ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 2,
della   legge   24 novembre   2000,   n. 340   (Disposizioni  per  la
delegificazione  di  norme  e  per la semplificazione di procedimenti
amministrativi   -   Legge  di  semplificazione 1999),  promosso  con
ordinanza  del  10 marzo  2006  dalla  Corte  di  appello di Trento -
Sezione  distaccata  di  Bolzano nel procedimento civile vertente tra
Garber  Ingrid ed altro e Garber Martina ed altri, iscritta al n. 529
del  registro  ordinanze  2006  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di costituzione di Garber Sighart nonche' gli atti
di  intervento  della  Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 settembre  2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
    Uditi  gli  avvocati  Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la
Provincia  autonoma  di  Bolzano  e  l'avvocato  dello  Stato Antonio
Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il 10 marzo 2006, la Corte
di  appello  di  Trento - Sezione distaccata di Bolzano ha sollevato,
con  riferimento all'art. 116 della Costituzione, nonche' all'art. 8,
n. 8, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il
Trentino-Alto   Adige),   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 35,   comma 2,   della   legge   24 novembre  2000,  n. 340
(Disposizioni   per   la   delegificazione   di   norme   e   per  la
semplificazione   di   procedimenti   amministrativi   -   Legge   di
semplificazione 1999),  in  quanto  prevede che le domande giudiziali
relative  «all'ordinamento  dei masi chiusi» debbano essere precedute
dall'esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 46
della legge 3 maggio 1983, n. 203 (Norme sui contratti agrari);
        che,  riguardo  allo svolgimento del giudizio a quo, la Corte
rimettente ha premesso:
          a.1)  con  atto  di citazione notificato il 18 maggio 2001,
Garber  Ingrid  e Garber Sighart avevano convenuto in giudizio Garber
Martina,   Garber   Sigund,  Garber  Norbert  nonche'  Golser  Josef,
chiedendo che fosse dichiarata la simulazione di un negozio avente ad
oggetto  beni concernenti la eredita' relitta dalla loro madre Laimer
Mathilde;
          a.2)  contestualmente gli attori avevano proposto azione di
riduzione  delle disposizioni testamentarie della de cuius nonche' di
divisione ereditaria suppletoria;
          b) fra  i beni oggetto della controversa successione vi era
anche un «maso chiuso»;
          c) una  porzione  di questo, del quale era stata assuntrice
la  convenuta  Garber  Martina,  era stata da costei venduta, entro i
dieci  anni dalla apertura della successione, a Golser Josef, sicche'
doveva  trovare  applicazione,  nel  caso  di specie, quanto previsto
dall'art. 29  del  decreto del Presidente della Giunta provinciale di
Bolzano 22 dicembre  1978,  n. 32  (Approvazione  del testo unificato
delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi), essendo la
nuova disciplina, contenuta nella legge provinciale 28 novembre 2001,
n. 17  (Legge  sui  masi  chiusi),  non pertinente poiche' entrata in
vigore dopo l'instaurazione del giudizio;
          d) poiche'  alcune  delle  domande di cui al giudizio a quo
rientravano  fra  quelle  relative «all'ordinamento dei masi chiusi»,
esse   avrebbero   dovuto   essere  precedute,  ai  fini  della  loro
proponibilita',  secondo quanto previsto dall'art. 35, comma 2, della
legge   n. 340   del   2000,   dall'esperimento   del   tentativo  di
conciliazione ai sensi dell'art. 46 della legge n. 203 del 1982;
          e) non  essendo  stato  proposto  il  predetto tentativo di
conciliazione,    l'intero    giudizio   doveva   essere   dichiarato
improponibile,  non  ritenendo  la Corte, attesa la unitarieta' della
controversia,  di  poter  separare  le  domande  non  riguardanti  la
disciplina del «maso chiuso»;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  l'art. 35, comma 2, della
legge  n. 340  del  2000  sarebbe,  tuttavia,  lesivo della «potesta'
legislativa   primaria  ed  esclusiva  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano»  in quanto l'art. 8, n. 8, del d.P.R n. 670 del 1972 riserva
alla  competenza  legislativa  esclusiva  di questa la disciplina del
«maso chiuso», anche per cio' che ne concerne i profili processuali;
        che,  riguardo  alla  rilevanza  della  questione,  la  Corte
territoriale  ha  ribadito  che,  ove  la  norma non fosse dichiarata
incostituzionale,    essa    sarebbe    tenuta    a   dichiarare   la
improponibilita' della complessiva domanda giudiziale;
        che   si   e'   costituito   nel   giudizio  di  legittimita'
costituzionale  uno  degli appellanti, eccependo, in via preliminare,
la  inammissibilita'  della  questione, sulla base della affermazione
che,  diversamente da quanto sostenuto nella ordinanza di rimessione,
l'instaurazione   del   giudizio   a   quo  sarebbe  stata  preceduta
dall'esperimento  del tentativo di conciliazione previsto dalla norma
censurata,   sicche'   la   prospettata   questione  di  legittimita'
costituzionale sarebbe priva di rilevanza;
        che,  peraltro,  quanto  al  merito della questione, anche la
parte   privata   ha   sostenuto  che  la  competenza  legislativa  a
disciplinare  il  «maso  chiuso» spetta esclusivamente alla Provincia
autonoma   di   Bolzano,   essendo   stato   chiarito   dalla   Corte
costituzionale  che  in  detta  competenza  rientrano anche i profili
processuali  afferenti  l'istituto  e  non solo quelli sostanziali, e
che, pertanto, la questione sarebbe fondata;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo  per  la  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale o, comunque, per la sua infondatezza;
        che,  riguardo  alla  inammissibilita', l'Avvocatura erariale
osserva  che  il  rimettente avrebbe omesso di esaminare la idoneita'
della  norma  oggetto  del  dubbio  di costituzionalita' «ad incidere
negativamente  sulla  conservazione dell'istituto (del «maso chiuso»)
nella sua essenziale finalita' e specificita»;
        che, quanto al merito, la difesa statale, pur riconoscendo la
peculiare  competenza  del  legislatore  provinciale in tema di «maso
chiuso»,  rileva  come tale potesta' legislativa concerna gli aspetti
sostanziali dell'istituto;
        che   la   norma  censurata,  riguardando  la  necessita'  di
sperimentare  un  tentativo di conciliazione prima dell'instaurazione
dei  giudizi in materia di «ordinamento dei masi chiusi», si limita a
dettare  una  disciplina  di  carattere  processuale di sua esclusiva
competenza,   non   invadendo   ambiti   sostanziali  riservati  alla
competenza della Provincia;
        che   e'  altresi'  intervenuta  nel  giudizio  la  Provincia
autonoma  di  Bolzano,  chiedendo  che  la  questione  sollevata  sia
dichiarata   fondata,   conclusioni   confermate   in   una   memoria
illustrativa  depositata  dalla difesa della Provincia in prossimita'
della udienza pubblica;
        che, con ordinanza di cui e' stata data lettura alla pubblica
udienza   del  25 settembre  2007  e  che  si  allega  alla  presente
decisione, la Corte ha ritenuto non ammissibile nel presente giudizio
incidentale  l'intervento  spiegato  dalla  Provincia  autonoma,  non
rivestendo questa la qualita' di parte del giudizio a quo.
    Considerato   che  la  Corte  di  appello  di  Trento  -  Sezione
distaccata  di  Bolzano  dubita, con riferimento agli artt. 116 della
Costituzione   e   8,   n. 8,   del  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige), della legittimita'
costituzionale  dell'art. 35,  comma 2, della legge 24 novembre 2000,
n. 340  (Disposizioni  per  la  delegificazione  di  norme  e  per la
semplificazione   di   procedimenti   amministrativi   -   Legge   di
semplificazione 1999);
        che,  in  particolare, il giudice rimettente censura la detta
disposizione  legislativa  in quanto essa, violando, a suo avviso, la
peculiare competenza legislativa provinciale di cui all'art. 8, n. 8,
del  d.P.R.  n. 670  del  1972,  prevede che chi intende proporre una
domanda  giudiziale  relativa  «all'ordinamento  dei  masi chiusi» e'
tenuto   ad   esperire   il   tentativo  di  conciliazione  ai  sensi
dell'art. 46  della  legge 3 maggio 1983, n. 203 (Norme sui contratti
agrari);
        che, in ordine alla rilevanza della questione, il rimettente,
osservato   che  talune  delle  domande  introdotte  nell'ambito  del
giudizio  a quo - poiche' concernenti l'«ordinamento dei masi chiusi»
-  avrebbero dovuto essere precedute dal tentativo di conciliazione e
che  questo  non  era  stato proposto, assume che, se la disposizione
censurata  fosse ritenuta legittima, egli sarebbe tenuto a dichiarare
l'improponibilita' del giudizio a quo;
        che  il  rimettente,  pur  chiamato  a  decidere  in grado di
appello  sulla domanda giudiziale formulata dagli attuali appellanti,
non  riferisce  se il tema della improponibilita' del giudizio per il
mancato  esperimento del tentativo di conciliazione era stato oggetto
di  esame e, quindi, di decisione da parte del giudice di primo grado
ne'  se  il  medesimo  tema  era stato devoluto, in quanto oggetto di
gravame, di fronte al giudice di appello;
        che  tale  omissione,  considerata  altresi'  la  mancanza di
qualsivoglia riflessione da parte del rimettente in ordine alla assai
dubbia  possibilita'  di  dichiarare  ex officio la predetta causa di
improponibilita' della domanda giudiziale per la prima volta in grado
di  appello,  si risolve in una carenza di motivazione in ordine alla
rilevanza  della prospettata questione di legittimita' costituzionale
che va, pertanto, dichiarata manifestamente inammissibile.