ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
8 marzo  1968,  n. 152  (Nuove  norme in materia previdenziale per il
personale  degli  Enti  locali),  promosso con ordinanza del 14 marzo
2006  dal  Tribunale  di  Lecce  nel procedimento civile vertente tra
Petruzzo  Anna  Rosa  ed  altri  nella  qualita' di eredi di Petruzzo
Carmine  e INPDAP ed altra, iscritta al n. 243 del registro ordinanze
2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ยช serie
speciale, edizione straordinaria del 26 aprile 2007;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Ritenuto  che nel corso di un giudizio civile, promosso dai figli
di  Carmine Petruzzo - dipendente di un ente locale deceduto in corso
di  servizio  -  contro  l'Istituto  nazionale  di  previdenza  per i
dipendenti   dell'amministrazione  pubblica  (INPDAP)  e  diretto  ad
ottenere  l'accertamento  del  diritto dei ricorrenti a percepire una
quota   pari   al  60  per  cento,  da  dividersi  in  parti  uguali,
dell'indennita'   premio   di   servizio   dovuta  al  loro  genitore
(indennita'  che  l'INPDAP  aveva  corrisposto  in misura integrale a
Grazia  Merico,  coniuge in seconde nozze del Petruzzo), il Tribunale
di  Lecce ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della legge
8 marzo  1968,  n. 152  (Nuove  norme in materia previdenziale per il
personale  degli  Enti  locali),  nella parte in cui non prevede che,
laddove  con  il  coniuge  superstite  concorrano orfani maggiorenni,
l'indennita'   sia  ripartita  tra  di  essi  secondo  le  previsioni
dell'art. 5,  terzo  comma,  del  d.  P. R. 29 dicembre 1973, n. 1032
(Approvazione   del   testo   unico  delle  norme  sulle  prestazioni
previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato);
        che  il rimettente premette che la norma censurata - la quale
reca la disciplina dell'erogazione in forma indiretta dell'indennita'
premio  di  servizio  - e' stata oggetto di numerosi interventi della
Corte  costituzionale,  che  ne  ha dichiarato l'illegittimita' sotto
vari  aspetti,  e che tali pronunce sono state, in parte, conseguenza
dell'affermato  venir  meno  di  una  razionale giustificazione della
diversita' di disciplina tra l'indennita' premio di servizio prevista
per  i  dipendenti  degli  enti  locali  e l'indennita' di buonuscita
spettante ai dipendenti statali, e, in parte, effetto del superamento
del  carattere  meramente  previdenziale  delle  indennita'  di  fine
servizio  dei  dipendenti  pubblici  e  del riconoscimento della loro
concorrente  natura  di  retribuzione  differita,  la cui devoluzione
ereditaria deve essere soggetta alle normali regole successorie;
        che  il giudice a quo afferma che, nel caso sottoposto al suo
esame,  l'operato  dell'INPDAP  -  il  quale  ha corrisposto l'intera
indennita'  premio di servizio al coniuge superstite del dipendente -
e'  stato conforme alle previsioni dell'art. 3 della legge n. 152 del
1968 (in base alle quali la prole maggiorenne del dipendente deceduto
in  attivita'  di servizio ha diritto a percepire l'indennita' premio
di servizio solamente in mancanza del coniuge superstite) e che pero'
la  predetta  norma  contrasta  con l'art. 3 Cost., in considerazione
della  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  che  si  verifica
rispetto  alle  stesse  categorie  di  superstiti di dipendenti dello
Stato,  per  i  quali l'art. 5, terzo comma, del d. P. R. n. 1032 del
1973  stabilisce  che,  se  con il coniuge superstite concorrano piu'
orfani  maggiorenni,  l'indennita'  e' attribuita nella misura del 40
per  cento  al coniuge superstite e del 60 per cento, in parti uguali
tra loro, agli orfani;
        che   il   rimettente   aggiunge  che,  rispetto  al  coniuge
superstite  ed ai figli maggiorenni, la norma censurata non subordina
