ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 2, e
9  della legge della Regione Marche 13 marzo 1995 n. 23 (Disposizioni
in  materia  di  trattamento indennitario dei Consiglieri regionali),
promosso con ordinanza del 6 aprile 2006 dalla Commissione tributaria
provinciale  di Macerata sul ricorso proposto da Grandinetti Fabrizio
contro  l'Agenzia  delle  entrate - ufficio di Tolentino, iscritta al
n. 384  del  registro  ordinanze  2006  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto l'atto di intervento della Regione Marche;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che  la Commissione tributaria provinciale di Macerata,
investita  di  un  ricorso  proposto da un contribuente nei confronti
dell'Agenzia  delle entrate - ufficio di Tolentino, con ordinanza del
6 aprile 2006, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale,
in   riferimento   all'art. 117,  comma  secondo,  lettera o),  della
Costituzione,  dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione Marche
13 marzo   1995,   n. 23  (Disposizioni  in  materia  di  trattamento
indennitario  dei  Consiglieri regionali), nella parte in cui prevede
che  sull'indennita' di carica spettante ai consiglieri regionali «e'
disposta altresi' una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per
cento,  a  titolo  di  contributo  per la corresponsione dell'assegno
vitalizio,  di  cui  all'articolo 9»,  nonche'  di detto art. 9 della
medesima legge regionale;
        che,  in  punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che
un  consigliere  regionale  ha  proposto  ricorso  avverso il rifiuto
tacitamente  opposto  dall'Agenzia  delle entrate alla sua istanza di
rimborso  della somma pagata, nell'anno 2002, a titolo di IRPEF sulla
trattenuta obbligatoria operata sulla indennita' di carica percepita,
a  norma  dell'art. 3 della legge regionale n. 23 del 1995, deducendo
la  non  sottoponibilita'  a  tassazione di tale trattenuta, ai sensi
dell'art. 48  (ora  51),  comma 2, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre
1986,   n. 917  (Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui
redditi),  e  che  la convenuta Amministrazione ha chiesto il rigetto
del ricorso, sull'assunto della natura non previdenziale dell'assegno
vitalizio  previsto  dall'art. 9  della  citata  legge  regionale  e,
quindi,  della  non  applicabilita'  al  caso di specie dell'invocato
art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986;
        che  l'art. 3,  comma 2, della legge regionale n. 23 del 1995
stabilisce,  riguardo  all'indennita' di carica dovuta ai consiglieri
della  Regione  Marche,  che su tale indennita' «e' disposta altresi'
una  trattenuta  obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo
di  contributo  per  la corresponsione dell'assegno vitalizio, di cui
all'articolo 9»,  il  quale,  a  sua volta, prevede che detto assegno
vitalizio  «compete  ai consiglieri regionali cessati dal mandato che
abbiano  compiuto  60  anni  di  eta'  e  che  abbiano  corrisposto i
contributi  di  cui  ai commi 2 e 3 dell'articolo 3 per un periodo di
almeno cinque anni di mandato o che abbiano esercitato la facolta' di
cui  all'articolo 14»,  aggiungendo  che  il medesimo assegno, «tanto
nella  forma  diretta  quanto  nella  forma  di reversibilita' di cui
all'articolo 16,  e'  cumulabile,  senza  detrazione alcuna, con ogni
altro  eventuale  trattamento  di  quiescenza  spettante, a qualsiasi
titolo, al consigliere cessato dal mandato o agli aventi diritto alla
reversibilita»;
        che,  poiche'  l'art. 51  (olim 48), comma 2, lettera a), del
d.P.R.  n. 917  del  1986  stabilisce che non concorrono a formare il
reddito  «i  contributi  previdenziali  e  assistenziali  versati dal
datore  di  lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di
legge»,  e'  necessario, ad avviso del giudice rimettente, verificare
«la  finalita'  previdenziale o meno» del contributo per accertare se
questo «sia o meno estraneo all'area dell'imposizione»;
        che,  a  giudizio  del rimettente, l'art. 9 sopra citato, nel
far  riferimento ad «ogni altro eventuale trattamento di quiescenza»,
da'  ad intendere che anche l'assegno vitalizio da esso previsto deve
essere  considerato  trattamento  di  quiescenza,  anche  perche' «le
disposizioni  della  legge regionale che lo disciplinano ricalcano la
