ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 2,  3  e  5  del decreto del Presidente della Repubblica
5 febbraio   1953,   n. 39  (Testo  unico  delle  leggi  sulle  tasse
automobilistiche),  nonche'  della  tariffa  A  ad  esso  allegata  e
dell'art. 1  del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle
tasse  automobilistiche),  promosso  con ordinanza del 27 luglio 2006
dalla Commissione tributaria provinciale di Roma sul ricorso proposto
da  Piero Salvi nei confronti dell'Agenzia delle entrate - Ufficio di
Civitavecchia e altro, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2007
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 15, 1ª
serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 20 giugno 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
    Ritenuto  che la Commissione tributaria provinciale di Roma, sez.
III,  con  ordinanza del 27 luglio 2006, ha sollevato, in riferimento
agli   artt. 3,   42,   terzo  comma,  e  53,  secondo  comma,  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto  degli  artt. 2,  3  e  5  del  decreto del Presidente della
Repubblica  5 febbraio  1953,  n. 39  (Testo  unico delle leggi sulle
tasse  automobilistiche),  nonche' della tariffa A ad esso allegata e
dell'art. 1  del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle
tasse   automobilistiche),   nella   parte  in  cui  non  prevede  la
progressiva    diminuzione   della   tassa   sugli   autoveicoli   in
corrispondenza  della  perdita  di  valore  del  bene  conseguente al
trascorrere del tempo;
        che  il  rimettente,  quanto al fatto, premette unicamente di
essere  chiamato  a  giudicare  di  un ricorso contro l'Agenzia delle
entrate  di  Civitavecchia  con  il  quale  sono  state  eccepite  la
tardivita'  della  richiesta  impositiva  e,  in  subordine,  il  suo
eccessivo valore;
        che,  nella  parte  in  diritto,  la  Commissione  tributaria
provinciale  di  Roma  compie  una  breve ricostruzione storica delle
leggi che si sono succedute nella regolamentazione dell'imposta sugli
autoveicoli  e  motoveicoli,  evidenziando  come  tale imposta, prima
dell'entrata  in vigore del decreto-legge del 30 ottobre 1982, n. 953
(Misure  in materia tributaria), convertito, con modificazioni, dalla
legge  28 febbraio  1983,  n. 53,  fosse una tassa di circolazione di
tipo   risarcitorio   che   serviva   a  contribuire  alle  spese  di
mantenimento  delle  opere pubbliche viarie e che veniva calcolata in
ragione  della  grandezza degli autoveicoli e del conseguente maggior
consumo  che  quelli piu' grandi e potenti causavano alla rete viaria
pubblica;
        che,  infatti, l'ammontare dell'imposta era calcolato in base
ad  un  rapporto  tra  la  potenza del motore, la sua cilindrata e la
grandezza  fisica  del veicolo, e, inoltre, l'imposta era dovuta solo
in  caso  di utilizzo effettivo del mezzo, con il correlativo obbligo
di esporre sul parabrezza dell'auto la ricevuta del pagamento;
        che,  prosegue  il rimettente, con la citata riforma del 1982
l'imposta  ha  cambiato  radicalmente  natura,  trasformandosi in una
tassa  sulla  proprieta', non piu' legata all'uso che l'utente fa del
veicolo,  ma  dovuta per il solo ed esclusivo fatto dell'intestazione
del   veicolo  stesso,  e,  pertanto,  da  porsi  necessariamente  in
relazione  all'incremento di valore che il bene apporta al patrimonio
del proprietario;
        che  cio'  sarebbe ulteriormente confermato dall'introduzione
di un'esenzione dal pagamento della tassa per i possessori di veicoli
con  trenta anni di vita o venti, se di particolare interesse storico
(art. 63  della  legge  21 novembre  2000, n. 342, recante «Misure in
materia fiscale»);
        che,  secondo  il rimettente, il legislatore avrebbe previsto
tale  esenzione  trattandosi  di  beni  il  cui  valore,  come quello
immobiliare,  nel tempo viene scemando fino a diventare nullo dopo il
trentesimo anno di vita e, quindi, «senza piu' interesse per il fisco
in quanto [...] inidoneo a creare ulteriore ricchezza»;
        che,  in  tal  modo,  avendo  il  legislatore  implicitamente
riconosciuto  che  il  valore  del  bene  gradualmente diminuisce, ne
deriverebbe  «un  vuoto normativo di collegamento» fra quanto prevede
l'art. 63,  comma 1,  della  legge  n. 342 del 2000 e quanto disposto
dagli  artt. 2,  3  e 5 del d.P.R. n. 39 del 1953, dalla tariffa A ad
esso  allegata  e  dall'art. 1  del  d.m. del 27 dicembre 1997, nella
parte  in cui tali disposizioni non stabiliscono un meccanismo atto a
determinare  la  progressivita'  in  diminuzione  dell'imposta per la
perdita  di  valore del bene oggetto dell'imposizione in relazione al
trascorrere  del  tempo,  e  cio'  determinerebbe la violazione degli
artt. 53, 42 e 3 della Costituzione;
        che,  in  particolare,  secondo  il  rimettente,  «una  volta
provato  che  un veicolo fa parte del patrimonio di un soggetto e che
tale patrimonio e' il fondamento per il prelievo fiscale coattivo, e'
agevole  trarre  la  conclusione  che  ogni modifica, in aumento o in
diminuzione,  del  valore  di ogni singolo bene facente parte di tale
patrimonio,   andando   ad   incidere  sulla  capacita'  contributiva
