ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 5,
della  legge  1° febbraio  2006,  n. 43  (Disposizioni  in materia di
professioni  sanitarie  infermieristiche,  ostetrica,  riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione   dei  relativi  ordini  professionali),  promosso  con
ricorso   della   Regione  Campania  notificato  il  13 aprile  2006,
depositato  in  cancelleria il 19 aprile 2006 e iscritto al n. 54 del
registro ricorsi 2006;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19  giugno 2007  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
    Uditi   l'avvocato  Roberto  Nania  per  la  Regione  Campania  e
l'avvocato  dello  Stato  Alessandro De Stefano per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso del 7 aprile 2006, notificato alla Presidenza
del  Consiglio  dei  ministri  in  data  13 aprile  2006,  la Regione
Campania  ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale, in
riferimento  agli  artt. 3,  32,  97,  114, 117, 118, 119 e 120 della
Costituzione  e  al  principio  di leale collaborazione, dell'art. 2,
comma 5, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia
di  professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione dei relativi ordini professionali), nella parte in cui,
integrando   la   disposizione  contenuta  nell'art. 3-bis,  comma 3,
lettera b),   del   decreto   legislativo  30 dicembre  1992,  n. 502
(Riordino  della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1
della  legge 23 ottobre 1992, n. 421), prevede fra i requisiti di cui
debbono  essere  in  possesso  gli aspiranti direttori generali delle
Aziende sanitarie locali, in alternativa alla esperienza quinquennale
a  livello  dirigenziale,  l'aver  espletato «mandato parlamentare di
senatore   o   deputato   della  Repubblica  nonche'  di  consigliere
regionale».
    1.1.  -  La  ricorrente  Regione  deduce i seguenti tre motivi di
illegittimita':
        a) la  disposizione sarebbe illegittima in quanto suo tramite
lo Stato interverrebbe sulla gestione e sui meccanismi operativi e di
funzionamento  delle Aziende sanitarie che - precisa la Regione anche
sulla  scorta  di  molteplici punti di riferimento legislativi - sono
«enti  strumentali  delle  Regioni»,  attraverso  i quali le medesime
«assicurano   i   livelli  essenziali  di  assistenza».  Aggiunge  la
ricorrente  che, trattandosi di enti regionali, la organizzazione dei
medesimi, compresa la disciplina su nomina e valutazione degli organi
di  gestione,  rientra  nella  competenza legislativa residuale delle
Regioni  ai  sensi  dell'art. 117,  quarto comma, della Costituzione.
Significativo sarebbe sul punto il fatto che il testo riformato della
Costituzione,  mentre  non prevede piu' fra le competenze legislative
concorrenti  la  materia  dell'ordinamento  degli uffici e degli enti
amministrativi  dipendenti  dalla Regione, prevede, viceversa, fra le
competenze  esclusive dello Stato l'ordinamento e l'organizzazione di
quest'ultimo  e  degli enti pubblici nazionali. Da cio' la ricorrente
deduce  che,  in  questa  materia,  l'ambito di competenza statale e'
limitato ai soli apparati organizzativi centrali, restando attribuita
alla  competenza  residuale  delle Regioni, ai sensi del quarto comma
dell'art. 117 della Costituzione, la legislazione sull'organizzazione
degli enti regionali;
        b) la  censurata  previsione  normativa  si caratterizzerebbe
anche  per  essere  irragionevole,  il  che,  secondo  l'avviso della
Regione,   determinerebbe  anche  una  lesione  della  sua  sfera  di
competenza. Sostiene, infatti, la Regione che, se la norma esprimesse
principi fondamentali della materia, essi dovrebbero essere volti, in
un'ottica di massimizzazione della tutela della salute, ad assicurare
il  possesso  in  capo a  chi  abbia compiti di responsabilita' della
Azienda  sanitaria  di  adeguate conoscenze ed esperienze nel settore
sanitario;  ove  tali finalita' siano disattese si determinerebbe una
lesione   della   capacita'   di  organizzazione  della  Regione.  La
ricorrente  evidenzia,  altresi', come la norma impugnata si ponga in
contrasto  con  l'impianto  normativo  di riferimento, costituito dal
d.lgs.  n. 502  del  1992  e dal decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  organizzazione  delle unita'
sanitarie  locali),  convertito con legge 17 ottobre 1994, n. 590, in
base al quale, per la selezione del personale direttivo delle Aziende
sanitarie, va privilegiata la pregressa esperienza gestionale;
        c) l'ulteriore  censura,  articolata dalla Regione ricorrente
con   riferimento   alla   violazione   del   principio  della  leale
collaborazione,  attiene  al  fatto  che, seppure si volesse ritenere
che, anche successivamente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3  (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione),
non   vi   sia   stata  alcuna  modifica  di  competenza  legislativa
relativamente   alla   materia   interessata  dalla  disposizione  in
questione,  tuttavia,  tenuto  conto che fin dal 1998 vi era stato un
ampio  trasferimento  di  funzioni amministrative nella materia della
tutela   della  salute,  sarebbe  stato  necessario,  secondo  quanto
previsto   anche  dall'art. 124  del  d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1997,  n. 59), che la modifica della disciplina legislativa
concernente   il  conferimento  degli  incarichi  dirigenziali  nelle
Aziende  sanitarie  fosse  stata  preceduta  da una intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni
    2.  - Con atto del 29 aprile 2006 si e' costituito in giudizio il
Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura  generale dello Stato, concludendo per la inammissibilita'
della  questione,  sotto  il  profilo  della dedotta irragionevolezza
della norma, e per la infondatezza, quanto agli altri profili.
