ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 3,
della   legge   della   Regione   Campania   12 novembre  2004,  n. 8
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della  Regione  Campania  -  Legge  finanziaria  regionale  2004),  e
dell'art. 17,  comma 1,  della  legge della Regione Campania 5 agosto
1999,   n. 5   (Disposizioni  di  finanza  regionale),  promosso  con
ordinanza del 24 novembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale
della   Campania,  sede  di  Napoli,  sui  ricorsi  riuniti  proposti
dall'Azienda  Napoletana  Mobilita'  S.p.a.  (A.N.M.) e dal comune di
Napoli  contro  la  Regione  Campania, iscritta al n. 17 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 5, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'A.N.M.  e  del comune di
Napoli;
    Udito  nell'udienza pubblica del 6 marzo 2007 il giudice relatore
Paolo Maria Napolitano;
    Uditi gli avvocati Orazio Abbamonte per l'A.N.M. e Giovanni Leone
per il comune di Napoli.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Con   ordinanza   del   24 novembre  2005  il  Tribunale
amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, nel corso di
due  giudizi  riuniti  pendenti  tra  l'Azienda  Napoletana Mobilita'
S.p.a.  (A.N.M.)  e  il  comune di Napoli, da una parte, e la Regione
Campania,  dall'altra,  ha  sollevato, in relazione agli artt. 3, 97,
117,   123  e  127  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 1,  comma 3,  della  legge della Regione
Campania  12 novembre  2004, n. 8 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale  e  pluriennale  della  Regione  Campania  -  Legge
finanziaria regionale 2004), e 17, comma 1, della legge della Regione
Campania 5 agosto 1999, n. 5 (Disposizioni di finanza regionale).
    Il  Tribunale  amministrativo regionale premette che con distinti
ricorsi  di  analogo  tenore  sia  l'A.N.M. che il comune di Napoli -
quest'ultimo   in   quanto  unico  azionista  dell'A.N.M.  -  avevano
impugnato  il  provvedimento con il quale l'Amministrazione regionale
campana,   avvalendosi   della   riapertura   dei   termini  prevista
dall'art. 1,  comma 3,  della  legge  regionale  n. 8 del 2004, aveva
determinato  l'ammontare  dei  conguagli  dei contributi di esercizio
erogati  all'A.N.M.  per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, disponendo
il  recupero,  con  successivi  provvedimenti,  del  saldo negativo a
carico dell'A.N.M.
    Riferendo  i  fatti  di  causa,  il  rimettente  precisa  che  la
Amministrazione  regionale  gia' nel marzo del 2000 aveva determinato
l'ammontare  dei  conguagli  in  questione,  avvalendosi,  in  quella
circostanza,  della  riapertura  dei termini stabilita con l'art. 17,
comma 1, della legge regionale n. 5 del 1999.
    Impugnati   i   relativi  provvedimenti  di  fronte  allo  stesso
Tribunale   amministrativo  regionale  della  Campania,  questo,  con
sentenza  n. 6558  del  2002, rilevatane l'adozione oltre il termine,
ritenuto perentorio, previsto dall'art. 17 della legge regionale n. 5
del 1999, li aveva annullati.
    Il  rimettente  prosegue  facendo presente che e' successivamente
intervenuta  la  legge  regionale  n. 8  del  2004  che,  all'art. 1,
comma 3,  ha  differito  di  altri  90  giorni, a decorrere dalla sua
entrata  in  vigore,  il  termine  gia' prorogato col citato art. 17,
comma 1, della legge regionale n. 5 del 1999.
    Essendo  stato  nuovamente  determinato,  entro  questo ulteriore
termine,  l'ammontare  dei  conguagli,  il  relativo provvedimento e'
stato  impugnato  sia  dall'A.N.M.  che  dal  comune  di  Napoli  nei
confronti della Regione Campania.
    2. - Il rimettente, ritenuta la propria giurisdizione - pur nella
consapevolezza della esistenza di diversi orientamenti sul punto, tra
i  quali  quello espresso dal Consiglio di Stato, cui dichiaratamente
aderisce,  secondo  il  quale  la  disciplina  dei finanziamenti alle
aziende  di  trasporto  pubblico  locale  afferisce  alla materia dei
pubblici  servizi  ed e' in essa rinvenibile l'esercizio di un potere
autoritativo  pubblico  -  osserva  che  gia'  nella legge quadro sui
servizi  di  trasporto  pubblici 10 aprile 1981, n. 151 (Legge quadro
per   l'ordinamento,  la  ristrutturazione  e  il  potenziamento  dei
trasporti  pubblici  locali.  Istituzione  del Fondo nazionale per il
ripiano  dei  disavanzi  di  esercizio  e  per  gli  investimenti nel
settore),  era  prevista  la  erogazione  da  parte  delle Regioni di
contributi  per  l'esercizio  del  servizio  di  trasporto locale. Fa
altresi' presente che, per quel che riguarda la Regione in questione,
i  principi e le procedure per la loro erogazione sono dettati, oltre
che  dalla  citata  legge  n. 151 del 1981, dalla legge della Regione
Campania  25 gennaio  1983, n. 16 (Interventi regionali in materia di
servizi di trasporto pubblico locale per viaggiatori).
    In  particolare, la legge regionale n. 16 del 1983 prevedeva che,
entro  il  31 dicembre  dell'anno  precedente  a  quello di effettiva
erogazione,  fosse  determinato,  sulla  base della differenza fra il
costo  previsto  del  servizio  ed i presunti ricavi, l'ammontare dei
contributi  che  la  Regione  avrebbe  versato  a ciascuna azienda di
trasporto.   I   contributi   erano  versati  con  pagamenti  rateali
trimestrali  anticipati  soggetti  ad  un  successivo  conguaglio che
doveva   avvenire,   ai   sensi  dell'art. 10  della  medesima  legge
regionale,  entro  il  31 maggio  dell'anno successivo a quello cui i
contributi si riferivano.
    In  deroga  a  quest'ultima disposizione, tale termine era stato,
una   prima   volta,  differito,  quanto  ai  conguagli  relativi  al
quadriennio  1994/1997,  dall'art. 17, comma 1, della legge regionale
n. 5  del  1999  al compimento del terzo mese successivo alla data di
entrata in vigore della suddetta legge.
    Ma,  secondo  quanto  riferito  dal rimettente, avendo la Regione
provveduto  alla  determinazione  dei conguagli oltre la scadenza del
nuovo  termine, i relativi provvedimenti erano stati annullati con la
ricordata  sentenza  del  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Campania n. 6558 del 2002.
    Successivamente,  prosegue  il  rimettente,  il termine era stato
nuovamente  differito,  dall'art. 1,  comma 1,  della legge regionale
n. 8  del  2004, di novanta giorni dalla data di entrata in vigore di
tale legge.
    Avvalendosi di questa normativa, l'Amministrazione aveva disposto
i   conguagli   per   il   predetto   quadriennio,   pervenendo  alla
determinazione  di  un  saldo  passivo  a  carico  della  A.N.M.,  da
recuperare con successivi provvedimenti.
    3.  - Tanto premesso, il Tribunale amministrativo regionale della
Campania  ha  sollevato  la  questione di legittimita' costituzionale
degli  artt. 1,  comma 3,  della  legge  regionale n. 8 del 2004 e 17
della  legge  regionale  n. 5 del 1999, ravvisandone il contrasto con
gli artt. 3, 97, 117, 123 e 127 della Costituzione.
    Secondo  il  Tribunale  amministrativo,  le  due  norme censurate
violerebbero  l'art. 97 della Costituzione, in relazione al principio
di buon andamento dell'amministrazione.
    Osserva,  al riguardo, il Tribunale amministrativo regionale che,
secondo    la   giurisprudenza   della   Corte   costituzionale,   e'
riscontrabile  la violazione del principio di buon andamento tutte le
volte  in cui la disciplina impugnata sia arbitraria e manifestamente
irragionevole,   e  di  cio'  sarebbe  indice  la  «carenza  di  ogni
valutazione  degli  elementi in ordine alla situazione concreta sulla
quale  la legge e' chiamata ad incidere o [...] l'evidente incoerenza
del  provvedimento  legislativo  in  relazione all'interesse pubblico
perseguito» (sentenze n. 134 del 1996 e n. 306 del 1995).
    Nel  caso  in  oggetto,  ritiene il rimettente, la riapertura del
termine  andrebbe  ad  incidere su situazioni risalenti a circa dieci
anni  addietro,  senza  che  il  legislatore regionale abbia valutato
l'impatto  di  tale disposizione retroattiva sugli interessi pubblici
coinvolti.
    Ad  avviso  del  giudice  a quo, infatti, la disciplina censurata
potrebbe  pregiudicare,  attraverso  la  reviviscenza  di  debiti  di
considerevole  entita',  la  solidita' stessa del debitore che svolge
una   attivita',  cioe'  la  gestione  di  un  servizio  pubblico  di
trasporto,   la   cui   sostenibilita'  dipende  dalla  contribuzione
pubblica.
    Per effetto della applicazione delle norme censurate sarebbe lesa
la   stessa   funzionalita'  del  servizio  pubblico,  in  violazione
dell'art. 97 della Costituzione.
    Per  il  rimettente,  la  disciplina  censurata, consentendo alla
Regione   di  modificare  situazioni  sostanziali  gia'  definite  da
numerosi    anni,    violerebbe,   altresi',   il   principio   della
ragionevolezza,  nonche'  i principi di tutela dell'affidamento nella
coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico.
