Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 18 settembre 2002 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle dichiarazioni rese dall'onorevole Giorgio Benvenuto, in occasione del convegno tenutosi a Torino il 6 febbraio 1998, nei confronti del dottor Guido Berardo, promosso con ricorso della Corte di appello di Torino - sezione III civile, depositato in cancelleria il 23 marzo 2007 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di ammissibilita'. Udito nella Camera di consiglio del 20 giugno 2007 il giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto che nel corso di un giudizio civile di risarcimento danni proposto avverso il deputato Giorgio Benvenuto, la Corte di appello di Torino - sezione III civile, con ordinanza del 20 dicembre 2004 ha sollevato conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato avverso la delibera del 18 settembre 2002 (Resoconto sommario e stenografico n. 188, seduta di mercoledi' 18 settembre 2002), con la quale la Camera dei deputati ha dichiarato l'insindacabilita' delle dichiarazioni rilasciate dal deputato Benvenuto, che costituiscono l'oggetto del giudizio risarcitorio; che con l'ordinanza n. 330 del 2005 questa Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto; che con la successiva ordinanza n. 408 del 2006 tale conflitto e' stato dichiarato improcedibile, poiche' la parte ricorrente non aveva provveduto a depositare in cancelleria, entro il termine di 20 giorni previsto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, gli atti notificati alla Camera dei deputati; che la Corte di appello di Torino, con ordinanza adottata il 28 febbraio 2007 e pervenuta a questa Corte il 23 marzo seguente, solleva nuovamente il conflitto gia' dichiarato improcedibile, riproducendo testualmente l'atto con cui esso era stato introdotto, ove si contestava la sussistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dal deputato Benvenuto e gli atti tipici espressivi della funzione parlamentare; che nel corso di un convegno, infatti, il deputato Benvenuto avrebbe affermato che l'attore, che vi aveva preso la parola in precedenza, «e' un incompetente» ed «un pericolo per i suoi clienti, vista l'impreparazione e l'incompetenza professionale»; che la Camera ha ritenuto insindacabili tali dichiarazioni, posto che esse avrebbero rivestito «carattere politico parlamentare»; che, nonostante l'intervenuta pronuncia di improcedibilita', la Corte di appello ritiene di poter riproporre il conflitto, posto che detta decisione si deve ad una «irregolarita' procedurale di cui (l'attore) non porta in alcun modo la responsabilita', non avendo alcuna possibilita' di curare direttamente i prescritti adempimenti procedurali»; che il diritto di difesa della parte, che verrebbe pregiudicato irrevocabilmente se il conflitto non fosse deciso nel merito, dovrebbe pertanto prevalere sull'opposta esigenza che il giudizio costituzionale sia definito in termini certi, secondo la medesima ratio asseritamente posta alla base della sentenza n. 477 del 2002 di questa Corte; che, per tali ragioni, il conflitto viene riproposto «negli stessi esatti termini e per le stesse ragioni di cui al precedente ricorso». Considerato che la Corte di appello di Torino, III sezione civile, ripropone nei confronti della Camera dei deputati il medesimo conflitto tra poteri dello Stato gia' dichiarato improcedibile da questa Corte con l'ordinanza n. 408 del 2006; che in questa fase la Corte e' chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esiste «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza»; che questa Corte, nel delibare sul punto, non ha ragione per discostarsi dal proprio consolidato orientamento (sentenza n. 116 del 2003 e, da ultimo, ordinanze n. 294 e n. 243 del 2006), secondo il quale sussiste «l'esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti»; che, pertanto, una volta consumato il potere di agire a tutela della propria sfera di attribuzioni, esso non puo' venire nuovamente esercitato; che, per tale ragione, va dichiarato inammissibile l'odierno conflitto, in quanto riproposizione di un precedente, identico conflitto, gia' conclusosi con una pronuncia di improcedibilita'.