ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
22 dicembre    2005   (Doc.   IV-quater,   n. 109),   relativa   alla
insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68, primo comma, Cost., delle
condotte  attribuite  al  deputato  Sandro  Delmastro  Delle  Vedove,
promosso   con  ricorso  del  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Torino,  notificato  il 31 ottobre 2006, depositato in
cancelleria  l'11 novembre  2006  ed  iscritto  al  n. 8 del registro
conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di merito.
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23 ottobre  2007  il  giudice
relatore Sabino Cassese.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Il   Tribunale  di  Torino  ha  sollevato,  con  ricorso
dell'8 febbraio  2006,  conflitto di attribuzione nei confronti della
Camera  dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta
del  22 dicembre  2005 (Doc. IV-quater, n. 109) con la quale e' stata
dichiarata, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione,
l'insindacabilita'    delle   dichiarazioni   dell'onorevole   Sandro
Delmastro  Delle  Vedove,  rispetto  alle quali pende un procedimento
penale.
    Il  Tribunale  ricorrente espone che l'on. Sandro Delmastro Delle
Vedove e la giornalista Cristiana Lodi sono imputati, in concorso tra
loro, dei reati di falso - a norma degli articoli 48 e 479 del codice
penale - perche': 1) l'on. Delmastro Delle Vedove, nella sua qualita'
di membro del Parlamento, pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue
funzioni, presentatosi il 10 agosto 2003 presso la Casa circondariale
Le  Vallette  di Torino, dopo essersi qualificato e avere manifestato
la  propria intenzione di accedervi, attestava falsamente ai pubblici
ufficiali   appartenenti   alla  Polizia  penitenziaria,  addetti  al
controllo  degli  accessi, che la persona in sua compagnia, Cristiana
Lodi,  era  una  propria collaboratrice; 2) la stessa Lodi dichiarava
falsamente  di  non  esercitare la professione di giornalista (mentre
invece  essa  era  una giornalista professionista che, in tale veste,
scrisse  un  articolo,  pubblicato  due  giorni dopo su un quotidiano
nazionale,  relativo  alle  dichiarazioni  che,  proprio in occasione
della  visita,  avrebbe  a  lei  reso  il  detenuto  Igor Marini); 3)
entrambi  inducevano  in  errore,  ingannandoli, i pubblici ufficiali
appartenenti  alla  Polizia  penitenziaria addetti al controllo, alla
registrazione   e   all'autorizzazione   degli   accessi,  che  cosi'
registravano  e  consentivano  l'accesso  della  Cristiana  Lodi  sul
presupposto   erroneamente   attestato   dal   parlamentare  e  dalla
giornalista,  che  quest'ultima  fosse una collaboratrice del primo e
che non si trattasse, invece, di una giornalista.
    Espone, inoltre, il Tribunale rimettente che, in data 22 novembre
2005,   la  Camera  dei  deputati  deliberava  che  i  fatti  oggetto
dell'imputazione  rientrano  nella guarentigia prevista dall'art. 68,
primo   comma,   Cost.,   ravvisando   l'esistenza  del  collegamento
funzionale  tra le dichiarazioni rese ed il mandato parlamentare, sia
sulla  base  del  dettato  dell'art. 67  della  legge 26 luglio 1975,
n. 354  (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle
misure  privative  e  limitative  della  liberta),  sia  in relazione
all'attivita' parlamentare svolta dallo stesso deputato sulla vicenda
carceraria    di   Igor   Marini,   allora   detenuto   in   Svizzera
(interrogazione n. 3-02512 del 14 luglio 2003).
    Ad avviso del Tribunale, le attestazioni fornite dal parlamentare
al  personale  di  Polizia  penitenziaria della Casa circondariale di
Torino  e  concernenti  la  qualita'  della  Cristiana  Lodi, oggetto
dell'imputazione  a  suo  carico,  esulano  dalla  guarentigia di cui
all'art. 68, primo comma, Cost.
    Il  Tribunale  osserva  che  la norma costituzionale, riferendosi
alle  «opinioni espresse [...] nell'esercizio delle loro funzioni», e
l'art. 3,  comma 1,  della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni
per  l'attuazione  dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia
di  processi  penali  nei  confronti delle alte cariche dello Stato),
indicando  «ogni  altra  attivita'  di ispezione, di divulgazione, di
critica   e   di   denuncia   politica,  connessa  alla  funzione  di
parlamentare,  espletata  anche  fuori  del Parlamento», hanno inteso
esprimere  il concetto secondo cui tutti gli atti in questione devono
essere  caratterizzati  da  una  piu'  o  meno  intensa  «connessione
dell'attivita' con la funzione parlamentare».
