ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, secondo e
quarto   comma,  del  regio  decreto-legge  19 gennaio  1939,  n. 295
(Ricupero  dei  crediti  verso  impiegati e pensionati e prescrizione
biennale  di  stipendi,  pensioni ed altri emolumenti), convertito in
legge 2 giugno 1939, n. 739, promossi con ordinanze del 23 marzo, del
17   e   del   4 maggio   2005   dalla  Corte  dei  conti  -  sezione
giurisdizionale  per la Regione Siciliana rispettivamente iscritte ai
nn. 412,  504  e  537  del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn. 37,  41  e  45,  1ª serie
speciale, dell'anno 2005.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  Marino  Nicola  relativo  al
giudizio  iscritto  al n. 537 del registro ordinanze 2005 nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 febbraio 2007, relativamente al
giudizio  iscritto  al  n. 537  del  registro ordinanze 2005, e nella
Camera  di  consiglio  del  7 febbraio 2007, relativamente agli altri
giudizi, il giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
    Uditi  l'avvocato  Paolo  Guerra  per  Marino Nicola e l'avvocato
dello  Stato  Giuseppe  Nucaro  per  il  Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Ritenuto che, con tre distinte ordinanze, del 23 marzo 2005 (r.o.
n. 412  del  2005),  del  17 maggio 2005 (r.o. n. 504 del 2005) e del
4 maggio 2005 (r.o. n. 537 del 2005), il Giudice unico delle pensioni
della  Corte  dei  conti  -  sezione  giurisdizionale  per la Regione
Siciliana,   ha   sollevato   -   in   riferimento  all'art. 3  della
Costituzione  - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,
secondo  e  quarto  comma,  del  regio decreto-legge 19 gennaio 1939,
n. 295   (Ricupero   dei  crediti  verso  impiegati  e  pensionati  e
prescrizione  biennale  di  stipendi,  pensioni ed altri emolumenti),
testo  vigente,  convertito  in  legge  2 giugno 1939, n. 739, «nella
parte  in cui prevede, secondo l'interpretazione costituente «diritto
vivente»  nell'ambito della giurisdizione contabile siciliana, che il
termine  prescrizionale  per i ratei dell'indennita' di contingenza o
altre   analoghe  da  corrispondersi  sui  trattamenti  pensionistici
decorra,  se  impedito dalla legge, dalla data di pubblicazione delle
sentenze di illegittimita' della Corte costituzionale»;
        che, secondo quanto riferito nell'ordinanza di rimessione del
4 maggio  2005, il giudizio principale ha ad oggetto il ricorso di un
titolare  di  pensione privilegiata tabellare, concessa dal Ministero
della difesa ed erogata dal Ministero delle finanze, il quale lamenta
la  mancata  attribuzione  sul predetto trattamento (in godimento dal
1° febbraio  1973)  dell'indennita' integrativa speciale nella misura
intera e della tredicesima mensilita' per il periodo di contemporaneo
svolgimento  di  attivita'  lavorativa  presso  l'ANIC  di  Gela, dal
3 marzo 1975 sino al 31 gennaio 2003, data del collocamento a riposo;
        che,  a  fondamento  del diritto invocato, il ricorrente, nel
predetto  giudizio,  richiama  le sentenze della Corte costituzionale
n. 232  del 1992 e n. 566 del 1989, in tema di cumulo dell'indennita'
integrativa  speciale  e della tredicesima mensilita' con trattamenti
retributivi  corrisposti  per lo svolgimento di attivita' lavorativa,
dichiarative   dell'illegittimita'  costituzionale,  rispettivamente,
dell'art. 97,  primo comma, e dell'art. 99, quinto comma, del decreto
del  Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, in quanto
non  viene  legislativamente  previsto un ragionevole limite oltre il
quale i suddetti trattamenti non competono;
        che,  secondo  il giudice a quo, a seguito di tali decisioni,
non   e'  controverso  il  diritto  del  ricorrente  all'attribuzione
dell'indennita'  integrativa  speciale  nella  misura  intera e della
tredicesima mensilita', sussistendo, invece, la questione concernente
la  decorrenza  del  termine  della  prescrizione  del  diritto  agli
arretrati     dell'indennita'    integrativa    speciale,    eccepita
dall'Amministrazione convenuta;
        che,  ad  avviso del rimettente, qualora fosse applicato alla
fattispecie l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel caso di
declaratoria   di   incostituzionalita'  di  una  norma  ostativa  al
riconoscimento  di  un  credito,  il termine di prescrizione inizia a
decorrere  dalla  data  di  pubblicazione  della relativa sentenza di
questa  Corte, il ricorrente dovrebbe percepire gli arretrati sin dal
3 marzo  1975,  data  in  cui  ha  iniziato a cumulare il trattamento
pensionistico   privilegiato   con   il   compenso   per  l'attivita'
lavorativa;
        che, peraltro, sempre ad avviso del rimettente, qualora fosse
applicato  il  diverso  orientamento giurisprudenziale secondo cui il
termine di prescrizione inizia comunque a decorrere, per ogni credito
o  per ogni suo rateo, dalla data di maturazione, il diritto ai ratei
arretrati  potrebbe  essere  fatto valere solo a partire dal 20 marzo
1988  (cioe'  dai  cinque  anni  antecedenti  alla  «domanda  in  via
amministrativa»  inviata  dal ricorrente all'amministrazione erogante
il trattamento pensionistico);
        che,  per  il  giudice  a  quo,  quest'ultimo orientamento e'
quello  accolto  dalla Corte di cassazione, secondo la quale il vizio
di  legittimita'  costituzionale,  non  ancora  dichiarato  da questa
Corte, non configura un impedimento legale all'esercizio del diritto,
ma  costituisce  una  mera difficolta' di fatto, che non incide sulla
decorrenza della prescrizione;
        che,   secondo   il  rimettente,  questo  principio,  da  lui
condiviso,  e'  stato  affermato  anche dalle sezioni giurisdizionali
della Corte dei conti di altre Regioni, nonche' dalle sezioni riunite
della Corte dei conti;
        che,  invece,  la  sezione  giurisdizionale  di appello della
Corte  dei  conti  per la Regione Siciliana, con giurisprudenza ormai
assolutamente   costante,   ha  fatto  proprio  il  primo  indirizzo,
ritenendo  che  la  prescrizione  decorra dalla data di pubblicazione
della  sentenza  che  ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale
della norma;
        che, per il rimettente, in considerazione della struttura del
processo  pensionistico innanzi alla Corte dei conti, che non prevede
ulteriori  gravami  alle sezioni riunite, deve considerarsi acquisito
come  «diritto  vivente» l'orientamento della Sezione giurisdizionale
di appello per la Regione Siciliana, sia pure con riferimento ai soli
giudizi pensionistici relativi ai ricorrenti residenti in Sicilia;
        che,  sempre  ad  avviso  del  rimettente,  tale orientamento
determinerebbe  una  situazione  di  palese disparita' di trattamento
sotto  un  duplice  profilo:  l'uno intrinseco alla norma censurata e
l'altro «di sistema»;
        che, quanto al primo profilo, la norma denunciata, come viene
interpretata  secondo  il  «diritto  vivente  siciliano»,  sarebbe in
contrasto  con i principi fatti propri sul punto dalla giurisprudenza
di  tutte  le  giurisdizioni,  concernenti  anche i crediti da lavoro
dipendente, nonche' di quelli pensionistici di competenza, in sede di
appello,  delle  altre sezioni della Corte dei conti, con conseguente
disparita'  di trattamento tra i titolari di crediti pensionistici, a
seconda che siano o meno residenti nella Regione siciliana;
        che,   quanto   al   secondo   profilo,  c.d.  «di  sistema»,
l'applicazione  di  due  diversi  e  contrastanti  «diritti  viventi»
violerebbe l'art. 3 Cost., poiche' la individuazione della competenza
risulterebbe predeterminabile dall'interessato, essendo stabilita con
riguardo  alla residenza del ricorrente al momento della proposizione
del ricorso;
        che  si  e' costituito il ricorrente del giudizio principale,
