma 1, ha stabilito
che,  una  volta  adottato  il  regolamento di attuazione, coloro che
intendono   esercitare   la   pesca  marittima  professionale  devono
conseguire   l'iscrizione   nell'apposito   registro   dei  pescatori
marittimi  istituito  presso le Capitanerie di porto. Le disposizioni
del  d.lgs.  n. 153  del  2004,  come  e'  affermato  nel suo art. 1,
comma 1,  rispondono  a  principi «di sviluppo sostenibile e di pesca
responsabile  al fine di coniugare le attivita' economiche di settore
con la tutela degli ecosistemi».
    7.4.-  Il  d.lgs.  n. 154  del  2004,  che,  come si e' detto, ha
disposto  l'abrogazione  della  legge  n. 41  del  1982,  ha  dettato
disposizioni  relative al Programma nazionale triennale della pesca e
l'acquacoltura,  il  quale,  in  particolare, e' proposto al Comitato
interministeriale   per   la  programmazione  economica  (CIPE),  per
l'approvazione,  dal  Ministro  delle politiche agricole e forestali,
«sentito  il  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni   e   le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  previa
consultazione del Tavolo azzurro» (art. 5 del d.lgs. n. 154 del 2004)
.
    Il  Programma  nazionale, alla cui redazione, dunque, partecipano
le  Regioni  in  forza  del  principio di leale collaborazione tra lo
Stato e le Regioni medesime, e' chiamato a definire, tra l'altro, gli
obiettivi  per il perseguimento delle finalita' di cura delle risorse
ittiche, di sviluppo sostenibile e di valorizzazione della produzione
della  pesca,  coerentemente  con  gli indirizzi comunitari e con gli
impegni  derivanti dalla partecipazione dell'Italia agli organismi di
gestione internazionale (art. 12, comma 1, in riferimento all'art. 4,
comma 1, lettere a e b, del d.lgs. n. 154 del 2004).
    Le   Regioni,  a  loro  volta,  entro  il  31 dicembre  dell'anno
precedente   il   triennio   di   programmazione   nazionale,  devono
predisporre  i  programmi  regionali  per  la  pesca e l'acquacoltura
contenenti  l'indicazione degli intereventi di competenza (art. 5 del
d.lgs. n. 154 del 2004).
    E',  altresi',  previsto  -  sul  presupposto  che  le  misure di
sostenibilita', razionalizzazione dello «sforzo di pesca» e capacita'
della    flotta   nazionale   sono   fondate   principalmente   sulla
regolamentazione  dei  sistemi  di  pesca,  dei tempi di pesca, delle
caratteristiche  tecniche  delle  imbarcazioni  e  degli  attrezzi di
pesca,  delle  aree  di  pesca  e  dei  quantitativi pescati - che il
controllo  sulle  suddette  misure, garantendo il rispetto di norme e
obiettivi  comunitari,  sia  esercitato dal Ministero delle politiche
agricole  e  forestali anche attraverso le licenze di pesca (art. 12,
commi 2 e 5, del d.lgs. n. 154 del 2004).
    7.5.-   Puo'  essere  utile,  inoltre,  ricordare  come  in  sede
comunitaria  sia  stato  adottato  il  regolamento  (CE)  n. 1281 del
3 agosto  2005  (Regolamento della Commissione relativo alla gestione
delle licenze di pesca e alle informazioni minime che devono figurare
nella  licenza),  che  ha  sostituito il regolamento (CE) n. 3690 del
20 dicembre  1993 (Regolamento del Consiglio che istituisce un regime
comunitario che stabilisce le norme relative alle informazioni minime
che devono figurare nelle licenze di pesca), abrogato dal regolamento
(CE) n. 700 del 25 aprile 2006.
    7.6.-  Per  completare  il  quadro  normativo  che  fa  da sfondo
rispetto  alle  questioni di legittimita' costituzionale promosse con
il  ricorso,  occorre  ora  fare  riferimento alla disciplina statale
relativa ai distretti di pesca.
    Tali  distretti,  quali  «aree marine omogenee dal punto di vista
ambientale,  sociale  ed  economico»,  rinvengono  la loro disciplina
nell'art. 4 del d.lgs. n. 226 del 2001, il quale, al comma 1, prevede
l'istituzione  degli  stessi  «al  fine  di  assicurare  la  gestione
razionale  delle  risorse  biologiche, in attuazione del principio di
sostenibilita».
    Il   comma 2  del  medesimo  art. 4  dispone,  inoltre,  che  «le
modalita'  di identificazione, delimitazione e gestione dei distretti
di  pesca  sono  definite,  su proposta della Regione o delle Regioni
interessate,  con  decreto  del  Ministro  delle politiche agricole e
forestali,  di  concerto  con  il  Ministro dell'ambiente, sentite le
associazioni nazionali di categoria».