    In   sostanza,   secondo  il  Tribunale  ricorrente,  non  appare
possibile  qualificare  le  attestazioni  in  oggetto  come  atti  di
divulgazione,  di  critica  o  di  denuncia  politica, trattandosi di
dichiarazioni  rese  agli  addetti  alla  sorveglianza  dell'istituto
penitenziario  che  avevano  ad  oggetto  la  qualifica professionale
rivestita  dall'accompagnatrice del parlamentare ed erano finalizzate
a  consentire agli agenti di polizia di verificare la sussistenza dei
presupposti  di cui al secondo comma dell'art. 67 della legge 354 del
1975  per  l'ingresso di accompagnatori del parlamentare «per ragioni
del   [suo]   ufficio»;  ne'  le  stesse  appaiono  riconducibili  ad
un'attivita'  ispettiva,  tenuto  conto  che  il parlamentare avrebbe
potuto  accedere  all'istituto  di  pena  in  virtu' della richiamata
disciplina senza necessita' di rendere false attestazioni
    Evidenzia,  altresi',  il  Tribunale  che  l'on.  Delmastro Delle
Vedove  non  ha  documentato  di  aver  svolto attivita' parlamentare
successiva all'incontro con Igor Marini concernente la sua condizione
di  detenuto,  in  tal  modo  offrendo  una conferma del fatto che la
visita  in  questione, lungi dal rientrare nell'esercizio del diritto
di ciascun parlamentare di ispezionare le carceri italiane al fine di
verificare le condizioni di detenzione, «si sia risolta in realta' in
un  mero espediente per consentire alla giornalista Lodi Cristiana di
venire  in  contatto  [...]  con  la fonte del suo articolo di stampa
[...]».
    Inoltre,   secondo   il  Tribunale,  non  sembra  ravvisabile  un
collegamento  funzionale  tra  la  visita  in questione e l'attivita'
svolta  dal  parlamentare con l'interrogazione n. 3-02512, presentata
circa  un  mese  prima  dell'incontro  con  il  detenuto  Marini  nel
penitenziario  torinese  e  relativa  alle  condizioni  di  salute di
Marini,   allora   detenuto   in   Svizzera.   In   particolare,  non
sussisterebbe  la  «riproduzione  all'esterno  del  contenuto»  della
menzionata   interrogazione.   Difatti,   le  attestazioni  rese  dal
deputato,  lungi dal sostanziarsi in espressioni di opinioni su fatti
di  rilievo  politico,  afferivano  a condizioni e qualita' personali
della  coimputata  Lodi,  del  tutto  estranee  alla  tematica  della
garanzia  dell'immunita' prevista dall'art. 68 Cost. per i membri del
Parlamento.
    In  conclusione, il Tribunale dubita, alla luce delle modalita' e
dei  tempi  di  svolgimento  della  visita alla casa circondariale di
Torino,  che l'accesso del parlamentare all'interno del penitenziario
si   sia   sostanziato   in  un  atto  di  ispezione;  non  condivide
l'argomento,  sviluppato  nella relazione di maggioranza della Giunta
per  le  autorizzazioni, secondo cui, ai fini dell'attribuzione della
qualifica di collaboratore, e' irrilevante che questi sia formalmente
incardinato  nella  struttura burocratica del Parlamento; non ritiene
che  le  attestazioni rese dal deputato circa la professione compiuta
dalla   propria   accompagnatrice  possano  essere  qualificate  come
opinioni  espresse nell'esercizio del mandato parlamentare e che esse
siano  collegate  da  un  nesso  funzionale  con  l'esercizio di tale
mandato.
    2.  -  Con  ordinanza  n. 350  del  2006,  la Corte ha dichiarato
ammissibile il conflitto.
    3. - La Camera dei deputati non si e' costituita in giudizio.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Torino, con ricorso dell'8 febbraio 2006, ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione nei confronti della Camera dei
deputati  in  relazione  alla  delibera  adottata  nella  seduta  del
22 dicembre  2005  (Doc.  IV-quater,  n. 109),  con la quale e' stata
dichiarata, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione,
l'insindacabilita'    delle   dichiarazioni   dell'onorevole   Sandro
Delmastro  Delle  Vedove,  rispetto  alle quali pende un procedimento
penale.
    Il   Tribunale  ritiene  che  le  attestazioni  fornite  dall'on.
