ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10, comma 2, della stessa legge, promosso con ordinanza del 28 marzo 2006 dalla Corte di appello di Napoli nel procedimento penale a carico di S. G., iscritta al n. 280 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Udito nella Camera di consiglio del 6 giugno 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che la Corte di appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, se non nel caso previsto dall'art. 603, comma 2, del codice di procedura penale - ossia quando sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado - e sempre che tali prove risultino decisive; nonche' dell'art. 10, comma 2, della medesima legge; che il giudice a quo e' chiamato a celebrare, a seguito di impugnazione del pubblico ministero, il giudizio di appello nei confronti di un imputato assolto in primo grado; che, recependo l'eccezione formulata dal Procuratore generale, la Corte rimettente ritiene che la disciplina censurata si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), con il principio di parita' tra le parti (art. 111, secondo comma, Cost.) e con il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 Cost.); che, infatti, la soppressione radicale ed unilaterale del potere del pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento sarebbe tale da squilibrare «i rapporti fra accusa e difesa, svuotando di fatto le funzioni dell'accusa e impedendo cosi' il raggiungimento di fini di giustizia», senza che ricorra alcuna ragione giustificatrice per tale disparita'; che l'irragionevolezza della disciplina censurata sarebbe, del resto, fatta palese dal mantenimento in capo al pubblico ministero del potere di proporre appello avverso le sentenze di condanna. Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell'appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero e l'immediata applicabilita' di tale regime, in forza dell'art. 10 della legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e dell'art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge e' dichiarato inammissibile»; che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.