Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge
3  ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto
societario),  e,  «per  derivazione»,  degli  articoli  da 2 a 17 del
decreto   legislativo   17   gennaio   2003,  n. 5  (Definizione  dei
procedimenti  in  materia  di diritto societario e di intermediazione
finanziaria,  nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione
dell'art.  2  della  legge  3  ottobre  2001,  n. 366),  promosso dal
Tribunale  di Napoli, nel procedimento civile vertente tra D. V. e la
Unicredit  Xelion  Banca  s.p.a.,  con  ordinanza  del 21 giugno 2006
iscritta  al  n. 237  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 16,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.
Ritenuto  che,  nel  corso  di un giudizio promosso da un privato nei
confronti di un istituto di credito per la declaratoria di nullita' o
l'annullamento  di  un  contratto di intermediazione finanziaria o di
investimento  e  la  conseguente  affermazione  della responsabilita'
dell'intermediatore   finanziario,   il   Tribunale  di  Napoli,  con
ordinanza  del  21 giugno 2006, ha sollevato, in riferimento all'art.
76  della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  12  della  legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo
per  la  riforma  del  diritto  societario),  «nella parte in cui, in
relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria,
non  indica  i  principi  e  criteri  direttivi  che avrebbero dovuto
guidare  le  scelte  del  legislatore delegato» e, «per derivazione»,
degli  articoli  da  2  a 17 del decreto legislativo 17 gennaio 2003,
n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e
di   intermediazione  finanziaria,  nonche'  in  materia  bancaria  e
creditizia,  in  attuazione  dell'art.  2 della legge 3 ottobre 2001,
n. 366);
     che,   secondo  il  remittente,  con  l'impugnato  art.  12,  il
legislatore  si  e'  limitato  ad indicare: le materie nelle quali il
Governo  poteva  intervenire,  l'obiettivo  di rendere piu' rapida ed
efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la
competenza per territorio e materia, la tendenziale collegialita' del
procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti
in  sede  di  tentativo  di  conciliazione  e  di  dettare regole per
favorire   la   riduzione   dei   termini  e  la  concentrazione  del
procedimento;
     che  il  Tribunale  denuncia  la  genericita'  e parzialita' dei
suddetti  criteri -- rispetto all'unico obiettivo dichiarato di voler
assicurare  una  piu'  rapida ed efficace definizione di procedimenti
nelle  materie individuate -- e sottolinea come tali criteri abbiano,
di  fatto, lasciato libero il legislatore delegato di creare un nuovo
modello  processuale del tutto diverso rispetto sia al rito ordinario
sia  al  rito  speciale  del  lavoro, come disciplinati dal codice di
procedura civile;
     che  il  giudice a quo, dopo aver richiamato alcune affermazioni
di questa Corte sull'art. 76 Cost. e sui rapporti tra legge di delega
e  decreto delegato, evidenzia come la legge n. 366 del 2001, proprio
per  la  suddetta genericita', si ponga in contrasto con il parametro
costituzionale invocato;
     che  cio',  ad  avviso del Tribunale di Napoli, rende necessario
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della
legge  n. 366 del 2001 e, «per derivazione», degli articoli da 2 a 17
del d.lgs. n. 5 del 2003;
     che,   secondo  il  remittente,  la  rilevanza  delle  questioni
discenderebbe  dal  fatto che dalla pronunzia di questa Corte dipende
l'applicabilita'   dell'intera   nuova  disciplina  processuale  alla
concreta fattispecie di cui si tratta;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per la manifesta inammissibilita' delle questioni,
essendo   esse   identiche   a   quelle  esaminate  da  questa  Corte
nell'ordinanza n. 209 del 2006.
Considerato  che  il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale,
davanti  al  quale pende un giudizio per la dichiarazione di nullita'
di  contratti  di  acquisto  titoli  nell'ambito  di  un  rapporto di
intermediazione finanziaria, iniziato col rito ordinario e proseguito
nelle  forme  del  rito  societario,  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art.   76   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  12  della  legge  3  ottobre  2001, n. 366
(Delega  al  Governo per la riforma del diritto societario), nonche',
per  derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo 17
gennaio  2003,  n. 5  (Definizione  dei  procedimenti  in  materia di
diritto  societario  e  di  intermediazione  finanziaria,  nonche' in
materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 12 della legge
3 ottobre 2001, n. 366);
     che,  secondo  il remittente, l'indicazione della piu' rapida ed
efficace  definizione dei procedimenti, quale finalita' da perseguire
con   la   normativa  da  emettere  in  attuazione  della  delega,  e
l'indicazione della concentrazione del procedimento e della riduzione
dei  termini  processuali  quali principi e criteri direttivi, per la
loro  genericita',  hanno  reso  «libero  il  legislatore delegato di
creare  un  nuovo  modello  processuale che esula completamente dallo
schema   del   procedimento  ordinario  disciplinato  dal  codice  di
procedura civile»;
     che  la  delega,  pertanto, sarebbe carente dei requisiti di cui
all'art.  76 Cost. e da cio' deriverebbe anche l'illegittimita' degli
articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003;
     che  la  questione  e' manifestamente inammissibile per diverse,
concorrenti ragioni;
     che,  infatti,  il  remittente  denuncia  la  genericita'  della
delega,  ma  sembra  soprattutto dolersi che essa abbia consentito al
delegato di creare un nuovo tipo di procedimento anziche' modificare,
per le materie in oggetto, lo schema del processo civile ordinario;
     che   riflesso   di  tale  perplessita'  e'  l'esclusione  dalla
richiesta  di  illegittimita'  dell'art.  1, oltre che degli articoli
successivi   al   17   del  d.lgs.  n. 5  del  2003,  esclusione  che
comporterebbe  una  dichiarazione di illegittimita' della delega solo
nella  parte  in  cui  il  Governo  ha inteso darne attuazione con le
disposizioni di cui agli articoli da 2 a 17 del decreto delegato;
     che, quindi, contrariamente a quanto espressamente enunciato dal
Tribunale   remittente,  le  suddette  disposizioni  della  normativa
delegata  potrebbero  essere  illegittime  per  vizi propri e non per
derivazione dall'illegittimita' della delega;
     che  il remittente non precisa di quali disposizioni del decreto
delegato  debba fare applicazione e su alcune di esse questa Corte si
e' gia' pronunciata con le sentenze n. 54, n. 321 e n. 340 del 2007;
     che  le  rilevate contraddittorieta' e carenze dell'ordinanza di
rimessione  si risolvono in difetti della motivazione sulla rilevanza
e sulla non manifesta infondatezza delle questioni.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.