il  diritto  alla  corresponsione  dell'indennita' premio di servizio
alla  sussistenza  di una situazione di effettiva convivenza a carico
del  lavoratore  defunto,  sicche'  deve  anche  escludersi  che, nei
rapporti interni tra le suddette categorie di superstiti, la funzione
previdenziale   dell'indennita'   possa   giustificare   l'ordine  di
precedenza dettato dall'art. 3 della legge n. 152 del 1968.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Lecce dubita, in riferimento
all'art. 3  della  Costituzione, della legittimita' dell'art. 3 della
legge  8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per
il  personale degli Enti locali), nella parte in cui non prevede che,
laddove  con  il  coniuge  superstite  concorrano orfani maggiorenni,
l'indennita'   sia  ripartita  tra  di  essi  secondo  le  previsioni
dell'art. 5,  terzo  comma,  del  d.  P. R. 29 dicembre 1973, n. 1032
(Approvazione   del   testo   unico  delle  norme  sulle  prestazioni
previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato);
        che  il  rimettente  denuncia la ingiustificata disparita' di
trattamento  che  si verificherebbe ai danni degli orfani maggiorenni
del dipendente di ente locale deceduto in corso di servizio (i quali,
nel  caso  in  cui vi sia anche il coniuge superstite, non concorrono
nella  distribuzione  dell'indennita'  premio  di  servizio che viene
attribuita   integralmente   al   coniuge),   rispetto   agli  orfani
maggiorenni  del  dipendente  statale  deceduto anch'esso in corso di
servizio  (i  quali,  anche  nel  caso  di coesistenza con il coniuge
superstite,   percepiscono  comunque  una  quota  dell'indennita'  di
buonuscita);
        che la questione e' manifestamente inammissibile, perche', se
e' consentito che il trattamento di fine rapporto del dipendente puo'
essere  sottratto  all'asse  ereditario  per  essere  devoluto in via
preferenziale  a  soggetti  legati  al  lavoratore  da un determinato
vincolo  familiare,  deve essere riconosciuto al legislatore un certo
grado  di discrezionalita' nell'individuare i soggetti beneficiari ed
i criteri per distribuire l'emolumento tra di essi;
        che,  al  riguardo,  non vi e' una sola soluzione logicamente
necessitata  ed  implicita  nello  stesso contesto normativo, essendo
invece  necessario  operare  una scelta tra varie opzioni possibili e
tutte  lecite, come e' confermato dal fatto che nell'ordinamento sono
rinvenibili  plurimi  modelli  legislativi  di  erogazione  in  forma
indiretta  dei  trattamenti  di fine rapporto spettanti ai lavoratori
dei  vari settori pubblici e privati (art. 5 del d. P. R. n. 1032 del
1973,  per  i  dipendenti  dello Stato; art. 3 della legge n. 152 del
1968,  per  i  dipendenti  degli  enti  locali;  art. 2122 del codice
civile,  per i dipendenti privati e quelli degli enti parastatali), i
quali,  con  riferimento  ai  soggetti  beneficiari  e  ai criteri di
distribuzione  dell'emolumento,  presentano  differenze  tali  da non
consentire un raffronto circoscritto ad un singolo aspetto;
        che, con riferimento alla questione sollevata dal rimettente,
non  possono  essere  utilmente  invocate le sentenze con le quali la
Corte ha dichiarato l'illegittimita' di norme relative all'indennita'
di   premio  servizio  a  seguito  della  riscontrata  disparita'  di
trattamento  rispetto  alla disciplina dell'indennita' di buonuscita,
perche'   in   quei   casi  le  disposizioni  dichiarate  illegittime
comportavano  la mancata insorgenza del diritto all'indennita' premio
di   servizio  in  ipotesi  nelle  quali  invece  la  disciplina  per
l'indennita'    di    buonuscita    prevedeva    la    corresponsione
dell'emolumento (v. sentenze n. 763 e n. 821 del 1988).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.