ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
30 luglio    2003,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo  comma,  Cost.,  delle  opinioni  espresse  dal
deputato  Umberto  Bossi nell'intervista rilasciata al quotidiano «Il
Messaggero»  pubblicata nell'edizione del 25 marzo 2002, promosso con
ricorso  del  Tribunale  di  Roma  notificato  il  21 febbraio  2006,
depositato  in  cancelleria  il 2 marzo 2006 ed iscritto al n. 27 del
registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito;
    Visto  l'atto  di  costituzione della Camera dei deputati nonche'
l'atto di intervento della C.G.I.L., Confederazione Generale Italiana
del Lavoro e di Cofferati Sergio;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2007 il giudice relatore
Alfio Finocchiaro;
    Uditi  gli avvocati Franco Coccia per la C.G.I.L., Confederazione
Generale Italiana del Lavoro e per Cofferati Sergio e Massimo Luciani
per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso del 17 febbraio 2005, il Tribunale di Roma, in
composizione  monocratica  -  nel  corso  di  un  procedimento civile
promosso  dalla  Confederazione  Generale  Italiana  del  Lavoro e da
Sergio  Cofferati nei confronti del deputato Umberto Bossi, oltre che
della  societa'  «Il  Messaggero  S.p.A.»,  di Mario Conti e di Paolo
Graldi,    rispettivamente    editrice,   giornalista   e   direttore
responsabile  del quotidiano «Il Messaggero», al fine di ottenerne la
condanna in solido, previo accertamento del reato di diffamazione, al
risarcimento  dei  danni derivanti dalla pubblicazione, nell'edizione
del  25 marzo  2002,  di  un  articolo-intervista  avente  ad oggetto
l'omicidio  del  prof.  Marco  Biagi  ad opera delle Brigate Rosse in
Bologna  -  ha  sollevato  conflitto di attribuzione fra poteri dello
Stato,  nei  confronti  della  Camera dei deputati, in relazione alla
delibera  adottata  dall'Assemblea, su conforme proposta della Giunta
per   le  autorizzazioni,  nella  seduta  del  30 luglio  2003  (Doc.
IV-quater, n. 55), con la quale e' stato dichiarato che i fatti per i
quali  e'  in  corso  il  predetto  procedimento  riguardano opinioni
espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto
tali,  insindacabili,  ai  sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione.
    Il  Tribunale ricorrente fa presente che gli attori addebitano al
deputato   in  questione,  intervistato  dal  giornalista  Conti,  le
seguenti  affermazioni:  -  che il sindacato ha «attuato una politica
delle  bugie  che  l'ha portato al terrorismo»; - che il Cofferati e'
«andato  in  giro  per  le  fabbriche  a raccontare delle balle, come
quella  che  (la politica del governo) licenziava i lavoratori, cosi'
portando al terrorismo»; - che «la sinistra prima aveva ammazzato (il
Biagi)  e poi si era appropriata del morto»; - che «gli assassini non
erano  «chissa' chi», venivano da quel mondo e l'alibi erano le balle
che  Cofferati  aveva  raccontato  in  fabbrica»;  - che il Cofferati
«andando  in  giro  a  dire  che  ci  saranno  licenziamenti, sarebbe
diventato  anche  segretario della sinistra ma aveva aperto la strada
al  terrorismo»; affermazioni aventi la chiara finalita' di suggerire
ai  lettori la sussistenza di un collegamento di causa ed effetto tra
l'azione  del  sindacato  a  tutela  dei  diritti  dei  lavoratori  e
l'omicidio  del  prof. Biagi, nonche' di individuare nel sindacato il
mondo di provenienza dei terroristi, spinti al delitto dall'opera del
Cofferati e dell'organizzazione da lui guidata.
    Il  ricorrente  aggiunge che, nella relazione della Giunta per le
autorizzazioni,  a  sostegno  del  giudizio  di  insindacabilita', si
richiamano le argomentazioni svolte in relazione alla analoga vicenda
riguardante  il  deputato Taormina, secondo le quali le dichiarazioni
rese  dal  parlamentare,  pur  al  di  fuori delle sedi parlamentari,
nell'ambito di un piu' ampio contesto facente riferimento a questioni
sindacali,  e, in particolare alla riforma dell'art. 18 dello statuto
dei  lavoratori,  erano  strettamente  connesse  all'ampio  dibattito
politico sviluppatosi nei giorni seguenti l'omicidio del prof. Biagi,
mentre,  contemporaneamente,  si  era svolta anche una discussione in
sede  parlamentare, nel corso della quale molti esponenti dei partiti
di  maggioranza  avevano argomentato sul nesso esistente tra il grave
delitto  ed  il  dibattito  politico  sulla  riforma  del mercato del
lavoro; e secondo le quali, ancora, la funzione di ministro ricoperta
dal  deputato  Bossi  rendeva implicito che, intervistato sull'azione
politica  del  Governo  in  relazione  a fatti specifici, egli avesse
espresso opinioni in tale veste, e nell'esercizio di tale funzione.
    Il Tribunale di Roma - richiamata la sentenza della Corte europea
dei  diritti  dell'uomo 3 giugno 2004, emessa nella causa De Jorio c.
Italia  -  osserva  che  non  risulta  che  il  deputato  Bossi abbia
effettuato in aula un intervento nella immediatezza dell'omicidio del
prof. Biagi, o comunque che abbia svolto un'attivita' nell'ambito del
dibattito  politico  sulla  riforma  del  mercato del lavoro, nel cui
contesto  abbia  affrontato le tematiche dei rapporti tra sindacato e
terrorismo  e,  piu'  specificamente,  argomentato nei termini di cui
alla intervista del 25 marzo 2002.
    Inoltre,  si  rileva  nel  ricorso,  il richiamo al contemporaneo
dibattito   politico  e  parlamentare  sulle  connessioni  tra  detto
omicidio  e la riforma del mercato del lavoro in via di attuazione da
parte della maggioranza di governo e' estremamente generico, mancando
non  solo di ogni riferimento ad una personale attivita' del deputato
Bossi,  ma  soprattutto  del requisito della identita' sostanziale di
contenuto      con      la      specifica      opinione      espressa
nell'articolo-intervista;   e  nulla  di  analogo  alle  affermazioni
contestate  al  deputato  in  questione  e',  secondo  il ricorrente,
riscontrabile negli interventi dei deputati Cicchitto di Forza Italia
e  Cristaldi  di  Alleanza  Nazionale, effettuati in aula il 20 marzo
2002  e  richiamati dalla Giunta a conferma della centralita' assunta
dall'omicidio  del  prof.  Biagi  nel dibattito politico-parlamentare
dell'epoca.
    Infine,  ad  avviso  del ricorrente, il richiamo dell'incarico di
governo  ricoperto  dal  deputato  Bossi introdurrebbe un irrilevante
elemento  di  confusione,  poiche'  nessuna immunita' per le opinioni
espresse  e'  invocabile  a  tutela  della funzione di ministro della
Repubblica.
    In  definitiva,  la  Camera  dei deputati, secondo il ricorrente,
avrebbe  interpretato  in  modo erroneo la nozione di esercizio delle
funzioni   parlamentari,  ledendo  la  sfera  di  attribuzioni  della
magistratura,  in  quanto  le  dichiarazioni  rese dal deputato Bossi
nella  intervista di cui si tratta non potrebbero ritenersi collegate
alle  sue  funzioni  parlamentari, sicche' non sarebbe invocabile, in
relazione ad esse, l'immunita' di cui all'art. 68, primo comma, della
Costituzione.
    Il  predetto Tribunale ha, pertanto, chiesto l'annullamento della
deliberazione  di insindacabilita' adottata dalla Camera dei deputati
nella   seduta  del  30 luglio  2003,  relativa  alla  intervista  in
questione.
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con la ordinanza n. 53 del 2006, depositata il 10 febbraio 2006.
    3.  -  Il  ricorso introduttivo del presente giudizio, unitamente
alla  citata  ordinanza,  e'  stato  notificato il 21 febbraio 2006 e
depositato presso la cancelleria di questa Corte il 2 marzo 2006.
    4.  -  Con  atto  depositato l'11 marzo 2006, si e' costituita la
Camera dei deputati, che ha eccepito la inammissibilita' del ricorso,
per  carenza di una puntuale descrizione delle dichiarazioni rese dal
deputato  Bossi extra moenia e ritenute prive di nesso funzionale con
atti  parlamentari.  Il  Tribunale  ricorrente  si  sarebbe, infatti,
limitato   ad  estrapolare  alcune  frasi  pronunciate  dal  predetto
deputato  senza  nemmeno  riportare  l'atto  di citazione in giudizio
dello  stesso:  cio'  che renderebbe impossibile l'accertamento dello
stesso thema decidendum e le ragioni del conflitto.
    Nel  merito,  la difesa della Camera dei deputati conclude per il
rigetto   del   ricorso,   ritenendo   sussistente   una  connessione
funzionale,  anche  se  non materiale, tra le dichiarazioni di cui si
tratta  e  la  politica  parlamentare,  ferma restando la irrilevanza
della generica attivita' politica svolta dal deputato.
    Nella   specie,   ad   avviso   della  difesa  della  Camera,  le
dichiarazioni  espresse extra moenia dal deputato Bossi si inserivano
in  pieno nella politica parlamentare, ed anzi riproducevano opinioni
espresse  in  atti  tipici  di  funzione.  Dette  dichiarazioni erano
successive  al  dibattito  che,  il 20 marzo 2002, si era svolto alla
Camera  sull'omicidio  del prof. Biagi. Ma, soprattutto, e' in alcuni
successivi  interventi  e  interrogazioni  di numerosi parlamentari -
alcuni  dei  quali  appartenenti  allo stesso gruppo parlamentare del
deputato   Bossi   -   che  la  questione  da  lui  posta  nelle  sue
dichiarazioni   extra   moenia,   quella,  cioe',  della  connessione
terrorismo-questione   sociale   e  delle  relative  responsabilita',
sarebbe messa particolarmente in luce. Ne' varrebbe opporre che detti
atti  tipici provenissero da parlamentari diversi dal deputato Bossi.
Al   riguardo,   la  difesa  della  Camera  sollecita  una  revisione
dell'orientamento   della   Corte   costituzionale   contrario   alla
estensione  della  insindacabilita'  alle  dichiarazioni  rese  extra
moenia da un deputato e riproduttive di atti tipici compiuti da altri
parlamentari.
    5. - Nel giudizio innanzi alla Corte sono intervenuti la C.G.I.L.
e  Sergio  Cofferati,  i  quali  hanno  preliminarmente  sottolineato
l'ammissibilita' del loro intervento, in quanto soggetti offesi dalle
dichiarazioni    in    questione,   richiamando   la   giurisprudenza
costituzionale   in   materia  di  insindacabilita'  dei  consiglieri
regionali  e  di  immunita'  del  Presidente della Repubblica; e, nel
merito,  hanno concluso per la non spettanza alla Camera dei deputati
del  potere di dichiarare la insindacabilita' delle opinioni espresse
dal  deputato  Bossi,  ritenendo  insufficiente  a  radicare il nesso
funzionale   necessario  allo  scopo  l'argomento  della  centralita'
assunta  nel  dibattito  politico-parlamentare  dall'episodio tragico
dell'assassinio  di  Marco Biagi. Si rileva al riguardo, nell'atto di
intervento,  che  ne'  in  epoca precedente, ne' successivamente alle
dichiarazioni  rese  extra  moenia  dal deputato di cui si tratta, lo
stesso   ha   reso   in   Parlamento   alcuna  dichiarazione  neanche
lontanamente  assimilabile a quanto gli viene contestato nel giudizio
civile dal quale ha tratto origine il conflitto.
