ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei    giudizi    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 213,
comma 2-sexies  (comma  introdotto  dall'art. 5-bis, comma 1, lettera
c),  numero  2,  del  decreto-legge  30  giugno 2005, n. 115, recante
«Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la  funzionalita' di settori
della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa
legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada), promossi con
ordinanze  del  5 gennaio  2006  dal  Giudice  di  pace di Aosta, del
2 maggio  2006  dal  Giudice di pace di Urbino, del 6 giugno 2006 dal
Giudice  di pace di Trento, del 22 maggio 2006 dal Giudice di pace di
Padova  e  del  26 ottobre  2006  dal  Giudice  di  pace  di Belluno,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 152,  320,  687 e 697 del registro
ordinanze  2006  e  al  n. 270  del  registro  ordinanze  del  2007 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 38, 1ª
serie  speciale,  dell'anno 2006  e  nn. 6  e  7,  1ª serie speciale,
dell'anno 2007.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  I  Giudici di pace di Aosta (r.o. n. 152 del 2006), Urbino
(r.o.  n. 320  del 2006), Trento (r.o. n. 687 del 2006), Padova (r.o.
n. 697  del  2006)  e  Belluno (r.o. n. 270 del 2007) hanno sollevato
questione  di legittimita' costituzionale - in riferimento all'art. 3
della  Costituzione - dell'art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto
dall'art. 5-bis,  comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30
giugno 2005,  n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la
funzionalita'  di  settori della pubblica amministrazione», nel testo
risultante   dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005,
n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della  strada), nella parte in cui dispone la confisca di ciclomotori
o di motoveicoli nei casi in cui siano stati adoperati per commettere
un reato.
    1.1.  -  In  particolare, il Giudice di pace di Aosta premette di
dover  giudicare,  in  sede  civile,  ai sensi dell'art. 22-bis della
legge  24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), di un
provvedimento  di  sequestro adottato dall'autorita' amministrativa a
seguito   della   contestazione  dell'infrazione  prevista  e  punita
dall'art. 186, comma 2, del codice della strada.
    Evidenzia,  pertanto,  che in forza di quanto previsto dal citato
art. 213,  comma 2-sexies,  e' sempre disposta la confisca in tutti i
casi in cui il ciclomotore o il motoveicolo siano stati adoperati per
commettere   una   delle   violazioni   amministrative  di  cui  agli
articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171 o per commettere un reato.
    Tale  disposizione,  tuttavia,  darebbe  luogo  ad  una «evidente
disparita'  di trattamento nei confronti dei cittadini che commettono
lo  stesso  reato»,  e  che  quindi  «si  trovano  in  una situazione
identica»,  atteso  che  la  guida  in  stato di ebbrezza comporta la
sanzione accessoria della confisca del mezzo solo per i motociclisti,
mentre per gli automobilisti determina quella, meno afflittiva, della
sospensione   della   patente.   Ne',   d'altra  parte,  conclude  il
rimettente,  si comprende quali possano essere i «ragionevoli motivi»
idonei a giustificare tale trattamento differenziato.
    1.2.  -  Analogamente,  il  Giudice di pace di Urbino - investito
dell'opposizione  proposta  avverso  il provvedimento con il quale e'
stato disposto il sequestro di un motociclo, essendo stata contestata
la  violazione  dell'art. 186,  comma 2,  del  codice  della strada -
reputa   il  predetto  art. 213,  comma 2-sexies,  in  contrasto  con
l'art. 3   Cost.,   «per   aperta   violazione   del   principio   di
ragionevolezza  e  proporzionalita' della sanzione», oltre che per la
disparita'  di  trattamento tra le violazioni commesse dai conducenti
di ciclomotori o motocicli e dai conducenti di autoveicoli.
    Difatti   il   rimettente,   consapevole   che  lo  scrutinio  di
costituzionalita' sulle scelte sanzionatorie compiute dal legislatore
e'  possibile  solo  quando  l'opzione  normativa  contrasti  in modo
manifesto con il canone della ragionevolezza (richiama, sul punto, le
pronunce  della Corte costituzionale n. 144 del 2001, n. 58 del 1999,
n. 297  del 1998, n. 313 del 1995), reputa che tale evenienza ricorra
nel  caso  di  specie,  giacche'  la  norma  in  esame  costituirebbe
espressione  di un uso distorto della discrezionalita', non essendosi
il legislatore conformato all'auspicio, espresso dalla giurisprudenza
costituzionale,  circa la necessita' di «rimodellare il sistema della
confisca  stabilendo  alcuni canoni essenziali al fine di evitare che
l'applicazione  giudiziale  della  sanzione amministrativa accessoria
produca  disparita'  di  trattamento»  (sentenze  n. 435 e n. 349 del
1997).