    8.-  Questa  Corte, pronunciandosi sull'assetto del riparto delle
competenze  legislative  tra  Stato  e  Regioni,  dopo la riforma del
Titolo  V  della  Costituzione,  attuata  con la legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  Titolo V della parte seconda
della  Costituzione),  ha  rilevato  che  nella  materia  «pesca»  e'
riscontrabile   la  sussistenza  di  una  generale  promozione  della
funzione  di  razionalizzazione  del  sistema  ittico  in ragione dei
principi  di sviluppo sostenibile e di pesca responsabile, al fine di
coniugare   le   attivita'   economiche  di  settore  con  la  tutela
dell'ambiente e degli ecosistemi. Ha affermato, inoltre, che la pesca
costituisce  materia  oggetto  della  potesta'  legislativa residuale
delle  Regioni,  ai  sensi  dell'art. 117, quarto comma, Cost., sulla
quale, tuttavia, per la complessita' e la polivalenza delle attivita'
in  cui  essa  si  estrinseca,  possono  interferire  piu'  interessi
eterogenei, tanto statali, quanto regionali.
    Per  loro  stessa  natura,  infatti,  talune  attivita'  e taluni
aspetti  riconducibili  all'attivita' di pesca non possono che essere
disciplinati  dallo  Stato,  atteso  il carattere unitario con cui si
presentano  e  la  conseguente  esigenza di una loro regolamentazione
uniforme.
    La  Corte  ha cosi' ritenuto che assume, in definitiva, peculiare
rilievo,  nell'esame  delle  concrete  fattispecie  sottoposte al suo
giudizio,  l'applicazione  del principio di prevalenza tra le materie
interessate  e  di quello, fondamentale, di leale collaborazione, che
«si   deve   sostanziare   in  momenti  di  reciproco  coinvolgimento
istituzionale  e  di  necessario coordinamento dei livelli di governo
statale e regionale» (sentenza n. 213 del 2006).
    9.-  La  Corte  e',  quindi, pervenuta alla conclusione della non
fondatezza  della questione di costituzionalita' allora sollevata, in
riferimento    all'art. 117,   secondo   comma,   lettera a),   della
Costituzione,  dell'art. 4,  comma 2,  lettera a),  della legge della
Regione  Marche  13 maggio  2004,  n. 11  (Norme  in materia di pesca
marittima  e acquacoltura), con la quale si e' stabilito che il piano
regionale  per la pesca e l'acquacoltura deve contenere, tra l'altro,
«l'articolazione territoriale dei distretti di pesca, intesi non come
confine  ma  come regolamentazione dell'attivita' di pesca-produzione
in forza di regole obbligatorie per tutti coloro che vi operano».
    E' stato cosi' affermato che la «disposizione» (in quel giudizio)
«impugnata,  che  opera  comunque  nell'ambito  della  pianificazione
regionale,  non  si sovrappone alle competenze statali» (disciplinate
dall'art. 4  del d.lgs. n. 226 del 2001), e che non e' dato ravvisare
alcuna  sua  interferenza  «con la potesta' esclusiva dello Stato, ex
art. 117,  secondo  comma,  lettera a),  Cost.»  (sentenza n. 213 del
2006).
    10.-  Alla  luce  dei  principi  affermati  dalla  giurisprudenza
costituzionale  si  puo',  dunque,  ritenere  che  le  questioni  ora
sottoposte  all'esame  della  Corte  esigono,  innanzitutto,  che  si
proceda  alla  qualificazione,  con riguardo alla materia incisa, dei
settori  oggetto di disciplina, dal momento che - come si e' rilevato
-  con  la  materia «pesca» possono interferire interessi eterogenei,
taluni  statali,  altri  regionali,  con  riflessi sulla ripartizione
delle  competenze  legislativa ed amministrativa, anche al fine della
verifica  della  sussistenza  o  meno di ragioni tali da giustificare
un'allocazione  delle  funzioni  amministrative al livello di governo
statale,  sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione
ed adeguatezza ai sensi dell'art. 118, primo comma, Cost.
    11.-  Ed  e'  proprio  con riferimento a quanto gia' affermato da
questa Corte che la questione di legittimita' costituzionale relativa
agli   artt. 1,  comma 1,  lettera b);  3,  comma 1,  lettera d);  7,
commi 7,  lettere a)  e  c),  e  8; 12; 13 e 14, comma 1, lettera a),
della  legge regionale n. 66 del 2005 deve essere dichiarata in parte
inammissibile e in parte non fondata.
    11.1.-  Sono, innanzitutto, inammissibili le censure formulate in
riferimento   all'art. 117,  secondo  comma,  lettere a),  ed  e),  e
all'art. 120  Cost., in quanto redatte in modo generico, in contrasto
con  l'esigenza,  ripetutamente  enunciata  da  questa  Corte, che il
ricorrente  svolga specifiche argomentazioni a sostegno delle proprie
doglianze (v., ex multis, le sentenze n. 246 e n. 51 del 2006, n. 360
e n. 336 del 2005).