Delmastro  Delle  Vedove agli addetti al carcere torinese non possano
essere  ricondotte  ad  uno  degli  atti previsti dall'art. 68, primo
comma,   Cost.,   ovvero   ad   attivita'   di   natura  strettamente
parlamentare,  oppure  ad atti che in concreto possano dirsi connessi
funzionalmente con l'ufficio di parlamentare.
    Secondo il Tribunale rimettente, non appare possibile qualificare
le attestazioni in oggetto come atti di divulgazione, di critica o di
denuncia  politica,  trattandosi  di  dichiarazioni rese agli addetti
alla   sorveglianza   dell'istituto   penitenziario,  concernenti  la
qualifica    professionale    rivestita    dall'accompagnatrice   del
parlamentare  e  finalizzate  a  consentire agli agenti di polizia di
verificare  la  sussistenza  delle  condizioni  di  cui  all'art. 67,
secondo   comma,   della   legge   26 luglio   1975,   n. 354  (Norme
sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
privative  e  limitative della liberta) per autorizzare l'ingresso di
accompagnatori  del parlamentare «per ragioni del [suo] ufficio»; ne'
le   stesse  attestazioni  sarebbero  riconducibili  ad  un'attivita'
ispettiva,  tenuto  conto che il parlamentare avrebbe potuto accedere
all'istituto  di  pena,  in virtu' della richiamata disciplina, senza
necessita' di rendere false attestazioni.
    Evidenzia,  altresi',  il  Tribunale  che  l'on.  Delmastro Delle
Vedove  non  ha  documentato  di  aver  svolto attivita' parlamentare
successiva all'incontro con Igor Marini concernente la sua condizione
di  detenuto,  in  tal  modo  offrendo  una conferma del fatto che la
visita  in  questione, lungi dal rientrare nell'esercizio del diritto
di ciascun parlamentare di ispezionare le carceri italiane al fine di
verificare le condizioni di detenzione, «si sia risolta in realta' in
un  mero espediente per consentire alla giornalista Lodi Cristiana di
venire  in  contatto  [...]  con  la fonte del suo articolo di stampa
[...]».
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte nella ordinanza n. 350 del 2006.
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    4.  -  La  dichiarazione  in questione e' stata resa dal deputato
all'autorita'   carceraria   mentre  accedeva  all'istituto  di  pena
torinese,  avvalendosi  della  prerogativa  spettante  ai  membri del
Parlamento a norma dell'art. 67, primo comma, lettera b), della legge
n. 354 del 1975.
    Tale  prerogativa  rientra  tra  «le  attivita' di ispezione» cui
l'art. 3   della  legge  20  giugno 2003,  n. 140  (Disposizioni  per
l'attuazione  dell'art. 68  della  Costituzione nonche' in materia di
processi  penali  nei  confronti  delle  alte  cariche  dello  Stato)
riferisce  l'applicazione  dell'art. 68,  primo comma, Cost., a norma
del  quale  «i  membri  del  Parlamento non possono essere chiamati a
rispondere  delle  opinioni  espresse  e dei voti dati nell'esercizio
delle loro funzioni».
    Si  tratta, pertanto, di valutare se la dichiarazione fornita dal
deputato,   a  lui  imputata  come  reato  di  falso,  rientri  nella
prerogativa    di    insindacabilita'    delle    opinioni   espresse
nell'esercizio delle sue funzioni.
    Il  ricorrente  premette che davanti all'autorita' carceraria, il
deputato  ha  qualificato  come  «collaboratrice»  la  persona che lo
accompagnava,  onde ottenere per essa l'accesso senza autorizzazione,
previsto dall'art. 67, secondo comma, della legge n. 354 del 1975 per
«coloro  che  accompagnano»  i  parlamentari  «per  ragioni  del loro
ufficio».
    Il  comportamento  del  deputato e' consistito nell'attestare una
circostanza  di fatto e non nell'esprimere un'opinione nell'esercizio
della  funzione  di  parlamentare; di conseguenza, non puo' ritenersi
coperto  dalla  prerogativa  di  cui  all'art. 68  Cost.  (da ultimo,
sentenza n. 286 del 2006, con riferimento al caso della presentazione
di un esposto penale).
    Ne  discende l'irrilevanza della verifica circa l'esistenza di un
qualche  nesso  tra  la  dichiarazione  resa dal deputato e qualsiasi
attivita'    da   lui   svolta   in   sede   parlamentare   (compresa
l'interrogazione  n. 3-02512,  presentata il 14 luglio 2003 in merito
alle   condizioni   carcerarie  del  Marini,  all'epoca  detenuto  in
Svizzera).
    Conclusivamente, la delibera della Camera dei deputati ha violato
l'art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni dell'autorita'
giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata.