ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
della nota dell'allora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
-   Direzione   generale  per  le  infrastrutture  della  navigazione
marittima  ed interna (MINFRTRA/DINFR/34) del 3 aprile 2006 avente ad
oggetto:  «Porto  di  Cattolica  -  Collaudo  nuova darsena turistica
interna  -  prima  riunione  Commissione  di  vigilanza e collaudo ex
art. 8,  comma 2, del d.P.R. n. 509/1997», promosso con ricorso della
Regione  Emilia-Romagna  notificato  il  6 giugno 2006, depositato in
cancelleria   l'8  giugno 2006  ed  iscritto  al  n. 9  del  registro
conflitti tra enti 2006.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2007 il giudice relatore
Paolo Maria Napolitano;
    Uditi    l'avvocato   Franco   Mastragostino   per   la   Regione
Emilia-Romagna  e l'avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato il 6 giugno 2006 e depositato presso
la  cancelleria  della  Corte  il  successivo  8 giugno,  la  Regione
Emilia-Romagna  ha  sollevato conflitto di attribuzione nei confronti
dello  Stato,  in  relazione  alla  nota  dell'allora Ministero delle
infrastrutture   e   dei   trasporti,   Direzione   generale  per  le
infrastrutture     della    navigazione    marittima    ed    interna
(MINFRTRA/DINFR/34),   datata   3 aprile   2006,   indirizzata   alla
Capitaneria di porto di Rimini e trasmessa, per conoscenza, al comune
di  Cattolica,  in  data  8 aprile  2006, avente ad oggetto «Porto di
Cattolica - Collaudo nuova darsena turistica interna - prima riunione
Commissione  di  vigilanza  e  collaudo  ex  art. 8,  comma 2, d.P.R.
n. 509/1997». Nella nota sopra richiamata - ad avviso della Regione -
si affermava che la procedura posta in essere dal comune di Cattolica
(nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative  ad esso attribuite)
doveva  ritenersi  illegittima  per  incompetenza  dell'Ente  locale,
poiche', «risultando l'area relativa all'intervento aderente al porto
canale»,  l'intervento  medesimo  veniva a realizzare «una espansione
dell'unitario  ambito  portuale,  ascritto alla competenza statale ai
sensi  del  d.P.C.m.  21 dicembre 1995», nonche' per violazione della
normativa   speciale   di  cui  al  d.P.R.  2 dicembre  1997,  n. 509
(Regolamento  recante  disciplina  del procedimento di concessione di
beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate
alla  nautica  da  diporto,  a norma dell'articolo 20, comma 8, della
legge  15 marzo  1997,  n. 59),  e,  conclusivamente,  si invitava la
Capitaneria  del  porto  di  Rimini  ad  «intraprendere le necessarie
misure atte a riportare le procedure nell'alveo della legittimita».
    La  Regione  ricorrente  prospetta la violazione degli artt. 114,
117  e  118 della Costituzione, in relazione al riparto di competenze
amministrative   delineato   dall'art. 105  del  decreto  legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  Regioni  e  agli  Enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge  15 marzo  1997,  n. 59),  come
modificato   dall'art. 9  della  legge  9 marzo  2001,  n. 88  (Nuove
disposizioni  in  materia  di  investimenti nelle imprese marittime),
nonche' del principio di leale collaborazione.
    2.  - Espone la Regione che l'intervento del legislatore statale,
a  seguito  delle  modifiche  del  Titolo  V  della  parte  II  della
Costituzione ed al conseguente inserimento della materia dei «porti e
aeroporti  civili»  nell'ambito  della  competenza concorrente di cui
all'art. 117,  terzo comma, Cost., deve limitarsi alla fissazione dei
principi   fondamentali,   che   non   potrebbero  comprendere  anche
l'attribuzione delle competenze amministrative.
    In  ragione  di cio', sarebbe chiara l'erronea impostazione della
nota  ministeriale che, intervenendo in relazione ad un provvedimento
di  collaudo  (precisamente, della darsena interna di un porto, quale
quello  di  Cattolica,  che  la Regione ascrive nell'ambito delle sue
competenze   e,   quindi,  tra  l'altro,  in  una  fase  di  avanzata
realizzazione  di  una  opera interessante un porto che la ricorrente
ritiene  indubitabilmente  non  statale)  reputa di poter incidere su
materie   di  competenza  regionale,  utilizzando  un'interpretazione
restrittiva  della normativa precedente la riforma del Titolo V della
Costituzione.  Tale  ultima modifica, introducendo un nuovo e diverso
modello   costituzionale   delle  autonomie,  impone,  anche  per  la
disciplina gia' esistente, una lettura coerente con il nuovo assetto.
    Peraltro,  tutto  cio' gia' poteva dedursi dalle disposizioni che
hanno dato luogo al conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello  Stato alle Regioni e agli Enti locali (d.lgs. n. 112 del 1998,
anche  alla  luce  delle  modifiche introdotte dalla successiva legge
n. 88 del 2001).
    In  particolare  -  sempre  secondo  la  ricorrente - l'art. 105,
comma 2, lettera l), del d.lgs. n. 112 del 1998, nel testo risultante
dalla  modifica  introdotta  dall'art. 9  della legge n. 88 del 2001,
gia' riconosceva la competenza regionale per quanto atteneva i «porti
turistici»;  cosi' che, a seguito dell'intervenuta operativita' della
norma,  a  decorrere  dal  1° gennaio 2002, veniva approvata la legge
regionale  31 maggio  2002,  n. 9  (Disciplina  dell'esercizio  delle
funzioni  amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di
mare   territoriale),  la  quale,  all'art. 3,  conferiva  ai  comuni
funzioni   amministrative  e  di  vigilanza  in  materia,  anche  con
individuazione  dei  porti  di interesse regionale, tra cui, appunto,
quello di Cattolica.
    2.1.  -  In  questa  prospettiva,  la  tesi sostenuta dall'allora
Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  - secondo cui il
trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni,
oggetto  del  richiamato  art. 105,  comma 2,  lettera l), del d.lgs.
n. 112  del  1998,  come modificato dall'art. 9 della legge n. 88 del
2001,  non opererebbe nei porti di rilevanza economica internazionale
e  nazionale, nonche' nelle «aree di preminente interesse nazionale»,
come  individuate  dal  d.P.C.m. 21 dicembre 1995 (Gazzetta Ufficiale
n. 136  del 12 giugno 1996), anche in ragione della previsione di cui
all'art. 4   della  legge  28 gennaio  1994,  n. 84  (Riordino  della
legislazione in materia portuale), - sarebbe, sempre a giudizio della
Regione,  erronea.  Essa, infatti, postulerebbe (come sostenuto nella
nota  ministeriale 5 marzo 2003, n. 228, richiamata in quella oggetto
del  presente  conflitto),  che  il  passaggio  di  funzioni  sarebbe
condizionato   dall'emanazione   di   un   decreto   ministeriale  di
classificazione,  ai  sensi  dell'art. 4  della  legge n. 84 del 1994
sopra    richiamata,    nonche'   comporterebbe   l'inefficacia   del
trasferimento  per  quei  porti,  come  quello di Cattolica, compresi
nelle   «aree   di   preminente  interesse  nazionale»  dal  d.P.C.m.
21 dicembre 1995.
    2.2.  -  Secondo  la  Regione,  del  resto,  la  tesi dell'allora
Ministero  delle  infrastrutture e dei trasporti risulta smentita sia
dal  parere (sollecitato dallo stesso Ministero) n. 767 del 2002 reso
dal  Consiglio  di Stato, sezione seconda, sia dalle sentenze n. 90 e
n. 89 del 2006 della Corte costituzionale.
    Quanto  al parere del Consiglio di Stato, nello stesso si afferma
come   non   sia   necessaria  «alcuna  ulteriore  classificazione  o
catalogazione  per  individuare  i  porti  turistici, con conseguente
mancanza   di  ostacoli  a  ritenere  immediatamente  applicabile  la
disposizione  di  cui all'art. 105 del d.lgs. n. 112/1998 nella parte
in  cui questa prevede il conferimento alle Regioni delle funzioni in
materia   di   concessioni   del  demanio  marittimo  con  decorrenza
1° gennaio  2002  per  i  porti  di  rilevanza economica regionale ed
interregionale tra i quali rientrano [...] i porti turistici».
    Relativamente   all'intervento  della  Corte  costituzionale,  la
ricorrente  sottolinea  che  quest'ultima,  con le due sentenze sopra
ricordate  (n. 90  e n. 89 del 2006), - relative sempre a due ricorsi
per  conflitto  di  attribuzione  fra  Enti,  ugualmente  in  tema di
concessioni  in  ambito  portuale,  promossi,  rispettivamente, dalla
Regione  Toscana  e  dalla  Regione  Campania, - ha escluso qualsiasi
rilevanza dell'inserimento dei porti nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995 ai
fini  del  riparto  delle  funzioni  amministrative  in  materia e ha
dichiarato  che «non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle
Infrastrutture  e  dei Trasporti, attribuire alle autorita' marittime
statali   la   competenza  amministrativa  relativa  al  rilascio  di
concessioni demaniali nell'ambito dei porti turistici» regionali (nei
casi  di specie, «nell'ambito della Regione Campania», e «nell'ambito
del porto di Viareggio»).
    Ad avviso della Regione Emilia-Romagna, il richiamo ai precedenti
della  Corte  costituzionale  evidenzia  come  la  nota  ministeriale
oggetto  del  conflitto contrasti con il nuovo assetto costituzionale
ed  in particolare con le previsioni di cui agli artt. 114, 117 e 118
Cost.  Infatti,  tale  nuovo impianto di attribuzioni comporta, da un
lato,  che  nelle  materie  concorrenti  la  Regione  vanta un potere
regolamentare  esclusivo  e,  dall'altro, che la materia «turismo» e'
attualmente  di  competenza  legislativa  residuale  e, quindi, piena
delle  Regioni,  con  attribuzione delle funzioni amministrative agli
enti   territoriali  minori,  secondo  i  criteri  di  sussidiarieta'
indicati nel nuovo art. 118 della Costituzione.
    Del resto, la stessa Corte costituzionale ha sottolineato come il
richiamo  effettuato  dall'art. 105  del  d.lgs.  n. 112  del 1998 al
d.P.C.m.  21 dicembre  1995  non ha comportato il conferimento a tale
atto  di  «efficacia  legislativa»  e  la  cristallizzazione  del suo
contenuto,  al  di  la'  della  portata che esso viene ad avere in un
determinato contesto normativo.
    2.3.   -   L'atto  ministeriale  impugnato,  secondo  la  Regione
ricorrente,  verrebbe,  altresi',  a  violare  il  principio di leale
collaborazione   tra  lo  Stato  e  le  Regioni,  in  quanto  operato
tardivamente  ed  al  momento  della  concessione  del provvedimento,
laddove,   in   precedenza,   non  era  mai  stata  formulata  alcuna
contestazione  in  ordine all'esercizio delle funzioni amministrative
da  parte  dei  comuni  in questa materia, pur essendo la circostanza
nota   in   ragione   delle   comunicazioni  trasmesse  dagli  uffici
periferici.
    A  conferma,  la  Regione  fa presente che la deliberazione della
Giunta regionale n. 1461 del 2003, che individua i porti di interesse
regionale  e  subregionale,  non  e'  stata  impugnata.  Inoltre,  la
Capitaneria di porto competente non ha mai formulato espresse riserve
in   sede   giudiziale   in   ordine   all'esercizio  delle  funzioni
amministrative  da  parte  del  comune  interessato ed ha collaborato
(seppur   talvolta  in  maniera  dubitativa)  «all'esperimento  delle
attivita' amministrative connesse».
    Ne  consegue  che  l'atto  ministeriale  oggetto  del  conflitto,
costituendo  una  vindicatio  potestatis  «che segue all'acquiescenza
manifestata  lungo  l'intero  procedimento», contraddice la prassi di
leale  collaborazione  di  fatto  instaurata,  smentisce i precedenti
della  giustizia costituzionale e reca un grave pregiudizio economico
al  privato  concessionario  che  ha completato le opere, fidando sul
comportamento,    «sin    qui    apparentemente    lineare»,   tenuto
dall'Amministrazione statale.
    3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile,
irricevibile e, comunque, infondato nel merito.
    La difesa erariale - premesso che si controverte su una delle due
iniziative che interessano il porto canale di Cattolica, precisamente
quella  localizzata  all'interno  dello  stesso,  risultando,  a  suo
giudizio,  indiscussa  la  competenza  statale sulla seconda relativa
alla  cosiddetta  darsena  esterna  (secondo  quanto risulterebbe dal
verbale  della  Conferenza dei servizi del 27 novembre 2003, ai sensi
dell'art. 5  del  d.P.R.  n. 509  del  1997)  - eccepisce, anzitutto,
l'inammissibilita' del ricorso per carenza di lesivita' dell'atto, in
quanto  «atto  interno, diretto come tale alla competente Capitaneria
di Porto, non suscettibile, quindi, di utile impugnazione» o, tutt'al
piu',  «atto  presupposto  dell'emananda  richiesta della capitaneria
(che  non  ne  muterebbe  comunque  la natura di atto interno), se si
volesse  considerare  che  lo  stesso  tende  a  provocare  attivita'
rilevante  all'esterno  da  parte  della  stessa  Capitaneria in sede
locale,  mediante  la  richiesta  al  comune  di  restituzione  della
documentazione  in  quanto  afferente  un  porto  (polifunzionale) di
competenza statale come tale inserito nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995».