    La lesione dei valori costituzionali evocati, motivata solo dalla
possibilita'  in  tal  modo  concessa  alla Regione di rimediare alla
inosservanza  da  parte  sua di termini ormai da lungo tempo scaduti,
realizzerebbe  una  ipotesi  di  eccesso  di  potere legislativo, con
conseguente  violazione  dei  parametri  costituzionali,  di cui agli
artt. 117,  123  e  127,  che  non  possono  essere disattesi ne' dal
legislatore nazionale ne' da quello regionale.
    Infine,  il  rimettente  dubita della legittimita' costituzionale
delle  norme  denunciate  per  contrasto col principio di uguaglianza
sancito  dall'art. 3  della  Costituzione. Infatti, per effetto delle
disposizioni   censurate,   il  termine  per  la  determinazione  dei
conguagli  viene  si' riaperto, ma non per l'intero periodo in cui ha
trovato  applicazione  la  legge  regionale  n. 16  del  1983, bensi'
limitatamente ai soli anni dal 1994 al 1997.
    Ad   avviso  del  rimettente,  cio'  creerebbe  un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  fra  aziende che hanno egualmente goduto
delle  contribuzioni  regionali:  in  particolare,  per  i contributi
erogati  negli anni dal 1994 al 1997 e, quindi, per le aziende che in
tali  anni ne hanno beneficiato. Infatti, per il suddetto quadriennio
il  termine  per  la  determinazione  dei conguagli e' il 15 febbraio
2005,  mentre per tutti gli altri anni, sia precedenti che successivi
a  quelli  prima indicati, il termine per i conguagli e' il 31 maggio
dell'anno successivo a quello di erogazione dei contributi.
    Tale  disparita' di trattamento, fondata esclusivamente sull'anno
di  erogazione  del  contributo,  pare al rimettente in contrasto con
l'art. 3 della Costituzione.
    4.  -  Si  e' costituita nel giudizio di fronte a questa Corte la
A.N.M.,  concludendo  per l'accoglimento della sollevata questione di
legittimita' costituzionale.
    Ricostruite  la  funzione  dei  contributi  stabiliti dalla legge
statale  n. 151  del  1981  in favore delle aziende che esercitano il
trasporto  pubblico e le finalita' delle relative normative regionali
di   dettaglio,  la  difesa  dell'A.N.M.,  esaminando  i  profili  di
incostituzionalita'  dedotti  dal Tribunale amministrativo regionale,
rileva  che,  quanto alla violazione dell'art. 97 della Costituzione,
il  contrasto  con  il  principio  di  buon  andamento della funzione
pubblica   affidata   all'Azienda   si  realizzerebbe  attraverso  la
imputazione ai bilanci in corso di passivita' pregresse, per le quali
non  sono  ne'  previsti  ne' prevedibili i mezzi per farvi fronte, a
meno  di  non  voler  utilizzare  quelli  disponibili per l'esercizio
corrente  dell'Azienda, il che, pero', ne determinerebbe la paralisi,
in netta antitesi con gli scopi istituzionali.
    Riguardo alla dedotta violazione del principio di affidamento, la
parte  privata  ne  ricorda la fondamentale funzione, consistente nel
rendere  possibile ai soggetti di confidare sulla «tenuta del sistema
nella sua continuita».
    Infine, riguardo alla dedotta disparita' di trattamento, la parte
privata  la riscontra non solo nei termini ipotizzati dal rimettente,
ma  anche  fra quanti, per effetto dei conguagli, non possono piu', a
causa  del  dissesto  finanziario  derivante  dai  conguagli  stessi,
autogestirsi  e  quanti,  invece,  esentati  da quelli, conservano il
potere di gestione.
    Conclude  la  difesa  dell'A.N.M.  concordando  col rimettente in
ordine  alla  evocazione  anche  degli  artt. 117,  123  e  127 della
Costituzione,  risultando  violato, sul piano degli effetti, anche il
limite  cui  deve  attenersi  l'esercizio  della potesta' legislativa
regionale.
    5. - Si e', altresi', costituito in giudizio il comune di Napoli,
anch'esso  concludendo per l'accoglimento della prospettata questione
di costituzionalita'.
    Ribadita  la  rilevanza  della  questione  e  ripercorsi i tratti
fondamentali  della disciplina in materia di contributi in favore dei
gestori  di  servizi  di  trasporto  pubblico, il comune di Napoli si
associa al rimettente con riferimento sia al dedotto contrasto tra le
norme  censurate e il principio di buon andamento, di cui all'art. 97
della   Costituzione,  nel  quale  sono  compresi  la  funzionalita',
l'organizzazione   e   il   coerente  perseguimento  delle  finalita'
pubbliche,  sia  riguardo al difetto di ragionevolezza delle medesime
norme.
    Aggiunge  il  comune  che la questione sollevata involge i limiti
che  l'ordinamento  costituzionale  fissa  al legislatore quanto alla
possibilita' di incidere retroattivamente sulle posizioni giuridiche.