    1.3.   -   Anche   il   Giudice   di   pace  di  Trento  ipotizza
l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  suddetta, della quale
chiede  la  caducazione  «nella  parte in cui dispone la confisca del
motoveicolo nei casi in cui questo sia stato adoperato per commettere
un reato».
    Nel  premettere di dover giudicare dell'opposizione ex artt. 22 e
23  della  legge  n. 689  del  1981,  proposta  avverso un verbale di
sequestro   di   motoveicolo   emesso   a  seguito  dell'accertamento
dell'infrazione  consistente  nella  guida  in  stato di ebbrezza, il
giudice  a  quo  evidenzia  che  la norma censurata, nel regolare «in
termini  radicalmente  divergenti  la situazione del proprietario del
motoveicolo  rispetto  a  quella  del proprietario di qualsiasi altro
veicolo»,    realizza    una    «diversificazione   del   trattamento
sanzionatorio    nei   confronti   di   comportamenti   antigiuridici
esattamente   identici»,  violando  in  tal  modo  «il  principio  di
eguaglianza  dei  cittadini  di  fronte  alla  legge».  Pertanto, pur
dicendosi  «consapevole  che  la  norma  censurata trae origine dalla
gravita'  del  fenomeno  da  sanzionare»,  che  esige  «un'azione  di
prevenzione  diretta  a  ridurre  sensibilmente  il  numero dei reati
commessi   con  l'uso  di  motoveicoli»,  reputa  che  la  denunciata
disparita'  di  trattamento  ponga tale disposizione in contrasto con
l'art. 3 Cost.
    1.4. - Il Giudice di pace di Padova deduce l'incostituzionalita',
sempre  in  riferimento  all'art. 3  Cost.,  del  predetto  art. 213,
comma 2-sexies,  «nella  parte  in cui prevede la sanzione accessoria
della  confisca obbligatoria del ciclomotore o motoveicolo», nel caso
in cui gli stessi siano utilizzati per commettere tanto le infrazioni
amministrative  previste  dagli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del
codice della strada, quanto un reato («nella specie guida in stato di
ebbrezza»). Difatti, la norma nel prevedere «la confisca obbligatoria
del  "mezzo"»  solo  nel  caso  di ciclomotori o motocicli, «crea una
disparita'  di  trattamento  tra  cittadini,  a  fronte di violazioni
identiche  e  condotte  analoghe»,  come,  nella specie, la «guida in
stato di ebbrezza».
    1.5.  -  Infine,  anche il Giudice di pace di Belluno - dopo aver
premesso   di   essere  investito  di  «un'opposizione  ad  ordinanza
ingiunzione»  ai  sensi  della  legge  n. 689  del  1981 - ha chiesto
dichiararsi  l'illegittimita' costituzionale della norma suddetta, in
ragione  del  fatto che essa da' luogo «ad una disciplina difforme di
fronte  ad  identici  comportamenti»,  a  seconda  che  la violazioni
contemplate  nel  testo  del  medesimo  art. 213, comma 2-sexies, del
codice  della strada vengano commesse da chi guidi un ciclomotore, un
motociclo  o  (come nel caso sottoposto al suo esame) un quadriciclo,
ovvero da «un'automobile o un mezzo piu' pesante».
    Orbene,  osserva  il rimettente, individuata la ratio della norma
nella necessita' di «punire severamente chi utilizza un ciclomotore o
un   motociclo   per   commettere  un  reato,  risulta  difficilmente
comprensibile  la  ragione per cui il legislatore abbia ritenuto meno
grave  un  comportamento  tenuto,  invece,  da  un automobilista o un
camionista»,  anche  in  considerazione  dei  «ben maggiori danni che
potrebbero  causare», donde l'ipotizzato contrasto con l'art. 3 della
Carta fondamentale.
    2.  -  E'  intervenuto  in  ciascuno  dei  giudizi - salvo quello
originato dall'ordinanza di rimessione del Giudice di pace di Aosta -
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato.
    La  difesa  erariale  -  sul presupposto che il testo della norma
censurata    risulta    modificato    dall'art. 2,   comma 169,   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria  e finanziaria), nel testo modificato dalla relativa legge
di   conversione 24 novembre  2006,  n. 286  -  ha  chiesto,  in  via
preliminare,  alla  Corte  costituzionale di disporre la restituzione
degli   atti   ai  giudici  rimettenti  «onde  consentire  una  nuova
valutazione della rilevanza della questione alla luce dei sopravenuti
mutamenti del quadro normativo».
    In  subordine,  quanto  alla dedotta «manifesta irragionevolezza»
della    norma    censurata,    giacche'   essa   realizzerebbe   una
«ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  a  situazioni
analoghe  piu' gravi», l'Avvocatura dello Stato rileva che «la scelta
di  sanzionare  in  modo  diverso una condotta di guida a secondo del
tipo di veicolo guidato non e' di per se' irragionevole», rispondendo
oltretutto,  nella  specie,  all'esigenza  di contenere gli infortuni
verificabili  con l'uso di motocicli o ciclomotori, in quanto veicoli
«dotati evidentemente di minore stabilita' e con maggiore difficolta'
di controllo».

                       Considerato in diritto

    1.  -  I  Giudici di pace di Aosta (r.o. n. 152 del 2006), Urbino
(r.o.  n. 320  del 2006), Trento (r.o. n. 687 del 2006), Padova (r.o.
n. 697  del  2006)  e  Belluno (r.o. n. 270 del 2007) hanno sollevato
questione  di legittimita' costituzionale - in riferimento all'art. 3
della  Costituzione - dell'art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto
dall'art. 5-bis,  comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30
giugno 2005,  n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la
funzionalita'  di  settori della pubblica amministrazione», nel testo
risultante   dalla  relativa  legge  di  conversione 17 agosto  2005,
n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della  strada), nella parte in cui dispone la confisca di ciclomotori
e  motoveicoli  nei  casi in cui tali mezzi siano stati adoperati per
commettere un reato.
    I   rimettenti  -  investiti  dell'opposizione  proposta  avverso
provvedimenti  di  sequestro dei suddetti veicoli, tutti adottati, in
vista   della  successiva  confisca,  in  relazione  alla  contestata
violazione   dell'art. 186   del  codice  della  strada  -  lamentano
l'assoggettamento   di   motoveicoli  e  ciclomotori,  in  forza  del
censurato  art. 213,  comma 2-sexies,  del  codice, ad un trattamento
irragionevolmente  piu'  grave  di  quello  previsto  per  gli  altri
veicoli, per i quali la confisca non e' invece stabilita.
    2.  -  In  via  preliminare,  deve esser disposta la riunione dei
diversi  giudizi,  ai  fini  di  un'unica pronuncia, in ragione della
identita' delle questioni rimesse all'esame di questa Corte.
    3.  -  Prima  di  affrontare  il  merito,  occorre  esaminare  le
modificazioni  legislative  che, successivamente alla pronuncia delle
ordinanze  di  rimessione,  hanno  interessato  sia  la  disposizione
censurata  che  il contesto normativo in cui essa risulta inserita, e
cio'  al  fine  di  verificarne  l'eventuale  incidenza  sul presente
giudizio.
    Difatti,  dopo  che i giudici a quibus hanno sollevato l'indicata
questione    di    costituzionalita',    il    testo   dell'art. 213,
comma 2-sexies,   del   codice   della  strada  e'  stato  modificato
dall'art. 2,  comma 169,  del  decreto-legge  3 ottobre  2006, n. 262
(Disposizioni   urgenti   in   materia   tributaria  e  finanziaria),
convertito,  con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
Tuttavia,  anche  nella  sua  attuale formulazione, la norma suddetta
continua  a  prevedere l'applicazione della sanzione accessoria della
confisca  dei  (soli)  ciclomotori  e motoveicoli nel caso in cui gli
stessi  siano  adoperati  per commettere un reato, giacche' il citato
ius    superveniens    ha    unicamente   eliminato   la   previsione
dell'applicazione   della   sanzione   nelle  ipotesi  di  violazioni
amministrative  di  cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del
codice  della  strada  (si  tratta  delle  norme  che disciplinano il
trasporto,  rispettivamente,  «di  persone,  animali  e  oggetti  sui
veicoli  a  motore»,  quello  «di  persone e di oggetti sui veicoli a
motore  a  due  ruote»,  nonche'  l'uso «del casco protettivo per gli
utenti di veicoli a due ruote»).
    Orbene, le fattispecie oggetto dei giudizi principali concernono,
invece,  proprio  la  commissione di un reato (segnatamente quello di
guida  in  stato  di  ebbrezza  di  cui all'art. 186 del codice della
strada), sicche' risulta evidente come il citato ius superveniens non
possa avere alcuna influenza sull'esito di detti giudizi.