    3.1.  -  Il  ricorso  sarebbe,  poi, inammissibile per carenza di
interesse  della  Regione  ricorrente,  poiche' non si riscontrerebbe
nell'atto  impugnato  «una  lesione  attuale  e concreta». Infine, il
ricorso  sarebbe altresi' irricevibile, in quanto rivolto a censurare
un  atto  ministeriale  meramente  confermativo di quanto espresso in
note  ministeriali  risalenti  almeno  al 2003 (nota ministeriale del
5 marzo  2003  diretta  alla  Regione Emilia-Romagna) e mai impugnate
dalla  Regione,  con conseguente decadenza in relazione ad atti ormai
risalenti nel tempo.
    Conferma indiretta di tutto cio', sempre secondo l'Avvocatura, si
troverebbe, del resto, nella circostanza che la Regione ricorrente ha
sottoscritto,  in data 21 dicembre 2004, un protocollo d'intesa, che,
espressamente,  si  qualifica come atto istruttorio propedeutico alla
futura  revisione  del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, il quale starebbe a
dimostrare  come  la  ricorrente,  sin  dalla  data di sottoscrizione
dell'accordo,  avrebbe  riconosciuto  che il riparto di competenze in
relazione  ai porti, in assenza di formale classificazione secondo la
legge  n. 84  del  1994, debba dar luogo ad una istruttoria condivisa
per  la  individuazione  di  quelli  afferenti  ad  aree di interesse
nazionale.
    3.2.  -  La difesa erariale ritiene, altresi', che il ricorso sia
infondato  nel  merito.  Al riguardo, si osserva come i richiami alle
decisioni  n. 90  e  n. 89  del 2006 della Corte costituzionale siano
inconferenti,  poiche'  «la circostanza che l'inserimento di un porto
nell'elenco  di  cui  al d.P.C.m. 21.12.1995 non costituisca elemento
decisivo ai fini del riparto delle funzioni amministrative in materia
di  porti, non prova di per se' l'appartenenza del Porto di Cattolica
alla   categoria   dei   «Porti  turistici»  (che  per  la  decisione
n. 90/2006,  attengono  alla  competenza  regionale)».  In  sostanza,
l'appartenenza  alla  predetta  categoria  e'  solo  affermata ma non
provata in alcun modo dalla ricorrente Regione.
    Ne  consegue  che,  per  il  periodo in cui continua a mancare il
provvedimento  previsto dalla legge n. 89 del 1994 di classificazione
formale  dei  porti  (funzione  che  spetta  allo  Stato ex art. 104,
lettera  s,  del d.lgs. n. 112 del 1998), resta comunque in vigore il
d.P.C.m.  21 dicembre 1995, cosi' che l'inserimento di un porto nello
stesso  viene,  in ogni caso, ad indicare che le relative aree devono
essere   ritenute,  almeno  iuris  tantum,  di  preminente  interesse
nazionale.
    4.  -  La Regione Emilia-Romagna, in prossimita' dell'udienza, ha
depositato  memoria con la quale ha contestato le affermazioni svolte
dall'Avvocatura   dello  Stato  nell'atto  di  intervento,  ribadendo
altresi' le argomentazioni svolte nel ricorso.
    4.1.  -  Primariamente, la difesa della Regione precisa che anche
la  «darsena  esterna»  e' un porto turistico, in aderenza esterna al
porto   canale   (oggetto  di  un  altro  procedimento),  e  che,  di
conseguenza,  ugualmente  per questa non sussiste la competenza dello
Stato,  come  risulterebbe  comprovato  dallo  stesso  verbale  della
riunione   della   Conferenza   dei   servizi  del  27 novembre  2003
(erroneamente   interpretato   dalla   difesa   erariale),  il  quale
attesterebbe  come la presenza della Capitaneria di porto di Rimini a
tale  Conferenza  aveva la sola finalita' di «esprimere il suo parere
nel  campo  dove essa e' ancora competente, vale a dire ai fini della
sicurezza  della  navigazione  ed  alla compatibilita' dell'uso delle
aree  e  delle opere portuali con gli interessi marittimi, ex art. 9,
comma 2, della legge n. 88/2001».
    4.2.  - Quanto, poi, all'affermata inammissibilita' del conflitto
perche' riferito ad atto presupposto, e, comunque, privo di contenuto
provvedimentale, la difesa della Regione, richiamandosi alla sentenza
costituzionale n. 89 del 2006, relativa a fattispecie sostanzialmente
analoga, sottolinea come la nota ministeriale, oggetto del conflitto,
sia «una chiara manifestazione di volonta' dello Stato di riaffermare
la  propria  competenza  nel  settore  in  esame  e  di negare quella
regionale».
    4.3.  -  Sempre  non  fondata  e',  secondo  la difesa regionale,
l'affermazione  dell'Avvocatura  dello  Stato  secondo  cui  la  nota
ministeriale  da  impugnare  sarebbe stata semmai la nota del 5 marzo
2003  (precedente  a  quella,  invece,  impugnata),  con  conseguente
decorso del termine decadenziale in relazione ad atti ormai risalenti
nel tempo.
    La  nota  ministeriale  (DEM  2  228)  del 5 marzo 2003, difatti,
sarebbe semplicemente una nota di carattere generale, che non avrebbe
ad  oggetto alcuna pratica di rilascio di concessione demaniale e che
avrebbe  affrontato  in maniera generica (quando non contraddittoria)
tematiche  relative  a giurisprudenza amministrativa e costituzionale
ancora in fase di assestamento.
    4.4.  - Costituisce, secondo la ricorrente, un persistente errore
logico  dell'Avvocatura dello Stato ritenere che il d.P.C.m. del 1995
sia  ancora  in  vigore solo per il fatto che si stia procedendo alla
sua revisione, laddove proprio l'esigenza di una riscrittura ne prova
il  superamento,  come del resto affermato dalla Corte costituzionale
con le sentenze n. 90 e n. 89 del 2006.
    5.  -  Ugualmente  destituita di fondamento e', secondo la difesa
regionale, l'obiezione formulata dall'Avvocatura secondo la quale non
sarebbe  provata l'appartenenza del porto di Cattolica alla categoria
dei «porti turistici».
    La  prova,  infatti, si puo' rinvenire nella legge regionale n. 9
del   2002  e  nella  deliberazione  della  Giunta  regionale  progr.
n. 1461/2003,   contenente   (nell'allegato   n. 1)   le  «Direttive»
vincolanti  per  l'esercizio  delle  funzioni amministrative da parte
degli  enti  locali delegati, nelle quali si precisa che, tra i porti
di  interesse  regionale  e subregionale ed in particolare tra quelli
turistici,  si  colloca  il  porto  di Cattolica. Del resto, l'intesa
«ponte»  raggiunta tra il Ministero delle infrastrutture e la Regione
Emilia-Romagna  in  data  21 dicembre 2004, in attesa della revisione
del  d.P.C.m.  del  1995,  prevede che il solo porto circondariale di
Ravenna  sia  di interesse nazionale, mentre tutti gli altri (tra cui
quelli  di  Cattolica  e Rimini) «si intendono di rilevanza economica
regionale e interregionale».

                       Considerato in diritto

    1.   -   Con   il   ricorso  indicato  in  epigrafe,  la  Regione
Emilia-Romagna  ha  promosso  conflitto di attribuzione nei confronti
dello   Stato,   impugnando   la  nota  dell'allora  Ministero  delle
infrastrutture   e   dei   trasporti,   Direzione   generale  per  le
infrastrutture     della    navigazione    marittima    ed    interna
(MINFRTRA/DINFR/34),   datata   3 aprile   2006,   indirizzata   alla
Capitaneria di porto di Rimini e trasmessa, per conoscenza, al comune
di  Cattolica,  in  data  8 aprile  2006, avente ad oggetto «Porto di
Cattolica - Collaudo nuova darsena turistica interna - prima riunione
Commissione  di  vigilanza  e  collaudo  ex  art. 8,  comma 2, d.P.R.
n. 509/1997». Nella nota sopra richiamata - ad avviso della Regione -
si affermava che la procedura posta in essere dal comune di Cattolica
(nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative  ad esso attribuite)
doveva  ritenersi  illegittima  per  incompetenza  dell'Ente  locale,
poiche', «risultando l'area relativa all'intervento aderente al porto
canale»,  l'intervento  medesimo  veniva a realizzare «una espansione
dell'unitario  ambito  portuale,  ascritto alla competenza statale ai
sensi  del  d.P.C.m.  21 dicembre 1995», nonche' per violazione della
normativa   speciale   di  cui  al  d.P.R.  2 dicembre  1997,  n. 509
(Regolamento  recante  disciplina  del procedimento di concessione di
beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate
alla  nautica  da  diporto,  a norma dell'articolo 20, comma 8, della
legge  15 marzo  1997,  n. 59),  e,  conclusivamente,  si invitava la
Capitaneria  del  porto  di  Rimini  ad  «intraprendere le necessarie
misure atte a riportare le procedure nell'alveo della legittimita».
    2.  -  La  Regione  ricorrente  ha  dedotto  che il suddetto atto
sarebbe  lesivo  delle  attribuzioni regionali di cui agli artt. 114,
117  e  118 della Costituzione, in relazione al riparto di competenze
amministrative   delineato   dall'art. 105  del  decreto  legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  Regioni  e  agli  Enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge  15 marzo  1997,  n. 59),  come
modificato   dall'art. 9  della  legge  9 marzo  2001,  n. 88  (Nuove
disposizioni  in  materia  di  investimenti nelle imprese marittime),
nonche' del principio di leale collaborazione.
    Tali violazioni sarebbero, a parere della ricorrente, ancora piu'
evidenti  ed  accentuate  a  seguito  delle modificazioni al Titolo V
della  parte  II  della  Costituzione  operate dalla legge 18 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione).
    Infatti, l'assegnazione, nell'ambito della competenza concorrente
di  cui  all'art. 117, terzo comma, Cost., della materia dei «porti e
aeroporti  civili»  limiterebbe  l'intervento del legislatore statale
alla   sola   fissazione   dei   principi   fondamentali,   che   non
comprenderebbero l'attribuzione di competenze amministrative.
    2.1.  - L'atto impugnato si porrebbe, peraltro, gia' in contrasto
con  il riparto delle competenze amministrative attuato dall'art. 105
del  d.lgs.  n. 112 del 1998, come modificato dall'art. 9 della legge
n. 88  del  2001,  laddove  lo stesso prevede che sono conferite alle
Regioni   le   funzioni   amministrative  inerenti  «al  rilascio  di
concessioni  di  beni  del  demanio  della  navigazione  interna, del
demanio  marittimo  e  di  zone  del  mare territoriale per finalita'
diverse  da  quelle  di  approvvigionamento  di fonti di energia». Il
suddetto  art. 105 ha, altresi', solo escluso «da un lato, che: «tale
conferimento  non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed
alla   sicurezza  dello  Stato,  nei  porti  di  rilevanza  economica
internazione  e nazionale, nonche' nelle aree di preminente interesse
nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  del  21 dicembre  1995»,  dall'altro,  [precisato] che "nei
porti   di   rilevanza   economica  regionale  ed  interregionale  il
conferimento decorre dal 1° gennaio 2002"».
    2.2.  -  Inoltre,  la  nota  ministeriale impugnata avrebbe anche
chiaramente violato il principio di leale collaborazione, poiche' nel
corso  degli  anni non sarebbe mai stata sollevata «nell'ambito della
Regione  Emilia-Romagna, alcuna contestazione in ordine all'esercizio
di  tali  funzioni  amministrative  da  parte dei comuni, circostanza
ampiamente  nota al Ministero in virtu' delle comunicazioni trasmesse
dagli uffici periferici».
    3.  -  In  via  preliminare  e'  necessario individuare quale sia
l'esatto   contenuto  del  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione
proposto    dalla    Regione   Emilia-Romagna   per   valutarne   sia
l'ammissibilita',  sia, qualora tale primo scrutinio sia positivo, il
merito.
    La  ricorrente  si  duole  del  fatto  che  la  nota ministeriale
impugnata  abbia  rivendicato  alla  competenza  amministrativa della
Capitaneria  di  porto di Rimini gli adempimenti relativi al rilascio
delle concessioni demaniali nell'ambito del porto di Cattolica.
    La  difesa  erariale eccepisce l'inammissibilita' del ricorso per
carenza  di  lesivita'  dell'atto impugnato, in quanto «atto interno,
diretto  come  tale  alla competente Capitaneria di Porto» o, tutt'al
piu', «atto presupposto dell'emananda richiesta della Capitaneria».
    La tesi della parte resistente non e' fondata.
    La  nota ministeriale impugnata, inviata per conoscenza al comune
di  Cattolica,  contiene  una chiara manifestazione di volonta' dello
Stato  di  affermare  la propria competenza nel settore in esame e di
negare   quella   regionale;   pertanto,   al  presente  giudizio  va
riconosciuto  «tono  costituzionale»  (sentenza  n. 89  del 2006), in
quanto  involge questioni afferenti al riparto delle attribuzioni tra
Stato  e  Regioni,  quali  risulta  dal nuovo Titolo V della parte II
della Costituzione.
    4.  -  Parimenti  infondata  e'  l'ulteriore argomentazione della
costituita Avvocatura dello Stato circa l'acquiescenza che la Regione
avrebbe dimostrato alla pretesa del Ministero di considerare il porto
in questione «ascritto alla competenza statale», non avendo impugnato
la  precedente  nota  (DEM 2 228) del 5 marzo 2003, che avrebbe avuto
analogo  contenuto.  Infatti,  anche  prescindendo dalla questione di
carattere   generale  se  nei  confronti  degli  atti  amministrativi
confermativi   di   altri  in  precedenza  adottati  possa  ritenersi
applicabile  il  principio  della  non  acquiescenza  -  valevole nei
confronti  degli  atti  legislativi  impugnati  in  via principale in
relazione  all'inderogabilita'  delle competenze che vengono difese -
occorre  osservare  che  la  citata  nota  del  5 marzo 2003 aveva un
contenuto  problematico, cosi' da escludere che la successiva (quella
cioe'  impugnata) possa essere considerata atto meramente esecutivo o
confermativo  della  prima.  Nella  nota del 5 marzo 2003 si afferma,
infatti, dopo aver esaminato il contenuto del parere del Consiglio di
Stato,  sezione  seconda, n. 767 del 2002 e della sentenza n. 511 del
2002  di questa Corte e le possibili interpretazioni che di tali atti
possono   fornirsi,   che   «la   questione   [relativa  al  soggetto
istituzionale  competente  in  materia  di  rilascio  di  concessioni
demaniali  in ambito portuale] e' sottoposta al vaglio degli adeguati
livelli  politici  per  la  valutazione  delle  azioni  eventualmente
discendenti  in  sede  amministrativa»  e  che si manifesta «la piena
disponibilita'  della  scrivente,  per  quanto  di  competenza  e nel
rispetto  del vigente ordinamento, ad operare in uno spirito di piena
collaborazione,  per  la  risoluzione  delle  complesse problematiche
relative al conferimento di funzioni in discorso».
    5. - Tanto premesso, si puo' passare all'esame, nel merito, delle
specifiche questioni proposte.
    6. - Il ricorso e' fondato.
    7. - L'allora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con
l'atto impugnato, pur in presenza di un nuovo riparto di attribuzioni
di  competenza quale delineato dalla riforma del Titolo V della parte
II della Costituzione (si vedano sentenze n. 90 e n. 89 del 2006), ha
inteso  attrarre  nella  competenza statale il porto di Cattolica, in
quanto   -   in  mancanza  del  provvedimento  previsto  dalla  legge
28 gennaio  1994,  n. 84  (Riordino  della  legislazione  in  materia
portuale)  di  classificazione  formale  dei porti - risultava ancora
inserito nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995. L'appartenenza alla categoria
dei   «porti   turistici»   del  suddetto  porto  sarebbe  -  secondo
l'Avvocatura  dello  Stato  -  solo  affermata, ma non provata, dalla
Regione.
    7.1.  -  Questa  Corte  (sentenze n. 90 e n. 89 del 2006, nonche'
sentenza  n. 322  del  2000)  ha  gia'  avuto modo di chiarire che il
richiamo  effettuato  nell'art. 105  del  d.lgs.  n. 112  del 1998 al
predetto   d.P.C.m.   non   conferisce  a  questo  ultimo  «efficacia
legislativa»,  ne'  e'  atto  a «sanare i vizi di legittimita' che lo
inficiano  o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o
diversa efficacia». Ed ha, altresi', chiarito come: «In altri termini
il  richiamo  dell'atto  amministrativo vale semplicemente a definire
per   relationem   la  portata  del  limite  introdotto  dal  decreto
legislativo  al  conferimento  di  funzioni,  ma  con  riferimento al
contenuto    dell'atto    richiamato    quale    esiste   attualmente
nell'ordinamento,  e  nei  limiti  in cui l'efficacia ad esso propria
tuttora sussista».
    In  buona sostanza, il nuovo assetto delle competenze, introdotto
dalla  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  impedisce  che  possa
attribuirsi  attuale  valenza  all'inserimento del porto di Cattolica
nel  d.P.C.m.  21 dicembre  1995,  ai fini del riparto delle funzioni
amministrative.
    7.2.  -  Non  e', altresi', fondata la tesi dell'Avvocatura dello
Stato  che  ritiene  solo  affermata,  ma  non provata, la pretesa di
inserire  il porto di Cattolica nell'ambito dei «porti turistici». Al
riguardo,  non  e' tanto la deliberazione del 28 luglio 2003, recante
le Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia
di  demanio  marittimo  -  adottata  dalla Regione Emilia-Romagna, ai
sensi  dell'art. 2,  comma 4,  della  legge regionale 31 maggio 2002,
n. 9  (Disciplina  dell'esercizio  delle  funzioni  amministrative in
materia  di  demanio  marittimo  e di zone di mare territoriale), che
inserisce  il porto di Cattolica tra quelli «di interesse regionale e
subregionale»  -  a  fornire  la suddetta prova, quanto il Protocollo
d'intesa   del   21 dicembre  2004  tra  (l'allora)  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti  e  (la)  Regione Emilia-Romagna in
ordine  alla  revisione  del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  21 dicembre  1995.  Infatti  tale  atto  di intesa induce a
ritenere il suddetto porto incluso tra «i rimanenti» che si intendono
«rebus   sic   stantibus,   di   rilevanza   economica   regionale  o
interregionale  ai  fini  del riparto di competenze sia in materia di
gestione del demanio marittimo che delle opere pubbliche nei porti».
    7.3.  -  L'inserimento  del  porto  di Cattolica nel sopra citato
d.P.C.m.  del  21 dicembre  1995, non puo', conclusivamente, assumere
rilievo  ai fini del riparto delle funzioni amministrative, in quanto
la  sua caratterizzazione lo fa rientrare nella materia «turismo» che
e' attualmente di competenza legislativa residuale delle Regioni, con
attribuzioni  delle  funzioni  amministrative  agli enti territoriali
minori, secondo i criteri indicati dall'art. 118 della Costituzione.
    7.4.  -  Quanto sin qui affermato non esclude che lo Stato - come
questa  Corte  ha  gia' osservato (sentenze n. 90 e n. 89 del 2006) -
possa  procedere,  per  il  futuro,  con la necessaria partecipazione
della   Regione   interessata  in  ossequio  al  principio  di  leale
collaborazione, a riconoscere a taluni porti, e dunque anche a quello
in  oggetto,  per la loro dimensione ed importanza, quel carattere di
rilevanza   economica   internazionale,  o  di  preminente  interesse
nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed
amministrativa dello Stato su di essi e sulle connesse aree portuali,
ne'  che,  anche  attualmente,  possa essere inibito od ostacolato in
alcun  modo  lo svolgimento in tale porto delle competenze (relative,
ad  esempio,  alla  sicurezza  della navigazione, alla protezione dei
confini   nazionali,   all'adozione   di   misure   per   contrastare
l'immigrazione  clandestina,  e  cosi'  via)  che  l'attuale  riparto
attribuisce in via esclusiva allo Stato.
    7.5.  -  Resta  assorbita la censura relativa alla violazione del
principio di leale collaborazione.
    8.   -   Alla   luce   delle  considerazioni  che  precedono,  in
accoglimento  del ricorso proposto dalla Regione Emilia-Romagna, deve
essere  dichiarato  che  non  spettava  allo  Stato  attribuire  alle
autorita'   marittime  statali  la  competenza  amministrativa  nella
materia delle concessioni sui beni del demanio marittimo portuale del
porto  di  Cattolica.  Pertanto,  deve essere disposto l'annullamento
della   nota   dell'allora   Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione
marittima   ed   interna,  datata  3 aprile  2006,  indirizzata  alla
Capitaneria  di  porto  di  Rimini  e  avente  ad  oggetto  «Porto di
Cattolica - Collaudo nuova darsena turistica interna - prima riunione
Commissione  di  vigilanza  e  collaudo  ex  art. 8,  comma 2, d.P.R.
n. 509/1997».