ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
dell'ordinanza  di  fissazione dell'udienza di trattazione, di cui al
verbale  del 5 luglio 2005, adottata dal giudice istruttore presso il
tribunale   di   Roma,   sezione   prima  civile,  nel  giudizio  per
risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado Clini a seguito delle
opinioni  espresse  dal consigliere regionale Gianfranco Bettin (r.g.
n. 24632/05), promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il
19 luglio  2005  ed il 21 novembre 2006, depositato in cancelleria il
26 luglio  2005  ed  il  7 dicembre  2006  ed  iscritto  al n. 24 del
registro conflitti tra enti 2005.
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Uditi  gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione
Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato il 19 luglio 2005 e depositato il
successivo  26  luglio,  la Regione Veneto, in persona del Presidente
pro  tempore,  ha  proposto  conflitto  di attribuzione nei confronti
dello  Stato in relazione all'ordinanza di fissazione dell'udienza di
trattazione,  di  cui  al  verbale  del  5 luglio  2005, adottata dal
giudice istruttore presso il tribunale di Roma, sezione prima civile,
nel  giudizio  per  risarcimento  dei  danni subiti dal dott. Corrado
Clini  a  seguito  delle  opinioni espresse dal consigliere regionale
Gianfranco  Bettin  (r.g. n. 24632/05), per violazione dell'art. 122,
quarto   comma,  e,  «suo  tramite»,  degli  artt. 121  e  123  della
Costituzione.
    1.1.  - In punto di fatto, la Regione ricorda che nel settimanale
L'Espresso  del 10 febbraio 2005, diffuso nelle edicole il 4 febbraio
2005,  e'  stato pubblicato un articolo, intitolato «Uranio Rosso», a
firma  di  Riccardo  Bocca, avente ad oggetto un traffico illegale di
rifiuti  radioattivi  e  tossici  avvenuto  tra il 1989 e il 1990. In
particolare,  secondo  quanto  riferito  dal  periodico, il materiale
tossico  sarebbe  stato  trasportato  in  Italia e poi bruciato in un
inceneritore   di   Porto  Marghera,  come  confermato,  a  dire  del
giornalista,  da  un  referto del 28 febbraio 1990 dell'Unita' locale
socio   sanitaria   36  di  Venezia,  rimasto  segreto  e  attestante
l'esistenza  nella  condensa  dei fumi del forno SG 31 di Marghera di
tracce di uranio ben oltre il limite stabilito per legge.
    In  proposito,  l'articolo  di  Bocca  evidenziava  come l'allora
direttore del servizio di igiene pubblica alla ULSS 36 di Venezia, il
dott.  Corrado  Clini,  in  una relazione datata 8 gennaio 1990 sullo
smaltimento  dei  fusti  contenenti rifiuti tossici a Porto Marghera,
non avesse fatto alcun riferimento a tracce di uranio nei fumi emessi
dai  detti  forni.  A  conclusione  dell'inchiesta  il giornalista si
chiedeva  perche'  il  dott. Clini non avesse provveduto a comunicare
l'emissione  di  sostanze  radioattive  agli  organi  competenti e se
davvero  il  Governo  dell'epoca  non  fosse  a  conoscenza  dei fumi
tossici.
    A   seguito   della   pubblicazione  del  suddetto  articolo,  il
consigliere  regionale  del  gruppo  dei  Verdi  Gianfranco Bettin ha
presentato   al   Consiglio  regionale,  nella  stessa  giornata  del
4 febbraio  2005,  un'interrogazione  a  risposta scritta, intitolata
«Materiale   radioattivo  bruciato  a  Porto  Marghera,  vogliamo  la
verita!»,  rubricata  il  successivo  lunedi'  7 febbraio  2005,  sub
n. 641.
    Contemporaneamente,   il  consigliere  Bettin  ha  riprodotto  il
contenuto  dell'inchiesta  giornalistica  in  un articolo, intitolato
«Avevamo ragione, hanno bruciato uranio a Marghera e hanno mentito» e
pubblicato  sul  sito  internet  del  Gruppo consiliare regionale dei
Verdi  del  Veneto  il  4 febbraio  2005,  in  cui, peraltro, si dava
notizia  dell'avvenuta  presentazione dell'interrogazione alla Giunta
regionale.
    A  questi  avvenimenti hanno fatto seguito: un ulteriore articolo
di  Riccardo  Bocca  sul settimanale L'Espresso del 3 marzo 2005, una
interrogazione parlamentare da parte del deputato Luana Zanella e una
conferenza  stampa congiunta del consigliere Bettin, dell'on. Zanella
e  del  giornalista  Riccardo  Bocca,  tenuta il 22 febbraio 2005. Il
dott.  Clini, dopo aver smentito attraverso vari quotidiani locali il
fondamento  delle  denunce  giornalistiche, ha convenuto in giudizio,
con  atto  di  citazione  del  30 marzo  2005, notificato a Bettin il
31 marzo  2005,  lo  stesso consigliere regionale, l'on. Zanella e il
giornalista   Bocca  per  essere  risarcito  dei  danni  materiali  e
all'immagine    subiti    dalla    «campagna    giornalistica   [...]
manifestamente   inesatta,   infondata   e   per  molti  aspetti  non
veritiera».
    Su  espressa  richiesta  di «tutela delle proprie prerogative» da
parte  del  consigliere Bettin, il Presidente del Consiglio regionale
del  Veneto,  ritenendo  che  l'attivazione  del  procedimento civile
incidesse  «in via diretta sull'autonomia di un consigliere regionale
ed in via mediata sulla stessa autonomia costituzionalmente garantita
della  Regione»,  ha  «invitato»  la  Giunta  regionale  a promuovere
conflitto  di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale. Invito,
che  e'  stato accolto dalla Giunta la quale, in data 14 giugno 2005,
ha  deliberato  di  autorizzare  il  proprio  Presidente  a  proporre
conflitto di attribuzione.
    Prima  ancora  che venisse notificato e depositato il ricorso per
conflitto, nella udienza di prima comparizione delle parti, tenuta il
5 luglio  2005,  il  giudice  istruttore,  «nonostante gli atti della
Regione   e   l'eccezione   diretta  ad  evidenziare  il  difetto  di
giurisdizione ex art. 122, quarto comma, Cost.», ha rinviato la causa
all'udienza  del  15 novembre  2005  per la sua trattazione, ai sensi
dell'art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile.
    A   questo   punto   la  Giunta  regionale,  ritenendo  opportuno
«confermare  e  rinnovare  sul  nuovo  presupposto l'autorizzazione a
promuovere  il  giudizio per conflitto di attribuzioni», ha integrato
la  precedente  delibera con una nuova, ribadendo l'autorizzazione di
cui sopra.
    1.2.  -  In  punto  di diritto, la Regione ricorrente si sofferma
principalmente  sull'ammissibilita'  del conflitto, evidenziando come
la fattispecie in esame presenti «caratteri di assoluta singolarita».
Nell'odierno conflitto, infatti, si chiede di far valere lo status di
consigliere  regionale  «non  nei  confronti  di un atto di esercizio
della giurisdizione penale o contabile, bensi' di quella civile, come
invero e' gia' accaduto, in pendenza, tuttavia, del relativo giudizio
e  in  assenza  di  una decisione di merito, foss'anche solo di primo
grado».
    La difesa regionale evidenzia quindi la necessita' di individuare
«il  momento  a  partire dal quale, avviato con un atto propulsivo di
parte  privata  un  giudizio  civile,  si  puo' ritenere di essere in
presenza   di  un  atto  statale  invasivo  dell'autonomia  regionale
costituzionalmente  garantita,  contro  il  quale  poter  reagire per
conflitto  di  attribuzioni».  A  tal  fine vengono illustrati alcuni
«punti   fermi»,   che   sarebbero  desumibili  dalla  giurisprudenza
costituzionale  e  dalla  «migliore  dottrina»  e che confermerebbero
l'ammissibilita' del conflitto.
    In  particolare,  la  Regione, dopo aver sottolineato le analogie
esistenti  tra  le prerogative consiliari di cui all'art. 122, quarto
comma, Cost. e quelle previste dall'art. 68 Cost. per i parlamentari,
ricorda come, per orientamento giurisprudenziale costante, anche atti
giurisdizionali o comunque «strumentalmente inerenti all'esplicazione
di  funzioni  giurisdizionali»  siano  ritenuti  idonei a dar luogo a
conflitti di attribuzione tra Stato e Regione.
    Sulla  base  dei  suddetti  argomenti,  alla  ricorrente non pare
dubbio   che  il  giudice,  e  per  esso  lo  Stato,  esercitando  la
giurisdizione   «nonostante  il  parere  contrario  della  Regione  e
l'eccezione   fondata  sull'art. 122,  quarto  comma,  Cost.»,  abbia
violato    «la    posizione    di   autonomia   e   di   indipendenza
costituzionalmente  garantita ai componenti il Consiglio regionale e,
loro tramite, al Consiglio stesso».
    Peraltro,   aggiunge   la  difesa  regionale,  la  giurisprudenza
costituzionale  ha  ritenuto  che la prerogativa di cui all'art. 122,
quarto  comma,  Cost.  possa  essere  lesa dal decreto che dispone il
giudizio  o  dall'avviso  di  conclusione  delle indagini preliminari
emesso dalla Procura della Repubblica o, ancora, dall'invito, rivolto
da  quest'ultima, a presentarsi per essere interrogato in qualita' di
persona  sottoposta  ad  indagini  o,  infine, dall'atto di citazione
emesso  dalla  Procura  presso  la  Corte  dei conti. Dunque, ai fini
dell'ammissibilita'  del  conflitto,  «e'  sufficiente  il solo fatto
della  pretesa  dell'esercizio  della giurisdizione manifestato da un
organo  statale  (non  necessariamente  un  giudice)  a fronte di una
situazione  di  immunita' ex art. 122, quarto comma, Cost.» e «non e'
affatto  necessario  che  l'esercizio della giurisdizione acquisti la
forma di sentenza o di un atto altrimenti definitivo».
    Si  sostiene,  pertanto,  che  mentre  l'atto  introduttivo di un
giudizio  civile,  di  per  se',  non  violerebbe  la prerogativa del
consigliere  regionale,  la lesione sarebbe prodotta dalla successiva
attivita' processuale, che, nel caso de quo, e' consistita nel rinvio
all'udienza di trattazione.
    La Regione Veneto precisa, inoltre, che con il conflitto in esame
non intende contestare gli errori in iudicando che il giudice avrebbe
commesso,  la'  dove  non ha dichiarato il difetto di giurisdizione e
non   ha   sospeso   il   giudizio;  si  vuole  piuttosto  denunciare
«l'illegittimo  convincimento  che ha indotto il Tribunale di Roma ad
esercitare un potere che non gli competeva e non gli compete».
    Ne',  secondo  la  Regione,  la  parte  asseritamente  lesa dalle
opinioni  espresse  dal  consigliere  regionale  sarebbe  priva della
possibilita'  di esercitare le proprie difese in sede di conflitto di
attribuzione,  stante  quanto  affermato  dalla  Corte costituzionale
nella sentenza n. 76 del 2001.
    1.3. - Ancora in riferimento all'ammissibilita' del conflitto, la
difesa   regionale   ritiene  che  l'esistenza  di  un  atto  statale
illegittimamente   invasivo  dell'autonomia  regionale  possa  essere
affermata  estendendo  ai consiglieri regionali le conclusioni cui la
Corte  costituzionale e' pervenuta a proposito della insindacabilita'
dei parlamentari ex art. 68 Cost.
    In  particolare,  la ricorrente, «pur nella consapevolezza che la
tesi  e'  assolutamente  minoritaria», ritiene che, analogamente alla
delibera  di insindacabilita' della Camera di appartenenza, anche gli
atti  con  i  quali  la  Regione  interviene a tutela del consigliere
regionale   abbiano   «un'efficacia   inibitoria   del   procedimento
giurisdizionale  in  corso».  Argomenti  a sostegno di questa tesi si
trarrebbero   dall'art. 3   della   legge   20   giugno 2003,  n. 140
(Disposizioni  per  l'attuazione  dell'articolo 68 della Costituzione
nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei  confronti delle alte
cariche dello Stato), che, ad avviso della difesa regionale, dovrebbe
applicarsi, per via analogica, ai consiglieri di tutte le Regioni, al
fine  di  assicurare  loro una eguale protezione nell'esercizio delle
medesime funzioni.
    Aderendo  a  questa  ricostruzione  si  avrebbe  «per dimostrata,
nuovamente   e   in  secondo  grado,  la  menomazione  dell'autonomia
costituzionale  del  Veneto,  ad  opera  del Tribunale di Roma, nella
forma   "invasiva"  dell'esercizio  di  un  potere  di  giurisdizione
assolutamente mancante».
    1.4.  -  In  riferimento  al merito del conflitto, la ricorrente,
dopo aver evidenziato che le attivita' di indirizzo e di controllo (e
quindi  anche  le  interrogazioni  e le interpellanze) esercitate dai
consiglieri  regionali  rientrano  fra  quelle  per le quali opera la
guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., sottolinea come
l'insindacabilita'  si  estenda  alle  dichiarazioni rilasciate al di
fuori  dell'esercizio  di  funzioni  consiliari  qualora queste siano
contestuali  ad atti parlamentari tipici e presentino una sostanziale
corrispondenza di contenuti con questi ultimi.
    Nel  caso  di  specie sussisterebbero entrambe queste condizioni,
con  la  conseguenza  che  il consigliere Bettin non potrebbe «essere
sottoposto  a  giudizio  ne' in ragione delle dichiarazioni contenute
nell'interrogazione   consiliare,  in  quanto  atto  tipico  inerente
l'esercizio  delle  sue  attribuzioni;  ne'  in ragione dell'articolo
pubblicato  via internet, considerate la "sostanziale corrispondenza"
e la "contestualita'" [...] intercorrente tra questo e quella».
    La  Regione  conclude  chiedendo  che  la  Corte dichiari che non
spettava  allo  Stato,  e per esso, al Tribunale di Roma accertare la
responsabilita'  civile  del  consigliere regionale Gianfranco Bettin
quale autore dell'interrogazione a risposta scritta n. 641 del 2005 e
dell'articolo  pubblicato  il  4 febbraio  2005 sul sito internet del
Gruppo consiliare regionale dei Verdi del Veneto e, conseguentemente,
annulli  l'atto  di  fissazione dell'udienza di trattazione di cui al
verbale del 5 luglio 2005 e tutti gli atti processuali adottati e che
saranno  medio tempore eventualmente adottati dal Tribunale civile di
Roma nel giudizio per risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado
Clini  a  seguito  delle  opinioni espresse dal consigliere regionale
Gianfranco Bettin.
    2.  -  In prossimita' dell'udienza del 24 ottobre 2006 la Regione
Veneto  ha  depositato  una memoria con la quale riferisce il seguito
della vicenda processuale che sta alla base del conflitto.
    Si  apprende, in particolare, che nell'udienza di trattazione del
15 novembre   2005,   il   giudice   si  e'  riservato  la  decisione
sull'eccezione diretta ad attivare la guarentigia ex art. 122, quarto
comma,  Cost.,  nuovamente riproposta dal convenuto. Successivamente,
sciogliendo  la  riserva  in  data  12 gennaio  2006,  ha pronunciato
un'ordinanza  con  la  quale, previa separazione del procedimento nei
confronti  dell'on. Zanella, ha sospeso il giudizio nei confronti del
consigliere  Bettin  fino all'esito della definizione del ricorso per
conflitto  di  attribuzioni  ed  ha  rinviato la causa ad una udienza
successiva  per  la  precisazione  delle  conclusioni  in ordine alla
domanda proposta nei confronti della citata on. Zanella.
    In  relazione  a  quest'ultimo  punto,  con  la sentenza n. 17995
dell'8 agosto   2006  il  giudice  civile  ha  rigettato  la  domanda
dell'attore  sulla  base  della  delibera  di  insindacabilita' della
Camera dei deputati.
    Quanto  riportato, a parere della difesa regionale, confermerebbe
l'idoneita' dell'atto di citazione civile «ad aprire indebitamente il
varco all'esercizio di una giurisdizione costituzionalmente vietata»,
in  presenza  della  prerogativa  di  cui all'art. 122, quarto comma,
Cost.
    2.1.  -  Per  quanto  attiene al merito del conflitto, la Regione
ritiene  che  sia  sufficiente  estendere  al  consigliere  Bettin le
conclusioni  cui  e'  pervenuta la Giunta per le autorizzazioni della
Camera  dei  deputati  relativamente alle dichiarazioni rese dall'on.
Zanella.   A   suo  dire,  infatti,  tra  le  opinioni  espresse  dal
consigliere  regionale e dal parlamentare da ultimo citato vi sarebbe
analogia   nelle   modalita'  di  espressione,  identita'  di  «fatto
ispiratore:  l'articolo  de  L'Espresso»  e di «presa di posizione in
sede  di  divulgazione  mediatica». Identici sono, inoltre, il tenore
letterale  e  la  ratio  degli  artt. 68,  primo comma, e 122, quarto
comma, Cost.
    Per  le  ragioni  suesposte  la  difesa  regionale  insiste nella
richiesta dell'accoglimento delle conclusioni formulate nel ricorso.
    3.   -  All'esito  dell'udienza  del  24 ottobre  2006  la  Corte
costituzionale  ha  disposto,  con  l'ordinanza  n. 353 del 2006, che
l'atto  introduttivo  del  conflitto  fosse  notificato, a cura della
ricorrente,  al  Tribunale  di Roma in persona del suo Presidente, ai
sensi  dell'art. 27,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
    4.  -  La  Regione  Veneto  ha notificato al Tribunale di Roma il
ricorso  e  l'ordinanza n. 353 del 2006 in data 21 novembre 2006 e li
ha depositati il successivo 7 dicembre.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  ricorso  notificato il 19 luglio 2005 e depositato il
successivo  26  luglio,  la Regione Veneto, in persona del Presidente
pro  tempore,  ha  proposto  conflitto  di attribuzione nei confronti
dello  Stato in relazione all'ordinanza di fissazione dell'udienza di
trattazione,  di  cui  al  verbale  del  5 luglio  2005, adottata dal
giudice istruttore presso il tribunale di Roma, sezione prima civile,
nel  giudizio  per  risarcimento  dei  danni subiti dal dott. Corrado
Clini  a  seguito  delle  opinioni espresse dal consigliere regionale
Gianfranco  Bettin  (r.g. n. 24632/05), per violazione dell'art. 122,
quarto   comma,  e,  «suo  tramite»,  degli  artt. 121  e  123  della
Costituzione.
    2. - Il ricorso e' inammissibile.
    2.1.  - E' stata impugnata l'ordinanza di fissazione dell'udienza
di  trattazione  della  causa per risarcimento danni di cui sopra, in
quanto    asseritamente    lesiva   della   sfera   di   attribuzioni
costituzionalmente  protette  della  ricorrente  Regione Veneto. Tale
atto  e'  stato adottato dal giudice istruttore nell'udienza di prima
comparizione,  tenutasi  il 5 luglio 2005. Ai sensi dell'art. 180 del
codice di procedura civile - nel testo in vigore alla suddetta data -
il  giudice  era tenuto «in ogni caso» a fissare a data successiva la
prima  udienza  di  trattazione. Secondo la citata norma processuale,
nella  udienza  di  prima  comparizione il giudice doveva limitarsi a
verificare   d'ufficio   la  regolarita'  del  contraddittorio  ed  a
pronunciare,   ove   occorrenti,   i   provvedimenti  previsti  dagli
artt. 102,  secondo  comma,  164,  167,  182 e 291, primo comma, cod.
proc. civ. Ogni determinazione in ordine alle eccezioni processuali e
di merito proposte dal convenuto era riservata all'esito dell'udienza
di trattazione. Quest'ultima si poneva pertanto, rispetto all'udienza
di  prima  comparizione,  in  un  rapporto  di  sequenza  necessaria,
ritenuta  inderogabile,  salvo  consenso  di  tutte  le  parti, dalla
giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti.
    Poiche'  il  giudice,  in sede di prima comparizione, non avrebbe
potuto  assumere  alcun  provvedimento  in  ordine  all'eccezione  di
insindacabilita',   ai  sensi  dell'art. 122,  quarto  comma,  Cost.,
proposta  dal  convenuto consigliere regionale, l'atto impugnato, con
il   quale  il  giudice  stesso  ha  doverosamente  fissato  la  data
dell'udienza   di  trattazione,  non  e'  idoneo  a  produrre  alcuna
menomazione  delle  attribuzioni  costituzionalmente  garantite della
Regione  Veneto,  a  prescindere da ogni valutazione sulla fondatezza
dell'eccezione  medesima.  Secondo il regime processuale vigente alla
data   dell'udienza   di   prima   comparizione,   quest'ultima   era
caratterizzata  da  una funzione meramente preparatoria rispetto alla
trattazione   in   senso   stretto  della  causa,  essendo  riservata
all'udienza  successiva  l'adozione  di provvedimenti astrattamente e
potenzialmente  lesivi della dedotta guarentigia di cui all'art. 122,
quarto  comma,  Cost.  e  come  tali  suscettibili di essere presi in
considerazione  da  questa  Corte  nell'ambito  di  un  conflitto  di
attribuzione.