ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, del
decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli
essenziali  delle  prestazioni  relativi al secondo ciclo del sistema
educativo  di  istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della
legge  28 marzo 2003, n. 53), sostitutivo dell'art. 4, comma 4, della
legge  10 dicembre  1997,  n. 425  (Disposizioni per la riforma degli
esami   di  Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione
secondaria   superiore),   promossi   dal   Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio  con  una  ordinanza del 2 marzo 2006 e quattro
ordinanze  del 13 marzo 2006, rispettivamente iscritte ai numeri 175,
176,  177,  178  e 179 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 25,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di costituzione dell'Istituto internazionale di
istruzione  «Giovanni  Paolo II» e dell'Istituto tecnico per geometri
ed aeronautico paritario «Salvo D'Acquisto», della Fondazione Granese
onlus,  dell'Istituto  paritario  Kennedy  Holding e dell'Istituto De
Nicola, nonche' gli atti di intervento dell'Istituto «Chiron School»,
del liceo linguistico «E. Hemingway» e dell'Istituto A. B. Nobel;
    Udito  nell'udienza pubblica del 17 aprile 2007 e nella camera di
consiglio del 18 aprile 2007 il giudice relatore Sabino Cassese;
    Uditi  gli avvocati Stefano Tarullo per l'Istituto internazionale
di  istruzione  «Giovanni  Paolo  II»  e  per  l'Istituto tecnico per
geometri  ed  aeronautico paritario «Salvo D'Acquisto» e Carlo Rienzi
per  la  Fondazione  Granese  onlus, per l'Istituto paritario Kennedy
Holding e per l'Istituto De Nicola;
    Udito  nuovamente  nella  camera di consiglio del 4 giugno 2007 e
nell'udienza  pubblica  del 5 giugno 2007, rifissate in ragione della
intervenuta  modifica  della  composizione  del  collegio, il giudice
relatore Sabino Cassese;
    Uditi  nuovamente  nell'udienza  pubblica  del  5 giugno 2007 gli
avvocati  Stefano Tarullo per l'Istituto internazionale di istruzione
«Giovanni  Paolo  II»  e  per  l'Istituto  tecnico  per  geometri  ed
aeronautico  paritario  «Salvo  D'Acquisto»  e  Carlo  Rienzi  per la
Fondazione  Granese onlus, per l'Istituto paritario Kennedy Holding e
per l'Istituto De Nicola.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  quattro analoghe ordinanze di rimessione (r.o. nn. da
176  a 179 del 2006), il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5,  del  decreto  legislativo  17 ottobre  2005,  n. 226 (Norme
generali  e  livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo
ciclo  del  sistema  educativo  di  istruzione  e formazione, a norma
dell'articolo 2  della  legge  28 marzo  2003, n. 53), nella parte in
cui,  sostituendo  il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, della legge
10 dicembre  1997, n. 425 (Disposizioni per la riforma degli esami di
Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione  secondaria
superiore),  dispone che, ove i candidati esterni iscritti agli esami
di  Stato  presso le scuole paritarie superino il cinquanta per cento
dei candidati interni, le commissioni d'esame per i candidati esterni
eccedenti  il  predetto  limite  «possono  essere costituite soltanto
presso  gli  istituti  statali»  e  non  anche  presso  gli  istituti
paritari, per contrasto con gli artt. 3 e 33, quarto comma, 41, 76, e
118 della Costituzione.
    Con  un'altra  ordinanza  di  rimessione  di  eguale tenore (r.o.
n. 175  del  2006),  lo  stesso  Tribunale  ha  sollevato la medesima
questione  di  costituzionalita',  ma senza prospettare la violazione
dell'art. 118 Cost.
    La  disposizione  censurata,  nel  sostituire  il  terzo  periodo
dell'art. 4,  comma 4,  della  legge  n. 425  del  1997,  prevede: «I
candidati  esterni  sono  ripartiti  tra le diverse commissioni degli
istituti  statali  e  paritari  ed  il  loro  numero massimo non puo'
superare  il  cinquanta per cento dei candidati interni; nel caso non
vi sia la possibilita' di assegnare i candidati esterni alle predette
commissioni  possono  essere costituite, soltanto presso gli istituti
statali, commissioni apposite».
    Espone  il  Tribunale  che  alcuni istituti privati di istruzione
superiore,  titolari  della  parita'  scolastica ai sensi della legge
10 marzo  2000, n. 62 (Norme per la parita' scolastica e disposizioni
sul   diritto  allo  studio  e  all'istruzione),  hanno  fra  l'altro
impugnato:
        - la circolare del Ministero dell'universita' e della ricerca
(Dipartimento per l'istruzione-Direzione Generale per gli ordinamenti
scolastici,  Ufficio  VII) 18 novembre 2005, n. 86, avente ad oggetto
«Esami  di  Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione
secondaria  superiore  nelle  scuole  statali  e  non  statali.  Anno
scolastico  2005/2006. Termine di presentazione delle domande», nella
quale  e'  tra  l'altro  stabilito  che: a) «[...] ove le istanze dei
candidati  esterni  pervenute  ad  ogni  singola  scuola,  statale  o
paritaria,  dovessero eccedere il prescritto limite del 50 per cento,
l'istituto  interessato,  immediatamente dopo la scadenza del termine
per  la  loro presentazione, dovra' trasmettere le istanze eccedenti,
individuate secondo l'osservanza di uno stretto ordine cronologico di
presentazione,   al   Direttore   Generale   dell'Ufficio  scolastico
regionale  competente  per  territorio. Cio' al fine di consentire al
medesimo   l'assegnazione  degli  interessati  ad  altre  istituzioni
scolastiche  per  una  tempestiva  prefigurazione  del numero e della
dislocazione  delle Commissioni e, nel contempo, fornire ai candidati
esterni  certezza  sulla  sede  nella  quale  dovranno  sostenere gli
esami»;  b)  «[...] per l'eventuale configurazione di commissioni cui
assegnare unicamente candidati privatisti dovra' trovare applicazione
l'articolo 14,  comma 5,  del  decreto  legislativo  17 ottobre 2005,
n. 226  con  la  conseguenza  che  tali  commissioni  debbono  essere
costituite esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali»;
        - la circolare dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio
21 novembre  2005,  prot.  n. 12695,  reiterativa del contenuto della
circolare ministeriale n. 86 del 2005.
    Aggiunge   il  Tribunale  che,  nel  sollevare  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  ha  contemporaneamente  accolto in via
provvisoria,  nell'attesa della pronuncia della Corte costituzionale,
l'istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, nella
parte in cui essi hanno fatto applicazione dell'art. 14, comma 5, del
decreto legislativo n. 226 del 2005.
    In  punto  di  rilevanza,  il  Tribunale osserva che le circolari
impugnate  costituiscono applicazione diretta della norma del decreto
legislativo  sospettata  di  incostituzionalita'.  Di conseguenza, la
declaratoria   di   non   conformita'   della   norma   ai  parametri
costituzionali  evocati priverebbe di fondamento legale le menzionate
circolari, determinandone la caducazione.
    Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale premette che
l'art. 14  del  decreto  legislativo  n. 226 del 2005, da un lato, ha
ribadito  la  disciplina  contenuta nell'art. 4, comma 4, della legge
n. 425  del  1997,  e  cioe' che il numero dei candidati esterni alle
commissioni  d'esame funzionanti presso gli istituti statali e quelli
paritari  non  puo'  superare  il  cinquanta  per cento dei candidati
interni;  dall'altro,  ha  disposto che il superamento dell'anzidetta
soglia  percentuale  consente la costituzione di apposite commissioni
di candidati esterni, «soltanto presso gli istituti statali», laddove
la   pregressa  regolamentazione  era  nel  senso  di  prevedere,  al
superamento  della  summenzionata soglia percentuale, la costituzione
di «commissioni apposite» per i candidati esterni, cosi' prefigurando
la  possibilita'  di  insediare  tali commissioni non solo presso gli
istituti  statali,  ma anche (dopo l'emanazione della legge n. 62 del
2000, sulla parita' scolastica) presso gli istituti paritari.
    La  norma  censurata, sostiene il rimettente, e' in contrasto con
il  principio  direttivo dell'art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53
(Delega   al   Governo   per  la  definizione  delle  norme  generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia
di  istruzione e formazione professionale), che individua l'obiettivo
della  normazione  delegata  in  quello di «favorire la crescita e la
valorizzazione  della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'eta'
evolutiva,  delle  differenze  e  dell'identita'  di ciascuno e delle
scelte  educative  della  famiglia, nel quadro della cooperazione tra
scuola  e  genitori,  in coerenza con il principio di autonomia delle
istituzioni   scolastiche   e   secondo   i  principi  sanciti  dalla
Costituzione».  Infatti, mentre i valori-obiettivo dalla legge delega
sono  la  liberta'  di  scelta dello studente e la liberta' di scelta
delle  famiglie,  la  disposizione  censurata  nega  «quell'autonomia
decisionale  che  pure,  in  special  modo nell'eta' della formazione
della  personalita',  assurge  a  condizione  imprescindibile  per la
realizzazione  del  valore  del  pieno  sviluppo  della persona umana
sancito  nell'art. 3,  cpv.,  Cost.» ed implica la valutazione «della
sede  (Istituto)  piu'  idonea  per  frequentare i corsi scolastici e
sostenere gli esami».
    La  norma  censurata  sarebbe  contraria a Costituzione anche con
riferimento ad altri parametri.
    Violerebbe  l'art. 41  Cost.,  atteso  che  le  scuole paritarie,
essendo   gestite   da  soggetti  e  da  enti  privati  che  svolgono
un'attivita'  volta  a  ricavare  vantaggi economici o di altro tipo,
possiedono  un'indiscutibile  connotazione  imprenditoriale. La norma
denunciata,  discriminando le scuole paritarie, mediante l'esclusione
della  possibilita'  di costituire presso di esse commissioni d'esame
per  soli candidati esterni, sarebbe «certamente idonea ad offuscarne
la   considerazione  presso  la  pubblica  opinione,  in  termini  di
efficienza  e  di  qualita' del servizio pubblico erogabile da queste
istituzioni  scolastiche,  con possibili e significative ricadute sul
piano della loro sfera imprenditoriale».
    L'art. 14,  comma 5,  del decreto legislativo n. 226 del 2005 non
sarebbe,  poi,  rispettoso  dell'art. 33,  quarto  comma,  Cost., che
impone  al  legislatore,  nel  fissare i diritti e gli obblighi delle
scuole  non statali paritarie, di assicurare ad esse piena liberta' e
ai  loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli
alunni  di  scuole  statali. La locuzione costituzionale «trattamento
scolastico   equipollente»   non   puo'   riferirsi   solo   al  mero
riconoscimento   del   titolo  di  studio,  rilasciato  dalla  scuola
paritaria,  «ma  implica  anche  un riconoscimento della qualita' del
servizio  di istruzione erogato dall'istituzione scolastica paritaria
da  considerarsi ne' deteriore ne' inferiore» rispetto a quello della
scuola   statale.   Conseguentemente,   la   disposizione  impugnata,
colliderebbe, oltre che con il precetto costituzionale evocato, anche
con  la  legge  n. 62  del  2000, che ha dato attuazione alla parita'
scolastica.
    Inoltre,  sarebbe violato anche il principio di uguaglianza posto
dall'art. 3  Cost.,  «non ravvisandosi profili di razionalita' atti a
giustificare,  nella  sussistenza  del  sistema  di  integrazione tra
scuola  pubblica  e paritaria privata, la limitazione del servizio di
istruzione  nei  riguardi  di  quest'ultima».  In  sostanza, la norma
censurata sarebbe espressiva di un atteggiamento di sfiducia da parte
del legislatore statale nei riguardi delle istituzioni paritarie, nel
senso  di reputare che solo presso le scuole statali l'esame di Stato
possa  svolgersi in rispondenza a canoni di efficienza e di qualita'.
Essendo  questa l'intentio legis, si sarebbe in presenza - secondo il
rimettente  -  di  un  evidente  eccesso  di  potere  legislativo. Il
legislatore  avrebbe  omesso  di  considerare  che  il riconoscimento
costituzionale  della  parita'  scolastica  implica  che  il servizio
pubblico  reso  dalle scuole paritarie debba essere «sotto il profilo
qualitativo,  comparabilmente adeguato a quello prestato dalle scuole
pubbliche»;  con la conseguenza che non avrebbe fondamento «inclinare
a  posizioni  di  valutazione  pregiudiziale sul servizio ascrivibile
alle  scuole  paritarie,  sia  pure  nel ridotto ambito operativo qui
esaminato».  Invece la valutazione deve essere «adeguatamente operata
in  sede  di  riconoscimento della parita' scolastica, accertando, in
capo alle  istituzioni private richiedenti, il possesso dei requisiti
appositamente  prescritti dall'art. 1, comma 2, della legge n. 62 del
2000  (tra  i  quali,  in  particolare,  i  requisiti di «qualita' ed
efficacia»  del  servizio  erogabile)  e,  all'esito dell'intervenuto
riconoscimento,  sottoponendo  a  verifica  la  permanenza  di  detti
requisiti a mezzo di una costante e capillare attivita' di vigilanza,
pure prevista dal comma sesto del medesimo art. 1».
    Infine,  secondo  quattro  delle ordinanze di rimessione (r.o. da
176  a  179  del  2006),  la disposizione denunciata sarebbe idonea a
determinare  un  vulnus  anche  all'art. 118  Cost.,  che  afferma il
principio  di sussidiarieta' rispetto al quale la disposizione stessa
costituirebbe  «inattuazione,  in  considerazione  del  fatto  che la
configurazione  della  scuola  paritaria,  quale  istituzione privata
volta  a  soddisfare  interessi  considerati  di carattere generale e
pubblico  dallo  stesso  legislatore,  si inserisce armonicamente nel
recente   assetto  di  competenze  in  cui  e'  prevista  appunto  la
valorizzazione del principio di sussidiarieta».
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri non e' intervenuto.
    3. - Si sono costituiti alcuni ricorrenti dei giudizi principali.
    3.1.  -  L'Istituto  internazionale di Istruzione «Giovanni Paolo
II»  e l'Istituto Tecnico per geometri e aeronautico paritario «Salvo
D'Acquisto»  si  sono costituiti (r.o. n. 175 del 2006), riservandosi
di  argomentare  e  dedurre,  ed  hanno  chiesto  che la disposizione
censurata  dal  giudice  rimettente sia dichiarata illegittima, oltre
che  in  relazione  ai  parametri  dallo  stesso  invocati, anche con
riferimento agli artt. 34 e 118 Cost.
    3.2.  -  La  Fondazione  Granese  ONLUS  (r.o.  n. 177 del 2006),
l'Istituto   Paritario   Kennedy  Holding  (r.o.  n. 178  del  2006),
l'Istituto  De  Nicola  (r.o.  n. 179  del  2006)  si sono costituiti
chiedendo l'accoglimento della questione di costituzionalita'.
    4.  -  Sono  intervenuti anche altri ricorrenti (Istituto «Chiron
School»  nel  procedimento instaurato con r.o. n. 177 del 2006; Liceo
linguistico  «E.  Hemingway»  nel  procedimento  instaurato  con r.o.
n. 178  del  2006;  Istituto «A.B. Nobel» nel procedimento instaurato
con  r.o.  n. 179  del 2006) in analoghi processi pendenti dinanzi al
Tribunale    amministrativo    regionale    del    Lazio,   chiedendo
l'accoglimento della sollevata questione di costituzionalita'.
    5.  -  Le  parti  private  costituite e i terzi intervenuti hanno
presentato memorie in prossimita' della data fissata per l'udienza.
    Tutti  insistono  nelle  conclusioni  gia' presentate e chiedono,
inoltre,  dichiararsi  l'illegittimita'  dell'art. 4,  comma 9, della
legge  11 gennaio  2007,  n. 1  (Disposizioni  in materia di esami di
Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione  secondaria
superiore  e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e
le  universita), (recte: dell'art. 4, comma 9, della legge n. 425 del
1997,  come  sostituito  dall'art. 1  della  legge  n. 1  del  2007),
sopravvenuto alle ordinanze di rimessione.
    Sottolineano,  inoltre,  che  la disposizione denunciata e' stata
abrogata  e  che  la materia in contestazione e' ora disciplinata dal
suddetto   art. 4,   comma 9,  della  legge  n. 425  del  1997,  come
sostituito  nel 2007. Assumono che la norma originariamente censurata
e  quella  vigente - «salvo lievi variazioni» - sono identiche, nella
parte  in  cui  impediscono  che  presso  le  scuole  paritarie siano
costituite  commissioni  di  esame  per  soli  candidati  esterni,  e
chiedono  che,  ferma  restando  la necessita' di una pronuncia sulla
disposizione   abrogata,   la   questione  di  costituzionalita'  sia
trasferita   anche   sulla   disposizione   vigente,   invocando   la
giurisprudenza costituzionale nel giudizio in via di azione.