    Si  aggiunge,  infine,  che  l'orientamento  della giurisprudenza
della  Corte  europea  dei diritti dell'uomo e' consolidato nel senso
della  contrarieta'  ad  una  eccessiva  latitudine applicativa della
insindacabilita'  parlamentare,  come  dimostrato,  da  ultimo, dalla
sentenza del 6 dicembre 2005, nel caso Ielo c. Italia.
    6.  -  Nella  imminenza  della  pubblica udienza, la difesa della
Camera  dei  deputati  e  quella della C.G.I.L. e di Sergio Cofferati
hanno depositato memoria.
    La  prima  insiste nella eccezione di inammissibilita' per la non
compiuta  descrizione  delle  dichiarazioni in contestazione e per la
omessa  indicazione  della  data  in  cui  le  stesse sarebbero state
rilasciate.
    Nel merito, ribadisce le conclusioni gia' assunte, e richiama una
serie  di interventi in Parlamento e di interrogazioni sul tema della
responsabilita'  politica  di  chi  avrebbe  alimentato  un  clima di
scontro nel Paese.
    La  seconda ribadisce, in punto di ammissibilita' del ricorso, la
identificabilita'  dell'oggetto del medesimo, in considerazione della
indicazione,  in  esso  inserita, del contenuto delle doglianze della
parte  attrice  nel processo civile da cui trae origine il conflitto,
nonche'  della testata e della data di pubblicazione della intervista
contestata.  Nel merito, insiste per la non spettanza alla Camera dei
deputati   del   potere   di  deliberare  la  insindacabilita'  delle
dichiarazioni  del  deputato  di  cui  si tratta, tenuto conto che il
contenuto  degli atti tipici richiamati dalla stessa a sostegno della
legittimita'  della delibera adottata - oltre al fatto di risalire ad
altri  deputati,  pur se appartenenti al medesimo gruppo parlamentare
del  deputato Bossi - non e' affatto assimilabile all'accusa a Sergio
Cofferati  e  alla C.G.I.L. di essere i mandanti morali dell'omicidio
del prof. Biagi.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Roma,  in  composizione monocratica, ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  fra  poteri  dello  Stato  in
relazione alla deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella
seduta  del  30 luglio  2003 (Doc. IV-quater, n. 55), con la quale e'
stato dichiarato che le opinioni espresse dal deputato Umberto Bossi,
in  ordine  alle quali la Confederazione Generale Italiana del Lavoro
(C.G.I.L.)  e  Sergio  Cofferati  hanno  promosso  azione  civile  di
risarcimento  dei  danni  pendente  innanzi  allo stesso, ritenendole
lesive  del  loro onore e della loro reputazione, concernono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione.
    2. - Con ordinanza n. 53 del 2006, questa Corte ha dichiarato, in
sede  di  prima  e  sommaria  delibazione,  ammissibile il conflitto,
sussistendone  i  presupposti  soggettivi  ed  oggettivi,  riservando
espressamente  alla fase del merito, nel contraddittorio delle parti,
ogni  ulteriore  decisione,  anche  relativa  all'ammissibilita'  del
ricorso.
    3.   -   Preliminarmente   deve   essere  dichiarato  ammissibile
l'intervento  spiegato  nel  presente  giudizio  dalla Confederazione
Generale Italiana del Lavoro e da Sergio Cofferati.
    Anche se di regola, nei giudizi per conflitto di attribuzione non
e'  ammesso  l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a
promuovere il conflitto e a resistervi, tuttavia puo' verificarsi che
l'oggetto  del  conflitto sia tale da coinvolgere in modo immediato e
diretto,  situazioni  soggettive di terzi il cui pregiudizio o la cui
salvaguardia  dipendono imprescindibilmente dall'esito del conflitto.
In  tali  casi  questa  Corte  ritiene  ammissibile  l'intervento  di
soggetti  che  sarebbero  incisi, senza possibilita' di far valere le
loro ragioni, dall'esito del giudizio relativo al conflitto (sentenze
n. 195 del 2007, n. 386 del 2005 e n. 154 del 2004).
    E'  questa  la situazione che si riscontra nel presente giudizio,
in  quanto  il  suo  oggetto  incide  sulla definitiva affermazione o
negazione dello stesso diritto delle parti intervenienti di agire nel
giudizio comune.
    4. - Il ricorso e' inammissibile.
    La  difesa della Camera dei deputati ha eccepito la mancanza, nel
ricorso,  di una compiuta descrizione dei fatti rilevanti, osservando
che  il  ricorrente,  pur  dando  conto  del fatto che il deputato in
questione  aveva  rilasciato  al  quotidiano  «Il  Messaggero» alcune
dichiarazioni  relative  all'omicidio del prof. Biagi, poi contestate
in  giudizio  dalla  C.G.I.L  e  da Sergio Cofferati, tuttavia non le
riporta  puntualmente, non le «virgoletta», ma indica, introdotte, in
alcuni  casi,  da  un  trattino,  frasi  e parole non pronunciate dal
deputato  stesso,  ma  ascrivibili  al  ricorrente o agli istanti nel
giudizio  civile. Mancherebbero, in definitiva, nel ricorso citazioni
testuali  attribuibili  al  parlamentare. Ne' viene precisata la data
cui  risale  l'intervista,  ma  solo  quella  di  pubblicazione della
stessa.  Manca,  altresi', al riguardo un rinvio alla descrizione dei
fatti  contenuta  nella  Relazione della Giunta per le autorizzazioni
presentata  alla  Presidenza  della Camera dei deputati il 30 gennaio
2003  (a  prescindere dalla possibilita' di una descrizione dei fatti
per  relationem). Del resto, tale relazione, a sua volta, si limita a
riportare  un atto di parte, qual e' l'atto di citazione, inidoneo di
per  se' a dare contezza dell'effettivo contenuto delle dichiarazioni
del   deputato  di  cui  si  tratta,  e  che  comunque  riferisce  di
dichiarazioni ben piu' articolate di quelle cui il ricorso fa cenno.
    Per  di  piu',  secondo  la  Camera,  e'  mancata  da  parte  del
ricorrente  una  valutazione  specifica  delle  singole dichiarazioni
contestate.
    Sul   punto,   va   osservato   che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale,   la   mancanza   di  una  compiuta  esposizione  dei
presupposti  di  fatto  del  conflitto  di attribuzione preclude alla
Corte  di  accertare  se  sussista  il  nesso funzionale tra le frasi
pronunciate e gli eventuali atti parlamentari tipici, di cui le frasi
stesse  potrebbero  costituire  la divulgazione esterna (ex plurimis,
sentenze n. 236 del 2007, n. 336 del 2006, n. 79 del 2005).
    Nella specie, in effetti, manca una condizione di autosufficienza
del  ricorso  per  conflitto di attribuzione, e cioe' la riproduzione
delle  dichiarazioni  del  deputato  Bossi. Ed infatti, il ricorrente
riporta,  in  modo  parziale, solo alcune delle dichiarazioni che gli
attori  del giudizio a quo attribuiscono al parlamentare. E' pur vero
che  viene  indicata  la  data della pubblicazione nel quotidiano «Il
Messaggero» della intervista nel corso della quale tali dichiarazioni
sarebbero  state  rilasciate. Ma e' proprio la mancanza nel testo del
ricorso  della puntuale riproduzione delle dichiarazioni medesime che
determina il vizio, non potendo soccorrere a colmare detta lacuna gli
atti  del  procedimento  e  non  avendo  il  ricorrente neanche fatto
esplicito richiamo, per tale aspetto, alla relazione della Giunta per
le   autorizzazioni   -   ove,   peraltro,  si  fa  riferimento  alle
affermazioni  contenute  nell'atto di citazione - richiamata, invece,
con    riguardo   alle   sole   argomentazioni   a   sostegno   della
insindacabilita', e non allegata (sentenza n. 331 del 2006).
    Quanto  precede si traduce nel difetto di un requisito essenziale
del   ricorso   che   deve,   conseguentemente,   essere   dichiarato
inammissibile.