concludendo  per  la  manifesta  inammissibilita' della questione, in
quanto   il   rimettente  non  ha  sperimentato  la  possibilita'  di
un'interpretazione della norma conforme a Costituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
inammissibile;
        che, secondo la difesa erariale, il giudice rimettente non ha
assolto  l'onere di verificare la concreta possibilita' di attribuire
alla  norma  censurata  un significato tale da superare i prospettati
dubbi  di  legittimita'  costituzionale,  verifica non impedita dalla
asserita  esistenza  di  un  «diritto  vivente»  di  segno  contrario
(ordinanza n. 395 del 2004);
        che,  d'altro canto, la Corte costituzionale ha chiarito che,
di  fronte  ad un'alternativa interpretativa, spetta al giudice a quo
risolverla  dando  alla  norma,  prima  di sollevare una questione di
legittimita' costituzionale, il significato conforme a Costituzione;
        che,  nel  giudizio di cui all'ordinanza di rimessione n. 412
del  2005,  il  rimettente  e' chiamato a decidere sul ricorso di sei
pensionate  statali, cumulanti un ulteriore trattamento di quiescenza
indiretto  o  di  reversibilita' a carico della Regione Siciliana, le
quali  lamentano la mancata percezione, sul trattamento di quiescenza
regionale,  dell'indennita'  di  contingenza  di  cui alla Tabella O,
lettera B),  annessa  alla  legge  Regione Siciliana 29 ottobre 1985,
n. 41 (Nuove norme per il personale dell'Amministrazione regionale);
        che,  nel  giudizio di cui all'ordinanza di rimessione n. 504
del  2005, il giudice a quo e' investito dell'esame del ricorso degli
eredi  di  un  pensionato  regionale  -  che  cumulava,  in  vita, un
trattamento  di  quiescenza  diretto a carico della Regione Siciliana
con  altro trattamento di quiescenza privilegiato tabellare statale -
i   quali   lamentano  la  mancata  percezione,  sul  trattamento  di
quiescenza  regionale,  dell'indennita'  di  contingenza  di cui alla
citata  Tabella O, lettera B), annessa alla legge regionale n. 41 del
1985;
        che,  in  entrambi  i  giudizi,  i  ricorrenti  principali, a
fondamento  del  diritto invocato, hanno richiamato la sentenza della
Corte   costituzionale   n. 516   del   2000,   che   ha   dichiarato
costituzionalmente illegittima la Tabella O, lettera B), terzo comma,
della  legge  regionale  n. 41  del  1985,  nella  parte  in  cui non
determina  la  misura  del  trattamento  complessivo,  oltre il quale
diventi  operante, per i titolari di pensione ed assegni vitalizi, il
divieto  di  cumulo  dell'indennita'  di  contingenza  ed  indennita'
similari;
        che,  secondo  i  giudici  a  quibus,  pur  essendo i ricorsi
fondati,   l'amministrazione   regionale  convenuta  ha  eccepito  la
prescrizione  quinquennale  invocando  l'art. 2 del r.d.l. n. 295 del
1939,  con  la  conseguenza  che  e'  controverso  se il diritto alla
corresponsione  degli  arretrati  decorra dalla data di pubblicazione
della  sentenza  di  incostituzionalita' n. 516 del 2000, per tutti i
ratei  maturati in data antecedente, ovvero se esso decorra, per ogni
rateo,  dalla  data  di  maturazione, anche se precedente alla citata
sentenza;
        che  entrambi  i  rimettenti  censurano  l'art.  2, secondo e
quarto  comma,  del  r.d.l.  n. 295  del  1939,  per  i profili e con
argomentazioni  identici  a  quelli  svolti nell'ordinanza n. 537 del
2005, sottolineando, altresi', la rilevanza delle sollevate questioni
ai  fini  del  decidere,  in quanto l'opzione interpretativa circa il
significato    della   norma   denunciata   determina   una   diversa
quantificazione degli arretrati spettanti ai ricorrenti;
        che,  in  entrambi i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha  eccepito  l'inammissibilita'  delle
questioni,   riproponendo   le  argomentazioni  svolte  nell'atto  di
intervento relativo all'ordinanza n. 537 del 2005.
    Considerato   che,   con   tre  distinte  ordinanze  di  identico
contenuto,  il  Giudice  unico delle pensioni della Corte dei conti -
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Siciliana,  dubita  -  in
riferimento   all'art. 3   della  Costituzione -  della  legittimita'
costituzionale   dell'art. 2,  secondo  e  quarto  comma,  del  regio
decreto-legge  19 gennaio  1939,  n. 295  (Ricupero dei crediti verso
impiegati  e pensionati e prescrizione biennale di stipendi, pensioni
ed   altri   emolumenti),   testo  vigente,  convertito  in  legge  2
giugno 1939,   n. 739,   «nella   parte   in   cui  prevede,  secondo
l'interpretazione  costituente  "diritto  vivente"  nell'ambito della
giurisdizione  contabile siciliana, che il termine prescrizionale per
i   ratei   dell'indennita'   di  contingenza  o  altre  analoghe  da
corrispondersi  sui  trattamenti  pensionistici  decorra, se impedito
dalla   legge,   dalla   data  di  pubblicazione  delle  sentenze  di
illegittimita' della Corte costituzionale»;
        che,  ad  avviso  del  rimettente, la disposizione denunciata
violerebbe  l'art. 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe una
situazione  di  manifesta  disparita' di trattamento sotto un duplice
profilo:  l'uno intrinseco alla norma interpretata e l'altro definito
«di sistema»;
        che,  per il giudice a quo, quanto al primo profilo, la norma
censurata,   nell'interpretazione   datane   dal   «diritto   vivente
siciliano»,  sarebbe  in  contrasto  con  i principi fatti propri sul
punto  dalla  giurisprudenza  di  tutte le giurisdizioni, concernenti
anche  i  crediti da lavoro dipendente, nonche' quelli pensionistici,
ma  di  competenza, in sede di appello, delle sezioni della Corte dei
conti non aventi sede nella Regione Siciliana;
        che,  inoltre,  quanto al secondo profilo, c.d. «di sistema»,
la medesima disposizione recherebbe vulnus all'art. 3 Cost., anche in
quanto  la competenza risulterebbe predeterminabile dall'interessato,
in quanto individuata avuto riguardo alla residenza del ricorrente al
momento della proposizione del ricorso;
        che, in ragione dell'identita' della norma denunciata e delle
censure  svolte,  i giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica
pronuncia;
        che  il  rimettente  sottolinea  come l'interpretazione della
sezione  giurisdizionale  d'appello  della  Corte  dei  conti  per la
Regione  Siciliana,  secondo  cui,  qualora  il  credito azionato sia
condizionato  dalla  declaratoria di incostituzionalita' di una norma
ostativa  al  suo  riconoscimento, il termine prescrizionale inizia a
decorrere  dalla  data  di  pubblicazione  della  pronuncia, e non da
quella di maturazione del credito, si ponga in insuperabile contrasto
con  la  diversa  interpretazione,  condivisa  anche  dalla  Corte di
cassazione,  secondo  cui  il  termine  di  prescrizione non inizia a
decorrere   dalla   data   di   pubblicazione   delle   sentenze   di
illegittimita'  costituzionale  ma  dalla  data  di  maturazione  del
credito, in quanto il vizio di legittimita' non ancora dichiarato dal
giudice delle leggi costituisce una mera difficolta' di fatto;
        che  -  sempre  a  giudizio  del  rimettente  -  quanto sopra
evidenziato comporterebbe l'illegittimita' costituzionale della norma
impugnata  in quanto determinerebbe una disparita' di trattamento tra
i  ricorrenti  sottoposti  alla giurisdizione della sezione regionale
d'appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana, per i quali
la   suddetta   interpretazione,   isolata   ma  radicata  in  quanto
costantemente seguita nei giudizi pensionistici di competenza di tale
giudice  d'appello,  costituirebbe «diritto vivente», ed i ricorrenti
residenti  nel  restante  territorio  nazionale,  dove  costituirebbe
«diritto vivente» la diversa interpretazione;
        che  le  modalita'  di prospettazione della questione, con le
quali  viene  evidenziata  la  autorevole  presenza  di  un indirizzo
giurisprudenziale che interpreta la denunciata disposizione nel senso
auspicato  dal rimettente, rendono palese che l'invocata declaratoria
di  incostituzionalita'  non risulta diretta a risolvere un dubbio di
legittimita'  costituzionale,  ma  costituisce piuttosto un improprio
tentativo   di  ottenere  un  avallo  a  favore  di  una  determinata
interpretazione  della  normativa  censurata  (ex  multis,  ordinanza
n. 299 del 2006);
        che  questa  Corte ha, altresi', piu' volte affermato che «in
linea  di  principio,  le  leggi non si dichiarano costituzionalmente
illegittime    perche'    e'    possibile    darne    interpretazioni
incostituzionali  (e qualche giudice ritenga di darne), ma perche' e'
impossibile  darne  interpretazioni  costituzionali» (sentenze n. 301
del 2003 e n. 356 del 1996);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.