ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 44, comma 1,
lettera b)  e  46,  secondo  comma,  della legge 4 agosto 1983 n. 184
(Diritto  del  minore  ad  una  famiglia), promosso con ordinanza del
21 aprile  2006  dalla  Corte  di appello di Venezia nel procedimento
civile  vertente  tra B. L. in proprio e per il figlio minore e P.A.,
iscritta  al  n. 338  del  registro ordinanze 2006 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 39,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006.
    Visti gli atti di costituzione di B.L. in proprio e per il figlio
minore,  di  P.A.,  fuori  termine,  nonche' l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  22 maggio  2007  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  l'avvocato Albino Lacava per P.A. e l'avvocato dello Stato
Attilio Barbieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Corte  di  appello di Venezia, nella causa promossa in
appello  da  B.  L.,  in  proprio e quale unico genitore esercente la
potesta'  sul figlio minore N., con ordinanza depositata il 21 aprile
2006,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 44,  comma 1, lettera b), della legge 4 maggio 1983, n. 184
(Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui non consente
al  coniuge  sopravvissuto,  in  caso  di  morte  dell'altro coniuge,
genitore  del  minore  che s'intende adottare, di chiedere l'adozione
del  medesimo,  per  contrasto col principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3  della  Costituzione; nonche' dell'art. 46, secondo comma,
della stessa legge n. 184 del 1983, nella parte in cui esclude che il
tribunale  possa  superare  il  diniego  di  assenso del genitore del
minore   adottando,   che  sia  nel  pieno  possesso  della  potesta'
genitoriale,  quand'anche  detto  diniego  sia  contrario al primario
interesse  del  minore,  per  contrasto con gli artt. 2 e 31, secondo
comma, della Costituzione.
    Premette  la  Corte  rimettente  che,  avanti  al Tribunale per i
minorenni  di  Venezia,  P.  A. esponeva che in data 21 febbraio 2004
aveva  contratto  matrimonio con n. D., che gia' da otto anni con lui
conviveva  unitamente  ai  figli  B.,  F.  e  N., nati dal precedente
matrimonio con B. L., di cui era stata dichiarata la cessazione degli
effetti   civili   in   data  16 gennaio  2003;  che  la  separazione
consensuale  tra  la donna ed il primo marito, B.L., era avvenuta nel
1996,  anche  se  di fatto era iniziata nell'ottobre 1994; che sia il
ricorso  di  separazione  consensuale  sia  la sentenza di cessazione
degli  effetti  civili  del  matrimonio prevedevano l'affidamento dei
figli  alla  madre  e  l'obbligo  del  padre  a  concorrere  nel loro
mantenimento,  mentre  quest'ultimo  non  vi  aveva  mai ottemperato,
tralasciando  di  curare  anche  il rapporto affettivo con essi ed in
particolare  con  N.,  nato  il 3 settembre 1992, limitandosi a pochi
incontri  con  il  figlio  minore  nonostante  la  previsione del suo
diritto  di  visita  sia  nella  separazione  sia  nel  divorzio; che
pertanto  N.,  dall'eta' di due anni, aveva prima vissuto solo con la
madre  e  poi,  dal  1996,  con la nuova famiglia composta, oltre che
dalla madre e dal fratello maggiore F., anche da esso ricorrente; che
il  18 agosto 2004 n. D. era deceduta a seguito di una grave malattia
iniziata  ancor  prima  del  matrimonio;  che la donna, nonostante la
malattia  gia'  in atto, poco dopo il divorzio dal primo marito, B.L.
aveva  voluto  contrarre matrimonio con il ricorrente per tutelare al
meglio i figli, che lo stesso ricorrente aveva sino ad allora seguito
come   propri;  che  era  interesse  primario  del  minore  n. vivere
nell'habitat   attuale,   presso  la  famiglia  dello  stesso  sempre
conosciuta,  vale  a  dire  quella costituita da esso ricorrente, dal
fratello  F.  e  dalla  sorella  maggiorenne B. F. anch'essa andata a
stare  in  tale  nucleo. Tanto premesso, P.A., affermando l'esistenza
dei  presupposti di legge e l'irrilevanza dell'eventuale dissenso del
padre biologico B. L., chiedeva l'adozione del minore B. N., ai sensi
dell'art. 44, comma 1, lettera b), della legge n. 183 del 1984.
