ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dei  commi 8  e  9
dell'art. 142  del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285), promosso dal giudice di pace di Luino nel procedimento
civile  vertente  tra  Beatrice  Moranti  e  il  comune di Luino, con
ordinanza   del  5 aprile  2006,  iscritta  al  n. 668  del  registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 3, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Luigi Mazzella.
    Ritenuto che, con ordinanza del 5 aprile 2006, il giudice di pace
di  Luino ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questioni   di   legittimita'   costituzionale   dei   commi 8   e  9
dell'art. 142  del  decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice  della  strada),  nella  parte in cui tali norme consentono di
sanzionare   con   pene   sensibilmente   differenziate  condotte  di
violazione  dei limiti di velocita' quantitativamente non altrettanto
distinte;
        che,   riferisce   il  rimettente,  M.  B.,  in  qualita'  di
conducente  di  una  autovettura,  aveva  proposto ricorso avverso il
verbale   di   contestazione   della  Polizia  locale  di  Luino  del
10 novembre  2005,  con  il  quale  le si contestava che la velocita'
tenuta  dal veicolo, rilevata a mezzo autovelox, aveva superato di 12
km/h  il  limite  di velocita' previsto per quel tratto di strada, in
violazione dell'art. 142, comma 8, del C.d.S;
        che  la ricorrente si doleva del fatto che, per aver superato
di  solo  2  km/h  il  limite di 10 km/h di cui al precedente comma 7
dello   stesso  art. 142,  le  era  stato  applicato  il  trattamento
sanzionatorio,  previsto  dal  comma 8,  del pagamento della somma di
euro  143,00  e  la decurtazione di due punti dalla patente di guida,
trattamento  fortemente  deteriore  rispetto  a  quello  previsto dal
predetto  comma 7  che contempla, invece, il pagamento di appena euro
33,60  e  nessuna  decurtazione  di  punti  dalla  patente,  ed aveva
affermato  che  la  sanzione  inflitta  col verbale impugnato non era
assolutamente proporzionata alla violazione commessa;
        che   il   rimettente,  condividendo  le  affermazioni  della
ricorrente,  dubita della legittimita' costituzionale sia della norma
di  cui  al  comma 8 dell'art. 142 del codice della strada, sia della
norma  di  cui  al  comma 9  dello  stesso  art. 142,  per  manifesta
irragionevolezza  e ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
a  situazioni  analoghe,  nonche'  per l'evidente sproporzione tra la
sanzione e il disvalore dell'illecito e per il conseguente svilimento
della finalita' rieducativa della pena;
        che, secondo il rimettente, dal raffronto tra i commi 7 e 8 e
tra  i commi 8 e 9, si evincerebbe una palese violazione dei principi
di  ragionevolezza  e  di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma,
della  Costituzione,  a  causa della macroscopica sproporzione tra il
disvalore  dell'illecito  e le sanzioni edittali previste dalle norme
dei suddetti due commi dell'art. 142 del codice della strada;
        che,   in   particolare,   quanto   al  comma 9,  tale  norma
addirittura  mancherebbe  della  fissazione  del  limite  massimo  di
velocita'  e in tal modo assoggetterebbe ad una uguale sanzione tanto
il  superamento  di  appena 1 km/h del limite di velocita' di 40 km/h
ivi   previsto  quanto  il  superamento  di  tale  limite  in  misura
indefinita;
        che,   con  atto  di  intervento  del  19 febbraio  2007,  il
Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura   generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che  la  questione
sollevata sia dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata;
        che,  secondo l'Avvocatura dello Stato, la censura al comma 9
dell'art. 142   del   codice   della  strada  sarebbe  manifestamente
irrilevante  rispetto  alla  concreta  controversia  sottoposta  alla
decisione  del  giudice  di  pace  di  Luino,  nella quale si discute
solamente della violazione di cui al comma 8;
        che,  sempre  secondo  l'Avvocatura  dello  Stato, la censura
relativa  al  comma 8,  basata  sulla  asserita  sproporzione  tra la
sanzione   e   il   disvalore  dell'illecito,  nonche'  sull'asserita
manifesta irragionevolezza e ingiustificata disparita' di trattamento
rispetto  a  situazioni  analoghe,  sarebbe  inammissibile perche' si
esaurirebbe   in   una   apodittica  enunciazione  del  dissenso  del
rimettente,  dato che il giudice a quo non avrebbe indicato i termini
di  raffronto  per  verificare il distorto uso della discrezionalita'
normativa e la realizzazione dell'ingiustificata discriminazione;
        che  per  l'Avvocatura  dello  Stato  la  questione  sarebbe,
comunque,  infondata, in quanto l'art. 142 del d.lgs n. 285 del 1992,
ha  modificato  le  norme  previgenti secondo un criterio di maggiore
gradualita'  nella  modulazione  delle  fattispecie  sanzionatorie e,
quindi,  anche delle relative pene pecuniarie, sostituendo il comma 9
dell'art. 103  del  d.P.R.  15  giugno1959, n. 393 (Testo unico delle
norme sulla circolazione stradale), con due distinte norme (i commi 8
e  9  dell'art. 142  del  d.lgs.  n. 285  del  1992), di cui la prima
sanziona  il  superamento dei limiti massimi di velocita' di oltre 10
km/h  e  di non oltre 40 km/h e l'altra il superamento di tali limiti
di oltre 40 km/h;
        che  quindi, contrariamente a quanto si assume nell'ordinanza
di rimessione, il legislatore avrebbe prestato particolare attenzione
affinche'   vi   fosse   proporzione   tra   sanzione   e   disvalore
dell'infrazione;
        che,  inoltre,  lo  spartiacque  individuato  dal legislatore
risponderebbe   all'evidenza   degli   esiti   degli  incidenti,  che
confermano  la  soglia  di  cui  al comma 8, come limite entro cui il
valore  di  pericolosita'  resta contenuto, laddove l'eccedenza della
velocita'  oltre il limite dei 40 Km/h, di cui al comma 9, e' - a sua
volta - ponderata in ragione dell'esito grave degli incidenti occorsi
a tali velocita', che impongono di stigmatizzare il comportamento del
conducente con sanzioni gravi;
        che  in  ogni  caso,  rammenta  l'Avvocatura erariale, simili
valutazioni attengono alla discrezionalita' del legislatore al quale,
secondo  quanto  ribadito  dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 169 del 2006, spetta sia l'individuazione delle condotte punibili,
sia  la  scelta  e la quantificazione delle relative sanzioni, con la
conseguenza che tale discrezionalita' puo' essere oggetto di censura,
in  sede di scrutinio di costituzionalita', solo ove il suo esercizio
ne rappresenti un uso distorto o arbitrario.
    Considerato   che   il  giudice  di  pace  di  Luino  dubita,  in
riferimento   all'art. 3   della   Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale  dei commi 8 e 9 dell'art. 142 del decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo codice della strada), nella parte in
cui  tali  norme  consentono  di  sanzionare  con  pene sensibilmente
differenziate   condotte   di  violazione  dei  limiti  di  velocita'
quantitativamente non altrettanto distinte;
        che la questione relativa al comma 9 dell'art. 142 del d.lgs.
n. 285  del  1992  non  e'  rilevante  nel  giudizio a quo, in quanto
quest'ultimo,  concernendo  una fattispecie di superamento del limite
massimo di velocita' di soli 12 km/h, e' riconducibile esclusivamente
alla  previsione dell'art. 142, comma 8 (relativo alle fattispecie di
superamento dei limiti massimi di velocita' di oltre 10 km/h e di non
oltre 40 km/h) e non in quella del comma 9 (relativo alla fattispecie
di superamento di oltre 40 km/h);
        che, quanto alla dedotta violazione del comma 8, questa Corte
ha  gia'  avuto modo di affermare che la valutazione della congruita'
della  sanzione appartiene alla discrezionalita' del legislatore, con
il  solo  limite  della manifesta irragionevolezza (si vedano, in tal
senso,  da ultime, la sentenza n. 144 del 2005; le ordinanze n. 319 e
n. 323 del 2002; n. 1, n. 18, n. 172, n. 234 del 2003; la n. 212 e la
n. 109   del  2004;  la  n. 262  del  2005),  non  potendo  la  Corte
sostituirsi  al legislatore nella quantificazione discrezionale delle
sanzioni  (in  tal  senso, ordinanze n. 44 del 1995, n. 190 del 1997,
n. 274 e n. 279 del 2002);
        che la norma censurata non puo' ritenersi irragionevole, dato
che  il  sistema  sanzionatorio previsto dall'art. 142, articolato in
tre distinte «fasce» sanzionatorie, consente al giudice, in relazione
alla  crescente  gravita'  delle  possibili violazioni all'interno di
ciascuna «fascia» di graduare la pena tra un minimo e un massimo, con
la conseguenza che egli ha tutte le possibilita' di dosare la pena in
relazione  alle  diverse  velocita'  raggiunte  e,  in generale, alle
possibili diverse gravita' delle condotte accertate;
        che,   come   questa   Corte   ha  piu'  volte  affermato,  e
recentemente  ribadito (si vedano, in tal senso, ordinanze n. 401 del
2005,  n. 109  del  2004  e  n. 475 del 2002), laddove il legislatore
abbia  previsto  un  consistente  margine di adeguamento della misura
della  sanzione alla effettiva gravita' dell'infrazione, come avviene
con  l'utilizzazione  delle  cosiddette  «forbici»  edittali previste
nelle disposizioni censurate, la sanzione deve in ogni caso ritenersi
ragionevole e proporzionata rispetto alla condotta;
        che,   pertanto,   la   questione   relativa  al  comma 8  e'
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.