ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento), promossi, nel corso di diversi procedimenti penali,
con ordinanze del 15 e 26 maggio, del 5 giugno, del 12 aprile, del 26
e  del 30 giugno (n. 2 ordd.) 2006 dalla Corte di appello di Messina,
del  4 luglio  2006  dalla  Corte d'assise d'appello di Messina e del
10 ottobre  2006  dalla  Corte di appello di Messina, rispettivamente
iscritte  ai  nn. 57,  da 60 a 62, da 65 a 67, 184 e 209 del registro
ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 9 e 15, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che, con nove ordinanze identiche nella parte motiva, la
Corte  di  appello  e  la  Corte  d'assise d'appello di Messina hanno
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3, 111, secondo comma, e 112
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 593,   comma 2,   del  codice  di  procedura  penale,  come
sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche
al  codice  di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle
sentenze  di  proscioglimento),  «nella  parte  in  cui  preclude  al
pubblico ministero la possibilita' di appellare contro le sentenze di
proscioglimento»;
        che  i  rimettenti, chiamati a celebrare i giudizi di secondo
grado   su   appelli  del  pubblico  ministero  avverso  sentenze  di
assoluzione,    adducono    la    rilevanza    della   questione   di
costituzionalita',  stante  la  prescrizione, ex art. 10 della citata
novella  n. 46  del  2006,  della  immediata applicazione delle nuove
norme in materia di inappellabilita' anche ai procedimenti in corso;
        che,  quanto  al  profilo della non manifesta infondatezza, i
giudici  a  quibus  argomentano innanzitutto il contrasto della norma
censurata  con  il  principio  di ragionevolezza espresso nell'art. 3
Cost.;
        che,  infatti,  i limiti all'appellabilita' delle sentenze di
proscioglimento   introdotti   dalla   legge  n. 46  del  2006  «solo
apparentemente»  soddisferebbero  «l'esigenza  di  parita'  garantita
dalla   disposizione  costituzionale»,  posto  che,  in  realta',  e'
unicamente  con  riferimento  all'organo  dell'accusa che tali limiti
assumono  «preponderanza e rilievo centrale», avendo solo il pubblico
ministero  interesse  ad  impugnare le sentenze di proscioglimento ed
essendo  gia' in precedenza inibito all'imputato l'impugnazione delle
sentenze di proscioglimento con formula piena;
        che  i  rimettenti  - consapevoli della costante affermazione
della  Corte costituzionale secondo cui il principio di parita' delle
parti  nel  processo  non comporta necessariamente identita' dei loro
poteri  processuali  e  che  disparita' di trattamento sono possibili
purche'  trovino  «una  giustificazione  che  risponda  a  criteri di
ragionevolezza»  -  ritengono  che,  nel  caso  di  specie, la scelta
legislativa sia priva di ragionevole giustificazione;
        che   la   disciplina   censurata   si   risolverebbe   nella
soppressione  di  un mezzo di impugnazione a danno di una sola parte,
portatrice per di piu' «non di un interesse proprio bensi' di istanze
di  legalita'  e di difesa sociale», con conseguente violazione anche
del  principio  della  parita'  tra  le  parti sancito dall'art. 111,
comma 2, della Costituzione;
        che,  inoltre,  l'art. 593  cod.  proc. pen., come novellato,
risulterebbe   in  contrasto  con  il  principio  di  obbligatorieta'
dell'azione penale sancito dall'art. 112 della Costituzione.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
        che,  stante l'identita' delle questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
        che,  successivamente  alle  ordinanze  di rimessione, questa
Corte,  con  sentenza  n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 1  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46
(Modifiche   al   codice   di   procedura   penale,   in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui,  sostituendo  l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude
che  il  pubblico  ministero  possa  appellare  contro le sentenze di
proscioglimento,    fatta   eccezione   per   le   ipotesi   previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»,  e  dell'art. 10,  comma 2,  della  citata legge n. 46 del
2006,  «nella  parte in cui prevede che l'appello proposto contro una
sentenza  di  proscioglimento dal pubblico ministero prima della data
di   entrata   in   vigore   della   medesima   legge  e'  dichiarato
inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.