    11.2.-  Non  e',  invece,  fondata  la  questione di legittimita'
costituzionale  sollevata con riguardo alle medesime norme, da ultimo
richiamate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera s),
e  118,  primo comma, Cost., anche in ragione del limite territoriale
della  competenza  regionale,  e al principio di leale collaborazione
tra lo Stato e le Regioni.
    Nonostante  attengano ad una materia, quella della pesca appunto,
attribuita  alla  competenza  legislativa residuale delle Regioni, ex
art. 117,   quarto   comma,   Cost.,  le  disposizioni  in  esame  si
intrecciano  con  competenze statali, connesse principalmente, ma non
esclusivamente,   alla   tutela   dell'ecosistema;  inoltre,  possono
ritenersi   sussistenti   ragioni   di   unitarieta'  ed  uniformita'
ordinamentali  tali  da  richiedere  -  in  ipotesi - l'allocazione a
livello  statale  delle  funzioni  amministrative  in  materia  o  la
previsione  di  meccanismi  di attuazione del richiamato principio di
leale  collaborazione.  Nella  specie, pero', tali esigenze e ragioni
possono  ritenersi  gia'  soddisfatte da una serie di norme contenute
nella  legge  regionale  in esame, nonche' dal complessivo sistema di
regolamentazione  della  pesca disegnato dalla Regione resistente con
la medesima legge.
    Occorre  rilevare, infatti, che le norme oggetto di impugnazione,
tanto   relative  alle  licenze  di  pesca,  quanto  alle  misure  di
sostenibilita'  dello  «sforzo  di  pesca»,  trovano collocazione nel
programma   regionale   per  la  pesca  e  l'acquacoltura,  il  quale
costituisce,  insieme  con  il programma nazionale - che deve tenere,
altresi',   conto   degli   indirizzi   comunitari  e  degli  impegni
internazionali   -  lo  strumento  cardine  nella  definizione  delle
politiche della pesca.
    Di  significativo  rilievo  e',  inoltre, la disposizione statale
(art. 5  del  d.lgs.  n. 154  del  2004)  secondo  la  quale il piano
regionale  deve  essere  approvato  entro  il  31 dicembre  dell'anno
precedente all'adozione del piano nazionale, dato che quest'ultimo e'
predisposto   d'intesa   con   la  Conferenza  Stato-Regioni,  previa
consultazione  del  c.d. «Tavolo azzurro». E' evidente, quindi, che i
due  strumenti  di  programmazione  sono  destinati  naturalmente  ad
integrarsi  secondo  le rispettive competenze, grazie alla previsione
di  meccanismi  idonei  a  dare  attuazione  al  principio  di  leale
collaborazione tra Stato e Regioni.
    Nel prevedere, in particolare, che il programma regionale, fissa,
per  ciascuna  Provincia,  «il  numero massimo delle licenze di pesca
concedibili»,  il comma 8 dell'art. 7 della legge censurata chiarisce
che  le stesse «non possono comunque complessivamente superare quelle
rilasciate (...) dal Ministero delle politiche agricole e forestali».
E'  chiaro,  poi,  che  il suddetto contingentamento delle licenze di
pesca   presuppone,   logicamente,  anche  la  predeterminazione  dei
requisiti   oggettivi   e   soggettivi   (cfr.   il  citato  atto  di
programmazione  nazionale),  che,  con riferimento, tra l'altro, alle
diverse  tipologie  di  pesca,  devono  sussistere  ai  fini del loro
rilascio,  in  vista  proprio  delle  esigenze  di salvaguardia della
sostenibilita'  dello «sforzo di pesca», le quali sono correlate alla
competenza  statale  in  ordine  alla  tutela  dell'ambiente marino e
dell'ecosistema,  ai  sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione.
    In  tal  modo, il coordinamento tra funzioni regionali e funzioni
statali  in  materia e' assicurato dalla specifica previsione secondo
cui  spetta  allo  Stato  la  individuazione del numero complessivo e
della  tipologia  delle  licenze  concedibili,  mentre  compete  alla
Regione,  attraverso  il suddetto programma regionale, ripartire tale
numero,  in  relazione  appunto  ai  diversi  tipi  di  pesca, tra le
Province.  Queste ultime, a loro volta, in ragione di quanto previsto
dall'art. 3,  comma 1,  lettera d),  della  legge regionale in esame,
provvedono  nei  singoli  casi al rilascio delle licenze medesime. E'
significativo,  in questo quadro, quanto disposto dall'ultimo periodo
del  citato  art. 7,  comma 8,  secondo  cui «il numero delle licenze
viene   adeguato   ad   ogni   eventuale  ulteriore  contingentamento
effettuato»  dal predetto Ministero «in esecuzione delle disposizioni
comunitarie in materia di riduzione dello sforzo di pesca».
    Ne  risulta,  in definitiva, un sistema che non confligge ne' con
il  riparto  delle  competenze  in  materia di licenza di pesca quale
desumibile   dal   novellato  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione,  ne'  con  quanto  indicato,  quale  norma  interposta,
dall'art. 12,  comma 5,  del d.lgs. n. 154 del 2004, secondo il quale
«il  controllo sulle misure di sostenibilita» nel settore della pesca
(fondate principalmente sulla «regolamentazione dei sistemi di pesca,
tempi  di  pesca, caratteristiche tecniche delle imbarcazioni e degli
attrezzi  di  pesca, delle aree di pesca e dei quantitativi pescati»,
in  forza  di  quanto  disposto  dall'art. 12,  comma 2, del medesimo
decreto  legislativo)  e'  esercitato  dal  Ministero delle politiche
agricole e forestali «anche attraverso le licenze di pesca».
    12.-  Del  pari,  non  puo'  ritenersi  fondata  la  questione di
legittimita'  costituzionale  proposta  con riferimento agli artt. 2,
comma 1,  lettera c);  10  e  11  della  legge  regionale  impugnata,
relativi ai distretti di pesca e di acquacoltura.
    Ed infatti, le suddette disposizioni - in modo analogo alle norme
sopra  esaminate - operano nell'ambito della pianificazione regionale
e non si sovrappongono, come gia' affermato nella sentenza n. 213 del
2006   con   riguardo  alla  normativa  della  Regione  Marche,  alle
competenze  statali  disciplinate  dall'art. 4  del d.lgs. n. 226 del
2001,  cui  possono ricondursi, in linea generale, le aggregazioni in
esame,  ne'  e' dato ravvisare alcuna interferenza delle disposizioni
stesse   con  le  potesta'  legislative  esclusive  dello  Stato,  ex
art. 117,  secondo  comma,  lettere a),  e), ed s), Cost. Sotto altro
aspetto,  poi, non possono ritenersi sussistenti, nella specie, e con
particolare  riferimento  alla  sopracitate disposizioni regionali, i
necessari  presupposti  per  l'assunzione,  in  via  sussidiaria,  ex
art. 118,  primo  comma,  Cost.,  a  livello  statale, delle funzioni
amministrative  nella  materia in esame, con conseguenti riflessi sul
riparto della potesta' legislativa tra lo Stato e le Regioni.
    A  cio'  e'  da  aggiungere che, tenuto conto delle finalita' dei
distretti (art. 10, comma 1, della legge impugnata) «di consolidare e
rafforzare  l'aggregazione e il confronto degli interessi dei partner
e  di  valorizzare lo sviluppo del settore», non e' dato comprendere,
in  particolare,  in  qual  modo le disposizioni censurate potrebbero
arrecare  un  vulnus,  da  un lato, alle regole della concorrenza, e,
dall'altro, alla tutela dell'ambiente marino e dell'ecosistema.
    13.-  Resta da esaminare, infine, il terzo gruppo di disposizioni
della  legge  regionale  impugnata, contenute negli artt. 2, comma 1,
lettere e) ed f); 14, comma 1, lettera b); 18 e 19.
    Tali disposizioni, come si e' accennato, tra l'altro, prevedono -
rinviando  ai  regolamenti di cui al citato art. 14 - da un lato, che
la pesca del novellame, del bianchetto, del rossetto e dello zerro e'
consentita  «ai  soli  fini  di  ricerca», e, dall'altro lato, che la
Regione  «puo'  autorizzare le Universita' e gli istituti scientifici
riconosciuti ad effettuare a scopo di studio e ricerca scientifica le
catture  degli  organismi marini». Esse coinvolgono, dunque, oltre la
materia di competenza residuale della Regione costituita dalla pesca,
anche quella di competenza concorrente della ricerca scientifica.
    La questione di legittimita' costituzionale di dette disposizioni
deve essere dichiarata inammissibile.
    Nel   ricorso,   infatti,   non   si   rinviene   alcun  elemento
argomentativo  che  possa giustificare una eventuale dichiarazione di
illegittimita' costituzionale delle disposizioni in questione, la cui
impugnazione   e'   solo  genericamente  collegata  alle  espressioni
introduttive  del  ricorso,  le quali fanno riferimento alla presunta
violazione  da  parte di varie norme contenute nella legge regionale,
dei  parametri  costituzionali  di cui agli artt. 117, secondo comma,
lettere a),  e)  ed  s),  118, primo comma, e 120, primo comma, della
Costituzione,   anche   in  riferimento  alla  territorialita'  delle
competenze  regionali,  nonche'  al principio di leale collaborazione
tra Stato e Regioni.