Al  riguardo, richiamata la giurisprudenza della Corte costituzionale
in  materia,  la difesa del comune di Napoli rileva che e' certamente
irragionevole  una  disposizione  che  riapre  un termine dopo che lo
stesso  e'  scaduto  da  diversi  anni.  Una disposizione del genere,
aggiunge  la difesa del comune, in quanto applicabile per il passato,
viene a frustrare «l'affidamento dei soggetti destinatari della norma
originaria  nella possibilita' di operare sulla base delle condizioni
normative  presenti  nell'ordinamento  in un dato periodo storico», e
cio'  in  assenza  di  altri,  prevalenti,  valori costituzionalmente
rilevanti.
    Conclude  la  difesa del comune concordando col rimettente quanto
al  dedotto  contrasto fra le disposizioni censurate e l'art. 3 della
Costituzione  per  violazione  del principio di uguaglianza: infatti,
modificando  la  disciplina  dei  termini per operare i conguagli con
riferimento  agli anni dal 1994 al 1997, sarebbe stata introdotta una
inammissibile  disparita'  di  trattamento  fra  le aziende che hanno
percepito  i contributi per tali anni e quelle che li hanno percepiti
per altri anni.
    6.  -  In  prossimita'  della  udienza pubblica, hanno depositato
memorie illustrative sia il comune di Napoli sia la A.N.M.
    Quest'ultima,  richiamate  le precedenti difese, ribadisce che le
norme censurate, riaprendo un termine gia' spirato, si caratterizzano
per essere retroattive. Peraltro, aggiunge la Azienda, in questo caso
vi  e' la peculiarita' che il soggetto che beneficia della riapertura
del termine e' lo stesso che ha emanato le leggi denunciate.
    Il  comune  di  Napoli,  a  sua volta, conferma le gia' formulate
conclusioni,  insistendo  sulla  violazione  del  principio  di  buon
andamento,  derivante dalla irragionevolezza da cui sarebbero viziate
le norme censurate.
    Sarebbe,   infatti,   contrario  a  ragionevolezza  rimettere  in
discussione,  a  distanza  di  anni,  i  criteri  in  base ai quali i
contributi  - la cui finalita' e' di garantire l'equilibrio economico
finanziario  del  servizio  di trasporto pubblico locale - sono stati
erogati.
    Inoltre,  la  circostanza che i contributi erogati all'A.N.M. non
sono  stati  oggetto  di  contestazione ha fatto sorgere nell'Azienda
l'affidamento nella loro stabilita'.
    Ricordato,  poi,  che  le  disposizioni  censurate  si pongono in
contrasto  con  la  regola  di annualita' del bilancio, la difesa del
comune,    richiamati,   ancora,   gli   orientamenti   della   Corte
costituzionale  sui  limiti  di  legittimita' che incontrano le leggi
retroattive,   ribadisce  che  dette  disposizioni  incidono  su  una
situazione   giuridica   ormai   consolidata,   violando   per   cio'
l'affidamento  sulla  stabilita'  delle  posizioni  soggettive.  Tale
lesione  non e' sorretta da alcuna legittima giustificazione, essendo
volta  solo  a  rimediare alla inosservanza, da parte della struttura
amministrativa regionale, di termini legislativamente stabiliti.
    Confermata,  infine,  la  adesione ai profili di censura relativi
alla   disparita'   di   trattamento   derivante  dalle  disposizioni
impugnate,  la  difesa  del  comune  insiste  nell'accoglimento della
questione di legittimita' costituzionale.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede
di  Napoli,  dubita,  in  relazione  agli artt. 3, 97, 117, 123 e 127
della  Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 1,
comma 3,  della  legge  della Regione Campania 12 novembre 2004, n. 8
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della  Regione  Campania  -  Legge finanziaria regionale 2004), e 17,
comma 1,  della  legge  della  Regione  Campania  5 agosto 1999, n. 5
(Disposizioni  di  finanza  regionale), nella parte in cui prevedono,
quanto  alla  disposizione  contenuta  nella legge regionale n. 5 del
1999, che, in deroga a quanto disposto dall'art. 10 della legge della
Regione  Campania  25 gennaio  1983,  n. 16  (Interventi regionali in
materia  di servizi di trasporto pubblico locale per viaggiatori), il
termine  entro il quale la Giunta regionale determina l'ammontare dei
conguagli da operare sui contributi di esercizio versati in acconto a
favore  delle aziende di trasporto pubblico locale relativamente agli
anni 1994,  1995,  1996  e 1997, originariamente fissato al 31 maggio
dell'anno  successivo  a  quello  cui il contributo si riferisce, sia
differito a tre mesi dalla entrata in vigore della legge medesima, e,
quanto  alla  disposizione  contenuta  nella legge regionale n. 8 del
2004,  che  il  termine  di  cui sopra sia ulteriormente differito di
novanta  giorni dalla data della entrata in vigore della stessa legge
regionale n. 8 del 2004.
    2.1.   -  In  via  preliminare,  quanto  alla  giurisdizione  del
rimettente,  osserva  questa  Corte  che il giudice a quo, dato conto
della  esistenza  di  diversificati orientamenti giurisprudenziali in
materia,  motiva  in  maniera  non  implausibile,  facendo proprio un
orientamento  espresso  dal  Consiglio  di  Stato,  riguardo alla sua
giurisdizione sulla pretesa di fronte a lui azionata.
    Questa circostanza, tenuto conto della costante giurisprudenza di
questa  Corte,  secondo la quale «la inammissibilita' delle questioni
incidentali  di  legittimita'  costituzionale, sotto il profilo della
carenza  della  giurisdizione del giudice a quo puo' verificarsi solo
quando  il  difetto  di  giurisdizione  emerga in modo macroscopico e
manifesto,  cioe'  ictu  oculi» (ex multis, sentenze n. 144 del 2005,
n. 179  del  1999  e  n. 98  del 1997; nonche' l'ordinanza n. 167 del
1997),  vale  di per se' ad escludere la inammissibilita', sotto tale
profilo, della questione prospettata.
    2.2  - Sempre in via preliminare, non v'e', infine, dubbio che la
sollevata  questione  sia  rilevante nel giudizio a quo dato che esso
verte  sulla  legittimita'  o  meno  del  provvedimento  con  cui, in
applicazione  delle due disposizioni censurate, e' stato determinato,
ben  oltre  la scadenza del termine indicato dall'art. 10 della legge
regionale della Campania n. 16 del 1983, l'ammontare dei conguagli da
operare sui contributi di esercizio versati a favore delle aziende di
trasporto  pubblico locale relativamente agli anni 1994, 1995, 1996 e
1997.  Pertanto,  il  rimettente  deve  valutare,  alla stregua delle
disposizioni    censurate,   la   tempestivita'   del   provvedimento
amministrativo di fronte a lui impugnato.
    3.  -  Il  rimettente  censura  le due disposizioni denunciate in
quanto,  a  suo  avviso,  le medesime determinano, in successione, la
duplice riapertura di un termine procedimentale, ritenuto perentorio,
senza  che  tale  effetto  trovi una sua giustificazione sia sotto il
profilo  della  ragionevolezza  sia  sotto  quello  del  rispetto del
principio   di   buona   amministrazione,   essendo,   invece,   esse
esclusivamente  finalizzate a rimediare all'avvenuta inosservanza, da
parte   della  struttura  amministrativa  regionale,  dell'originario
termine,  inutilmente  decorso  senza  che  fosse  stata  operata  la
determinazione  dell'ammontare  dei conguagli di cui all'art. 2 della
legge  regionale  n. 16 del 1983. Aggiunge il rimettente che, essendo
stato  riaperto  il  detto  termine  solo  con  riferimento  a talune
annualita', il legislatore regionale, dettando una duplice disciplina
per   situazioni   diversificate   solo   in  relazione  all'anno  di
riferimento   del   conguaglio,  avrebbe,  altresi',  realizzato  una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  di posizioni che, per il
resto, sono fra loro identiche.
    4.1. - La questione e' fondata.
    4.2.  -  Deve  concordarsi  con  il  rimettente  in  ordine  alla
perentorieta' del termine previsto dall'art. 10 della legge regionale
n. 16  del  1983.  Depongono,  in tal senso, argomenti sia logici sia
funzionali.  E'  lo  stesso  legislatore  regionale  che,  con le due
disposizioni    oggetto    di    censura,   detta   una   sostanziale
interpretazione autentica della disposizione originaria. Infatti, ove
l'art. 17,  comma 1, della legge della Regione Campania n. 5 del 1999
e  l'art. 1,  comma 3,  della  successiva  legge  n. 8  del  2004 non
avessero  avuto  come presupposto interpretativo la perentorieta' del
termine  stabilito dal citato art. 10 della legge regionale n. 16 del
1983,  priva di senso sarebbe stata la loro stessa adozione, dato che
hanno come unico contenuto l'espressa previsione di una disciplina in
deroga alla scadenza del termine in questione.
    E',  del  resto,  la  stessa  analisi  letterale  dei  due  testi
normativi  censurati  che  fa  pervenire  a  questa  conclusione. Nel
comma 1  dell'art. 17  della legge regionale n. 5 del 1999 si prevede
che   «In  deroga  a  quanto  disposto  all'articolo 10  della  legge
regionale  25 gennaio  1983,  n. 16,  la  Giunta regionale determina,
entro  tre  mesi  dalla  entrata  in  vigore  della presente legge, i
conguagli  dei  contributi  di  esercizio  erogati in acconto per gli
anni 1994,  1995,  1996  e  1997».  Questa  disposizione  della legge
regionale, nel prorogare il termine per i conguagli, reca, prevedendo
che quanto essa sancisce avvenga «in deroga» rispetto alla precedente
normativa,   una   interpretazione   autentica,   implicita   ma  dal
significato univoco, del contenuto dell'art. 10 della legge regionale
n. 16 del 1983 e, quindi, del valore da attribuire al termine in esso
previsto.
    Analoga  lettura  deve  darsi del comma 3 dell'art. 1 della legge
regionale  n. 8  del  2004, il quale dispone che «il termine previsto
dalla  legge regionale 5 agosto 1999, n. 5, articolo 17, e' differito
di  novanta  giorni  dalla  data  di entrata in vigore della presente
legge».  Anche esso, facendo riferimento a quanto prevedeva l'art. 17
della  legge  n. 5  del  1999,  e'  derogatorio del termine stabilito
nell'art. 10  della  legge  Regione Campania n. 16 del 1983 del quale
riafferma,  dopo  che il locale Tribunale amministrativo regionale si
era pronunciato in tal senso, la perentorieta'.
    L'argomento   funzionale   e'   legato   al  fatto  che  solo  la
individuazione  di  un termine perentorio consente di determinare con
la  necessaria precisione, alla scadenza del termine stesso, lo stato
finanziario,  da rappresentare nei documenti contabili, delle aziende
di trasporto pubblico che beneficiano dei contributi in questione.
    4.3.  -  Riguardo  a questa ultima affermazione risulta opportuno
anche  un  attento  esame  di  quanto  ha disposto la legge quadro in
materia  e,  soprattutto,  delle interrelazioni che essa ha stabilito
tra  le  varie  fasi che contribuiscono a formare il disegno organico
che la suddetta legge e' venuta a comporre relativamente al trasporto
pubblico locale.
    La  legge 10 aprile 1981, n. 151 (Legge quadro per l'ordinamento,
la  ristrutturazione  ed  il  potenziamento  dei  trasporti  pubblici
locali.  Istituzione del Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi
di   esercizio  e  per  gli  investimenti  nel  settore),  dopo  aver
precisato,  all'art. 1,  che  in  essa  sono  stabiliti  «i  principi
fondamentali  cui  le  regioni  a  statuto ordinario devono attenersi
nell'esercizio  delle  potesta'  legislative  e di programmazione, in
materia  di  trasporti pubblici locali», ha previsto, alla lettera c)
dell'art. 2,  che le Regioni «nell'ambito delle loro competenze [...]
adottano  programmi  poliennali  o annuali di intervento, sia per gli
investimenti sia per l'esercizio dei trasporti pubblici locali».
    Dopo  che  nel  primo  comma  dell'art. 5  viene  previsto che «i
contributi  per  l'esercizio  e  per  gli  investimenti  di  cui alla
lettera c)  dell'art. 2,  relativi  ai  servizi di trasporto pubblico
locale  di cui al primo comma dell'art. 1, sono erogati dalla regione
direttamente  ovvero  tramite gli enti» locali o i loro consorzi, nel
successivo  art. 6  si prevede che «i contributi di esercizio, di cui
all'articolo 5,  sono erogati dalla regione, sulla base di principi e
procedure   stabiliti   con   legge  regionale,  con  l'obiettivo  di
conseguire   l'equilibrio   economico  dei  bilanci  dei  servizi  di
trasporto  e  sono  determinati  annualmente  calcolando: a) il costo
economico  standardizzato  del  servizio  con riferimento a criteri e
parametri  di rigorosa ed efficiente gestione, distinto per categorie
e  modi  di  trasporto  e tenuto conto, attraverso analisi comparate,
della  qualita' del servizio offerto e delle condizioni ambientali in
cui  esso  viene  svolto; b) i ricavi del traffico presunti derivanti
dall'applicazione  di  tariffe minime stabilite dalla regione, con il
concorso  degli  enti  locali  interessati  [...]; c) l'ammontare dei
contributi,  entro i limiti dello stanziamento di cui all'articolo 5,
da  erogare  alle  imprese  od  esercizi  di  trasporto sulla base di
parametri obiettivi per coprire la differenza tra costi e ricavi come
sopra stabiliti».
    Da  questo  complesso  normativo,  delineato  dalla  legge-quadro
nazionale,  cui,  come  indicato nel successivo punto 6.2, la Regione
Campania  si  e'  adeguata  con  la  legge regionale 25 gennaio 1983,
n. 16,  emerge  che la previsione dei contributi di esercizio erogati
dalla Regione aveva «l'obiettivo di conseguire l'equilibrio economico
dei  bilanci  dei  servizi  di trasporto» (art. 6, primo comma, della
legge n. 151 del 1981).
    Ne deriva, quindi, che il termine stabilito per il conguaglio tra
quanto   corrisposto   dalla  Regione  in  via  preventiva  e  quanto
effettivamente  dovuto  non  puo' che essere perentorio, posto che la
sua  determinazione  viene  ad  essere  presupposto necessario per il
conseguimento  di  una finalita' (il citato «equilibrio economico dei
bilanci  dei servizi di trasporto») che - considerato che l'A.N.M. e'
integralmente   partecipata   dal  comune  -  costituisce  una  delle
modalita'  di  attuazione  del  principio  del «buon andamento» della
pubblica amministrazione.
    4.4. - Alla considerazione che la perentorieta' di un termine non
puo'  che  riguardare tutte le parti interessate alla fattispecie cui
quel  termine si riferisce, e, quindi, nel caso della presente legge,
anche  l'A.N.M.  e  il  comune di Napoli ed al consequenziale quesito
relativo  al  quid  agitur  nel  caso  in  cui  il  conguaglio avesse
comportato  una  partita  attiva per questi ultimi soggetti, fornisce
adeguata  risposta  quanto  affermato  da questa Corte nella sentenza
n. 355  del  2002.  In  essa,  esaminando il caso in cui una Pubblica
Amministrazione  era  rimasta  silente  di  fronte  ad una richiesta,
avente  carattere pretensivo, di un soggetto privato, si e' precisato
che  «la  mancata osservanza del termine a provvedere non comporta la
decadenza   dal   potere,   ma   vale   a  connotare  in  termini  di
illegittimita'  il  comportamento della pubblica amministrazione, nei
confronti  del  quale  i  soggetti  interessati  alla conclusione del
procedimento  possono  insorgere  utilizzando,  per  la  tutela della
propria  situazione  soggettiva,  tutti  i  rimedi  che l'ordinamento
appresta  in  via  generale  in  simili ipotesi (dal risarcimento del
danno all'esecuzione del giudicato che abbia accertato l'inadempienza
della pubblica amministrazione)».
    E'  opportuno sottolineare che a questa conclusione, nella citata
sentenza, si e' giunti facendo riferimento alla «chiara lettera della
legge  n. 241  del 1990» che fissa in via suppletiva in trenta giorni
il  termine  in  cui l'Amministrazione deve provvedere «a prescindere
dall'efficacia  ampliativa  o  restrittiva  della sfera giuridica dei
destinatari  dell'atto  (sentenza n. 262 del 1997)», mentre, nel caso
di  cui  alla  legge  in  oggetto,  e'  lo stesso art. 10 della legge
regionale n. 16 del 1983 che fissa il termine non derogabile.
    5.  -  E'  indubbio che le due disposizioni impugnate, prevedendo
ambedue  la  riapertura di un termine gia' spirato, si caratterizzano
per essere dotate di efficacia retroattiva.
    Piu'   volte  questa  Corte  e'  intervenuta  per  scrutinare  la
rispondenza  ai  principi  della Carta costituzionale di disposizioni
aventi  forza  di  legge  dotate  di  efficacia  retroattiva. In tali
occasioni  la  Corte  ha  precisato  che,  «al di fuori della materia
penale  (dove  il  divieto  di  retroattivita'  della  legge e' stato
elevato  a  dignita' costituzionale dall'art. 25 Cost.), l'emanazione
di  leggi con efficacia retroattiva da parte del legislatore incontra
una  serie  di  limiti che questa Corte ha da tempo individuato e che
attengono  alla  salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di
civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello
stesso  ordinamento,  tra  i  quali  vanno ricompresi il rispetto del
principio  generale  di  ragionevolezza  e  di eguaglianza, la tutela
dell'affidamento  legittimamente  sorto  nei soggetti quale principio
connaturato  allo  Stato  di  diritto  e  il  rispetto delle funzioni
costituzionalmente  riservate al potere giudiziario» (sentenza n. 282
del  2005 e, nello stesso senso, fra le molte, le sentenze n. 525 del
2000 e n. 416 del 1999).
    In   particolare,  con  riferimento  al  rispetto  del  principio
dell'affidamento quale limite alla possibilita' per il legislatore di
incidere,  con  norme  dotate di efficacia retroattiva, su situazioni
sostanziali  poste in essere in vigenza di leggi precedenti, la Corte
ha  affermato  che  il  criterio  in  base al quale deve svolgersi il
giudizio  di  costituzionalita' e' dettato dalla rispondenza o meno a
criteri  di  ragionevolezza  del regolamento di interessi, innovativo
rispetto   a   quello   preesistente,   che  scaturisce  dalla  norma
sopravvenuta (in questi termini, fra le altre, le sentenze n. 446 del
2002, n. 419 del 2000, n. 416 del 1999 e n. 822 del 1988).
    6.1.  - Esaminando la fattispecie normativa, ritiene questa Corte
che  l'assetto  degli interessi in questione, che e' stato realizzato
tramite  la  insistita  rimessione in termini degli uffici regionali,
recuperando, quindi, una situazione soggettiva ormai consumatasi, non
corrisponda al piu' volte richiamato criterio di ragionevolezza.
    Attraverso  le  norme  oggetto del giudizio di costituzionalita',
infatti,   il   legislatore   regionale,   non   solo  ha  perseguito
esclusivamente  lo  scopo  di  porre  rimedio alla prolungata inerzia
della  sua struttura amministrativa, sacrificando contemporaneamente,
all'esito  di  una  arbitraria  ponderazione,  la  posizione di altri
soggetti,  ma  cio' ha fatto non nella immediatezza dello spirare del
termine entro il quale la azione amministrativa doveva trovare il suo
ordinario  compimento,  bensi' a distanza di un periodo di tempo che,
per  la  sua  considerevole ampiezza, non poteva che avere rafforzato
nei  soggetti  coinvolti  dalle  dette  disposizioni  il giustificato
affidamento nell'avvenuto consolidamento della situazione sostanziale
che nel frattempo si era creata.
    6.2.  -  Si  deve  altresi'  considerare che la disposizione - la
quale  originariamente  prevedeva  per  il  conguaglio il termine del
«31 maggio  dell'anno  successivo  a  quello  cui  il  contributo» si
riferiva (cioe' il primo comma dell'art. 10 della legge della Regione
Campania  n. 16  del 1983) - inseriva detta operazione nell'ambito di
una  articolata  procedura  avente  molteplici  finalita'. Infatti il
conguaglio  tra  l'importo  dovuto  e il contributo corrisposto dalla
Regione  anticipatamente  era  la risultante di una serie di elementi
specificamente indicati nel citato art. 10.
    Detto  conguaglio  doveva  cioe'  avvenire  sulla base: «a) delle
percorrenze  risultanti  dai  programmi  di esercizio [...]; b) della
revisione  del costo economico standardizzato [...]; c) dei parametri
di  utilizzo  dei veicoli e del personale risultanti a consuntivo per
ciascuna azienda [...]; d) dei ricavi effettivamente conseguiti».
    Si   trattava,  in  sostanza,  di  una  serie  di  elementi  che,
nell'immediato,  servivano a determinare l'importo del conguaglio, ma
che,  nella  sistematica  della  legge,  avevano anche la funzione di
fornire  importanti dati in ordine alla possibilita' di miglioramento
del   servizio   svolto   dalla   concessionaria.  Significativamente
l'art. 2,  primo  comma, della stessa legge regionale n. 16 del 1983,
nello  stabilire che «i contributi di cui all'art. 1 [cioe' quelli di
esercizio,  erano] determinati dalla Giunta regionale annualmente per
ciascuna  azienda  entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello
cui i contributi si riferi[vano]», prevedeva che il calcolo avvenisse
tenendo  conto,  tra l'altro, del «costo economico standardizzato dei
servizi»  a  sua volta riferito «a criteri e parametri di rigorosa ed
efficiente  gestione,  distinto  per  categorie e modi di trasporto e
tenuto  conto,  attraverso  analisi  comparate,  della  qualita'  del
servizio  offerto  e delle condizioni ambientali in cui esso [veniva]
svolto»   nonche'   dei   «ricavi  del  traffico  presunti  derivanti
dall'applicazione  di  tariffe  minime  stabilite dalla Regione». Era
altresi'   previsto  che  «la  Giunta  regionale,  tenuto  conto  dei
contributi   per   gli  investimenti  operati  per  l'attuazione  dei
programmi  aziendali,  determina[sse]  annualmente  l'incremento  del
rapporto  ricavi-costi  che  [doveva]  essere  assicurato  a  livello
regionale  attraverso  le tariffe, nonche' attraverso i provvedimenti
di organizzazione e ristrutturazione aziendale e l'adozione di idonee
misure di organizzazione del traffico».
    Risulta,  quindi,  che  la  normativa  dava  vita  ad  un sistema
circolare  in  cui  i dati che erano previsti per l'effettuazione del
conguaglio  (cioe'  le  percorrenze, la revisione del costo economico
standardizzato,  i parametri di utilizzo dei veicoli e del personale,
i   ricavi  effettivamente  conseguiti)  avevano  un  fine  ulteriore
rispetto  alla  definizione  del  saldo contabile tra la Regione e il
concessionario  e  alla  determinazione  degli importi in acconto per
l'anno  successivo.  Essi servivano cioe' per sottoporre alla Regione
gli  elementi  necessari  per  valutare:  la  «rigorosa ed efficiente
gestione»,  la  «qualita'  del  servizio  offerto  e delle condizioni
ambientali   in  cui  esso  [veniva]  svolto»,  «i  provvedimenti  di
organizzazione  e  ristrutturazione aziendale» e l'opportunita' della
«adozione  di  idonee  misure  di  organizzazione  del traffico». E',
quindi,  evidente  che  i  dati  del  conguaglio  assolvono alla loro
funzione  se  forniti nell'immediatezza, non certo se affastellati in
una  richiesta distanziata anche di una decina d'anni dal periodo cui
i dati stessi si riferiscono.
    L'estrapolazione  del  solo  saldo  contabile  da  una  procedura
finalizzata  a rendere il servizio del trasporto pubblico locale piu'
efficiente e piu' rispondente alle esigenze, evidenzia ancora di piu'
l'irragionevolezza del contenuto delle censurate disposizioni.
    7.  -  Rimangono  assorbiti  i  residui profili di illegittimita'
dedotti dal rimettente.