struttura  propria  degli  istituti previdenziali e mutuano le regole
proprie dei vari regimi pensionistici»;
        che,  inoltre,  argomenti a favore della natura previdenziale
dell'assegno  di  cui  trattasi  sono desumibili dalla sentenza della
Corte  costituzionale  n. 289  del  1994, giacche' essa, pronunciando
sulla   questione  di  legittimita'  costituzionale  del  trattamento
tributario  degli  assegni vitalizi a favore dei parlamentari cessati
dalla  carica,  ha  affermato che trattasi di un «particolare tipo di
previdenza»,  il  quale  «ha  trovato  la sua origine in una forma di
mutualita'  (Casse  di  previdenza  per  i  deputati  ed  i  senatori
istituite  nel  1956) che si e' gradualmente trasformata in una forma
di  previdenza  obbligatoria  di carattere pubblicistico, conservando
peraltro un regime speciale che trova il suo assetto non nella legge,
ma in regolamenti interni delle Camere»;
        che,   ad   avviso   del  rimettente,  non  diversamente  dai
regolamenti  parlamentari, la legge regionale in questione ha «inteso
attribuire    natura    previdenziale    alle    trattenute   operate
sull'indennita'  di  carica  in  base  alle  regole vigenti in ordine
all'assicurazione    obbligatoria   di   invalidita',   vecchiaia   e
superstiti»,  atteso  che  essa,  prevedendo  l'assegno  in discorso,
«persegue  le  stesse  finalita'  ed  utilizza le medesime discipline
tipiche  delle  assicurazioni  sociali quali l'oggetto della tutela e
gli eventi considerati dagli artt. 9 e seguenti della stessa legge»;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione
di  legittimita'  costituzionale,  il  giudice  a  quo osserva che la
normativa   regionale   censurata,  avendo  finalita'  previdenziale,
rientra  nella  materia  «previdenza  sociale», che e' riservata alla
legislazione  esclusiva  dello  Stato  dall'art. 117,  comma secondo,
lettera o), Cost;
        che,  quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il  giudice
rimettente osserva che, ove le norme impugnate fossero legittime, «la
trattenuta,   in   quanto   diretta   a   finanziare  un  trattamento
previdenziale,  sarebbe  immune  da  prelievo  tributario»,  a  norma
dell'art. 51  (gia' 48), comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, mentre,
qualora   dette   norme   fossero   dichiarate  incostituzionali,  la
trattenuta   «dovrebbe   essere   restituita   all'avente  diritto  e
rientrerebbe   quindi   negli   emolumenti  retributivi  soggetti  ad
imposizione»;
        che e' intervenuta nel giudizio la Regione Marche, in persona
del   Presidente  della  Giunta,  la  quale  ha  chiesto  dichiararsi
inammissibile  o,  comunque,  infondata  la  questione, eccependo, in
primo  luogo,  l'inammissibilita'  della  questione  per non avere il
giudice rimettente assolto l'onere - piu' volte affermato dalla Corte
costituzionale   -   «di   verificare  la  concreta  possibilita'  di
attribuire  alla  norma  denunciata  un significato diverso da quello
censurato  e tale da superare i dubbi di legittimita' costituzionale»
(ordinanza  n. 322  del  2001)  e  per avere omesso di accedere a una
«interpretazione  adeguatrice  conforme  a  Costituzione»  (ordinanza
n. 107  del 2003), e, in secondo luogo, il difetto di rilevanza della
questione,  nella parte in cui investe l'art. 9 della legge regionale
n. 23  del  1995, non dovendo il giudice rimettente fare applicazione
di  tale  norma,  la quale disciplina l'assegno vitalizio, su cui non
v'e' controversia;
        che, nel merito, la pretesa natura previdenziale dell'assegno
vitalizio  e  della  relativa  trattenuta non e' desumibile ne' dalla
lettera  ne'  dalla  ratio  della  legge regionale n. 23 del 1995, la
quale  prevede,  tra l'altro, la reversibilita' non automatica bensi'
solo  volontaria  dell'assegno  (art. 14)  e  la  sospensione di esso
qualora   il   titolare  «venga  eletto  al  parlamento  europeo,  al
parlamento nazionale o ad altro consiglio regionale» (art. 15);
        che  la  natura previdenziale e' da escludere anche alla luce
della  sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1994, la quale,
riguardo  all'assegno  vitalizio  a  favore  dei parlamentari cessati
dalla  carica,  ha  affermato  che «l'assegno vitalizio, a differenza
della  pensione  ordinaria,  viene  a collegarsi ad una indennita' di