    Ad avviso della difesa erariale, infatti, la disposizione oggetto
del  quesito  di  costituzionalita'  trova  il  suo  fondamento nella
previsione  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma, lettera m), della
Costituzione,   la   quale  attribuisce  al  legislatore  statale  la
competenza   sulla   determinazione   del  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
    Posto,   infatti,   che   la   disposizione   impugnata   integra
l'art. 3-bis  del  d.lgs.  n. 502  del  1992, il quale, al precedente
art. 1, definisce il diritto alla salute come un diritto fondamentale
dell'individuo,  aggiungendo  che  funzione  del  Servizio  sanitario
nazionale e', fra l'altro, quella di assicurare «i livelli essenziali
di assistenza», la difesa dello Stato rammenta come la giurisprudenza
della  Corte  abbia  chiarito  che  in  argomento non esiste una sola
«materia»  di competenza, essendo, invece, detta competenza idonea ad
investire  trasversalmente  tutte  le  materie,  senza  che  la legge
regionale possa costituire un limite per il legislatore statale.
    Subordinatamente, secondo l'avviso della Avvocatura, ove la norma
in  questione fosse attinente all'ambito materiale della tutela della
salute,  ricadente  nella  competenza legislativa concorrente, la sua
legittimita'   deriverebbe   dal   suo  essere  una  disposizione  di
principio.
    E',  infatti,  indubbio  che  la individuazione dei requisiti per
rivestire  qualifiche  direttive negli organi delle Aziende sanitarie
e'  compito  del  legislatore  nazionale,  non  essendo ipotizzabile,
attesa  la  rilevanza  degli  interessi  primari  coinvolti,  che  la
relativa     disciplina     possa    ricadere    nell'ambito    della
«discrezionalita' di ciascun legislatore regionale».
    3.  -  Nella  imminenza dell'udienza pubblica sia la difesa della
Regione  Campania  che  la  Avvocatura  dello  Stato hanno depositato
brevissime memorie illustrative, nelle quali ambedue danno atto della
avvenuta   soppressione   -  per  effetto  della  entrata  in  vigore
dell'art. 1,   comma 24-novies,  del  decreto-legge  18 maggio  2006,
n. 181   (Disposizioni   urgenti   in   materia   di  riordino  delle
attribuzioni   della  Presidenza  del  Consiglio  e  dei  Ministeri),
convertito  con  legge 17 luglio 2006, n. 233 - delle parole inserite
nel testo dell'art. 3-bis, comma 3, lettera b), del d.lgs. n. 502 del
1992,  per  effetto  del censurato art. 2, comma 5, della legge n. 43
del 2006.
    Le  parti  costituite, pertanto, hanno chiesto che sia dichiarata
la cessazione della materia del contendere.
    La Regione Campania ha, altresi', aggiunto che la norma censurata
non ha avuto, nel suo territorio, applicazione alcuna.

                       Considerato in diritto

    1. - La Regione Campania ha sollevato in via principale questione
di  legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 32, 97,
114,  117,  118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale
collaborazione,  dell'art. 2,  comma 5, della legge 1° febbraio 2006,
n. 43    (Disposizioni    in   materia   di   professioni   sanitarie
infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della
prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini
professionali),  nella  parte  in  cui,  integrando  la  disposizione
contenuta   nell'art. 3-bis,   comma 3,   lettera b),   del   decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 502 (Riordino della disciplina in
materia  sanitaria,  a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421), ha previsto fra i requisiti per poter aspirare alla nomina a
direttore  generale  di una Azienda sanitaria locale - in alternativa
alla   esperienza   almeno   quinquennale   di  direzione  tecnica  o
amministrativa  in  enti,  aziende,  strutture pubbliche o private in
posizione   dirigenziale   con   autonomia   gestionale   e   diretta
responsabilita'  delle risorse umane, tecniche o finanziarie - l'aver
espletato   «mandato   parlamentare  di  senatore  o  deputato  della
Repubblica nonche' di consigliere regionale».
    2.  -  Secondo la Regione ricorrente la norma impugnata, oltre ad
essere  irragionevole,  avrebbe  violato  le  competenze regionali in
materia  di  organizzazione  degli enti regionali. In via logicamente
subordinata  la  ricorrente  ha  dedotto  altresi'  la violazione del
principio  di  leale  collaborazione,  in quanto la disciplina de qua
sarebbe  stata  introdotta  in  assenza di previa intesa in seno alla
Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome.
    3.  -  Va,  a  questo  punto,  rilevato che, successivamente alla
proposizione   del   ricorso,   e'   entrato   in   vigore  l'art. 1,
comma 24-novies,    del    decreto-legge   18 maggio   2006,   n. 181
(Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della
Presidenza   del   Consiglio   e   dei  Ministeri),  convertito,  con
modificazioni, con legge 17 luglio 2006, n. 233, attraverso il quale,
nel  testo  risultante a seguito della legge di conversione, e' stata
disposta  la  soppressione, nell'art. 3-bis, comma 3, lettera b), del
d.lgs.  n. 502  del  1992,  delle  parole  in  esso introdotte con la
disposizione oggetto della presente questione di costituzionalita'.
    3.1.   -  Poiche',  per  effetto  di  tale  soppressione,  si  e'
determinata  la  completa eliminazione della disposizione impugnata e
la preclusione di qualunque sua futura applicazione, considerato che,
secondo  quanto  riferito  dalla  difesa della ricorrente Regione sia
nella  memoria  illustrativa  che  in  sede  di discussione orale, la
disposizione  oggetto  della presente questione non ha avuto, durante
il   breve   periodo  della  sua  vigenza,  alcuna  applicazione  nel
territorio della Campania (si veda la sentenza n. 345 del 2004), puo'
ritenersi  venuta  meno ogni ragione della controversia e deve essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere.