ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli articoli 70 e 71
del   codice   di   procedura  penale,  promosso  con  ordinanza  del
20 febbraio  2006  dal  Tribunale di Latina nel procedimento penale a
carico  di  G.B.,  iscritta  al  n. 218 del registro ordinanze 2006 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 marzo 2007 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  pronunciata il 20 febbraio 2006 e
pervenuta a questa Corte il 10 giugno 2006, il Tribunale di Latina in
composizione    collegiale,   chiamato   a   pronunciarsi   in   sede
dibattimentale sulla responsabilita' penale di un imputato colpito da
infermita'   mentale,   ha   sollevato   questioni   di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 70  e 71 del codice di procedura penale,
per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, 111, secondo comma,
e 112 della Costituzione;
        che,   premette   il  giudice  a  quo,  l'infermita'  mentale
dell'imputato  e'  stata  accertata  tramite  perizia  ed  e' tale da
impedirne la cosciente partecipazione al processo;
        che  essa,  aggiunge il rimettente, e' inoltre «cronica e non
transeunte», vale a dire non superabile con il decorso del tempo;
        che  in  tali condizioni, prosegue il Tribunale di Latina, le
norme  censurate impongono di sospendere il processo con ordinanza, e
di  rinnovare  ogni sei mesi gli accertamenti peritali sullo stato di
mente  dell'imputato,  senza  stabilire invece che si debba «emettere
sentenza  per  sopravvenuta  incapacita' a partecipare attivamente al
dibattimento»;
        che  tale  omissione  normativa  pare  al  giudice  a  quo in
contrasto  anzitutto  con gli artt. 24, 111 e 112 della Costituzione,
poiche'  consentirebbe  una  «durata illimitata» del processo penale,
che,  viceversa,  dovrebbe concludersi «in tempi ragionevoli», per di
piu' sospendendo il corso della prescrizione;
        che  essa  verrebbe  percio'  a  confliggere  con  lo  stesso
esercizio   del   diritto  di  difesa  e  comunque  con  la  garanzia
costituzionale  di  ragionevole  durata  del processo, vanificando la
propria ratio, «dettata a tutela dell'imputato»;
        che,   in   secondo   luogo,  le  norme  oggetto  di  censura
violerebbero  l'art. 3  della  Costituzione,  poiche' equiparerebbero
irragionevolmente «due situazioni ontologicamente diverse», quali gli
effetti dell'infermita' mentale «cronica» e di quella «transeunte»;
        che  la  soluzione  costituzionalmente obbligata per superare
tale dedotta illegittimita' costituzionale consisterebbe, conclude il
rimettente,  nel  «consentire  al  giudice di emettere sentenza (...)
meramente processuale e non produttiva di effetti preclusivi compresi
quelli di cui all'art. 649 cod. proc. pen.».
    Considerato  che  il  Tribunale  di Latina dubita, in riferimento
agli  artt. 3,  24,  secondo  comma,  111, secondo comma, e 112 della
Costituzione,  della  legittimita' costituzionale degli artt. 70 e 71
del  codice di procedura penale, nella parte in cui essi impongono al
giudice  di sospendere il procedimento penale, ove l'imputato non sia
in  grado  di  partecipare  coscientemente al processo per infermita'
mentale,  anziche'  di pronunciare sentenza «meramente processuale» e
«non produttiva di effetti preclusivi»;
        che  la questione avente ad oggetto l'art. 70 cod. proc. pen.
e'  manifestamente  inammissibile  per  difetto di rilevanza, poiche'
tale  disposizione,  che  si  limita a disciplinare gli «accertamenti
sulla  capacita' dell'imputato», anteriori e prodromici all'eventuale
adozione  dell'ordinanza  di  sospensione  del  procedimento, e' gia'
stata  applicata  dal  giudice  a  quo, che infatti dichiara di avere
preliminarmente accertato l'infermita' mentale dell'imputato, tramite
perizia psichiatrica;
        che,  quanto  alla questione concernente l'art. 71 cod. proc.
pen.,   il  rimettente  lamenta  anzitutto  che  la  sospensione  del
procedimento lede la garanzia costituzionale della ragionevole durata
del   processo,   assicurata   dall'art. 111,  secondo  comma,  della
Costituzione,  nonche'  il  diritto di difesa dell'imputato (art. 24,
secondo  comma, della Costituzione) e il principio di obbligatorieta'
dell'azione penale (art. 112 della Costituzione);
        che,  quale  soluzione ritenuta costituzionalmente obbligata,
il  giudice a quo invoca l'introduzione, da parte di questa Corte, di
una  regola  processuale alternativa e sostitutiva di quella vigente,
consistente  nella  pronuncia  di  una  non meglio precisata sentenza
dotata di effetti «meramente processuali»;
        che  analoga  questione di costituzionalita', cosi' sollevata
con riguardo all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, e' gia'
stata  dichiarata  manifestamente  inammissibile  da questa Corte con
l'ordinanza  n. 33  del 2003, ove si e' rilevato che un intervento di
tal  natura,  «oltre  a  rientrare, quanto a casi e disciplina, nella
esclusiva  sfera della discrezionalita' legislativa», «riverbererebbe
i   suoi   effetti  anche  sul  piano  del  decorso  dei  termini  di
prescrizione   del  reato»,  «cosi'  vanificando  l'eventuale  futura
"ripresa"  del  procedimento,  ove,  in  ipotesi risultasse errata la
prognosi    di   irreversibilita'   della   incapacita'   processuale
dell'imputato» (si veda anche l'ordinanza n. 298 del 1991);
        che  questa  Corte  ha  parimenti  gia'  ritenuta non fondata
analoga questione, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 112 della
Costituzione,  affermando  che  non  e'  «ravvisabile una lesione del
diritto  di  difesa,  derivando, anzi, dalla sospensione del processo
l'impossibilita'  che venga pronunciata una decisione di condanna nei
confronti  di una persona che, non potendo partecipare coscientemente
al  processo, non e' in grado di difendersi», poiche' «fra il diritto
di essere giudicato (che non esclude che all'esito del giudizio venga
pronunciata  condanna)  e il diritto di autodifendersi deve, infatti,
ritenersi prevalente quest'ultimo» (sentenza n. 281 del 1995);
        che  questa  Corte  ha in tale sentenza ritenuto altresi' che
«non   appare  vulnerato  neppure  il  principio  di  obbligatorieta'
dell'azione  penale  perche', a parte la possibilita' per il pubblico
ministero  di  compiere le indagini nei limiti previsti dall'art. 70,
terzo  comma, del codice di procedura penale, l'esercizio dell'azione
penale  e'  solo  sospeso  a  tutela  del  diritto costituzionalmente
tutelato all'autodifesa»;
        che,  infine,  il  rimettente  ritiene violato l'art. 3 della
Costituzione,   poiche'   la   norma  denunciata  equiparerebbe  «due
situazioni   ontologicamente  diverse»,  quali  l'infermita'  mentale
«cronica» e quella «transeunte»;
        che,   viceversa,   tale   assimilazione   appare  del  tutto
corrispondente  alla ratio sottesa all'art. 70 cod. proc. pen., posto
che  in  entrambe le ipotesi l'imputato si trova menomato, fino a che
perdura  immutata  l'infermita'  di mente, nella propria «liberta' di
autodeterminazione»  (sentenza  n. 281  del  1995 cit.), coessenziale
all'esercizio  del  diritto  di  difesa,  sicche'  il  legislatore ha
ritenuto di prevedere la sospensione del procedimento;
        che,  pertanto,  anche  tale  questione appare manifestamente
infondata.