    Il  Tribunale  per  i  Minorenni  di  Venezia,  con provvedimento
temporaneo  ed  urgente  pronunciato  in  data  10 settembre  2004, a
seguito  di  istanza  urgente del ricorrente, ritenuta la sussistenza
del  fumus  boni  iuris  e della stabilita' di relazioni, di rapporti
scolastici  e  di  luoghi  abitativi e che vi era urgenza di decidere
perche'  il  padre  aveva manifestato la volonta' di avere con se' il
figlio, affidava il minore B.N. al ricorrente.
    Il  padre  del  minore,  costituitosi  in  giudizio,  eccepiva il
difetto   di   legittimazione   in  capo al  ricorrente,  atteso  che
l'art. 44,   comma 1,   lettera b),   della  legge  n. 183  del  1984
presuppone  che  il ricorrente sia il coniuge di uno dei genitori del
minore  che  s'intende  adottare mentre, nella fattispecie, il P. non
aveva  tale  qualita',  in  quanto  vedovo  di N., la cui morte aveva
sciolto il matrimonio; deduceva, poi, l'insussistenza dei presupposti
per  farsi  luogo  all'adozione  e,  in  particolare, il consenso del
genitore  esercitante la patria potesta' sul minore, che il B. negava
ai  sensi  e per gli effetti di cui all'art. 46, secondo comma, della
legge  n. 183 del 1984. B. L. faceva a tal proposito presente che mai
era   stato   sospeso  dalla  potesta'  genitoriale  sul  figlio  N.,
nonostante l'esercizio di fatto gli venisse illegittimamente impedito
dall'atteggiamento  ostativo del P.. Chiedeva, quindi, il rigetto del
ricorso  ed  il  rientro  immediato  del figlio minore presso di se',
affermando  di avere sempre avuto un ottimo rapporto con il figlio, e
di  avere, dopo la morte della madre, inutilmente chiesto la consegna
del  minore.  Venivano  altresi' sentiti personalmente i due fratelli
maggiorenni  di  B.  N.,  i  quali  si  dichiaravano d'accordo con la
richiesta  di adozione svolta da P. A. ritenendola nell'interesse del
fratello  minore.  Veniva sentito infine il minore B. N., di anni 13,
che  pure  dichiarava  il  proprio  desiderio  di essere adottato dal
ricorrente,  con lui convivente da molto tempo, rappresentando che B.
L.  non  si  era mai interessato veramente a lui e a sua madre quando
era in vita, anche nel periodo della malattia di quest'ultima.
    Sentito  il  parere  del  pubblico  ministero, che concludeva per
l'accoglimento   del  ricorso,  la  controversia  veniva  portata  al
collegio  per  la  decisione ed infine decisa con sentenza depositata
l'8 maggio  2005,  con  cui  il  Tribunale per i minorenni dichiarava
farsi luogo all'adozione del minore B. n. da parte di P. A., ritenuta
la  di  lui legittimazione, anche se vedovo e non piu' coniuge, quale
coniuge  superstite della madre del bambino, visto che la morte della
donna  non  aveva  fatto  cessare  tutti  gli  effetti  che  la legge
riconosce  al  matrimonio  in quanto espressamente tutelati, appunto,
oltre  la  morte  stessa,  quali  quelli  in materia di successione e
filiazione,  nonche'  di  adozione,  laddove  questa,  ad esempio, e'
consentita  dall'art. 25  della  legge  n. 183  del  1984, al coniuge
superstite   quando   l'altro   sia   morto   durante   l'affidamento
preadottivo,   con   conseguente  inserimento  dell'adottato  in  una
famiglia  costituita  non  piu'  da  due,  ma da un solo soggetto. Il
Tribunale  riteneva inoltre non ostativa all'adozione speciale di cui
all'art. 44,  comma 1,  lettera b),  della  legge n. 183 del 1984, la
mancanza  di  assenso da parte del B., padre legittimo del minore, in
quanto,  se  anche  egli  non era decaduto dalla potesta' sul figlio,
tuttavia, non avendola di fatto esercitata, venendo meno al dovere di
responsabilita'  che  l'istituto richiede, non poteva essere ritenuto
il  genitore  esercente  la  potesta',  essendo stata ex art. 155 del
codice  civile  solo la madre, fino alla morte, a curarsi del figlio,
mentre egli pur dopo la morte della moglie divorziata, non aveva mai,
appunto,  esercitato  in  concreto  quei  poteri,  doveri e oneri che
integrano l'esercizio della potesta' genitoriale.
    La  decisione  veniva  appellata  dal B.N. che chiedeva che fosse
respinta  la domanda del P. e fosse disposta l'immediata restituzione
a lui del minore, previa revoca del provvedimento cautelare di affido
temporaneo  del  10 settembre  2004,  lamentando, in rito, non essere
stato  integrato  il contraddittorio nei confronti del minore stesso,
quale  parte  necessaria,  e,  nel  merito, che il P., quale vedovo e
quindi  non  piu'  coniuge della defunta n. D., madre dell'adottando,
non era legittimato ad agire, non potendosi la norma anteporre in via
cronologica   od   ostativa,  siccome  erroneamente  aveva  fatto  il
Tribunale per i minorenni, trattandosi di norma speciale.
    Interveniva in causa il Procuratore generale, il quale concludeva
per  la  conferma  della  prima  pronuncia, avuto riguardo alla ratio
dell'adozione  speciale  di  cui  alla  legge  n. 183 del 1984, volta
all'inserimento  del  minore  nel contesto familiare adeguato anche a
prescindere,  quindi,  dalla  sopravvenuta  morte  di uno dei coniugi
adottanti,  mentre  non  rilevava  il  rifiuto del B., quale genitore
senz'altro  non  esercente  la  potesta' e fermo, infine, il concreto
interesse  del  minore  alla chiesta adozione, sia per la volonta' da
lui espressa, sia per la convivenza anche con gli altri fratelli.
    Cio'  posto,  la Corte di appello non ritiene di poter accogliere
la opzione interpretativa adottata dal Tribunale, osservando che essa
e'   impedita   dalla   formulazione  letterale  della  normativa  in
questione,  di  cui  sottolinea la inidoneita' a tutelare l'interesse
del minore, che ha primario rilievo costituzionale.
    Il   Collegio   rimettente   richiama   altresi'  l'art. 3  della
Convenzione  di  New  York 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge
27 maggio  1991, n. 176, nonche' la giurisprudenza costituzionale che
attribuisce  rilievo preminente a detto interesse, al quale tutti gli
altri restano subordinati (sentenza 13 maggio 1998, n. 166).
    La  Corte  si  fa carico delle risultanze processuali dalle quali
emergerebbe  come  il reclamo del padre del minore tenda a soddisfare
solo  un suo personale interesse egocentrico, ma gli riconosce, sulla
base  della  normativa  attuale,  la  possibilita'  di invocare a suo
favore il disposto dell'art. 46 della legge n. 184 del 1983.
    Ne',  secondo  il  Collegio  rimettente,  la  questione  potrebbe
risolversi  con  l'apertura  di  un  procedimento a carico del B. per
condotta   pregiudizievole   nei   confronti   del  figlio  ai  sensi
dell'art. 333  del  codice  civile,  non potendosi intendere per tale
l'uso  del  diritto  a proprio favore. In tale situazione, secondo la
Corte   di   appello,   l'interesse   del   minore   potrebbe  essere
salvaguardato   solo   attraverso  una  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 44, comma 1, lettera b), della legge n. 184
del 1983, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, apparendo non
ragionevole  che  il  successivo  art. 47  riconosca  la possibilita'
dell'adozione  non  legittimante  anche  nell'ipotesi  in cui uno dei
coniugi  deceda  durante  l'iter,  e  non  abbia  invece come analoga
finalita'  preminente  l'interesse  del  minore  all'inserimento  nel
contesto  familiare  a  lui  adeguato, quando il coniuge-genitore sia
deceduto  prima  dell'inizio  dell'iter,  ancor  piu'  quando  questo
coniuge-genitore aveva gia' manifestato in vita di voler seguire tale
iter.
    Ulteriormente  irragionevole  appare  al  Collegio  rimettente il
limite  legislativo,  ove  si  consideri che anche nell'art. 25 della
stessa  legge n. 183 del 1984 si rimarca la prevalenza dell'interesse
del  minore,  acconsentendo  che  si  arrivi  all'adozione  quando si
verifica  la  morte del genitore dell'adottando durante il periodo di
affidamento   preadottivo.   E   l'irrazionalita'   di  tali  diverse
previsioni,  per  casi  che  si  presentano  analoghi, si evincerebbe
vieppiu'  ove  si consideri che in entrambe le situazioni si verifica
l'ipotesi  di  un'adozione assunta da un soggetto singolo (appunto il
vedovo),   e   non   da  una  coppia  genitoriale,  il  che  dimostra
ulteriormente  che  dovrebbe  sempre e comunque prevalere l'interesse
del minore.
    Nella  richiesta di declaratoria di illegittimita' costituzionale
viene  coinvolto poi l'art. 46, secondo comma, della legge n. 184 del
1983,  per contrasto con l'art. 2 della Costituzione, ove si proclama
la tutela della personalita' dell'individuo, e con l'art. 31, secondo
comma, Cost., che garantisce protezione ai minori. La norma censurata
appare alla Corte rimettente incoerente col sistema che privilegia la
protezione dell'interesse del minore, ancorandosi invece all'istituto
della  potesta'  genitoriale  per  ritenere  in via presuntiva che e'
sempre interesse del minore tornare col padre legittimo, anche quando
costui se ne sia costantemente disinteressato.
    2.  -  Nel  giudizio innanzi alla Corte si e' costituito B.L., in
proprio  e  quale unico genitore esercente la potesta' sul figlio N.,
concludendo   per  la  inammissibilita'  per  irrilevanza  o  per  la
infondatezza  della questione sollevata, che, a suo avviso, e' unica,
in  quanto  la  impugnazione della norma dell'art. 46, secondo comma,
della  legge  n. 184  del  1983, anche se annunciata nella ordinanza,
sarebbe,  di  fatto,  mancata.  In  ogni  caso,  la  questione,  o le
questioni,   sarebbe(ro)   inammissibile(i)   perche'   il   giudizio
principale si sarebbe dovuto decidere indipendentemente dalla stessa,
per la mancata notificazione del ricorso al minore interessato.
    Altra  ragione di irrilevanza risiederebbe nella circostanza che,
anche  in  caso  di  accoglimento  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 44, comma 1, lettera b), della legge n. 184
del   1983,   il   dissenso   all'adozione  del  genitore,  ai  sensi
dell'art. 46, secondo comma, della stessa legge - norma ritenuta, per
quanto  si  e'  visto,  non  impugnata  -  impedirebbe  in  ogni caso
l'accoglimento dell'appello.
    Ulteriore   causa   di  inammissibilita'  per  irrilevanza  della
questione   consisterebbe   nel   fatto  che,  anche  in  ipotesi  di
accoglimento di entrambe le questioni, il provvedimento del Tribunale
dei  minori andrebbe comunque annullato, per la mancanza del consenso
di entrambi i genitori del minore previsto dall'art. 46, primo comma,
della  legge:  del  padre  perche'  contrario,  della  madre  perche'
premorta.
    Infine,  la  pronuncia dell'adozione di cui all'art. 44, comma 1,
lettera b),  non  deciderebbe  ne' con chi debba vivere il minore ne'
chi  eserciti  la potesta' sullo stesso. E la decisione del Tribunale
minorile  sarebbe  abnorme  proprio  per aver attribuito una siffatta
funzione alla adozione di cui si tratta.
    Nel  merito,  la  parte privata costituita ritiene manifestamente
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44,
comma 1,  lettera b),  della legge n. 184 del 1983. Rileva il B. che,
poiche' l'art. 29 Cost. tutela i diritti della famiglia come societa'
naturale  fondata  sul  matrimonio,  e'  legittimo il requisito posto
dalla  norma  impugnata  all'aspirante  adottante  di essere coniuge,
mentre,  se  si dovesse estendere la legittimazione al vedovo, questa
dovrebbe,  poi, estendersi altresi' al divorziato o al convivente, ed
ancora alle coppie omosessuali.
    La scelta del legislatore avrebbe, poi, una base psicopedagogica,
in  quanto  l'adozione  di  cui si tratta avrebbe senso solo se ed in
quanto adottante e coniuge costituiscano una famiglia composta di due
figure,  di  valenza  rispettivamente  paterna  e  materna, in cui si
inserisca il minore. Sicche', sarebbe incostituzionale, per contrasto
con  l'art. 29  Cost.,  l'art. 47  della legge n. 184 del 1983, nella
parte   in   cui   consente  il  completamento  della  procedura  per
l'adozione,  anche  se nel corso della stessa il genitore-coniuge sia
deceduto, e non l'art. 44, comma 1, lettera b).
    La  parte  privata  esamina altresi' la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 46,  secondo  comma, della legge n. 184 del
1983,   che,   pure,   ritiene  non  sollevata,  e  conclude  per  la
infondatezza  della  stessa.  Premette  il  B. di non essersi affatto
disinteressato  del  figlio  N., che gli sarebbe stato tenuto lontano
dalla  madre  e  dal suo nuovo coniuge, sicche' sarebbe interesse del
minore  recuperare  il  rapporto con il padre. La questione di cui si
tratta   non   sarebbe   stata,  comunque,  illustrata  dal  Collegio
rimettente,  che  non  avrebbe  spiegato cio' in cui consisterebbe il
contrasto  con  gli  artt. 2  e  31 Cost., limitandosi ad un generico
richiamo  a  considerazioni  di  opportunita'.  Comunque,  il sistema
adottato   dall'ordinamento   sarebbe   ragionevolmente   bilanciato,
riconoscendo   anzitutto  la  famiglia,  ed  intervenendo  con  mezzi
graduati  solo qualora il comportamento di un genitore costituisca un
pericolo  per  il  figlio,  sospendendo, o limitandone la potesta', o
allontanando  il  figlio  da lui, e affidandolo ad un'altra coppia in
casi estremi in cui entrambi i genitori siano inidonei.
    3.  -  Nel  giudizio innanzi alla Corte si e' altresi' costituito
P.A.,  parte  privata richiedente l'adozione, che, con argomentazioni
adesive a quelle di cui alla ordinanza di rimessione, ha concluso per
la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della normativa
censurata.
    4.  - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
ha   concluso   per  la  inammissibilita'  o  la  infondatezza  delle
questioni.
    Quanto  alla prima di esse, l'Autorita' intervenuta rileva che il
giudice a quo non avrebbe proceduto ad una lettura costituzionalmente
orientata  della  norma  censurata.  Anzitutto,  la morte del coniuge
genitore non farebbe venir meno il rapporto di coniugio, e, con esso,
l'applicabilita'   dell'art. 44,  comma 1,  lettera b),  della  legge
n. 184   del  1983.  Ma,  anche  se  si  opinasse  diversamente,  non
potrebbero  trarsi  elementi  contrari alla interpretazione suggerita
dalla  Avvocatura  dalle  norme dell'art. 25, comma 4, e 47, comma 2,
della  stessa  legge,  richiamate  nella ordinanza di rimessione, che
disciplinano  gli effetti del decesso sull'adozione, disciplinando la
sopravvivenza della relativa domanda al decesso di uno degli istanti.
Dette  disposizioni  si  riferiscono  a  situazioni diverse da quella
presa  in  esame,  riguardando  l'art. 25,  comma 4,  la  domanda  di
adozione legittimante, l'art. 47, comma 2, quella non legittimante, e
tuttavia  entrambe finalizzate ad assicurare al minore la costruzione
del legame giuridico con i due genitori anche qualora uno dei due sia
deceduto in itinere.