carica  goduta  in  relazione  all'esercizio  di un mandato pubblico:
indennita' che, nei suoi presupposti e nelle sue finalita', ha sempre
assunto,  nella  disciplina  costituzionale e ordinaria, connotazioni
distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di
pubblico   impiego»,   ed   ha   precisato   che   «il   legislatore,
nell'esercizio  della  discrezionalita' di fissare la base imponibile
per  i  redditi aventi carattere misto assistenziale e previdenziale,
puo'  anche  determinare  esclusioni o limitazioni in ordine a quanto
concorre a formare il reddito (ed in realta' la normativa applicabile
ha  subito  nel  tempo una serie di variazioni) - purche' in modo non
irragionevole  o  arbitrario  e senza discriminazioni o privilegi non
giustificati:  cfr.  sentenza  n. 289  del 1994 -, ma non e' tenuto a
escludere,  in ogni caso, dalla imposizione IRPEF i suddetti assegni,
che  possono  essere  considerati  come reddito e indice di capacita'
contributiva» (ordinanza n. 412 del 2000);
        che  il  legislatore  statale,  con  il  decreto  legislativo
2 settembre   1997,   n. 314   (Armonizzazione,  razionalizzazione  e
semplificazione    delle   disposizioni   fiscali   e   previdenziali
concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti
da  parte  dei datori di lavoro), ha introdotto nel d.P.R. n. 917 del
1986  l'art. 48-bis  -  attuale  art. 52, nel testo di cui al decreto
legislativo  12 dicembre  2003,  n. 344 (Riforma dell'imposizione sul
reddito  delle societa', a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile
2003,  n. 80) -, il quale, al comma 1, lettera b), stabilisce che gli
assegni  vitalizi  «sono assoggettati a tassazione per la quota parte
che  non  deriva  da  fonti  riferibili  a  trattenute  effettuate al
percettore gia' assoggettate a ritenute fiscali»;
        che,  pertanto,  l'assegno  vitalizio  ha  «natura  di vera e
propria  indennita'  correlata alla carica di consigliere regionale»,
tanto che la Regione Marche, proprio con la legge regionale n. 23 del
1995,  ha soppresso il «Fondo di accantonamento dei consiglieri della
Regione  Marche»,  facendo  cosi'  gravare  gli  assegni  vitalizi ai
consiglieri cessati dalla carica sul bilancio regionale;
        che l'eventuale accoglimento della questione comporterebbe il
rimborso   non   solo   della  ritenuta  IRPEF  (come  richiesto  dal
ricorrente),  ma  dell'intera  trattenuta  operata sull'indennita' di
carica,  e  cio'  determinerebbe violazione dell'art. 3 Cost., per la
disparita'  di  trattamento  che  ne  deriverebbe  fra  i consiglieri
regionali cessati dalla carica e i parlamentari ugualmente cessati.
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Macerata
dubita, in riferimento all'art. 117, comma secondo, lettera o), della
Costituzione   della   legittimita'   costituzionale  degli  artt. 3,
comma 2,  e  9  della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23
(Disposizioni  in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri
regionali),  nella  parte in cui il primo prevede che sull'indennita'
di  carica  spettante  ai consiglieri regionali «e' disposta altresi'
una  trattenuta  obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo
di  contributo  per  la corresponsione dell'assegno vitalizio, di cui
all'articolo 9»,  e  quest'ultimo  disciplina  l'assegno  vitalizio a
favore dei consiglieri regionali cessati dalla carica;
        che  la  questione di legittimita' costituzionale e' estranea
all'oggetto  del  giudizio  a  quo,  dal  momento  che la Commissione
rimettente  e'  chiamata  a  pronunciarsi  su una domanda di rimborso
delle   somme   prelevate   a  titolo  di  IRPEF,  e  pertanto  sulla
assoggettabilita'  a  prelievo fiscale della trattenuta operata sulla
indennita'  di  carica,  laddove la questione sollevata investe il se
sull'indennita'  di  carica possa operarsi tale trattenuta e se possa
riconoscersi   ai   consiglieri   cessati  dalla  carica  un  assegno
vitalizio;
        che,  ponendosi per il giudice rimettente l'esistenza di tale
trattenuta come un fatto in ordine al quale e' chiamato a determinare
il  regime  fiscale  (se  assoggettata  o  non  a prelievo IRPEF), la
questione di legittimita' costituzionale sollevata e' irrilevante nel
giudizio a quo e, pertanto, manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.