complessiva  del  soggetto,  ove  non  fosse  prevista  la necessaria
correzione del relativo tributo, andrebbe ad incidere negativamente e
illegittimamente   sulla  capacita'  contributiva  del  soggetto»  in
violazione dell'art. 53 della Costituzione;
        che  risulterebbe violato anche l'art. 42, terzo comma, della
Costituzione,  mancando  tra  i criteri per il calcolo dell'ammontare
dell'imposta quello relativo al valore venale del bene secondo quanto
affermato  dalla  Corte  costituzionale  (sentenze  n. 216  del 1990,
n. 1165 del 1988 e n. 5 del 1980);
        che, infine, un ulteriore profilo di incostituzionalita', per
il  rimettente,  consisterebbe  nella  disparita'  di trattamento tra
coloro   che  posseggono  nel  loro  patrimonio  beni  diversi  dagli
autoveicoli  (immobili, cespiti, ecc.), a cui e' data, in determinate
ipotesi,  l'opportunita'  di  pagare  le  relative  imposte  in  modo
proporzionale  alla consistenza economica dei beni stessi (ad esempio
la  possibilita'  di  revisione  delle rendite catastali), rispetto a
quei soggetti che sono obbligati a versare un'imposta costante per il
possesso di un veicolo nonostante la diminuzione di valore del bene;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  chiesto  a  questa  Corte di dichiarare la questione
inammissibile;
        che  la  difesa  erariale  eccepisce l'omessa o insufficiente
descrizione della fattispecie in quanto il giudice a quo riferisce in
modo  estremamente  omissivo  sulle  questioni  sollevate nel ricorso
senza  fare  alcun  cenno  al  perche',  nel caso concreto, il valore
dell'imposizione  sarebbe in contrasto con i principi costituzionali,
tralasciando  di  riportare  finanche  il  dato  relativo all'anno di
immatricolazione  dell'auto  che  avrebbe permesso una valutazione in
concreto del rapporto tra l'imposta e il valore venale del bene;
        che    l'Avvocatura    eccepisce   altri   due   profili   di
inammissibilita',  il  primo relativo alla disposizione censurata, in
quanto il rimettente dubita di un provvedimento dell'allora Ministero
delle  finanze  che, privo di forza di legge, non puo' essere oggetto
di  un  giudizio  di  costituzionalita',  il  secondo,  relativo alla
richiesta   di   una  pronuncia  additiva  su  materia  rimessa  alla
discrezionalita' del legislatore.
    Considerato  che  la  Commissione tributaria provinciale di Roma,
sez.  III,  con  ordinanza  del  27 luglio  2006,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53, secondo comma, della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto  degli  artt. 2,  3  e  5  del  decreto del Presidente della
Repubblica  5 febbraio  1953,  n. 39  (Testo  unico delle leggi sulle
tasse  automobilistiche), nonche' della tariffa A ad esso allegata, e
dell'art. 1  del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle
tasse   automobilistiche),   nella   parte  in  cui  non  prevede  la
progressiva diminuzione della tassa automobilistica in corrispondenza
della  perdita  di  valore  del  bene  conseguente al trascorrere del
tempo;
        che  la  questione  e' manifestamente inammissibile sotto due
diversi e concorrenti profili;
        che,  in  primo  luogo,  il  rimettente  omette  del tutto la
descrizione del caso concreto sottoposto al suo esame e, addirittura,
non  specifica  il  tipo  di  veicolo  cui  si  riferiva  la cartella
impugnata, (autoveicolo, motoveicolo, motoscafo) e non indica la data
di  immatricolazione  dello  stesso, rendendo in tal modo impossibile
ogni valutazione circa la rilevanza della questione;
        che, in secondo luogo, il rimettente esplicitamente chiede un
intervento  additivo  senza indicare una soluzione costituzionalmente
obbligata   in   una   materia   rimessa  alla  discrezionalita'  del
legislatore,   come   si   evince   dalla   stessa  parte  conclusiva
dell'ordinanza,  nella  quale  afferma: «tale completamento normativo
puo'  essere  demandato  solo  al  giudice delle leggi non rientrando
nelle  competenze  del giudice dei tributi sostituirsi al legislatore
per   individuare   la   formula   piu'   idonea   alla   graduazione
dell'imposta»;
        che  resta  assorbito l'ulteriore profilo di inammissibilita'
sollevato  dall'Avvocatura  dello  Stato,  circa  la  possibilita' di
sottoporre  a  scrutinio  di  costituzionalita'  un provvedimento non
avente forza di legge;
        che  la  rilevata  manifesta inammissibilita' della questione
deve  essere  dichiarata  da  questa  Corte  prescindendo  dalla  pur
evidente  erroneita'  delle  premesse  interpretative da cui muove il
rimettente,  il  quale  ritiene  che  l'esenzione dal pagamento della
tassa sugli autoveicoli prevista dall'art. 63 della legge 21 novembre
2000,  n. 342  (Misure  in materia fiscale), per i veicoli con trenta
anni  di vita o venti se di particolare interesse storico, sia dovuta
alla  loro perdita di valore economico conseguente al trascorrere del
tempo mentre, al contrario, essa dipende dal fatto che il legislatore
ritiene  tali veicoli, in quanto sopravvissuti al loro naturale ciclo
economico, beni meritevoli di una particolare tutela.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.