    Analogamente,  priva  di  effetti rispetto ad essi si presenta la
successiva  modifica  apportata,  al  testo  dell'art. 186 del codice
dalla  strada,  dall'art. 5  del  decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117
(Disposizioni  urgenti  modificative  del  codice  della  strada  per
incrementare  i  livelli di sicurezza nella circolazione), convertito
con  modificazioni  dalla  legge  2 ottobre  2007, n. 160. Ed invero,
sebbene esso abbia introdotto nel citato art. 186 il comma 2-bis, che
ha  previsto l'applicazione del «fermo amministrativo del veicolo per
novanta  giorni»  nel  solo  caso  in  cui «il conducente in stato di
ebbrezza  provoca  un  incidente  stradale»,  la  circostanza  che in
nessuna  delle  fattispecie  oggetto  dei  giudizi  a quibus venga in
rilievo  l'ipotesi  contemplata  dalla  nuova  disposizione - quella,
cioe',  di  un  sinistro  stradale quale conseguenza della violazione
dell'art. 186  del codice della strada - esclude, per definizione, la
rilevanza anche di detto ius superveniens nei giudizi principali, con
cio'  rendendo superfluo stabilire, nel caso di specie, quali siano i
rapporti  intercorrenti  tra la nuova norma ed il censurato art. 213,
comma 2-sexies.
    4.  -  Esclusa,  dunque,  la necessita' di restituire gli atti ai
giudici  rimettenti,  la  questione di costituzionalita' dagli stessi
sollevata deve ritenersi non fondata.
    5.   -   Premessa,   invero,   l'ampia   discrezionalita'   nella
individuazione  delle  sanzioni,  atteso  che  «la  valutazione della
congruita'   della  sanzione  appartiene  alla  discrezionalita'  del
legislatore,  con  il  solo  limite della manifesta irragionevolezza»
(cosi',  da  ultimo,  con  riferimento  proprio alla disciplina della
circolazione   stradale,   l'ordinanza  n. 246  del  2007),  il  solo
scrutinio   che,  anche  nella  presente  ipotesi,  questa  Corte  e'
legittimata   a   svolgere  consiste  nel  verificare  se  la  scelta
legislativa,  in  se'  considerata,  presenti  quel palese difetto di
ragionevolezza  che  giustifichi  la  declaratoria  di illegittimita'
costituzionale.
    Orbene,  proprio  alla  stregua  di  una valutazione che investa,
innanzitutto,  la sua ragionevolezza intrinseca (e dunque la coerenza
tra  il contenuto della norma e la finalita' perseguita attraverso la
sua  previsione),  la  disposizione  in  esame si presenta immune dal
denunciato vizio di costituzionalita'.
    Deve   ritenersi,   infatti,  non  irragionevole  la  scelta  del
legislatore   di   prevedere  una  piu'  intensa  risposta  punitiva,
allorche'  un  reato  sia  commesso  mediante  l'uso di ciclomotori o
motoveicoli, con riferimento all'adozione di una sanzione accessoria,
qual  e' la confisca, idonea a scongiurare la reiterata utilizzazione
illecita  del  mezzo,  specie  quando  (come avviene proprio nel caso
contemplato dall'art. 186 del codice della strada, cui si riferiscono
le  fattispecie oggetto dei giudizi a quibus) sussiste un rapporto di
necessaria strumentalita' tra l'impiego del veicolo e la consumazione
del reato.
    Ne',  d'altro  canto,  la profilata disparita' di trattamento tra
utenti  della  strada  (atteso  che  l'operativita' della confisca e'
stata limitata ad una sola categoria di veicoli e non e' stata invece
prevista a carico dei conducenti degli altri mezzi) potrebbe comunque
comportare l'adozione della richiesta pronuncia caducatoria.
    A  parte,  infatti, il rilievo che tale disparita' non e' neppure
assoluta,  come paiono invece ritenere i rimettenti (i quali mostrano
di  ignorare  che per tutte le tipologie di veicoli, sempre adoperati
per  commettere  un  reato,  l'applicazione  della confisca - sebbene
essa, in tal caso, operi solo facoltativamente ed alla stregua non di
una  sanzione  accessoria,  bensi' di una misura di sicurezza reale -
potrebbe comunque avvenire ai sensi dell'art. 240 del codice penale),
dirimente  e'  la  constatazione che ogni iniziativa volta a superare
questo   trattamento  differenziato  non  potrebbe  che  spettare  al
legislatore.
    E'  principio  ormai  consolidato  nella giurisprudenza di questa
Corte  quello  secondo  cui  «rimodellare  il sistema della confisca,
stabilendo   alcuni   canoni   essenziali  al  fine  di  evitare  che
l'applicazione   giudiziale  della  sanzione  amministrativa  produca
disparita'  di trattamento» costituisce un intervento «riservato alla
discrezionalita' legislativa» (sentenza n. 435 del 1997).