    Quanto  alla seconda questione, rileva l'Avvocatura generale che,
pur  tenuto  conto  della preminenza dell'interesse del minore, vanno
considerati  anche  gli  interessi concorrenti con esso, quale, nella
specie, quello del genitore esercente la potesta', che incarna quello
della  famiglia  biologica. Andrebbe, percio', valutato se il sistema
sia  in  grado  di  garantire  il  contemperamento tra gli stessi. Al
riguardo,  si  sottolinea  nella memoria la innovazione operata dalla
legge 8 febbraio 2006, n. 54, che, introducendo il principio generale
dell'esercizio  congiunto della potesta' genitoriale anche in caso di
separazione  personale  tra  coniugi,  ha  ampliato  la  sfera  delle
facolta'  esercitabili  dai genitori non affidatari e non conviventi,
rafforzando  in  tal  modo anche i contenuti sottesi al secondo comma
dell'art. 46 della legge n. 184 del 1983, quale estrinsecazione delle
facolta' connesse all'esercizio della potesta' genitoriale. Pertanto,
l'effetto  impediente  attribuito  dalla  citata  norma al rifiuto di
assenso  del  genitore  all'adozione  risponde  ad  una esigenza gia'
avvertita,  e  poi  tradotta  dal legislatore nei termini di cui alla
citata  riforma  in  tema  di potesta' genitoriale. Del resto, rileva
l'Avvocatura  generale,  il  sistema  predispone risorse efficaci per
limitare,  ai  sensi dell'art. 333 del codice civile, la potesta' del
genitore   dissenziente   ove   il   riavvicinamento  al  figlio  non
corrisponda  all'interesse di quest'ultimo, ed eventualmente disporne
l'affidamento   allo   stesso   richiedente  l'adozione;  ovvero  per
dichiarare  la  decadenza,  ai  sensi  dell'art. 330 cod. civ., dalla
potesta'.
    In  definitiva,  l'interesse  del  minore,  ove  confliggente con
quello  del  genitore,  potrebbe essere preservato attraverso i mezzi
predisposti dall'ordinamento.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Corte  di appello di Venezia dubita della legittimita'
costituzionale   dell'art. 44,   comma 1,   lettera b),  della  legge
4 maggio  1983,  n. 184  (Diritto  del minore ad una famiglia), nella
parte  in cui non consente al coniuge sopravvissuto, in caso di morte
dell'altro  coniuge,  genitore  del minore che s'intende adottare, di
chiedere  l'adozione  del  medesimo,  per violazione del principio di
ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, tenuto conto che
il  successivo  art. 47  riconosce  la possibilita' dell'adozione non
legittimante anche nell'ipotesi in cui uno dei coniugi deceda durante
l'iter  per  l'adozione,  e che anche nell'art. 25 della stessa legge
n. 183  del  1984 si rimarca la prevalenza dell'interesse del minore,
acconsentendo  che si arrivi all'adozione quando si verifica la morte
del   genitore  dell'adottando  durante  il  periodo  di  affidamento
preadottivo;  nonche' dell'art. 46, secondo comma, della stessa legge
n. 184  del  1983,  nella parte in cui esclude che il tribunale possa
superare il diniego di assenso del genitore del minore adottando, che
sia  nel pieno possesso della potesta' genitoriale, quand'anche detto
diniego   sia   contrario  al  primario  interesse  del  minore,  per
violazione   degli  artt. 2  Cost.,  che  proclama  la  tutela  della
personalita'   dell'individuo,   e  31,  secondo  comma,  Cost.,  che
garantisce protezione ai minori.
    2.  -  Le  eccezioni  di inammissibilita' sollevate da B. L. sono
infondate.
    Ed  infatti,  quanto  al  rilievo della mancata notificazione del
ricorso  al  minore  interessato,  va  osservato  che la questione di
legittimita'  costituzionale all'odierno esame e' stata sollevata nel
corso  di  un  giudizio  di  appello  promosso dallo stesso B. L. con
ricorso  presentato  in  proprio  e  in  qualita'  di  unico genitore
esercente la potesta' genitoriale sul minore stesso.
    Ai  fini,  poi,  del rigetto della eccezione di inammissibilita',
per  irrilevanza,  nel giudizio principale, del dissenso all'adozione
del  minore  da  parte  del  genitore,  e'  sufficiente rilevare che,
contrariamente   all'assunto  della  parte  privata,  la  censura  di
illegittimita'  costituzionale  investe  non solo l'art. 44, comma 1,
lettera b),  della legge n. 184 del 1983, ma anche l'art. 46, secondo
comma, della stessa legge, sicche' deve escludersi che, nella specie,
detto  dissenso  renda  comunque  priva  di rilevanza la questione di
legittimita' costituzionale del citato art. 44, comma 1, lettera b).
    Le  residue censure di inammissibilita' attengono all'evidenza al
merito del giudizio di costituzionalita'.
    3.  -  La  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44,
comma 1,  lettera b),  della  legge  n. 184  del 1983, in riferimento
all'art. 3  della  Costituzione,  non  e'  fondata,  sulla base delle
considerazioni che seguono.
    Il  legislatore - sostituita la titolazione originaria del Titolo
VIII  del  Libro  I  del  codice civile «Dell'adozione» con quella di
«Adozione di persone maggiori di eta» (art. 58 della legge n. 184 del
1983),  per  essere  ormai  l'adozione  dei minori disciplinata dagli
artt. 6  e  seguenti  della  stessa  legge - ha ritenuto di mantenere
l'adozione cosiddetta ordinaria in particolari ipotesi.
    Ha  compiuto  cioe'  -  come  si  legge  nella Relazione della II
Commissione permanente del Senato, comunicata il 28 luglio 1982 - una
scelta  diretta  ad  una  drastica  riduzione  a  ipotesi  limitate e
tassative  dell'applicabilita'  ai  minori  dell'adozione  cosiddetta
ordinaria,  che  corrisponde  alla  evoluzione avutasi, nella cultura
giuridica e nel costume, dell'istituto dell'adozione dei minori. Tale
scelta  ha  segnato  piu'  nettamente  il passaggio da una tradizione
privatistica  ad  una  funzione  pubblicistica dell'istituto e la sua
considerazione alla stregua dell'esclusivo interesse del minore.
    In  presenza  di  situazioni  che  non  avrebbero potuto - per la
mancanza  della condizione di abbandono di cui al comma 1 dell'art. 7
(art. 44,  comma 1)  o per la difficolta' concreta, in considerazione
di   condizioni   personali  del  minore  -  giustificare  l'adozione
legittimante, il legislatore ha disciplinato alcune tassative ipotesi
prevedendo  una forma di adozione che presenta la peculiarita' di non
avere  effetto  legittimante nei confronti dell'adottato, ne' effetto
risolutivo  nei  confronti  della  famiglia di origine. Essa e' stata
definita   come   «adozione   in  casi  particolari»,  ma  che,  piu'
propriamente, la dottrina qualifica come «adozione non legittimante».
    Si  tratta  di ipotesi eccezionali rispetto al sistema introdotto
dalla  legge  n. 184  del 1983, per il quale «il minore ha diritto di
crescere  ed  essere  educato  nell'ambito  della  propria  famiglia»
(art. 1, comma 1), mentre solo «quando la famiglia non e' in grado di
provvedere  alla  crescita  e all'educazione del minore, si applicano
gli  istituti di cui alla presente legge» (art. 1, comma 4). Fra tali
ipotesi residue vi e' quella di cui all'art. 44, comma 1, lettera b),
per  la quale il minore puo' essere adottato «dal coniuge nel caso in
cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge».
    La ratio della richiamata disposizione e' quella di consentire al
coniuge  di  soggetto  che  sia genitore convivente con il minore una
adozione  non  legittimante dello stesso, inserendolo in una famiglia
nella  quale  si ricostituiscono le due figure genitoriali, una delle
quali  e'  gia'  genitore  (legittimo,  naturale  o adottivo), mentre
l'altra,  l'adottante,  lo  diventa a seguito dell'accoglimento della
relativa  domanda.  Il legislatore, cioe', giustifica questa forma di
adozione    in   considerazione   della   finalita'   di   attribuire
all'adottante la potesta' genitoriale sul minore unitamente all'altro
genitore  del  minore  con  il quale quest'ultimo conviveva (art. 48,
primo comma).
    Condizione  indispensabile  perche'  si  possa far luogo a questo
tipo di adozione e' l'esistenza attuale, al momento dell'inizio della
procedura  e  comunque  prima  della  prestazione dell'assenso di cui
all'art. 46,  del  rapporto  di  coniugio  fra  chi intende procedere
all'adozione ed il genitore del minore adottando.
    La   sussistenza  di  questo  rapporto,  fra  coniuge  adottante,
genitore  del minore e minore stesso, individua il legittimato attivo
alla relativa azione e costituisce presupposto indispensabile perche'
si possa giungere all'accoglimento della domanda.
    Da  quanto  premesso  deriva che la morte del genitore del minore
avvenuta - come nella specie - prima della proposizione della domanda
e della prestazione dell'assenso, fa venire meno una delle condizioni
dell'azione e comporta il rigetto della relativa domanda.
    Il  giudice  rimettente  non contesta che sia questo il contenuto
della  norma,  ma  ne  deduce  la  incostituzionalita' per violazione
dell'art. 3   della   Costituzione,   apparendo  non  ragionevole  se
raffrontato  alla  disposizione  di  cui  al  successivo art. 47, che
riconosce   la  possibilita'  dell'adozione  non  legittimante  anche
nell'ipotesi  in  cui  uno  dei  coniugi  deceda  durante  l'iter per
l'adozione,  e tenuto anche conto che nell'art. 25 della stessa legge
n. 184  del  1983 si rimarca la prevalenza dell'interesse del minore,
acconsentendo  che si arrivi all'adozione quando si verifica la morte
del   genitore  dell'adottando  durante  il  periodo  di  affidamento
preadottivo.
    Proprio  le  norme  invocate  a sostegno dell'incostituzionalita'
dimostrano, invece, la ragionevolezza delle scelte operate.
    Il   legislatore,   cioe',  posto  di  fronte  a  situazioni  che
impedirebbero  l'accoglimento  della  domanda  per essere venute meno
successivamente   alla   proposizione   della  stessa  le  condizioni
necessarie  previste  dalla  legge  (rapporto  di coniugio in atto al
momento  della  prestazione dell'assenso, in tema di adozione in casi
particolari;  rapporto  di  coniugio  almeno  triennale e mancanza di
separazione,   anche   di   fatto,   successivamente  all'affidamento
preadottivo  in tema di adozione legittimante) - facendo applicazione
eccezionale,  in  tema  di  azioni  costitutive  di  uno  status, del
principio secondo cui il tempo necessario per l'attribuzione del bene
della   vita   richiesto   non   deve  risolversi  in  un  danno  per
l'interessato a tale attribuzione -, ammette l'adozione, su richiesta
di  uno  o  di  entrambi  i  coniugi,  a seconda delle varie ipotesi,
purche' le condizioni richieste preesistano ad un determinato momento
successivo  alla  proposizione  dell'azione  ed individuato in quello
dell'affidamento preadottivo, in caso di adozione legittimante, ed in
quello  della  prestazione  dell'assenso,  in  caso  di  adozione non
legittimante.
    L'interesse del minore, se giustifica, secondo i casi, l'adozione
legittimante  o  non legittimante, che sarebbe altrimenti impossibile
per  essere  venute  meno,  successivamente  alla  proposizione della
domanda,   le  condizioni  dell'azione,  all'origine  esistenti,  non
consente  che  si  prescinda da tali condizioni fin dal momento della
proposizione  della  domanda  stessa.  L'accoglimento  della tesi qui
contestata  sarebbe  in  contrasto  con  i principi dell'adozione, in
quanto introdurrebbe una incertezza sulle condizioni dell'azione.
    Seppure  e'  vero  che  la  morte  di  un  coniuge non esclude la
rilevanza, ad altri effetti, del pregresso rapporto coniugale, non da
cio'  solo  deriva  la possibilita' di considerare tale rapporto come
ancora esistente ai fini dell'adozione.
    Cio'  non  esclude che, per restare nell'ambito della fattispecie
in  esame,  il  legislatore  ordinario possa consentire l'adozione al
nuovo  coniuge,  per  la  tutela  dell'interesse del minore, anche in
ipotesi  di  decesso  del  genitore  del  minore stesso in un momento
precedente la prestazione dell'assenso.
    4.  -  La pronuncia che precede determina l'inammissibilita', per
irrilevanza,   della  questione  di  costituzionalita'  dell'art. 46,
secondo comma, della stessa legge n. 184 del 1983, nella parte in cui
esclude  che  il  tribunale  possa superare il diniego di assenso del
genitore  del  minore  adottando,  che  sia  nel pieno possesso della
potesta'  genitoriale,  dal momento che il suo eventuale accoglimento
non avrebbe alcun effetto nella fattispecie in esame.