ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2,
nonche'  degli  artt. 3,  4,  5,  6,  7 e 8 della legge della Regione
Liguria 14 marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline
bionaturali  per  il  benessere  a  tutela  dei consumatori), e degli
artt. 1, commi 3 e 4, 2 e 3, comma 1, nonche' degli artt. 4, 5, 6 e 7
della  legge  della  Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi
per  la  formazione  degli  operatori  di  discipline  bio-naturali),
promossi  con  ricorsi  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
rispettivamente  notificati  il  17 maggio  e  il  14 dicembre  2006,
depositati  in  cancelleria  il  23 maggio  e  il 18 dicembre 2006 ed
iscritti ai nn. 66 e 111 del registro ricorsi 2006.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della Regione Liguria e della
Regione Veneto;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2007 il giudice relatore
Paolo Maria Napolitano;
    Uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  gli avvocati Gigliola Benghi per la
Regione Liguria ed Ezio Zanon per la Regione Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso del 10 maggio 2006, susseguente a deliberazione
del Consiglio dei ministri del 2 maggio 2006, notificato il 17 maggio
2006,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e
difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello Stato, ha sollevato in via
principale  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2,
commi 1  e 2, nonche' degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della
Regione  Liguria  11 (recte: 14) marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in
materia  di  discipline  bionaturali  per  il  benessere a tutela dei
consumatori).
    Ad  avviso del ricorrente, la normativa impugnata eccede i limiti
di  competenza  regionale  fissati,  per  la  materia  «professioni»,
dall'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  riproponendo, in
sostanza,  gli  stessi profili di illegittimita' che caratterizzavano
la  precedente  legge  della  Regione  Liguria 25 ottobre 2004, n. 18
(Norme regionali sulle discipline bionaturali per il benessere), gia'
dichiarata incostituzionale con sentenza n. 40 del 2006.
    In  particolare,  il  ricorrente  censura: l'art. 2, commi 1 e 2,
della  legge  regionale  n. 6  del  2006, in quanto esso individua le
discipline  bionaturali  per  il  benessere  in quelle attivita', non
sanitarie,  che,  mantenendo  lo  stato  di  benessere della persona,
concorrono  a  prevenire situazioni di disagio fisico e psichico; gli
artt. 3,  4  e  5,  i  quali  prevedono  l'istituzione  di  un elenco
regionale  delle  discipline  bionaturali  e  demandano  alla  Giunta
regionale  di  fissare  i requisiti per l'inserimento in detto elenco
nelle  sue due articolazioni relative, l'una, alle organizzazioni con
finalita' didattiche e, l'altra, agli operatori.
    A giudizio della parte ricorrente, le dette previsioni violano il
principio  fondamentale  in  materia di disciplina delle professioni,
secondo  il  quale  l'individuazione  delle  figure  professionali, i
relativi  profili,  ordinamenti  didattici e titoli abilitanti, cosi'
come  l'istituzione  dei relativi albi, ordini o registri, e' compito
riservato  allo  Stato,  residuando  alle  Regioni solo la disciplina
degli  aspetti  che abbiano uno specifico collegamento con la realta'
territoriale.
    Precisa  la  Avvocatura  che non ha rilievo il fatto che la legge
impugnata  specifichi  che  le  discipline  in  questione  «non hanno
carattere  di  prestazione  sanitaria»  (art. 1), poiche' il predetto
vincolo competenziale, in origine affermato con riferimento specifico
alle professioni sanitarie, viene ora ritenuto limite generale per la
legislazione regionale.
    Conclude  la ricorrente difesa rilevando che i restanti artt. 6 e
7  della  legge  regionale  n. 6  del 2006, ponendosi in inscindibile
connessione  con  quelli dianzi censurati, vanno parimenti dichiarati
incostituzionali  estendendosi anche a questi, ex art. 27 della legge
11 marzo  1953,  n. 87  (Norme sulla costituzione ed il funzionamento
della  Corte  costituzionale),  la  pronunzia  di incostituzionalita'
relativa alle precedenti disposizioni.
    1.1.   -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  Liguria,
concludendo  per  la declaratoria di inammissibilita' o, comunque, di
infondatezza del ricorso.
    Preliminarmente,   la  Regione  deduce  la  inammissibilita'  del
ricorso  per  essere  indeterminato  e  carente  dei minimi requisiti
argomentativi.
    Nel merito, la stessa Regione osserva che, diversamente da quanto
ritenuto  dal  Governo, la materia cui accede la impugnata normativa,
essendo  finalizzata  a  garantire  la qualita' dell'offerta riguardo
alle  «discipline  bionaturali  per  il  benessere»,  viene ad essere
quella  della  tutela  del  consumatore-utente, attuata provvedendo a
««regolamentare  e  riconoscere»  delle  professioni  emergenti» gia'
abitualmente praticate.
    Peraltro,  prosegue  la resistente difesa, anche ove si ritenesse
che  l'oggetto della legge impugnata fosse riconducibile alla materia
delle  professioni, sostanzialmente diverso e' l'impianto della legge
regionale  ora  in  questione rispetto a quello della legge regionale
n. 18  del  2004,  dichiarata incostituzionale con sentenza di questa
Corte n. 40 del 2006.
    Esaminando  le  diversita'  fra  le  due  leggi,  la difesa della
Regione  Liguria  rileva  che quella ora in questione, distinguendosi
dalla  precedente,  non  riconosce  la  qualifica  di  operatore  nel
settore,  ne'  detta  un  elenco  delle  discipline  bionaturali; non
delinea  il  percorso per conseguire il riconoscimento professionale,
indicandone   durata,   materie   di  apprendimento  o  modalita'  di
svolgimento,  ne' prevede il superamento, al medesimo fine, di esami;
non   subordina   l'esercizio  della  attivita'  di  operatore  nelle
discipline  del  benessere alla iscrizione nell'elenco regionale, ne'
commina  sanzioni a chi, non iscritto, svolga la predetta attivita' o
la svolga con modalita' diverse rispetto ai termini dell'iscrizione.
    Aggiunge  la  resistente  che e' la stessa normativa statale che,
con  riferimento  all'ambito  cui  si  riferisce  la legge censurata,
rinvia  alla  normativa  regionale.  Infatti, secondo quanto previsto
dall'art. 1,    comma 2,   della   legge   1 febbraio   2006,   n. 43
(Disposizioni  in  materia di professioni sanitarie infermieristiche,
ostetrica,  riabilitative,  tecnico  sanitarie  e della prevenzione e
delega   al   Governo   per   l'istituzione   dei   relativi   ordini
professionali), vi e' competenza delle Regioni nella individuazione e
nella formazione dei profili di operatori di interesse sanitario «non
riconducibili alle professioni sanitarie» come definite al precedente
comma 1.  Da cio' la Regione fa discendere che, a maggior ragione, e'
di  sua  competenza  l'individuazione  e la formazione dei profili di
operatori di interesse non sanitario.
    Prosegue  la resistente contestando la pertinenza del riferimento
al  precedente  costituito  dalla sentenza della Corte costituzionale
n. 40  del  2006  e  ribadendo che, stanti i contenuti normativi e le
finalita'   dell'intervento   legislativo   regionale,   non  sarebbe
rinvenibile  nella  legge  impugnata  alcuna  violazione  di principi
fondamentali contenuti nella legislazione statale.
    In particolare, quanto alla istituzione dell'elenco regionale per
le  discipline  bionaturali,  la  Regione  osserva  che,  secondo  la
giurisprudenza   costituzionale,   la   riserva   dello  Stato  nella
istituzione  di  nuovi  albi si giustifica in quanto la iscrizione in
detti  albi  si  ponga come condizione per l'esercizio della relativa
professione,  mentre,  secondo  la  legge regionale n. 6 del 2006, la
«iscrizione  all'albo non costituisce un requisito necessario ai fini
dell'esercizio» della didattica in tema di discipline bionaturali ne'
per la pratica della disciplina stessa. L'iscrizione, facoltativa, ha
la  sola  finalita'  di informare i consumatori, onde permettere loro
una  scelta  piu'  consapevole  sull'esistenza  di organizzazioni con
finalita'  didattiche  e  sulla  presenza di operatori nel settore in
questione  aventi,  le  une  e  gli  altri,  determinati requisiti di
qualita'.
    2.   -   Con   ricorso   del   30 novembre  2006,  susseguente  a
deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri del 23 novembre 2006, il
Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  sollevato  in via principale
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, commi 3 e 4,
dell'art. 2,  dell'art. 3,  comma 1,  nonche' degli artt. 4, 5, 6 e 7
della  legge  della  Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi
per  la  formazione  degli  operatori  di  discipline  bio-naturali),
pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale  della  Regione del 10 ottobre
2006.  E'  opportuno  precisare,  dato  che  la  Regione eccepisce la
tardivita'  del ricorso, che l'atto e' stato consegnato all'ufficiale
giudiziario, per la notifica, il 7 dicembre 2006, che quest'ultimo ha
provveduto  all'adempimento  per il tramite del servizio postale, con
lettera  raccomandata  del  9 dicembre  che  e' stata recapitata alla
Regione il 14 dicembre 2006.
    Premette  il ricorrente che la legge regionale in questione, dopo
aver previsto all'art. 1, comma 3, che entro il termine di 180 giorni
dalla  entrata  in  vigore  della  medesima legge, la Regione avrebbe
individuato   l'elenco   delle   discipline   bionaturali,  definisce
l'operatore delle discipline bionaturali come «colui che opera per la
piena e consapevole assunzione di responsabilita' da parte di ciascun
individuo  in  relazione  al proprio stile di vita»; affida, ai sensi
dell'art. 2,  comma 2, la formazione professionale degli operatori in
tali  discipline ad organismi a tal fine accreditati e stabilisce che
i  relativi  corsi  potranno essere cofinanziati dalla Regione mentre
dovra'  essere  la  Giunta  regionale a stabilire i livelli formativi
necessari  per  l'esercizio  della attivita' di operatore nelle dette
discipline.   Prevede,  altresi',  che  i  corsi  siano  a  frequenza
obbligatoria  e  si  concludano  con un esame articolato su una prova
teorica  e  su  una  pratica  di  fronte  ad  una  commissione la cui
composizione  e'  stabilita  dalla  Giunta  e  che, superata la prova
d'esame,   sia   rilasciato  un  attestato  di  qualifica,  requisito
indispensabile  per  la  iscrizione  nel  registro  degli  operatori,
istituito  ai  sensi dell'art. 5. Infine, un apposito Comitato valuta
la  validita'  delle  discipline  bionaturali emergenti al fine della
proposta  del  loro  inserimento,  ad opera della Giunta, nell'elenco
sopra   menzionato.   E'   sempre   compito  della  Giunta  regionale
promuovere,  secondo la previsione dell'art. 6 della legge impugnata,
intese  interregionali  per  il reciproco riconoscimento dei percorsi
formativi e determinare il «credito formativo» da attribuire, ai fini
dell'iscrizione  nel  registro, a chi vanti precedenti esperienze. In
particolare,  chi  sia  in  possesso della qualifica professionale di
estetista, ed abbia esercitato «professionalmente», nell'ambito della
propria  attivita',  le  discipline  bionaturali ha titolo per essere
iscritto nel registro.
    Cosi' brevemente riassunto il contenuto della legge impugnata, il
ricorrente  ritiene  che  esso sia in contrasto con l'art. 117, terzo
comma, della Costituzione.
    Le censure, in particolare, si rivolgono all'art. 1, comma 3, che
prevede  un elenco di discipline bionaturali; all'art. 1, comma 4, il
quale  da'  la  definizione  di  operatore nelle suddette discipline;
all'art. 3,  comma 1, che istituisce un Comitato per il coordinamento
delle  discipline  bionaturali il cui compito e', fra l'altro, quello
di   valutare  la  inseribilita'  delle  nuove  discipline  emergenti
nell'elenco di cui sopra.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  le  disposizioni  impugnate sono in
contrasto  col  principio  fondamentale,  piu'  volte affermato dalla
Corte costituzionale, secondo il quale e' riservata alla legislazione
statale  la  individuazione  delle figure professionali, dei relativi
profili,   percorsi   formativi   e   titoli  abilitanti  nonche'  la
istituzione di albi, ordini e registri.
    Nessun  rilievo, sempre secondo il ricorrente, ha il fatto che le
discipline  in  questione  non abbiano specifico carattere sanitario,
dato   che   il  principio  che  riserva  allo  Stato  la  competenza
legislativa  in  materia  di  professioni non e' riferibile solo alle
professioni  sanitarie ma, come evidenziato anche dal recente decreto
legislativo   2 febbraio   2006,  n. 30  (Ricognizione  dei  principi
fondamentali  in  materia  di professioni, ai sensi dell'art. 1 della
legge 5 giugno 2003, n. 131), le riguarda tutte.
    A   cio'   si  aggiunga  che  non  vale  a  superare  la  dedotta
illegittimita'  il  fatto  che  la  legge  precisi  che le discipline
medesime  non sono riconducibili alle «attivita' di prevenzione, cura
e  riabilitazione  della  popolazione  erogate dal servizio sanitario
nazionale»  e  chi  le  pratica  non  prescrive farmaci, in quanto le
espressioni  legislative  hanno  un  contenuto  cosi'  ampio che esse
potrebbero,  cio'  nonostante,  riguardare  attivita'  curative  che,
essendo  ancora  prive sia di obbiettive evidenze scientifiche che di
riscontri   empirici,   non   forniscono   assicurazioni  sulla  loro
innocuita'.
    Precisa,  ancora,  il  ricorrente  che  non  vale ad affermare la
legittimita'  della  legge in questione quanto previsto dalla recente
legge  n. 43  del  2006,  in base alla quale le Regioni individuano e
formano   i  profili  degli  operatori  di  interesse  sanitario  non
riconducibili   alle   professioni  sanitarie.  Gli  operatori  delle
discipline bionaturali, infatti, diversamente da quelli oggetto della
legge  n. 43  del  2006, i quali svolgerebbero solo compiti ausiliari
rispetto alle professioni sanitarie, potrebbero praticare, secondo il
ricorrente,  direttamente  e  con  una  certa  autonomia attivita' di
carattere curativo.
    Dato  lo  stretto  vincolo  esistente  fra le disposizioni dianzi
indicate  e  il  restante  contenuto  della legge regionale n. 19 del
2006,  assume  l'Avvocatura  dello  Stato  che  la  dichiarazione  di
incostituzionalita'   delle   prime  deve  essere  estesa,  ai  sensi
dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, a tutta la legge.
    2.1. - Si e' costituita in giudizio la Regione Veneto concludendo
per  l'inammissibilita'  e,  in  subordine,  per  l'infondatezza  del
ricorso.
    Preliminarmente   la   difesa   della  Regione  ne  eccepisce  la
inammissibilita', stante la tardivita' della sua presentazione.
    Riferisce,  infatti,  la difesa del Veneto che in data 9 dicembre
2006,  ultimo giorno utile per la impugnazione della legge regionale,
il  ricorso  in  questione  e' stato consegnato al «competente organo
notificante»  affinche'  fosse  notificato  alla  Regione a mezzo del
servizio  postale;  il  ricorso  e', quindi, pervenuto presso la sede
della Regione in data 14 dicembre 2006.
    Prosegue  la resistente dichiarandosi consapevole della esistenza
della  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  in  ordine  alla
scissione del momento perfezionativo della notificazione nei riguardi
del notificante rispetto a quello relativo al destinatario dell'atto;
tale  orientamento,  pero',  se  applicato anche alle impugnazioni ex
art. 127  della  Costituzione, determinerebbe un «vulnus al principio
di  certezza  del diritto regionale». A suo avviso, infatti, seguendo
il  nuovo  orientamento, sarebbe sostanzialmente eluso il termine per
impugnare  le  leggi regionali, previsto dall'art. 31, comma 2, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, essendo questo affidato «all'aleatorieta'
dei   tempi   di   consegna   a  cura  del  servizio  postale».  Cio'
determinerebbe  l'incertezza  sulla  definitiva esenzione delle leggi
regionali  da  ricorsi  ex  art. 127 della Costituzione, impedendo la
adozione  degli atti normativi ed amministrativi che «conseguono alla
legge».
    Quanto  al merito delle censure, la Regione osserva che l'intento
legislativo  perseguito  non  e' quello di definire un'inedita figura
professionale,  ma quello di «identificare e disciplinare un percorso
formativo»  tale da garantire uno standard minimo per la preparazione
di   chi   eserciti   attivita'   annoverabili   fra   le  discipline
bio-naturali. Significativa sarebbe, sul punto, la circostanza che la
legge  impugnata  non  impedisce  l'accesso  alla attivita' a chi non
abbia  seguito  o  completato  l'iter  formativo  dalla  legge stessa
previsto.  In  sostanza,  la  previsione  per  legge  di  un percorso
formativo  avrebbe  funzione di garanzia per gli utenti che fruiscono
di  tali  pratiche  non  sanitarie:  si  tratterebbe  di una sorta di
«marchio  di  qualita»,  la  cui introduzione non comporta, tuttavia,
l'esclusione dal mercato di chi abbia una diversa formazione.
    Da  quanto  precede,  la resistente fa derivare la ascrivibilita'
della  legge censurata alla materia della formazione professionale e,
in  parte,  a  quella  della  tutela  del  consumatore,  entrambe  di
competenza regionale.
    Ove,  comunque, si ritenga che la legge in esame interferisca con
la   disciplina   delle  professioni  sanitarie,  la  Regione  Veneto
sottolinea  come  l'art. 1,  comma 2,  della  legge n. 43 del 2006 fa
salva  la  competenza regionale «nell'individuazione e formazione dei
profili  di  operatore  di interesse sanitario non riconducibili alle
professioni   sanitarie»,   categoria   cui   sarebbe   riconducibile
l'operatore nelle discipline bionaturali.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  due  distinti ricorsi il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,
rispettivamente,  dell'art. 2, commi 1 e 2, nonche' degli artt. 3, 4,
5,  6,  7  e  8 della legge della Regione Liguria 14 marzo 2006, n. 6
(Norme   regionali  in  materia  di  discipline  bionaturali  per  il
benessere  a  tutela  dei  consumatori),  e dell'art. 1, commi 3 e 4,
dell'art. 2,  dell'art. 3,  comma 1,  nonche' degli artt. 4, 5, 6 e 7
della  legge  della  Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi
per  la  formazione  degli  operatori  di  discipline  bio-naturali),
deducendo,  in  ambedue  i  casi,  la violazione dell'art. 117, comma
terzo,  della  Costituzione  per  avere il legislatore regionale, sia
della  Liguria  che  del  Veneto,  ecceduto  dai limiti della propria
competenza   nella   materia,   di  legislazione  concorrente,  delle
«professioni»,   violando  i  principi  fondamentali  previsti  dalla
normativa statale.
    2.  -  I  giudizi  scaturiti  dai due ricorsi, attesa la evidente
connessione  fra  i medesimi, vanno riuniti per essere congiuntamente
decisi.
    3.  -  Le  eccezioni preliminari di inammissibilita' dei ricorsi,
rispettivamente  sollevate  dalla  difesa  della Regione Liguria e da
quella  della  Regione  Veneto,  debbono  essere  disattese in quanto
ambedue destituite di fondamento.
    3.1. - Infatti, quanto al rilievo formulato dalla Regione Liguria
in  ordine  alla indeterminatezza (o erronea indicazione) dei termini
normativi  della  questione  sollevata  e  alla  asserita carenza dei
minimi requisiti argomentativi del ricorso introduttivo del giudizio,
questa Corte osserva che, secondo la propria costante giurisprudenza,
nel  caso  del  ricorso  in  via  principale,  e'  necessario  che il
ricorrente  identifichi  esattamente  la questione sollevata nei suoi
termini  normativi,  indicando le norme costituzionali e ordinarie il
cui   rapporto   di  compatibilita'  o  incompatibilita'  costituisce
l'oggetto  della  questione di costituzionalita', e fornisca una, sia
pur  sintetica,  argomentazione  di merito a sostegno della richiesta
declaratoria  di  incostituzionalita' della legge (sentenze n. 64 del
2007, n. 139 del 2006 e n. 450 del 2005).
    Nel  caso  che  interessa, il ricorrente Presidente del Consiglio
dei  ministri,  al  di  la'  di  un  evidente lapsus calami in cui e'
incorso  nell'indicare  la data della legge impugnata - attribuendole
la  data  dell'11 marzo 2006 invece del 14 marzo 2006 - errore questo
che,  tuttavia,  non  ha  avuto  alcuna  efficacia decettiva, come e'
palesato  dal  fatto  che  la  resistente  Regione non ha minimamente
dubitato  di  quale fosse il provvedimento legislativo da scrutinare,
ha  adeguatamente  indicato  sia  le norme impugnate che il parametro
costituzionale   di   riferimento,  argomentando  anche  sul  dedotto
rapporto   di   incompatibilita'  fra  dette  disposizioni,  tale  da
condurre,  se  riscontrato  da  questa  Corte, ad una declaratoria di
incostituzionalita' delle disposizioni censurate.
    3.2. - Quanto alla eccepita inammissibilita' del ricorso proposto
nei  confronti  della  Regione Veneto, da questa ultima dedotta sulla
base  di  una  asserita  tardivita' della sua proposizione per essere
stato  lo  stesso - anche se tempestivamente consegnato all'ufficiale
giudiziario  per  la  notificazione  - recapitato al Presidente della
Regione  oltre  il termine previsto dall'art. 31 della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale),  questa  Corte  rileva  che  il  ricorso deve essere
considerato ammissibile in forza dell'orientamento della piu' recente
giurisprudenza  costituzionale  secondo  la  quale, anche nei giudizi
introdotti  in  via principale di fronte alla Corte stessa, va tenuto
distinto   il   momento  in  cui  la  notificazione  deve  intendersi
perfezionata nei confronti del notificante - che coincide con la data
della  consegna  dell'atto  all'ufficiale  giudiziario  - rispetto al
momento in cui essa si perfeziona per il destinatario dell'atto - che
coincide con la data in cui quest'ultimo lo riceve - (sentenza n. 383
del 2005).
    Ne'  hanno  un  qualche  rilievo  le osservazioni formulate dalla
Regione  Veneto  in ordine alla asserita situazione di incertezza che
la  adozione  di tale orientamento anche nella materia dei ricorsi in
via   principale  determinerebbe:  basti  sul  punto  osservare,  per
escludere  la  concludenza  giuridica  di  un  tale argomento, che la
pendenza  del  termine  per  l'impugnazione  della legge regionale da
parte  dello  Stato  non ha alcuna valenza sospensiva della efficacia
della  legge  regionale stessa, sicche' durante siffatta pendenza non
e'  affatto  precluso  alla  Regione dare corso alla attuazione della
legge  anche,  se necessario, tramite la adozione di atti normativi o
amministrativi conseguenti.
    4. - Nel merito, i ricorsi sono fondati.
    4.1. - Osserva, infatti, questa Corte che piu' volte, scrutinando
la   legittimita'  costituzionale  di  disposizioni  di  legislazione
regionale  aventi ad oggetto la regolamentazione di attivita' di tipo
professionale, si e' affermato che «la potesta' legislativa regionale
nella  materia  concorrente  delle  "professioni"  deve rispettare il
principio  secondo  cui  l'individuazione delle figure professionali,
con  i relativi profili e titoli abilitanti, e' riservata, per il suo
carattere  necessariamente  unitario,  allo  Stato,  rientrando nella
competenza   delle  Regioni  la  disciplina  di  quegli  aspetti  che
presentano  uno specifico collegamento con la realta' regionale. Tale
principio,  al  di  la'  della  particolare  attuazione  ad opera dei
singoli  precetti  normativi,  si  configura  infatti quale limite di
ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sentenza n. 153
del  2006,  nonche', ex plurimis, sentenze n. 57 del 2007, n. 424 del
2006).  Da cio' deriva che non e' nei poteri delle Regioni dar vita a
nuove figure professionali.
    Che  nelle  presenti fattispecie ci si trovi di fronte a norme di
fonte  regionale attraverso le quali si realizza la individuazione di
nuove  figure  professionali,  lo  si  desume  da  una  pluralita' di
elementi.  In  primo  luogo dalla descrizione, sia pur indeterminata,
dei  compiti  assegnati agli operatori delle «discipline bionaturali»
per  il  benessere,  compendiati,  quanto  alla  legge  della Regione
Liguria  n. 6  del  2006,  nella  espressione  contenuta nell'art. 2,
commi 1 e 2, con la quale si afferma che tali attivita' concorrono «a
prevenire  gli  stati  di  disagio  fisici  e  psichici stimolando le
risorse  vitali  proprie di ciascun individuo», avendo come finalita'
«il  mantenimento  dello stato di benessere della persona»; e, quanto
alla  legge  della  Regione  Veneto n. 19 del 2006, nella espressione
contenuta  nell'art. 1,  comma 4,  con  la  quale  si  definiscono le
caratteristiche  cui deve essere finalizzata l'azione degli operatori
in  questo settore, affermando che essi debbono operare «per la piena
e  consapevole  assunzione di responsabilita' di ciascun individuo in
relazione  al proprio stile di vita e per stimolare le risorse vitali
della persona, intesa come entita' globale e indivisibile, attraverso
metodi  ed  elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata».
In  secondo luogo la valenza istitutiva di nuove figure professionali
della  impugnata  normativa si desume dalla circostanza che sia l'una
legge  che  l'altra, rispettivamente all'art. 3 per cio' che concerne
la  legge della Regione Liguria n. 6 del 2006 (la quale ai successivi
artt. 4  e  5  determina  i  soggetti  abilitati alla iscrizione e le
condizioni  per  procedervi)  e  all'art. 5  per cio' che concerne la
legge  della  Regione  Veneto  n. 19  del  2006  (avendo  la medesima
previsto  al  precedente  art. 4  le  condizioni  necessarie  per  la
iscrizione),  prevedano  la  istituzione  di  un  apposito elenco ove
possono  iscriversi,  sulla base del verificato possesso di specifici
requisiti  attestanti  una  determinata qualificazione professionale,
gli operatori delle discipline bionaturali per il benessere.
    Sul  punto  giova  ribadire  che  la  istituzione  di un registro
professionale  e  la  previsione delle condizioni per l'iscrizione ad
esso,  prescindendosi  dalla  circostanza - ancorche' sottolineata da
ambedue  le difese resistenti - che tale iscrizione si caratterizzi o
meno  per essere necessaria ai fini dello svolgimento della attivita'
cui  l'elenco  fa  riferimento, hanno, gia' di per se', «una funzione
individuatrice della professione», come tale preclusa alla competenza
regionale (sentenze n. 57 del 2007 e n. 355 del 2005).
    4.2.  -  Ne'  vale  considerare, come invece dedotto dalle difese
della  Regione Liguria e della Regione Veneto, che, essendo obiettivo
primario  della  legge quello di «tutelare il consumatore-utente», la
materia di riferimento dell'intervento legislativo sarebbe non quella
delle  «professioni»  ma  quella  della  tutela  dei consumatori: e',
infatti,  fin  troppo  manifesto  che  nel  caso  in  questione,  pur
ammettendo  che lo scopo dell'intervento legislativo sia anche quello
di   apprestare,   attraverso   l'individuazione   di   uno  standard
qualitativo,  una  forma  di  tutela  per  il  consumatore,  esso  e'
evidentemente  attuato  per  il tramite della regolamentazione di una
«professione»  emergente  - come, del resto, ammesso da una delle due
difese - allo stato carente di autonoma disciplina.
    Ne'  vale  a  giustificare  i suddetti interventi del legislatore
regionale l'argomentazione che la disciplina rientrerebbe nell'ambito
della  formazione  professionale:  sia  per  un  evidente  motivo  di
consequenzialita',  per  cui  anche  le  attivita'  di formazione non
possono  che  accedere  ad ambiti professionali gia' riconosciuti con
l'osservanza,  sia  da  parte  dello  Stato  che  delle  Regioni, dei
rispettivi  piani  di  competenza;  sia  poi,  in  modo specifico con
riferimento  alle discipline bionaturali, per la circostanza che gia'
questa   Corte  ha  avuto  modo  di  pronunciarsi  in  detta  materia
affermando,  con  la  sentenza  n. 424  del 2005, relativa alla legge
della  Regione Piemonte 31 maggio 2004, n. 13 (Regolamentazione delle
discipline  bio-naturali),  che  dai principi fondamentali ricavabili
dalla  legislazione  statale  «non  si  trae  alcuno spunto che possa
consentire   iniziative  legislative  regionali  nell'ambito  cui  si
riferisce la legge impugnata».
    4.3.  -  Egualmente non pertinente e' il riferimento al contenuto
dell'art. 1,   comma 2,   della   legge   1° febbraio   2006,   n. 43
(Disposizioni  in  materia di professioni sanitarie infermieristiche,
ostetrica,  riabilitative  tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione e
delega   al   Governo   per   la   istituzione  dei  relativi  ordini
professionali),  secondo  il  quale  «Resta ferma la competenza delle
regioni  nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di
interesse  sanitario  non  riconducibili alle professioni sanitarie».
Infatti,  per  un verso tali profili vanno riferiti esclusivamente ad
attivita'  aventi  carattere  "servente"  ed  "ausiliario" rispetto a
quelle pertinenti alle professioni sanitarie - peraltro ad un livello
inferiore  rispetto  a  quello  proprio  delle «arti ausiliarie delle
professioni  sanitarie»,  anche  esse  rientranti nella materia delle
«professioni  di  cui  all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.» (sentenze
n. 426  del  2006,  n. 319  del  2005  e n. 353 del 2003) - carattere
questo non ravvisabile nell'attivita' dell'operatore delle discipline
bionaturali  del  benessere.  Per altro verso, detta disposizione va,
comunque,  letta  non  disgiuntamente  da  quanto,  invece, contenuto
nell'art. 1,  comma 3, del coevo decreto legislativo 2 febbraio 2006,
n. 30   (Ricognizione   dei   principi  fondamentali  in  materia  di
professioni,  ai  sensi  dell'articolo 1  della  legge 5 giugno 2003,
n. 131),  il  quale,  ribadendo  un principio, come dianzi osservato,
gia'  qualificato  dalla giurisprudenza della Corte come limite della
competenza  legislativa  regionale nella materia delle "professioni",
prevede  che  «la  potesta'  legislativa  regionale si esercita sulle
professioni  individuate  e  definite  dalla  normativa statale». Del
resto,  poiche'  la  suddetta  disposizione legislativa inizia con la
seguente  espressione:  «Resta  ferma la competenza delle Regioni» in
materia,  ne deriva che essa non puo' essere invocata per rivendicare
ampliamenti di competenza.
    5.  -  Poiche' le restanti disposizioni contenute nelle due leggi
regionali   presentano   una  inscindibile  connessione  con  quelle,
rispettivamente,  oggetto  di  specifica impugnazione, tale che senza
queste   ultime,  le  medesime  restano  prive  di  autonoma  portata
normativa,  la  declaratoria  di illegittimita' costituzionale va, di
conseguenza, estesa all'intero testo delle due leggi regionali.