    Nel merito, tutti riprendono le argomentazioni delle ordinanze di
rimessione;   in   particolare,  le  parti  costituite  nel  giudizio
costituzionale  promosso  con  l'ordinanza  di  rimessione n. 175 del
2006, invocano gli artt. 118 e 34 Cost.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Tutte le ordinanze di rimessione (r. o. da n. 175 a n. 179
del  2006) del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sollevano
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, del
decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli
essenziali  delle  prestazioni  relativi al secondo ciclo del sistema
educativo  di  istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della
legge  28 marzo 2003, n. 53), in riferimento agli artt. 3, 33, quarto
comma, 41, e 76, della Costituzione. Quattro delle suddette ordinanze
(r.o.  da n. 176 a n. 179 del 2006) sollevano tale questione anche in
riferimento all'art. 118 della Costituzione.
    L'art. 14,  comma 5,  del  decreto legislativo n. 226 del 2005 e'
sottoposto  a  giudizio  di  costituzionalita'  nella  parte in cui -
sostituendo  il  terzo  periodo  dell'art. 4,  comma 4,  della  legge
10 dicembre  1997, n. 425 (Disposizioni per la riforma degli esami di
Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione  secondaria
superiore) - dispone che, ove i candidati esterni iscritti agli esami
di  Stato  presso le scuole paritarie superino il cinquanta per cento
dei   candidati  interni,  l'eventuale  costituzione  di  commissioni
d'esame  per  i  candidati  esterni eccedenti il predetto limite puo'
essere  effettuata «soltanto presso gli istituti statali» e non anche
presso gli istituti paritari.
    La  Corte  e' chiamata a decidere se la norma censurata violi: a)
l'art. 76  Cost.,  per  contrasto  con  il principio direttivo di cui
all'art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la
definizione  delle  norme  generali  sull'istruzione  e  dei  livelli
essenziali  delle  prestazioni  in materia di istruzione e formazione
professionale),  in  base al quale i valori-obiettivo prefissati sono
la  liberta'  di  scelta dello studente e la liberta' di scelta delle
famiglie;  b)  l'art. 41  Cost.,  discriminando le scuole paritarie e
cosi' offuscandone «la considerazione presso la pubblica opinione, in
termini  di  efficienza e di qualita' del servizio pubblico erogabile
[...],  con  possibili  e significative ricadute sul piano della loro
sfera imprenditoriale»; c) l'art. 33, quarto comma, Cost., che impone
al  legislatore  di assicurare alle scuole paritarie piena liberta' e
ai  loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli
alunni   di  scuole  statali,  dovendosi  interpretare  la  locuzione
«trattamento  scolastico  equipollente»  nel  senso  che essa «non si
arresta al mero riconoscimento del titolo di studio [rilasciato dalla
scuola  paritaria], ma implica anche un riconoscimento della qualita'
del   servizio  di  istruzione  erogato  dall'istituzione  scolastica
paritaria  da  considerarsi  ne'  deteriore ne' inferiore» rispetto a
quello  della  scuola  statale»; d) l'art. 3 Cost., «non ravvisandosi
profili  di  razionalita'  atti a giustificare, nella sussistenza del
sistema  di  integrazione tra scuola pubblica e paritaria privata, la
limitazione del servizio di istruzione nei riguardi di quest'ultima»;
e)  l'art. 118  Cost.,  che  afferma  il principio di sussidiarieta',
rispetto  al  quale  la  norma  censurata,  discriminando  la  scuola
paritaria,  comporterebbe «aspetto di inattuazione, in considerazione
del  fatto  che  la  configurazione  della  scuola  paritaria,  quale
istituzione  privata  volta  a  soddisfare  interessi  considerati di
carattere  generale e pubblico dallo stesso legislatore, si inserisce
armonicamente  nel  recente  assetto di competenze in cui e' prevista
appunto la valorizzazione del principio di sussidiarieta».
    2.   -   Tutti  i  giudizi  hanno  ad  oggetto  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 14,  comma 5,  del  decreto  legislativo
n. 226 del 2005 e, pertanto, possono essere riuniti per essere decisi
con un'unica pronuncia.
    3.  - Preliminarmente, devono essere dichiarati inammissibili gli
interventi   di  alcuni  ricorrenti  (Istituto  «Chiron  School»  nel
procedimento  instaurato  con r.o. n. 177 del 2006; Liceo linguistico
«E.  Hemingway» nel procedimento instaurato con r.o. n. 178 del 2006;
Istituto «A.B. Nobel» nel procedimento instaurato con r.o. n. 179 del
2006)   in   processi   analoghi   pendenti   dinanzi   al  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio. E' principio consolidato quello
della  necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio principale
e   del   giudizio  incidentale,  a  nulla  rilevando  che  le  parti
intervenute  abbiano  in  corso  giudizi analoghi a quello principale
(sentenza n. 190 del 2006).
    4. - Sempre in via preliminare, va precisato che e' inammissibile
la  censura in riferimento all'art. 34 Cost., prospettata dalle parti
costituite nel giudizio promosso con l'ordinanza registrata al n. 175
del  2006,  non  potendo  le  parti invocare parametri costituzionali
diversi da quelli evocati dal giudice rimettente.
    5.  - Successivamente alle ordinanze di rimessione e' intervenuta
la  legge  11 gennaio 2007, n. 1 (Disposizioni in materia di esami di
Stato  conclusivi  dei  corsi  di  studio  di  istruzione  secondaria
superiore  e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e
le  universita).  Questa  (art. 1)  ha  sostituito  (tra  gli  altri)
l'art. 4,  del  d.lgs.  n. 425 del 1997, disciplinando la materia nel
comma 9  dello  stesso  articolo,  e  contemporaneamente  ha abrogato
(art. 3,  comma 3,  lettera b)  il  censurato  art. 14,  comma 5, del
decreto legislativo n. 226 del 2005.
    Indipendentemente dalla portata della nuova disposizione - che le
parti  intervenute  assumono  identica  alla  precedente, salvo lievi
variazioni  -  le  sopravvenute  vicende  normative  non incidono sul
presente  giudizio  di costituzionalita', atteso che il giudice a quo
deve applicare la norma censurata, rilevante temporalmente.
    6. - La questione non e' fondata.
    Il  problema  di  costituzionalita' e' sostanzialmente incentrato
sul  contrasto  della  norma  censurata  con l'art. 33, quarto comma,
Cost.,   nella  parte  in  cui  prevede  un  «trattamento  scolastico
equipollente»,  e con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della mancanza
di ragionevolezza.
    La   necessita'   di   garantire   un   «trattamento   scolastico
equipollente»  imporrebbe,  secondo  il  giudice rimettente, che, nel
caso  si  renda  necessaria  la  costituzione di commissioni per soli
candidati  esterni  - non essendo stata possibile la ripartizione tra
altre commissioni di quelli in eccesso rispetto al limite generale di
trentacinque  candidati  per  commissione,  dei quali gli esterni non
devono  superare  il  cinquanta  per  cento  degli  interni  - queste
commissioni  ad  hoc possano essere costituite anche presso le scuole
paritarie,  donde l'illegittimita' della norma censurata, nella parte
in  cui  ne  prevede  la possibile costituzione solo presso le scuole
statali.
    6.1.  - E' opportuno soffermarsi sul quadro legislativo entro cui
si inserisce la disposizione censurata.
    Prima  della  legge  10 marzo  2000,  n. 62 (Norme per la parita'
scolastica  e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione),
nell'ordinamento   esistevano,   accanto  alle  scuole  statali,  due
tipologie  di  scuole  private;  quelle  che  non rilasciavano titoli
avente  valore  legale  e  quelle (parificate, pareggiate, legalmente
riconosciute)  che avevano tale legittimazione. In questo contesto, i
privatisti  potevano  sostenere  gli  esami  di Stato solo presso gli
istituti statali.
    Nel  2000,  in  attuazione dell'art. 33, quarto comma Cost., sono
state  introdotte le scuole paritarie (pubbliche degli enti locali, e
private),  che costituiscono, insieme alle scuole statali, il sistema
nazionale  di  istruzione, secondo un modello pluralistico integrato.
Esse  svolgono  un servizio pubblico e sono soggette alla valutazione
dei  processi  e  degli esiti da parte del sistema nazionale, secondo
standard  stabiliti  dalla  legge.  A  queste  condizioni  la  scuola
paritaria e' abilitata al rilascio dei titoli di studio.
    La  norma  censurata  prende  atto  della  avvenuta  introduzione
nell'ordinamento  delle  scuole  paritarie  e  prevede una disciplina
comune  per  i candidati esterni. Nell'ambito del limite generale per
cui   ciascuna   commissione  d'esame  puo'  esaminare,  al  massimo,
trentacinque  candidati,  si  prevede che i candidati esterni possano
sostenere  l'esame  di  Stato  presso  le  scuole statali e presso le
scuole  paritarie,  a loro scelta, a condizione che il numero massimo
di esterni non superi il cinquanta per cento degli alunni interni per
ciascuna commissione d'esame. Quindi, per l'ipotesi che - per effetto
del  rispetto dei suddetti limiti generali - si crei la necessita' di
istituire  commissioni per soli candidati esterni, dispone che queste
possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali.
    6.2. - Indipendentemente dalla riconducibilita' del caso in esame
all'art. 33,  quarto  comma Cost. nella parte in cui prevede, per gli
alunni  delle  scuole  non  statali  che  chiedono  la  parita',  «un
trattamento  scolastico  equipollente a quello degli alunni di scuole
statali»,  la  deroga  per  gli esterni che chiedono di sostenere gli
esami  presso  le  scuole paritarie e' circoscritta. Essa concerne la
sola  ipotesi  in  cui  la domanda dei privatisti assuma tale rilievo
quantitativo  da  non  poter  essere soddisfatta mediante l'ordinaria
ripartizione  tra  le  commissioni d'esame esistenti presso le scuole
paritarie e statali.
    Questa deroga non e' irragionevole.
    Essa  si  collega,  innanzitutto,  all'esigenza di evitare che le
scuole paritarie diventino sede privilegiata di esami a scapito della
serieta' dell'esame di Stato, richiesta dal quinto comma dell'art. 33
Cost.,  cosi'  prevenendo,  proprio  a garanzia della posizione delle
scuole  paritarie  nel  sistema  nazionale di istruzione pluralistico
previsto   dal   quarto   comma   dello   stesso  articolo,  la  loro
trasformazione  da  luogo  di insegnamento in sedi per esami di Stato
(ordinanza  n. 423  del 2002, con riferimento agli esami di idoneita'
degli esterni).
    La  scelta  del  legislatore  risponde  anche  alla  finalita' di
distribuire   in  modo  piu'  razionale  sul  territorio  la  domanda
eccedente  il  limite sopra ricordato, atteso che le scuole statali -
presso  le  quali  esistono  oramai tutti i percorsi formativi - sono
piu' numerose e diffuse di quelle paritarie.
    In  conclusione,  la  deroga e' circoscritta, essendo inserita in
una  disciplina  comune di limiti quantitativi allo svolgimento degli
esami di Stato da parte di candidati esterni, e non e' irragionevole,
rispondendo  agli  obiettivi  di serieta' dell'esame di cui al quinto
comma  dell'art. 33  Cost.  e,  in  generale, a razionali esigenze di
distribuzione  sul  territorio  delle commissioni, in caso di domanda
eccedente.
    6.3. - Quanto agli altri parametri evocati dal giudice rimettente
va,   in   generale,   notato  che  tutte  le  censure  presuppongono
l'esistenza  della  discriminazione  tra  scuole  paritarie e statali
rispetto  al trattamento dei candidati esterni. Essendo stata esclusa
tale discriminazione, non sussistono le violazioni dedotte.
    Inoltre,  l'art. 76  Cost. e' evocato impropriamente, limitandosi
il  rimettente  a  richiamare  genericamente  le  finalita'  indicate
nell'art. 1  della  legge delega e non i criteri posti negli articoli
successivi,  tra i quali l'art. 3 si occupa espressamente degli esami
di Stato.
    In  ordine  alle  censure  formulate  con riferimento all'art. 41
Cost.,  va  notato  che la liberta' dell'iniziativa economica privata
dei gestori di scuole paritarie e' garantita nei limiti della parita'
di cui all'art. 33, quarto comma, Cost. e che la scuola paritaria non
rileva  come  impresa  quando  sono  in  questione  le  modalita'  di
svolgimento degli esami.
    Infine,   in   riferimento   all'art. 118  Cost.,  la  cosiddetta
sussidiarieta'  orizzontale  non  puo' consentire una interpretazione
dell'art. 33,  quarto  comma  Cost.  che  induca a ritenere le scuole
paritarie  senz'altro legittimate ad eseguire sempre esami di Stato a
beneficio  di  chiunque,  senza esserne «alunno», chieda di svolgerli
presso di esse.